[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 201 / SETTEMBRE 2024 (CCXXXII)


moderna

SULLO SCAMBIO COLOMBIANO

UN PONTE BIOLOGICO TRA UTOPIA E IMPERIALISMO

di Francesca Zamboni

 

L’etimologia latina della parola viaggio, viaticus, racchiude le spinte motivazionali e gli obiettivi che Cristoforo Colombo si era prefissato prima di salpare il 3 agosto 1492 dal porto Palos de la Frontera alla volta di un Paese sconosciuto, sospinto dal soffio costante degli Alisei.

 

Viaticus significa infatti ciò che riguarda la via, mentre il neutro viaticum indica proprio il bagaglio che il viaggiatore porta con sé per sopravvivere durante il cammino. Il viaggio di Colombo rappresenta non solo un evento storico, ma la creazione di un ponte culturale tra due coste, quelle dell’Atlantico, e l’incipit di malattie, battaglie e devastazioni capaci di riunire due mondi allontanatisi dopo la ritirata dei ghiacciai per essere coinvolti in un processo di omogeneizzazione contraddistinto da avvenimenti, tanto avversi quanto portatori di cambiamenti.

 

L’espansione nelle Americhe fu pertanto un fenomeno pressoché bidirezionale tra due mondi, denominato “lo scambio colombiano” dall’omonimo libro dello storico americano Alfred W. Crosby, un’opera che ci ha offerto una visione più ampia dell’evento, descrivendo l’espansione biologica degli Europei e la loro capacità di trasformare gli ecosistemi, colonizzandoli e plasmandoli fino a renderli somiglianti al Vecchio Mondo. Un processo di acculturazione che divenne Imperialismo e che Crosby sintetizzò nel termine Neo Europe.

 

Il mondo delle Antille si europeizzò sia per l’arrivo di nuovi animali (cavalli, muli, galline, pecore), sia per l’introduzione di nuovi alimenti, usi e costumi. 

 

Ricordiamo che gli Europei erano convinti di aver toccato le coste dell’Asia, scoprendo invece un continente nuovo. Per questo motivo i diari di Colombo sono pieni di meticolose osservazioni al cospetto di una flora e una fauna mai viste prima. Allo stesso modo l’esploratore rimase colpito dai tratti somatici degli indigeni, dai loro folti capelli e dalla loro conformazione ossea, ma anche dalla loro bontà e innocenza.

 

Culture completamente diverse che, se inizialmente stupirono, lentamente lasciarono il posto al terrore fino a insinuare un crescente fastidio nei Conquistadores, sfociando inesorabilmente nella violenta reductio ad unum, in base alla quale gli Europei imposero la propria cultura.

 

Sulla base di questa imposizione molti studiosi, tra cui Alfred Crosby e Jared Diamond, hanno analizzato i fattori e le variabili che hanno concorso a spiegare il trionfo degli Europei in America.

 

E la spiegazione risiede non solo nel vantaggio militare delle armi da fuoco sugli archi e sulle frecce degli Indiani, ma anche nel terrore suscitato dagli sconosciuti cavalli accompagnati da uomini o forse dèi secondo la profezia amerinda.

 

Tuttavia gli Indiani non furono in grado di fronteggiare i nemici, neanche quando compresero che i conquistatori non erano divinità e neanche quando ebbero a disposizione il tempo necessario per sviluppare delle tattiche di difesa.

 

Purtroppo con la conquista degli Spagnoli, gli Indiani dovettero affrontare nuove malattie che, se nel Vecchio mondo erano benigne, in quello Nuovo assunsero un aspetto maligno oppure malattie ad andamento endemico divennero epidemiche.

 

Le migrazioni esposero infatti i popoli più isolati e il loro sistema immunitario impreparato a  patologie dal conseguente esito infausto, provocando un alto tasso di mortalità fra gli Indiani d’America nei primi cento anni di contatto con gli Europei e gli Africani.

 

Inoltre, la spiccata vulnerabilità femminile al vaiolo fu una delle cause primarie di morte tra i nativi, mentre l’immunità sviluppata dagli Europei appariva evidente soprattutto di fronte all’ira degli Indiani che erano soliti impastare il pane dei padroni con sangue infetto, ma con scarsi risultati.

 

Come abbiamo sottolineato lo scambio fu reciproco, quindi come gli Europei diffusero malattie fino ad allora mai contratte nel Nuovo Mondo (vaiolo, malaria, epatite, morbillo), allo stesso modo ne importano di nuove.

 

Una di queste fu il morbo Gallicum o la sifilide appartenente alla famiglia delle Treponematosi, portata dai marinai di Colombo che avevano contratto il morbo sull’Isola di Hispaniola attraverso rapporti sessuali con le donne del luogo. Una malattia che nel Vecchio Mondo, oltre alla sua natura mortale, si diffuse rapidamente deturpando le fattezze degli uomini; nelle isole caraibiche ebbe, invece, un decorso meno aggressivo.

 

La contaminazione tra le due sponde dell’oceano ebbe dunque ripercussioni culturali ed economiche con aspetti rivoluzionari per entrambi i mondi. Infatti, se da un lato l’introduzione del cavallo in America del Sud ha rivoluzionato l’agricoltura delle civiltà precolombiane e le malattie europee hanno contribuito al crollo dell’Impero Maya, dall’altro è necessario considerare l’importanza dell’introduzione di alcuni alimenti in Europa provenienti dal Nuovo Mondo; tra questi la patata che, con il suo apporto calorico e le sue proprietà nutrizionali, ha permesso di salvare molte vite durante le numerose carestie che colpirono l’Europa tra il 1650 e 1670.

 

Tra gli alimenti importati: pomodoro, cacao, mais, peperone, peperoncino, tabacco, zucca e zucchine; ovviamente non tutte le colture si adattarono ai nuovi ambienti o perlomeno in tempi rapidi. Viceversa, alcuni prodotti non indigeni si adattarono velocemente ai territori americani: si pensi al caffè proveniente dall’Africa, introdotto nel Settecento, e la cui diffusione ha reso il Brasile primo produttore a livello mondiale.

 

Ovviamente il viaggio di Cristoforo Colombo, esordio di una rivoluzione economica e culturale, nonché di un processo di globalizzazione economica, mostra non solo le meraviglie che una scoperta spesso comporta, ma anche i lati oscuri e imprevedibili dell’essere umano di fronte a un mondo sconosciuto e affascinante dove la meraviglia iniziale ha lasciato il posto alla sopraffazione e allo sterminio di popolazioni autoctone; mostra, dal punto di vista antropologico e sociologico un passato che ancora oggi sovrasta la natura umana.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Crosby Alfred W., Lo scambio colombiano. Conseguenze biologiche e culturali del 1492, Einaudi, Torino 1997.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]