N. 102 - Giugno 2016
(CXXXIII)
SCIENZA E POTERE IN FRANCIA ALLA FINE DELL’ANTICO
REGIME
SULL’OPERA DI CHARLES COULSTON GILLISPIE - PARTE II
di Valentina Riccio
Nel
rapporto
tra
la
scienza
e lo
Stato,
la
comunità
scientifica
subì
un
processo
di
istituzionalizzazione,
voluto
per
lo
più
dalla
massoneria.
La
prima
e
forse
una
delle
più
importanti
istituzioni
di
questo
tipo
è l’Académie
des
Sciences.
Essa
era
una
dipendenza
amministrativa
della
famiglia
reale,
divisa
in
due
ministeri
voluti
da
Turgot.
La
scienza,
nel
XVIII
secolo,
anche
se
molto
avanzata
nell’Europa
continentale,
non
era
ancora
una
professione,
nonostante
si
fossero
sviluppate
anche
farmacia
e
industria
chimica.
Per
renderla
tale
occorreva
l’autonomia
scientifica,
a
cui
l’Académie
di
fatto
arrivò.
I
membri
di
quest’istituzione
si
riunivano
nella
vecchia
anticamera
del
re
al
Louvre,
dove
si
confrontavano
sulla
base
della
lettura
di
alcuni
articoli.
Ma
l’Académie
era
molto
più
di
un
salotto
o di
una
loggia:
essa
godeva
di
una
serie
di
privilegi
ed
era
particolarmente
importante
poiché,
in
mancanza
di
una
legge
ufficiale,
poteva
decidere
sulla
distribuzione
degli
aiuti
governativi
all’industria;
inoltre,
aveva
il
compito
di
verificare
le
invenzioni
e
attribuirne
i
brevetti.
Un’altra
grande
istituzione
della
Parigi
di
antico
regime
fu
certamente
l’Osservatorio.
Costruito
nel
1667-68,
originariamente
doveva
essere
il
luogo
di
tutta
la
scienza,
ma
l’importanza
dell’astronomia
prevalse
su
qualunque
altra
esigenza.
Divenne
allora
il
luogo
dei
membri
della
sezione
astronomica
dell’Académie.
Non
mancarono,
però,
contrasti
con
l’amministrazione
centrale,
acuitisi
quando,
nel
1776,
Condorcet
assunse
la
carica
di
segretario
permanente
dell’Académie.
L’osservatorio
vantava
di
illustri
studiosi
di
astronomia
come
Bailly,
Messier
e
Cassini.
In
particolare,
gli
studi
di
quest’ultimo
furono
di
notevole
utilità
per
il
governo
francese:
Colbert,
infatti,
affidò
a
questa
nuova
Académie
il
compito
di
realizzare
una
carta
geografica
della
Francia.
Per
questo
progetto
l’apporto
del
newtonianesimo
si
rivelò
irrinunciabile,
e si
contribuì
al
pieno
sviluppo
della
cartografia
mondiale
anche
con
l’ausilio
della
strumentazione
inglese.
Un
obiettivo
di
Cassini
era
quello
di
costituire
un
laboratorio
per
la
produzione
degli
strumenti
in
Accademia,
ma
il
suo
progetto
fallì
a
causa
della
bancarotta
del
suo
patrono.
La
Francia,
dunque,
continuò
a
dipendere
dall’Inghilterra
sotto
questo
punto
di
vista,
ma
vantava
di
istituzioni
uniche
per
la
formazione
scientifica
e
umanistica
dei
propri
studiosi.
Una
di
queste
è il
Collège
de
France,
situato
nel
quartiere
latino
di
Parigi
e
indipendente
dall’Università
della
Sorbona.
I
suoi
docenti
erano
nominati
per
merito
della
propria
cultura,
e
tenevano
corsi
distribuiti
su
due
semestri
che,
grossomodo,
corrispondono
al
nostro
anno
accademico.
Era
previsto
l’insegnamento
di
svariate
discipline,
umanistiche
e
scientifiche;
sembra
che
proprio
lì
siano
iniziati
sviluppi
importanti
per
la
loro
forma.
Per
esempio,
sarà
cruciale
l’esperienza
di
Ampère,
professore
al
Collège
dal
1823.
Per
poter
diventare
scienziato,
uno
studente
doveva
compiere
un
percorso
formativo
della
durata
di
tre
anni,
in
cui
non
erano
previsti
esami:
il
primo
anno
prevedeva
una
preparazione
elementare,
mentre
il
biennio
successivo
si
concentrava
su
corsi
specifici
tenuti
proprio
al
Collège.
Secondo
l’interpretazione
di
Gillispie,
«[…]
l’insegnamento
doveva
procedere
come
studio
della
scienza
nel
suo
complesso
[…]»
e
l’effetto
doveva
essere
quello
di
favorire
il
progresso
delle
diverse
discipline.
Nell’analizzare
quest’istituzione
in
modo
specifico,
Gillispie
evidenzia
la
caratteristica
indipendenza
decisionale
del
Collège:
«La
combinazione
di
autogoverno
collettivo
e
indipendenza
individuale
nello
studio
ha
costituito
in
effetti
l’elemento
di
maggior
rilievo
della
tradizione
del
Collège
de
France,
in
particolare
se
la
si
paragona
con
la
rigidità
e le
resistenze
al
cambiamento
caratteristiche
delle
università,
almeno
nelle
facoltà
superiori.
Nel
Collège
de
France
i
titolari
non
permisero
mai
che
il
titolo
delle
loro
cattedre
ostacolasse
i
loro
interessi».
Come
si
vede,
non
tutte
le
istituzioni
scientifiche
erano
direttamente
dipendenti
dal
governo.
Questa
caratteristica
del
Collège
permise
un’istruzione
scientifica
e
culturale
molto
avanzata
che,
prima
della
Rivoluzione,
si
concentrò
solo
al
suo
interno.
All’università
invece,
per
via
del
forte
controllo
ecclesiastico,
vi
era
una
particolare
applicazione
sull’insegnamento
delle
arti.
Rispetto
al
Collège,
infatti,
le
facoltà
superiori
come
la
medicina
furono
studiate
separatamente;
legge
e
teologia
erano
invece
troppo
legate
a
professioni
tradizionali
e
conservatrici
che
non
offrivano
apertura
alla
scienza.
Parigi
si
distinse
anche
per
un’altra
particolare
istituzione:
il
Jardin
des
Plantes.
Questa
struttura
fu
sotto
la
responsabilità
di
Buffon
a
partire
dal
1739.
Egli
realizzò
un’opera
senza
precedenti,
una
Storia
Naturale
(dell’uomo,
degli
animali
domestici
e di
quelli
selvatici)
pubblicata
in
quattro
serie
di
volumi
a
partire
dal
1749.
Per
Gillispie,
Buffon
«[…]
era
per
natura
uno
storico
della
natura,
[…]
non
un
biologo
o un
geologo
che
cercava
di
rendere
specialistiche
scienze
ancora
senza
nome».
In
effetti,
molte
discipline
scientifiche
cominciavano
a
prendere
forma
proprio
in
quell’epoca
e
tra
di
esse
troviamo
la
botanica.
Uno
dei
suoi
principali
studiosi
nel
Jardin
fu
Lamarck,
che
utilizzò
un
metodo
deduttivo,
ideando
così
uno
schema
tassonomico
per
riconoscere
le
piante.
Grazie
all’esperienza
del
Jardin,
Lamarck
poté
scrivere
di
botanica
per
l’Encyclopédie
Méthodique,
entrare
nell’
Académie
nel
1779
e
comporre
un
Dizionario
di
botanica.
A
partire
da
questi
studi
se
ne
svilupparono
altri
che
potevano
avere
un
risvolto
molto
utile
da
un
punto
di
vista
pratico,
e
che
per
questo
divennero
anche
oggetto
d’interesse
per
il
governo.
Tra
di
essi
vi
furono
le
ricerche
di
Daubenton
su
agricoltura
e
allevamento
del
bestiame:
egli,
infatti,
da
anatomista
e
primo
studioso
di
mineralogia,
studiò
il
metabolismo
degli
animali
(senza
prescindere,
sul
piano
dell’alimentazione,
dalla
botanica)
con
significativi
risultati
per
le
tecniche
di
allevamento.
I
suoi
successi
dovevano
trovare
applicazione
e
perciò
dovevano
essere
mostrati
alla
gente
di
campagna
che,
non
conoscendo
i
suoi
ragionamenti,
non
ebbe
fiducia
nei
risultati.
A
partire
da
questo
esempio
si
può
dedurre
che
per
gli
studi
e le
applicazioni
scientifiche
era
indispensabile
l’interdisciplinarità:
ancora
oggi
è
possibile
osservare
che
nel
mondo
della
scienza
nessuna
scoperta
può
prescindere
da
un’altra.
Per
questo,
il
Jardin
riuniva
una
serie
di
studiosi
di
scienze
naturali,
così
da
poter
incentivare
ricerche
correlate
e
diffonderle
attraverso
l’insegnamento.
Gli
scienziati,
infatti,
oltre
la
loro
specializzazione,
tenevano
secondariamente
lezioni
di
medicina,
più
che
altro
veterinaria:
uno
di
questi
era
il
primo
vulcanologo,
Dolomieu,
da
cui
prendono
il
nome
le
Dolomiti.
Gli
studi
su
animali
e
vegetali
erano
funzionali
alla
comprensione
di
determinate
malattie.
Per
questo,
occorreva
rendere
pubbliche
le
scoperte
del
Jardin:
negli
anni
’80
del
Settecento,
il
Jardin
divenne
allora
parco
pubblico,
istituto
di
botanica,
vivaio
per
l’arboricoltura,
laboratorio
di
acclimatazione;
la
struttura
divenne
accessibile
per
un
quarto
della
popolazione
cittadina
e ne
furono
attratti
anche
molti
studiosi
stranieri.