N. 20 - Agosto 2009
(LI)
lo SCANDALO DEL "PAPI"
cronaca di una vicenda sopra le righe
di Laura Novak
La
vicenda,
a
conti
fatti,
è
diventata
ormai
immondizia
da
giornali
scandalistici,
fatta
di
donne,
gonne
nere
e
maliziose,
foto
ammiccanti,
barzellette
e
canzonette
di
quarto
ordine.
O
almeno
così
qualcuno
desidera
farla
vedere
a
quell’opinione
pubblica
italiana
gretta,
affacciata
ancora
al
balcone,
in
attesa
del
pettegolezzo
becero,
offuscata
dalle
notizie
di
telegiornali
tendenziosi
e
dalla
variegata
miscela
di
programmi
pomeridiani
biechi
e
scollacciati.
Qualcuno
che
di
immondizia
ne
sa
abbastanza
da
utilizzarla
per
vincere
le
elezioni.
La
nostra
televisione,
che
in
questi
giorni
ha
celebrato
la
sua
partecipazione
attiva
ad
una
delle
più
grandi
missioni
umane
come
la
“conquista”
della
Luna
nel
lontano
1969,
si è
persa
nella
perversione
delle
contraddizioni
del
tubo
catodico.
Veline,
prezzemoline,
letterine
o
semplicemente
ragazzine
che
popolano,
inondano
il
nostro
tempo
libero,
ponendosi
come
obiettivi,
icone
della
bellezza
di
questo
nuovo
secolo.
Magre,
rifatte
o
costruite.
L’importante
è
che
siano
giovani
ed
alimentate
da
un
sanissimo
arrivismo.
Dietro
al
meccanismo
della
tv
spazzatura
c’è
però
un
vastissimo
mondo
sotterraneo,
fatto
di
raccomandazioni,
privilegi
e
compromessi.
Più
di
un’inchiesta
giudiziaria
ha
tentato
negl’anni,
senza
successo,
di
smascherarne
il
lato
oscuro,
fatto
di
ricatti
e
reati.
Il
risultato,
piuttosto
ovvio,
è
stato
solo
quello
di
alimentare
miti
incomprensibili,
innalzare
fotografi
e
paparazzi
a
vittime
del
sistema
giudiziario,
uccidere
il
senso
di
pubblica
vergogna.
Ma
ora
l’inchiesta
coinvolge
nel
vortice
anche
la
più
potente
carica
istituzionale
del
nostro
paese.
La
vicenda
dell’inchiesta
di
Bari
che
in
questi
giorni
sta
tenendo
banco
non
solo
in
Italia,
ma
anche
sulle
maggiori
testate
giornalistiche
del
mondo,
è un
frutto
marcio
e
decomposto
della
nostra
cultura.
La
cultura
del
nostro
paese,
che
noi
tutti
denigriamo
ma
amiamo,
fa
delle
sue
mille
sfaccettature
la
sua
forza:
composita,
passionaria
ed
artistica,
finisce
spesso
nella
burla,
nello
scherno
delle
nostre
attitudini,
nella
caricatura
di
un
paese
tra
i
più
belli
del
mondo.
Di
certo
siamo
stati
poeti,
musicisti,
artisti,
architetti,
medici,
scrittori,
scienziati
e
cineasti
senza
pari.
Allo
stesso
modo,
come
se
fossimo
un
fiume
dalla
doppia
sponda,
possiamo
essere
maschere
buffe
di
latin
lover,
nulla-facenti,
approfittatori
ed
ingannatori,
dalla
faccia
giusta
e la
battuta
pronta.
La
nostra
immagine
all’estero
è di
certo
frutto
di
una
profonda
incomprensione
dei
nostri
usi
e
costumi
millenari,
ma
anche
e
soprattutto
della
nostra
costante
volontà
di
ridimensionare
tutto
al
ridicolo.
Questa,
personalissima,
idea
del
mio
paese,
mi
chiarisce
il
perché
la
vicenda
del
nostro
Papi
Silvio
sia
diventata
una
barzelletta
sconcia
da
bar.
In
molti
altri
paesi,
dagli
amati
Stati
Uniti,
fino
al
nord
Europa,
qualunque
altro
capo
di
Stato
si
sarebbe
dimesso.
Il
nostro
presidente
del
consiglio
ha
fatto
ben
altro:
ha
ridicolizzato
la
nostra
democrazia,
con
il
benestare
placido
del
popolo.
Silvio
Berlusconi,
nonostante
sia
un
uomo
dalla
carriera
personale
ambigua,
non
è,
come
molti
lo
additano,
un
dittatore
manipolatore
e
diabolico.
Lo
si
immaginerebbe
troppo
ingegnoso
in
verità.
Tutti
sappiamo
chi
è
stato,
chi
è e
chi
probabilmente
diventerà
il
nostro
Silvio
nazionale.
Nessuna
omissione:
la
sua
storia
è
fatta
di
processi,
testimonianze
e
sue
spontanee
dichiarazioni.
Berlusconi
è il
nostro
leader,
perché
noi,
in
piena
coscienza,
lo
abbiamo
desiderato,
appoggiato
ed
infine
votato.
Lui
ride,
noi
ridiamo,
lui
minimizza,
noi
minimizziamo,
lui
cela,
noi
celiamo.
Rappresenta
in
fondo
l’Italia
per
quella
che
noi
vogliamo
che
sia.
Il
quadro
è
dunque
piuttosto
ovvio.
All’estero
si
scandalizzano,
ne
fanno
vignette
oltraggiose,
ne
sottolineano
l’importanza
giudiziaria
e la
necessità
di
una
spiegazione
degna
di
essere
chiamata
tale;
in
Italia,
la
gente
che
mi
circonda
quotidianamente,
la
mia
stessa
famiglia,
ne
ride,
ne
vede
gli
aspetti
ironici;
qualcun
altro,
particolarmente
devoto,
all’ombra
opprimente
del
cupolone,
se
ne
scandalizza,
ne
condanna
l’adulterio…
Gli
elementi
principali
della
vicenda
(ancora
tutti
da
provare)
sembrerebbero
essere
in
realtà
molto
più
gravi:
prostituzione,
concussione,
tangenti,
sanità
corrotta,
favori
politici,
raccomandazione
televisive,
abuso
di
potere.
Eppure…quello
che
rimarrà
indelebile
nella
storia
italiana
sarà
ben
altro:
canzoni,
barzellette,
menù
elaborati,
letti
spaziosi,
consigli
sessuali,
gioielli
di
scarsa
bigiotteria,
foto
di
bagni
e
sussurri
al
telefono.
Uno
show
burlesque,
la
cui
diva
ora
gironzola
pagata
tra
Roma
e
Parigi,
partecipando
a
baccanali
che
ricordino
l’incontro
sessuale
più
importante
della
sua
vita,
ed
il
suo
protagonista
settantenne,
giovanotto
d’animo
e di
desiderio
sessuale,
“vittima”,
calunniata
e
raggirata
dalla
beltà
di
donne
giovani
e
promiscue.
Nel
1998
Bill
Clinton
fu
attore
principale
del
SexGate
americano,
nato
dalla
sua
relazione
clandestina
con
una
stagista
della
Casa
Bianca,
la
ormai
leggendaria
Monica
Lewinsky,
ma
soprattutto
dal
suo
grossolano
tentativo
di
smentirla.
L’impeachment
che
ne
conseguì
fu
impiantato
dall’accusa
non
sulla
questione
strettamente
morale,
ma
bensì
sulla
prova
che
il
presidente
degli
Stati
Uniti
aveva
mentito
nel
negare
la
sua
avventura
sessuale.
Il
suo
ruolo
di
guida
corretta
ed
integerrima
di
una
delle
più
grandi
potenze
mondiali,
che
aspira
ad
essere
esportatore
universale
di
democrazia,
cadeva
sotto
l’ascia
di
una
menzogna,
detta
male,
orchestrate
ancora
peggio
e
smentita
dalla
prova
suprema
della
scienza
moderna:
il
test
del
dna.
Bill
Clinton
non
si
dimise,
ma
fu
costretto,
dall’onda
dello
scandalo
popolare,
ad
effettuare
delle
scuse
pubbliche
in
diretta
televisiva,
giustificando
la
sua
menzogna
e le
sue
pulsioni
sessuali.
Solo
pochi
mesi
fa
un
ministro
del
governo
britannico
è
stato
costretto
alle
dimissioni
per
un
semplice
scandalo
su
spese
ufficiali
gonfiate,
in
cui
venivano
incluse
fatture
di
spese
personali,
anche
presso
una
videoteca
hard.
Nel
febbraio
del
2009
un
ministro
giapponese
fu
costretto
anche
lui
alle
dimissioni,
per
essere
apparso
ad
una
conferenza
ubriaco.
In
questo
contesto
l’intento
però
non
è
quello
di
analizzare
gli
altri
paesi
ed
emettere
il
solito
lamento:
ogni
posto
è
meglio
dell’Italia.
Anche
perché,
davvero,
questo
lamento
è
fuori
tempo
e
grossolano
Il
quotidiano
“La
Repubblica”,
che
il
nostro
presidente
del
consiglio
schernisce
e
taccia
di
essere
eversivo
e
rosso,
ha
posto
10
domande.
Domande
popolari,
schiette,
semplici,
direi
legittime.
Un
grido,
una
volontà
di
chiarezza,
di
limpidezza
e di
ammissione
di
colpa;
valori
etici
che
in
questo
paese
sono
sempre
state
fuggiti.
La
politica,
in
generale,
nella
sua
accezione
di
detenzione
di
potere,
è
sporca,
sotterranea,
mistificante.
In
Italia
come
in
moltissime
altre
parti
del
globo.
Forse
l’Italia,
quella
che
vota,
che
crede,
che
s’informa,
non
è
ancora
satura
davanti
alla
nostra
storia
di
corruzione
e
misteri
o
non
abbastanza
vigile
da
rendersi
conto
della
gravità
che
si
nasconde
dietro
questa
volgarotta
puntata
boccaccesca.
Di
certo
la
democrazia
garantisce
ad
ognuno
di
noi
di
decidere
a
chi
e
cosa
rispondere.
Allo
stesso
modo
la
democrazia
però
consente
a
tutti
di
esprimersi,
di
analizzare,
di
versare
inchiostro
nel
tentativo
di
eliminare
la
beffa
da
una
vicenda
senza
pari.
Una
vicenda
denigrante
per
chi
crede
che
essere
italiano
sia
ben
altro.