.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

FILOSOFIA & RELIGIONE


N. 29 - Maggio 2010 (LX)

a capo delle schiere angeliche
ipotesi sull'identità dell'Arcangelo Michele

di Carlo Siracusa

 

“Io continuai a guardare e vidi collocare i troni, e un vegliardo sedersi. La sua veste era bianca come la neve e i capelli del suo capo erano simili a lana pura; fiamme di fuoco erano il suo trono, che aveva ruote di fuoco ardente. Un fiume di fuoco scaturiva e scendeva dalla sua presenza; mille migliaia lo servivano, diecimila miriadi gli stavano davanti. Si tenne il giudizio e i libri furono aperti”.

Con queste bellissime parole, il profeta Daniele descrisse la visione di un’assemblea celeste tenutasi alla presenza dell’Altissimo, seduto sul suo maestoso trono, attorno al quale vi erano miliardi di angeli al suo servizio. Gli angeli fanno parte di una vera e propria comunità celeste, ben organizzata, dove ciascuno ha il suo ruolo ben stabilito, a seconda della classe di appartenenza. Le Scritture parlano di angeli chiamati ‘serafini’, di altri chiamati ‘cherubini’, e di angeli definiti ‘messaggeri’.

 

Parla anche di troni, signorie, principati e potenze, con riferimento ai ruoli e alle posizioni occupate dagli angeli. Il loro nome identifica la loro classe di appartenenza, e dunque, il ruolo assegnato loro nel servizio reso all’Onnipotente. Gli angeli sono "spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza".

Nella disposizione del Regno di Dio, gli angeli hanno un posto molto importante. Sono descritti come creature al servizio di Dio a favore dell’uomo, e sono visti accanto al Figlio di Dio, durante l’atteso Giorno del Giudizio: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra”.


“Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono l’iniquità”.


Proprio come sostiene quest’ ultima citazione biblica, gli angeli sono “suoi ”, ovvero: del Figlio dell’uomo! A Cristo infatti, il suo Dio e Padre avrebbe affidato l’organizzazione e la gestione di tutti gli eserciti celesti, le creature angeliche, perché ciascuno assolvesse diligentemente al proprio ruolo. Cristo nei cieli, è stato posto come “capo degli angeli”. A chi del resto, Dio, avrebbe potuto affidare un compito così importante, se non a colui che è “il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché ogni cosa abbia il primato”.


“Le cose che sono nei cieli”- le cose invisibili - non sono altro che gli eserciti angelici. Su questi, che formano il “corpo” invisibile della Chiesa di Dio, Gesù ne è il “capo”, proprio come con la chiesa visibile di Dio, quella terrena. Tutte le cose sussistono in lui! Per tale ragione, Gesù è diventato di tanto superiore agli angeli, di quanto il nome che ha ereditato è più eccellente del loro.


Gesù è superiore agli angeli in quanto a rango e dignità, e Dio, il suo Dio, ha sottoposto nell’autorità del suo Figlio risorto, ogni cosa, compresi gli angeli: “Asceso al cielo, sta alla destra di Dio, dove angeli, principati e potenze gli sono sottoposti.”


Qui, Pietro testimonia dell’autorità che Cristo ha sugli angeli. Inoltre, come per ogni ruolo affidato al Figlio, Dio gli ha sempre attribuito un nome appropriato che lo identificasse con l’incarico da assolvere, (la Parola, Emmanuele, Salvatore, Gesù, Silo, Messia, Signore, Cristo, Re, …), per il suo ruolo di capo degli angeli, o “arcangelo”, gli ha messo nome: Mika’el (Michele), che nella lingua ebraica è una proposizione interrogativa che vuol dire: “chi è simile a Dio?”, una sfida che nessuno, né in terra né in cielo, è in grado di raccogliere.


Dunque, quando la Bibbia parla dell’arcangelo Michele, ogni riferimento scritturale lascia pensare che si tratti del nostro Signore Gesù, nella sua posizione di capo delle miriadi di miriadi di angeli che compongono il celeste e invisibile Regno di Dio.


Esaminiamo adesso, quali riscontri abbiamo a favore di questa probabilità.

La scoperta che Cristo è un essere angelico di rango elevato, non è certo nuova. In tempi recenti lo avevano riconosciuto studiosi come Wilhelm Bousset, Adolf von Harnack, Gustav Holscher, Rudolf Otto e Albert Schweitzer, che fu uno dei primi a porre con la massima chiarezza la questione e a sostenerla. (vedi ‘Geschichte der paulinischen Forschung’, di A. Schweitzer, 1911, pag.152


In Paolo la figura di Cristo corrisponde per più aspetti alla concezione apocalittica del Messia celeste, visto come angelo e principe degli angeli. Secondo Paolo, al Cristo non appartiene l’eternità di Dio quale essere non soggetto al divenire. Anche il Cristo preesistente, essendo creatura, ha cominciato ad esistere in un certo momento; per questo aspetto può essere visto come il secondo Adamo, in analogia col primo Adamo creato. (1 Cor 15,45) Se dunque il Messia quale « Figlio dell’Uomo » è un essere celeste, sebbene subordinato a Dio, si coglie nel giusto se si pensa che questo Messia appartiene al più alto, celeste mondo degli angeli. Su questo punto le fonti offrono una espressa convalida.

Esaminiamo alcune basi scritturali con le quali possiamo identificare Gesù nell’arcangelo Michele:

 

- “Perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo”.
Parlando del Signore Gesù, Paolo dice che egli verrà ‘con voce d’arcangelo’. Se Michele non fosse Gesù, l’espressione ‘voce di arcangelo’ riferita a lui sarebbe inopportuna, sminuirebbe l’autorità di Cristo che indubbiamente è superiore a quella di chiunque altro, ad eccezione di Dio, che è sopra tutto e tutti.

Alcune versioni della Bibbia, però, traducono questo versetto nel modo seguente: “Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo”. Qui, l’impostazione della frase, vuole che il Signore discenda dal cielo solo dopo aver ricevuto ordine dall’arcangelo, che gli segnala il via all’azione attraverso un suono di tromba. Questa chiave di lettura, benché grammaticalmente possibile, non tiene conto del contesto; viene così preferita un’impostazione teologica, allo scopo di sostenere che il Signore Gesù non sia l’arcangelo. Tuttavia, questa versione interpretativa presenta una chiara contraddizione all’ipotesi trinitaria, in quanto, per poter intervenire, Gesù attenderebbe un ordine di Dio, attraverso l’arcangelo.

 

Questo sosterrebbe comunque la subordinazione di Gesù, concetto in antitesi con la dottrina trinitaria.


Ancora più contraddittorio, se poi si sostiene che l’ordine di agire viene direttamente dall’arcangelo: in questo caso sembrerebbe pressoché assurdo che un “Dio” riceva comandi da una creatura angelica. Un altro passo biblico relativo a Michele è questo:
- “Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro”.


Per prima cosa volgiamo l’attenzione al titolo con cui è designato Michele: “il gran principe”, o secondo la Nuova Riveduta: “il grande capo”. Sar, che traduce ‘principe’ o ‘capo’, indica una dignità politica (principe), una carica militare (comandante) o un’autorità locale (governatore). Talvolta è riferito a entità soprannaturali, proprio come nel caso in questione. Degno di nota è il fatto che, il titolo di “principe” (sar), nel libro di Daniele è attribuito per ben tre volte a Michele. Questo ci collega al profeta Isaia, il quale, parlando del Messia, gli attribuisce, fra gli altri titoli, quello di “sar shalom”, “principe della pace”. (Isaia 9)


Quando Daniele parla del ‘principe del re di Persia’, “il riferimento è senza dubbio agli angeli malvagi detti dèmoni nel Nuovo Testamento: “Ma il principe del regno di Persia mi si è opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi principi, mi è venuto in aiuto e io l’ho lasciato là presso il principe del re di Persia”.


Tali potenze demoniache nel corso del tempo hanno sviluppato una forte influenza su certe nazioni e i loro governi fino ad averne il controllo. Esse hanno messo in atto tutte le risorse possibili allo scopo di ostacolare l’opera e frustrare i piani di Dio. Nel caso in esame, vediamo che l’angelo di Satana fece resistenza all’angelo di Dio per ventuno giorni. Fu solo grazie all’intervento di una potestà superiore, che l’angelo di Dio riuscì a vincere l’opposizione del dèmone: “però Michele, uno dei primi principi, mi è venuto in aiuto”.

 
Daniele si riferisce a Michele come a ‘uno dei primi principi’. Per tale ragione, molti concludono che Michele non può essere il capo ‘unico’ degli eserciti angelici, altrimenti avrebbe detto: “il primo principe”, invece parla di “uno dei primi”, come a indicare che ce ne siano altri del suo stesso rango. In realtà, il versetto in questione “lascia anche capire attraverso l’uso di un superlativo che egli è ‘il primo dei primi capi’ (traduzione letterale), e non ‘uno dei primi capi’. La parola ’achad che si traduce comunemente col numero cardinale ‘uno’ è usata ugualmente col significato del numero ordinale ‘primo’. Quest’ultimo senso conviene assai meglio al contesto di questa frase in particolare e del libro di Daniele in generale”.


Del resto, la succitata scrittura di Daniele 12, 1 definisce Michele “il gran principe”, parlando di lui come di uno solo in quella posizione. Inoltre, mette in relazione il sorgere ( 'amàdh) di Michele, con ‘un tempo di angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo’. Questo è strettamente collegato al discorso che fece Gesù ai suoi discepoli, relativo alla venuta del Figlio dell’uomo, quando disse: “Allora vi sarà una grande tribolazione, quale non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà … così sarà la venuta del Figlio dell’uomo… E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli.” (Mt 24, 21-31 NR)

Come si può notare, il “sorgere” di Michele corrisponde esattamente alla venuta, al sorgere del Figlio dell’uomo, Gesù, il quale viene con i suoi angeli, rendendo così molto evidente l’identificazione di Michele con Cristo.


Ma, qual è l’azione decisiva che compie Michele nel momento in cui “sorge” a favore del suo popolo? L’ultimo libro della Bibbia, risponde: “E ci fu una battaglia nel cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e per loro non ci fu posto nel cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo, che diceva: «Ora è venuta la salvezza e la potenza, il regno del nostro Dio, e il potere del suo Cristo, perché è stato gettato giù l’accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio». (Ap 12, 7-11 NR)


Sì, Gesù Cristo, nel suo ruolo di capo degli eserciti angelici, sorge e compie la sua prima azione, liberando i cieli da Satana il diavolo, ‘il gran dragone’, e dai suoi angeli malvagi. Poco più avanti, Giovanni descrive un guerriero seduto su un cavallo bianco, con un esercito di angeli al suo seguito: questo fa pensare all’arcangelo Michele, che è stato posto a capo delle schiere angeliche. Di lui viene detto che ha un nome, “un nome che nessuno conosce fuorché lui. Era vestito di una veste tinta di sangue e il suo nome è la Parola di Dio. Gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi, ed erano vestiti di lino fino bianco e puro.” (Ap 19, 12-13 NR)


Il guerriero con gli eserciti che lo seguivano, è chiamato: ‘la Parola’: altro elemento a favore dell’identificazione dell’arcangelo con Gesù! C’è poi un altro riferimento scritturale, dove l’apostolo Paolo, scrivendo ai Galati, parla di Gesù Cristo come di un angelo, e scrive: “Al contrario mi accoglieste come un angelo di Dio, come Cristo Gesù stesso”. (4, 14)


Per i Galati, ricevere Paolo era come ricevere un angelo, la stessa cosa che ricevere Cristo Gesù: Cristo può essere considerato “un angelo di Dio”, benché rispetto agli angeli Gesù sia sicuramente superiore. La stessa ‘letteratura giudaica descrive Mika’el come il più grande fra gli angeli, il vero rappresentante di Dio e lo identifica con l’angelo dell’Eterno frequentemente menzionato nell’AT come un essere divino’.

Vi è un episodio narrato nel 13° capitolo del libro biblico dei Giudici, che riguarda un’angelo apparso a Manoa, annunciante la nascita di un figlio: Sansone. Ad un certo punto, il racconto dice che Manoa si rivolse all’angelo chiedendogli: “Qual è il tuo nome, affinché, quando si saranno adempiute le tue parole, noi ti rendiamo onore?”(v.17 NR) Al che, l’angelo rispose: “Perché mi chiedi il mio nome? Esso è meraviglioso”. (v.18NR) Questo nome “meraviglioso” viene attribuito dal profeta Isaia 9,5 (6) (NVB) a Cristo, infatti lo chiama: “Meraviglioso consigliere”.


L’angelo di YHWH apparve anche ad Agar (Gn 16, 7-12); apparve ad Abramo (Gn 18 e 19,1); parlò a Mosè (Es 3, 2-4); accompagnò il popolo di Israele fino alla Terra promessa (Es 23, 20-21).


Facendo riferimento a quest’ultima citazione, l’apostolo Paolo affermò che colui che accompagnava il popolo di Israele nel deserto era proprio Cristo, l’angelo di YHWH: “Tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo”.

 

Werner, nella sua opera già citata, disse a tal riguardo che, “già nei primi tempi dell’età postapostolica si pervenne a interpretare come apparizioni di Cristo tutte quelle apparizioni di angeli che nell’Antico Testamento sembrano in qualche modo avvenire per porgere aiuto agli uomini. Siffatta identificazione rimase a lungo prediletta, come appare in Giustino, Ireneo, Origene, Novaziano e nella lettera di Imeneo; ed anche in altri testi è largamente attestata”.

Per l’appunto, uno dei primi Padri della chiesa appena menzionati, che identificò l’arcangelo Michele con Gesù, fu Giustino Martire. Nel suo ‘Dialogo con Trifone’, scrisse: «Vi è cioè, e vien detto esserci, un Dio e Signore diverso dal creatore di tutte le cose, che è chiamato anche angelo per il fatto che annuncia agli uomini ciò che vuole annunciare loro il creatore di tutte le cose, al di là del quale non c’è altro Dio… è un altro Dio rispetto a quello che ha fatto tutte le cose, un altro intendo, per numero, non per distinzione di pensiero. Egli infatti non ha mai fatto nulla se non quello che il creatore del mondo, al di là del quale non c’è altro Dio, ha voluto che facesse o dicesse».


Come si può notare, non solo Giustino parlò del Signore Gesù come di un ‘angelo’ che annuncia la volontà del Creatore, per di più lo definì “Dio”: non nel senso comune del termine, ovvero, come parte di una trinità, ma usò questo titolo secondo il significato biblico del termine. Per Giustino, in sostanza, Gesù era ‘Dio’ in quanto essere divino, Figlio di Dio, della stessa natura dell’Onnipotente, ma non a Lui coeguale e coeterno. Tanto è vero che, pur avendo menzionato due divinità, asserì che solo uno di loro è veramente Dio, il Creatore.

Che l’arcangelo Michele fosse il Figlio di Dio in uno dei tanti ruoli affidatigli dal Padre, lo testimonierebbe anche l’opera di un autore greco della prima metà del II secolo, ‘Il Pastore Erma’. In questo scritto dallo stile frammentario, si legge: “Pochi giorni dopo lo vidi nella stessa pianura in cui avevo visto anche i pastori e mi dice: ‘Che cosa cerchi?’. ‘Sono qui, rispondo, a chiederti che ordini al pastore addetto al castigo di uscire dalla mia casa perché troppo mi tormenta’. Bisogna che tu sia afflitto. Così dispose l’angelo glorioso nei tuoi riguardi. Egli vuole che tu sia provato’. ‘Che cosa ho fatto di tanto grave, rispondo, per essere consegnato a tale angelo?”.


Poco dopo, l’autore parla di quest’angelo glorioso come di Michele, dicendo: “L’angelo grande e glorioso è Michele che ha il potere su questo popolo e lo governa. Egli pone la legge nel cuore dei credenti e scruta se quelli cui la diede l’hanno osservata”.


La cosa interessante è che, subito dopo, parlando di lui come di un ‘uomo glorioso’, lo definisce ‘il figlio di Dio’, dicendo di lui: “Nessuno di questi angeli gloriosi arriverà a Dio senza di lui. Chi non prende il Suo nome non entrerà nel regno di Dio”.

Anche in un frammento di Melitone, il Cristo figura quale «principe dell’esercito degli angeli». Persino Clemente Alessandrino sostenne che, nel corso della storia veterotestamentaria della salvezza, il Logos ha agito come angelo.


Novaziano denominò il Cristo «primo tra tutti gli angeli», ossia il più alto principe degli angeli. Press’a poco alla stessa epoca anche Cipriano, nei suoi Testimonia, asserisce che ‘l’uno e medesimo Cristo è angelo e Dio’, mentre Lattanzio, da parte sua, sviluppa la seguente equazione: “Cristo = spirito = angelo”. Nel secolo XIX lo specialista berlinese dell’Antico Testamento, redattore di giornali ecclesiastici ed esponente della Chiesa, Ernst Wilhelm Hengstenberg, nella sua opera in più volumi Cristologia dell’Antico Testamento, si riallaccia alla identificazione cristiana antica di Cristo con le figure angeliche veterotestamentarie, specialmente con l’arcangelo Michele.

 

Per Hengstenberg l’arcangelo Michele è identico al Cristo-Logos.

Un altro studioso, Matthew Henry (1662-1714), nel suo commentario biblico analizzò la figura dell’arcangelo Michele, e con riferimento alla guerra in cielo tra la Michele e il dragone, descritta nell’Apocalisse, scrisse: “Michele e i suoi angeli da un lato, e il dragone e i suoi angeli dall’altro. Cristo, il grande Angelo del Patto e i suoi seguaci fedeli, contro Satana e tutti i suoi strumenti. Questi ultimi erano certamente superiori in numero e in forza esteriore rispetto al primo, ma la forza della Chiesa risiede nell’avere come capitano della sua salvezza il Signore Gesù. Il successo della battaglia: il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero. Ci fu una grande battaglia, ma la vittoria spettò a Cristo e alla sua Chiesa, e il dragone e i suoi angeli non furono soltanto sconfitti, ma buttati fuori”. 23 Benché Matthew Hanry sostenesse la dottrina della Trinità, tuttavia riconobbe che il ‘Michele’ della Bibbia è Cristo, il Figlio di Dio, ‘il grande Angelo del Patto’, e attribuì la vittoria di questa battaglia celeste, al capitano della salvezza della Chiesa, il Signore Gesù.

 

Anche fonti extrabibliche, come i Manoscritti di Qumran, parlano di Michele, con riferimento al Messia.

Nel Testamento di Amram (4Q543, 545-548), e precisamente nella linea 13 del Manoscritto B, si parla dei ‘Vigilanti’, identificati con “il serpente” e con “il volto di una vipera”, evidentemente lo stesso serpente connesso con la caduta dell’uomo nella storia di Adamo ed Eva. Gli vengono attribuiti altri tre nomi: ‘Belial’, ‘Principe delle Tenebre’ e ‘Re del Male’. Quest’ultimo nome, Melchi Resha‘, viene a formare una coppia antitetica con il ben noto nome Melchi Zedek, ‘Re di Giustizia’, figura che è stata pienamente assunta nell’elaborazione del sacerdozio escatologico e messianico di Gesù (Ebr 5-7), argomento che ha già parecchio interessato gli studiosi.


Melchi Zedek ha altri due sinonimi: l’arcangelo Michele, l’angelo particolare d’Israele, e il ‘Principe della Luce’. (B 3,2) Benché questa citazione non abbia alcun legame con i testi canonici della Bibbia, la sua menzione è solo allo scopo di evidenziare come, questi Rotoli, attribuiscano alla figura Messianica alcuni dei ‘nomi’ che ritroviamo anche nei testi biblici: “Melchi Zedec”, con riferimento al sacerdozio di Cristo (Ebr 5, 10) e “Arcangelo Michele”, messo in relazione all’angelo che accompagnò Israele, come già menzionato sopra, con la scrittura di Esodo 23:20-21.


La concezione cristiana primitiva del Cristo quale angelo di alto rango ci mette in grado di capire un fatto importante dell’evoluzione dogmatica: alle origini non c’è alcuna traccia di problematica trinitaria, sorta invece molto tempo dopo e fonte di aspri conflitti.

Conformemente allo stretto rapporto esistente tra concezione sul Cristo e concezione sugli angeli, la relazione del Cristo col Dio Padre era intesa inequivocabilmente in senso «subordinaziano», ossia nel senso di una subordinazione del Cristo a Dio. Sulla base dei più antichi testi sinottici, il più deciso subordinaziano del Nuovo Testamento è proprio lo stesso Gesù (Mc 10,18; 13,32; 14,36). Tale chiara e ferma posizione originaria si poté mantenere per lungo tempo. La problematica trinitaria emergerà perciò in un tempo in cui la teologia ecclesiastica sarà costretta ad abbandonare lo schema subordinaziano a favore di uno schema basato sulla coordinazione.


Concludo, citando le parole di Scheidweiler, che scrisse: “Come ci si deve rappresentare una natura celeste che (secondo Paolo) è bensì simile a Dio ma a lui subordinata, e che può certo conseguire il rango dell’elevazione ma può anche perderlo? Una tale natura può essere soltanto una natura d’angelo”.



 

 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA  N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.