[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

197 / MAGGIO 2024 (CCXXVIII)


antica

SULLa SCOPERTA DELLA Biblioteca di Assurbanipal
enciclopedia ante litteram
di Massimo Manzo


Quando si pensa a una biblioteca antica, la prima a saltare inevitabilmente in mente è quella di Alessandria d’Egitto, creata alla fine del IV secolo a.C. da Tolomeo Lago e divenuta simbolo dell’immenso sapere accumulato nell’antichità. Eppure, alcuni secoli prima della sua fondazione, il mondo ne conobbe un’altra altrettanto grande e ricca, nota come “Biblioteca di Assurbanipal”, dal nome del sovrano assiro che la costruì. E se della raccolta dei libri di Alessandria non rimane più nulla, parte dell’immensa collezione di Assurbanipal ha resistito all’incedere del tempo, venendo ritrovata alla metà del XIX secolo dall’esploratore e archeologo britannico Austen Henry Layard. Un tempo, si pensa che essa comprendesse oltre 100mila testi di tutti i tipi, riportati in tavolette di argilla incise in scrittura cuneiforme: da trattati astronomici a preghiere, da opere di medicina fino a poemi epici come la celebre “Epopea di Gilgamesh”, una delle storie mitologiche più note del Vicino Oriente antico.

 

Oggi, ne rimane una collezione di ben 30mila tavolette ammirabile al British Museum. Il suo contenuto ha fornito nel tempo una comprensione approfondita della civiltà assira, prima nota agli studiosi solo attraverso la Bibbia o successivi testi di autori classici. È proprio da questa potente civiltà che occorre iniziare la nostra narrazione.

 

Dal IV millennio a.C., il fertile territorio compreso tra i grandi fiumi Tigri ed Eufrate vide il sorgere delle prime grandi civiltà della Storia. A partire da quell’epoca, la Mesopotamia fu abitata dapprima dai Sumeri e Babilonesi, poi dagli Assiri, noti come eccezionali guerrieri e conquistatori, i quali ne presero il posto tra il 1300 ca. e il 612 a.C. L’impero assiro vide il suo nucleo originario nella piccola città-stato di Ashur, nel nord-est dell’attuale Iraq, espandendosi in seguito su un’area vastissima che comprendeva zone oggi parte di svariati stati, tra cui Turchia, Iran, Siria, Giordania, Libano e Israele. Il tutto, grazie alla sua prorompente forza militare, per secoli ineguagliata e temuta in tutto il mondo antico. Dopo aver subito una prima grande crisi nel XII secolo a.C., tra il X e il IX secolo a.C. l’Assiria conobbe un nuovo periodo di crescita, culminato proprio nel regno di Assurbanipal (noto come Sardanapalo, Σαρδανάπαλος, nelle fonti greche), che governò dal 669 al 631 a.C. A rifulgere era allora la leggendaria Ninive, nei pressi dell’attuale Mosul (Iraq), descritta dalla Bibbia come una città tanto grande quanto empia, emblema della natura guerriera e crudele degli assiri.

 

Autentica metropoli del mondo antico, Ninive venne ampliata a partire dal regno di Sennacherib (705-681 a.C.) e sotto Assurbanipal raggiunse l’apice della ricchezza. Se vi fossimo entrati in quel periodo attraversando una delle sue maestose quindici porte monumentali, vi avremmo trovato uno scenario da favola: palazzi, parchi ricchi di piante rigogliose, giardini abitati da animali esotici ed edifici religiosi adornati con sculture e bassorilievi colossali, insieme a sofisticate opere ingegneristiche che comprendevano canali e acquedotti. A spiccare erano, tra gli altri, il tempio della dea Ishtar, la residenza di Sennacherib, definita “Palazzo senza rivali” e sormontata da giganteschi portali fiancheggiati da sculture di tori alati dalla testa umana, e ovviamente il palazzo reale di Assurbanipal e la biblioteca in esso contenuta. Noto con l’eloquente appellativo di “re dell’universo”, questi era in effetti una figura straordinaria: a notevoli capacità militari, con cui riuscì ad ampliare i territori del proprio impero, affiancò un notevole interesse per la cultura. Era capace di scrivere in accadico e sumerico, di dibattere questioni teologiche insieme a sacerdoti e indovini di corte e persino di risolvere complessi problemi matematici. Malgrado i suoi eccellenti risultati su tutti i fronti, tuttavia, il suo impero tramonterà appena trent’anni dalla sua morte e nel 612 a.C. la potente Ninive cadrà distrutta da una coalizione di Medi e Babilonesi. Nella loro furia distruttiva, gli assalitori misero a ferro e fuoco la capitale incendiando anche il palazzo di Assurbanipal, ma le fiamme di quel terribile incendio furono provvidenziali: inavvertitamente, proprio il loro calore preservò, “cuocendole”, le tavolette di argilla all’interno della biblioteca del re, risorte miracolosamente millenni dopo.

 

Frattanto, però, dopo quella brutale devastazione, Ninive non ritornò mai più ai fasti passati. Rioccupato nel corso delle epoche successive e scomparso nel corso del Medioevo, il sito delle sue rovine non era del tutto ignoto ai viaggiatori che passavano da quelle parti, ma le campagne di scavo vere e proprie iniziarono solo dal XIX secolo, epoca in cui si accese l’interesse europeo per le antichità pre-classiche. Uno dei primi contributi in tal senso arrivò dal britannico Claudius James Rich (1787-1821), seguito da un italiano, il piemontese Paolo Emilio Botta (1802-1870), che giunse in quelle remote province intorno al 1842 nella veste di console francese di Mosul. Personalità poliedrica e intraprendente, Botta decise di compiere delle indagini nell’area della collina di Kuyunjik, intuendo, sulla scia di Rich, che lì poteva trovarsi traccia dell’antica capitale assira. La sua intuizione era corretta, ma ciò nonostante i suoi scavi non furono portati a termine, dato che qualche tempo dopo l’italiano, incoraggiato da rinvenimenti di rovine più consistenti, si era spostato a Khorsabad, a circa 20 km di distanza, dove rinvenne i resti di un palazzo reale di grandi dimensioni. Si trattava, nello specifico, della reggia sorta nella capitale del regno assiro precedente a Ninive, costruita dal sovrano Sargon ii (al potere dal 721 al 705 a.C.). In ogni caso, l’operato di Botta aprì definitivamente la strada a nuove campagne di scavo e l’accurato riassunto della sua missione, intitolato Monument de Ninive (1849) è oggi considerato uno dei primi moderni “giornali di scavo” nella storia dell’archeologia.

 

A raccogliere l’eredità di Botta fu una nuova schiera di archeologi che ne continuarono il lavoro, primo tra tutti il britannico Austen Henry Layard. Nato a Parigi nel 1817 da una influente famiglia di origine francese, Bayard fu fin da piccolo abituato a viaggiare seguendo i frequenti spostamenti del padre e nel corso della propria esistenza vagò in cerca d’avventura in Europa e in Asia, passando una buona fetta della prima giovinezza in Italia, a Pisa e Firenze, dove si innamorò dell’arte e della cultura italiana. In lui, il desiderio di esplorare i luoghi dell’antica Assiria fu stimolato dall’incontro con l’ambasciatore britannico presso l’impero ottomano, Sir Stratford Canning, l’uomo che finanzierà la sua prima spedizione a Ninive. All’epoca, pur essendo ancora giovane (non aveva ancora trent’anni) Henry aveva già un grosso bagaglio di esperienze alle spalle: poco prima di conoscere Canning aveva peregrinato per mesi in Persia al seguito delle tribù nomadi dei Bakhtiari, per poi far tappa a Costantinopoli. Lì, nel 1845 il diplomatico inglese lo aveva inviato a svolgere una prima spedizione nei pressi di Mosul, dove iniziò la propria attività di scavo a Nimrud e Ninive insieme all’iracheno Hormuzd Rassam, considerato un pioniere tra gli archeologi di origini mediorientali.

 

Tornato in Inghilterra nel 1847 al termine di una feconda missione, Layard renderà note le proprie scoperte nel volume Nineveh and Its Remains, impressionando gli intellettuali d’oltremanica. Due anni dopo ritornerà in quelle regioni, continuando la sua opera con il supporto del governo britannico. A Ninive, nel 1849 ritroverà il “palazzo senza rivali” di re Sennacherib, mentre nella primavera dell’anno seguente riporterà finalmente alla luce insieme a Rassam una prima parte della collezione di tavolette all’interno del palazzo di Assurbanipal. Così scriveva ricordando la scoperta che lo renderà noto: «Le camere che sto descrivendo sembrano essere state un deposito nel palazzo di Ninive per tali documenti. All’altezza di un piede o più dal pavimento ne erano interamente piene; alcuni interi ma la parte più significativa spezzata in molti frammenti, probabilmente per il crollo avvenuto nella parte superiore dell’edificio. Erano di diverse dimensioni; le tavolette più significative erano piatte e misuravano circa 9 pollici per 6½ pollici (22,86 cm x 16,5 cm); le più piccole erano leggermente convesse, e alcune non erano più lunghe di un pollice, con solo una o due righe di scrittura. I caratteri cuneiformi sulla maggior parte di esse erano singolarmente nitidi e ben definiti ma in alcuni così minuti da essere quasi illeggibili senza una lente di ingrandimento».

 

Quello era solo l’inizio di un percorso che avrebbe portato, negli anni seguenti, a spedizioni altrettanto proficue, che permetteranno di recuperare 30.943 tavolette e frammenti, oggi esposte al British Museum. Seguendo il percorso tracciato da Layard, che negli anni seguenti si dedicherà alla carriera politica e diplomatica morendo nel 1894, Rassam ritrovò un’altra ampia serie di tavolette e successive generazioni di archeologi restituiranno al mondo la prima biblioteca della storia.

 

La grande aspirazione di Assurbanipal era stata quella di creare un luogo che oltre a fungere da archivio ufficiale del regno, raccogliesse tutto lo scibile umano. Il re assiro aveva molto a cuore l’organizzazione della sua biblioteca, tanto da fornire indicazioni agli scribi e dirigere la sistemazione e persino la modifica di alcuni scritti. A Ninive, aveva convogliato negli anni tutti i testi conservati allora nei principali centri babilonesi e assiri, compresi quelli custoditi nei templi. Il risultato era stata la creazione della più impressionante raccolta di documenti che si fosse vista fino ad allora. I numerosi testi arrivati fino a noi costituiscono dunque un patrimonio inestimabile che è stato utilissimo agli studiosi per conoscere “senza filtri” non solo la civiltà assira, ma l’intera cultura mesopotamica che l’aveva preceduta.

 

La collezione reale era immensa e comprendeva testi medici, filosofici e matematici, preghiere, canzoni, testi di astrologia, rituali magici, profezie (usate dal re per comunicare con gli dei) e poi ancora raccolte giuridiche, inventari, contratti, testamenti, lettere di corte e vari altri documenti amministrativi. Da tutti questi scritti unici esce il vivido spaccato della vita e dei costumi di una civiltà evoluta e per molti aspetti “moderna”. La loro decifrazione è stata spesso una scoperta nella scoperta, come dimostra la vicenda dell’assiriologo George Smith (1840-1876), che nel 1861 notò come in alcune di esse era narrata la storia di un grande diluvio, molto simile alla vicenda biblica dell’arca di Noè. Non si tratta del solo scritto celebre: un altro altrettanto famoso è una copia il Codice di Hammurabi, la prima raccolta di leggi stilata nel XVIII secolo a.C. dall’omonimo regnante babilonese, e quello dell’Epopea di Gilgamesh, testo che più di qualsiasi altro ha influenzato la cultura dell’oriente antico, incentrato sulle gesta del mitico eroe e considerato il primo poema epico della storia dell’umanità.

 

Pensando al patrimonio eccezionale che quella biblioteca ci ha restituito, non paiono esagerate le parole con cui il sovrano assiro aveva voluto autocelebrarsi: «Io, Assurbanipal, re dell’universo, a cui gli dèi hanno conferito intelligenza, che ha acquisito acume penetrante per i dettagli più reconditi dell’erudizione scientifica (nessuno dei miei predecessori aveva alcuna comprensione di tali argomenti), ho posto queste tavolette per il futuro nella biblioteca di Ninive per la mia vita e per il benessere della mia anima, per sostenere le fondamenta del mio nome regale».

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]