N. 103 - Luglio 2016
(CXXXIV)
SCIENZA
E
POTERE
IN
FRANCIA
ALLA
FINE
DELL’ANTICO
REGIME
SULL’OPERA
DI
CHARLES
COULSTON
GILLISPIE
-
PARTE
III
di
Valentina
Riccio
Dopo
aver
analizzato
le
istituzioni
scientifiche,
Gillispie
si
concentra
in
particolare
sullo
sviluppo
della
medicina.
Il
percorso
che
condusse
alla
specializzazione
di
questa
disciplina
è il
medesimo
compiuto
dalla
botanica,
la
scienza
più
praticabile,
che
per
prima
cominciò
un
processo
di
democratizzazione.
I
membri
dell’Accademia
delle
Scienze,
che
si
occupavano
di
scienze
naturali,
scrivevano
sul
giornale
della
loro
istituzione
beneficiando
anche
di
una
pubblicazione
sollecita;
gli
articoli
redatti
potevano
essere
lunghi
anche
sei
o
otto
pagine
e
gran
parte
di
essi
costituiva
un’anticipazione
delle
pubblicazioni
ad
opera
delle
accademie.
A
partire
dalla
botanica,
nacquero
così
delle
società
scientifiche:
in
quel
caso,
il
sistema
linneano
di
classificazione
e
nomenclatura
prese
il
sopravvento
nello
studio
della
storia
naturale,
non
mancando,
però,
di
creare
dissenso
tra
i
giovani
studenti
che,
per
entrare
all’Académie
o in
altre
istituzioni
dovevano
prendere
le
distanze
dalla
Società
linneana.
Essa
scomparve
e
rinacque
due
anni
dopo,
nel
1790,
come
Società
di
storia
naturale,
e
risultò
come
associazione
privata.
In
quegli
anni
nacquero
anche
altre
società
con
spirito
modernizzante,
come
quella
di
medicina,
fondata
nel
1778.
Si
trattava
di
una
corporazione
privilegiata,
creata
con
regi
decreti
che
l’autorizzavano
a
riunirsi
periodicamente
e a
esercitare,
nel
campo
medico,
un’autorità
sulle
pubblicazioni
analoga
a
quella
dell’Académie.
Politicamente,
come
accadeva
per
l’Académie,
veniva
consultata
direttamente
da
qualunque
ministro
o
segretario
di
stato
le
cui
responsabilità
riguardassero
gli
studi
affrontati.
Coloro
che
avevano
frequentemente
contatti
con
la
società
di
medicina
erano:
il
controllore
generale,
per
questioni
di
salute
e
benessere
pubblico;
la
Maison
du
roi,
per
l’amministrazione
delle
acque
minerali;
i
segretari
di
stato,
per
la
medicina
militare
e
navale;
il
Petit
Ministère
di
Bertin
per
questioni
inerenti
l’agricoltura.
Come
si
vede,
l’apporto
della
società
al
governo
è di
notevole
rilevanza.
Quest’istituzione
lavorava
in
modo
analogo
all’Académie:
infatti,
anch’essa
pubblicava
periodicamente
le
proprie
deliberazioni
e
memorie.
I
membri
fissi
della
Società
erano
al
massimo
quarantadue:
trenta
associati
che
dovevano
essere
dottori
e
dodici
associati
dilettanti
o
indipendenti,
famosi
in
campo
scientifico
o a
corte.
I
sessanta
associati
provinciali
erano
tutti
medici;
inoltre,
vi
era
un
numero
analogo
di
stranieri,
per
lo
più
membri
onorari,
primo
fra
tutti
Benjamin
Franklin.
Il
loro
obiettivo
era
quello
fissato
dalla
nuova
medicina,
ossia
l’igiene
pubblica
e
perciò
la
Società
vantava
una
giurisdizione
molto
ampia
in
merito
che
comprendeva,
oltre
alle
epidemie,
anche
il
consulto
ufficiale
e le
comunicazioni
mediche,
i
bagni
e le
acque
minerali,
le
medicine
e i
rimedi
in
commercio,
la
ricerca
e la
pubblicazione.
Tutto
ciò,
però,
venne
presto
unificato
sotto
una
nuova
egida,
quella
dell’intendenza.
Da
qui,
iniziò
il
processo
di
professionalizzazione
per
i
chirurghi
e i
farmacisti.
I
sostenitori
dell’accademia
trascuravano
il
fatto
che
la
medicina
era
diventata
una
professione
già
nel
corso
del
Medioevo,
con
un
solo
tutore:
la
Facoltà
universitaria.
Ciò,
naturalmente,
costituiva
un
ostacolo
per
le
accademie
della
scienza.
Nel
XVIII
secolo,
chirurgia
e
farmacia,
da
mestieri,
divennero
discipline.
Per
quanto
riguarda
i
farmacisti,
nelle
loro
memorie
si
nota
l’utilizzo
di
un
linguaggio
ancora
tipico
dei
negozianti,
di
quella
che,
fino
ad
allora,
era
stata
la
loro
posizione.
Turgot
aveva
invitato
i
farmacisti
a
proporre
una
nuova
organizzazione
della
loro
professione,
dal
momento
che,
nel
1777,
vennero
eliminati
i
sistemi
corporativi.
Anche
il
nome
del
negozio
stesso
si
trasformò
da
apotheke
a
farmacia.
Il
comitato
incaricato
da
Turgot
per
occuparsi
della
medicina,
invece,
era
presieduto
da
Vicq
d’Azyr,
fisico
e
anatomista
che,
in
sostanza,
aveva
il
compito
di
far
si
che
la
facoltà
di
medicina
assolvesse
alle
richieste
del
governo.
La
Facoltà,
ribellatasi
alla
nascita
della
Società,
si
era
posta
sotto
l’ala
protettiva
del
Parlamento
di
Parigi
per
tutelare
il
proprio
controllo
sulla
professione.
In
questo
modo,
l’università
scese
a
patti
col
governo
che,
già
dal
XVI
secolo,
aveva
cercato
di
porre
il
proprio
controllo
su
di
essa.
La
scelta
della
Facoltà,
in
un
certo
senso,
fu
obbligata,
in
quanto
fu
essa
stessa
a
determinare
la
nascita
di
un
organo
parallelo
come
la
società
di
medicina.
Il
programma
d’insegnamento
universitario
prevedeva
sette
corsi:
patologia,
fisiologia,
farmacia,
chimica,
materia
medica,
chirurgia
latina
e
chirurgia
francese.
I
costi
per
arrivare
al
dottorato,
però,
erano
eccessivi
e
perciò
si
iscrissero
sempre
meno
studenti.
La
costituzione
della
Società
di
medicina
ne
fu
un
ulteriore
prova.
A
differenza
della
Facoltà,
la
Società
ebbe
un
altro
modo
di
operare
riguardo
al
controllo
e
alla
distribuzione
di
acque
minerali
e
medicine
per
il
commercio.
I
suoi
severi
controlli
erano
mossi
dal
suo
interesse
per
il
pubblico,
ma
questi
non
erano
sufficienti
per
il
bene
della
società:
«Tutti
assumevano
tacitamente
che
il
privilegio
prescrittivo
fosse
la
base
adeguata
per
curare
la
gente,
con
i
libri,
con
il
bisturi
o
con
le
pozioni».
Secondo
Gillispie,
fu
un
errore
molto
grave
quello
di
aver
dato
a
chirurghi
e
farmacisti
il
medesimo
peso
e la
medesima
autorità
dei
medici
(il
chirurgo,
infatti,
non
si
occupava
di
“medicina
esterna”),
anche
perché
la
Società
doveva
fornire
determinate
garanzie,
e
soprattutto
si
era
fatta
carico
di
affrontare
la
“piaga
dei
ciarlatani”,
perciò
era
molto
rigida
e
autoritaria.
Inoltre,
questo
obiettivo
avrebbe
senz’altro
contribuito
ad
aumentare
il
suo
senso
di
importanza
civica.
Alla
fine
degli
anni
’70,
la
Società
assunse
una
forma
propriamente
accademica
e si
impegnò
con
le
facoltà
provinciali
a
costituire
un
solo
corpo
di
medicina.
Lo
scopo
era
quello
di
fermare,
in
primo
luogo,
le
epidemie
e le
epizoozie,
cercando
di
studiarne
tutte
le
concause
possibili,
anche
a
livello
meteorologico
-
climatico.
In
questo
campo
la
facoltà
di
medicina
venne
esclusa,
perché
ministeri
e
magistrati
continuarono
a
consultare
la
Società:
ad
esempio,
Necker,
appena
diventato
ministro
delle
finanze,
lo
fece
per
autorizzare
lo
stanziamento
di
finanziamenti
volti
a
combattere
alcuni
tipi
di
febbre.
Medici
e
chirurghi
cominciarono
così
a
servire
lo
stato.
Nel
1786
la
Società
godette
dello
stanziamento
di
fondi
governativi
per
integrare
i
suoi
proventi
relativamente
alle
acque
minerali;
inoltre,
il
Consiglio
di
Stato
decretò
la
creazione
di
un
comitato
permanente
al
suo
interno,
con
il
compito
di
rilevare
dati
necessari
per
le
ricerche
sulla
cura
delle
epidemie.
Il
contributo
della
Società
non
mancò
nemmeno
in
vista
della
riforma
sanitaria.
Sarà
Necker
a
sottrarre
gli
ospedali
al
controllo
del
clero
e a
porli
sotto
quello
dell’autorità
civile.
Da
parte
di
scienziati
e
uomini
di
potere,
dunque,
cominciò
a
profilarsi
l’interesse
per
l’igiene
negli
ospedali.
Per
il
mondo
della
scienza,
restava
ancora
aperta
la
battaglia
contro
ciarlatani
e
falsi
scienziati.
Queste
figure
hanno
spesso
avuto
origine
nel
Medioevo,
soprattutto
i
ciarlatani,
venditori
di
false
medicine
e
pozioni,
rispetto
ai
quali
la
riforma
della
scienza
e
della
medicina
costituì
un
tentativo
di
professionalizzazione.
In
sostanza,
in
antico
regime
i
ciarlatani
erano
tutti
coloro
che
vendevano
medicine
non
approvate
dalla
Facoltà
e,
se
sorpresi,
potevano
essere
multati
e
condannati.
Gillispie
si
sofferma
su
questo
altri
tipi
di
deformazione
della
scienza
poiché
essi
costituivano
un
ostacolo
all’affermazione
del
valore
civile
della
disciplina.
Dunque,
l’autore
prosegue
con
un
altro
pericolo
per
la
scienza,
costituito
dal
mesmerismo,
una
pratica
che
prese
il
nome
dal
suo
fondatore,
Mesmer,
laureato
in
medicina
a
Vienna
nel
1766,
con
una
tesi
in
cui
sostenne
l’influsso
degli
astri
sul
corpo
umano.
Egli
credeva
che
i
problemi
degli
esseri
viventi
fossero
dovuti
a
una
cattiva
distribuzione
del
loro
“fluido
magnetico”
e
perciò
aprì
una
clinica
magnetica
a
Vienna
nel
1773.
Capì
che
il
ferromagnetismo,
però,
era
solo
una
delle
tante
manifestazioni
di
quello
che
definiva
“fluido
universale”.
Adottò
allora
la
tecnica
di
mettersi
in
armonia
con
il
paziente,
utilizzando
le
sue
mani
come
poli
magnetici.
Con
queste
pratiche,
egli
cercò
di
entrare
a
far
parte
sia
dell’Académie
che
della
Società,
ma
venne
respinto.
Nonostante
ciò,
alcuni
studiosi
si
ispirarono
alla
sua
metodologia.
Mesmer
fu
accolto
dalla
massoneria
francese
soltanto
dopo
che
era
diventato
famoso.
Il
magnetismo
animale,
allora,
si
trasformò
da
pratica
a
movimento
nazionale.
Mesmer
sarebbe
stato
presidente
a
vita
e
avrebbe
trasmesso
la
sua
scoperta
alla
sua
società.
In
realtà,
la
sua
tecnica
venne
sottoposta
a
varie
prove,
che
stabilirono
che
il
suo
magnetismo
fu
semplicemente
una
questione
di
suggestione,
anche
se
rimanevano
i
sostenitori
della
necessità
di
una
determinata
sensibilità
per
cogliere
il
magnetismo.
Nel
1783
il
mesmerismo
venne
condannato
anche
da
Marat,
dottore
in
medicina
che
scrisse
De
l’Homme,
un
libro
duramente
criticato
da
Voltaire
sulla
Gazette
de
politique
et
littérature
del
5
maggio
1777.
Marat
si
interessava
principalmente
di
sistema
nervoso,
per
lui
costituito
da
un
“fluido
sottile”.
Nel
1779
presentò
le
sue
teorie
alla
Commissione
perché
appurassero
la
scoperta,
ma
la
novità
dei
suoi
esperimenti
stava
solamente
nella
sua
tecnica
per
osservare
gli
effetti
di
iridescenza
attraverso
il
suo
microscopio
solare,
strumento
ancora
in
disuso
nella
scienza
e
nella
medicina.
Dunque,
nemmeno
Marat
era
giunto
a
una
scoperta
importante,
ma
aveva
soltanto
introdotto
un’innovazione
tecnica.