N. 20 - Agosto 2009
(LI)
LE SANTE ASSICURAZIONI S.p.A.
(le Terre Russe fra Cattolicesimo e Ortodossia)
di Aldo Marturano
Qualche
anno
fa
per
i
tipi
della
Oxford
University
Press
uscì
“The
sacred
trust”,
di
Robert
Ekelund,
un
lavoro
accuratissimo
di
ricerca
imperniato
su
un
esame
storico-economico
dell’ascesa
della
Chiesa
Cattolica
nel
Medioevo
durante
i
secc.
XIII-XV.
Siamo
sicuri
che
giammai
alcun
editore
italiano
tradurrebbe
o
pubblicherebbe
quest’opera
giusto
per
il
suo
contenuto,
ma
forse
e
soprattutto
per
auto-censura.
E
sapete
perché?
Perché
l’analisi,
puntuale
e
documentata
dei
vari
specialisti,
mette
a
nudo
le
profondissime
radici
economiche
della
più
grande
organizzazione
assicuratrice
esistente
al
mondo.
L’organizzazione
di
cui
si
parla
è
talmente
potente
ancor
oggi
ed è
così
capillarmente
diffusa
(specialmente
in
Italia
dove
ha
sede
legale,
ma
anche
in
altri
paesi
sedicenti
cattolici
dell’America
Latina
e
dell’Africa
dove
ci
sono
le
filiali
più
importanti)
che
a
parlarne
su
un
piano
diverso
da
quello
“spirituale”
(per
chi
è
capace
di
astrarsi
dal
mondo
reale)
è
molto
pericoloso
giacché
ci
si
scontra
con
certi
principi
etici,
cosiddetti
universali
dalla
stessa
Chiesa
che
li
ha
diffusi
e
inculcati,
nei
quali
molta
gente
ha
trovato
i
fondamenti
mitologici
per
portare
avanti
la
propria
esistenza
mondana
e
per
riparare
senza
eccessive
preoccupazioni
nell’Aldilà
e ai
quali
perciò
è
molto
restia
a
rinunciare
o a
rivedere.
Che
cosa
emerge
allora
dal
lavoro
condotto
da
quegli
studiosi?
Cercheremo
di
riassumerlo
nelle
parole
che
seguono
e
allo
stesso
tempo
non
ci
fermeremo
esclusivamente
su
quel
libro
(non
dovendone
fare
una
recensione),
ma
integreremo
il
discorso
con
quanto
noi
stessi
abbiamo
raccolto
nel
tempo,
negli
studi
in
relazione
anche
alla
Chiesa
Russa
nel
XIV-XV
sec.
Mettiamo
in
chiaro
pure
che
i
termini
che
qui
useremo
sono
quelli
correnti
e
convenzionali
e
non
devono
essere
necessariamente
colorati
in
modo
negativo
o
positivo.
Intorno
all’anno
1000
la
Chiesa
Cattolica
comincia
a
dominare
praticamente
la
parte
centrale
d’Europa
dove
ha
sede
il
nuovo
Impero
Romano
d’Occidente,
da
essa
stessa
voluto
e
fondato
nel
IX
sec.
contro
quello
d’Oriente
o di
Costantinopoli
e
contro
il
Paganesimo
settentrionale
fra
Scandinavi
e
Slavi
che
continua
a
far
concorrenza.
Per
di
più
il
Cristianesimo
non
si
muove
unito
in
queste
aree,
ma
trova
le
due
centrali
cristiane,
Roma
e
Costantinopoli,
in
scontro
quasi
permanente
per
la
predominanza.
Nella
parte
sud
(il
Mediterraneo)
invece
la
concorrenza
è
impersonata
soprattutto
dall’Islam
che
domina
ormai
tutto
il
Nord
dell’Africa
e la
Spagna,
oltre
ai
vari
suoi
tentativi
di
insediarsi
in
Provenza
e di
radicarsi
meglio
in
Sicilia
o a
Creta.
Se
si
guarda
bene
la
situazione
e le
circostanze,
la
concorrenza
non
è
tanto
ideologica
ossia
fondata
soltanto
sull’educazione
delle
“anime”
a
nuove
maniere
di
vivere
quanto
invece
sul
mercato
che
queste
anime
costituiscono,
abitando
all’interno
di
un
corpo
materialmente
consumatore,
ed
in
quel
momento
storico
di
crescita
economica
e
demografica
europea.
Se
poi
ci
si
chiede
che
cosa
la
Chiesa
commercializzi,
allora
la
risposta
è
abbastanza
semplice:
La
Vita
Eterna.
E
dove?
In
un
mondo
popolato
da
uomini,
donne
e
bambini
la
cui
vita
è
soggetta
1. a
dispotici
signorotti
militari
in
guerra
continua
l’uno
contro
l’altro
e in
cui
i
vittoriosi
considerano
come
miglior
bottino
proprio
gli
esseri
umani
da
catturare,
2.
dove
lo
sviluppo
dell’agricoltura
è
abbastanza
arretrato
e di
conseguenza
l’accumulo
di
derrate
alimentari
è
poverissimo
e 3.
dove
carestie
e
pestilenze
sono
frequenti
a
causa
del
bassissimo
livello
igienico
e
della
farmacopea
poco
sviluppata
oltre
che
all’alimentazione
insufficiente.
La
Chiesa
però,
al
contrario
dei
Paganesimi,
offre
non
solo
una
Vita
Eterna,
ma
vissuta
in
beatitudine
nel
proprio
corpo
originario.
La
prospettiva
è
molto
attraente
salvo
il
fatto
che
occorre
passare
attraverso
il
Giudizio
Universale
inappellabile
e
condotto
dal
dio
cristiano
il
quale,
se
la
vita
sulla
Terra
è
stata
vissuta
secondo
i
dettami
cristiani,
concederà
la
beatitudine
altrimenti,
ahinoi.,
l’alternativa
sono
le
pene
eterne
nel
fuoco,
anch’esso
eterno,
dell’Inferno.
Con
una
vita
precaria
e di
breve
durata
(media
30-40
anni)
come
quella
del
primo
Medioevo,
se
questo
“pacchetto
di
promesse”
ha
costi
accettabili
e
effetti
garantiti,
passare
da
un
Paganesimo
indicato
dalla
Chiesa
come
negativo
e
foriero
di
tutti
i
guai
del
mondo
(benché
la
Chiesa
non
abbia
conosciuto
affatto
i
contenuti
mitologici
dei
vari
Paganesimi
nordici)
ad
una
fede
che
promette
tutte
queste
belle
cose,
sarebbe
una
scelta
convenientissima.
Come
accedere
allora
all’acquisto
della
Vita
Eterna?
La
Chiesa
offre
il
pacchetto
assicurativo
giusto.
Ci
sono
vari
metodi
e
vari
modi
d’acquisto
del
“prodotto”,
in
cui
i
“listini”
(poenitentiales)
sono
tutti
fissati
e
regolati
secondo
la
potenzialità
economica
dell’acquirente.
Per
quanto
riguarda
gli
effetti
garantiti,
anche
qui
non
ci
sono
problemi.
La
Chiesa
possiede
le
testimonianze
scritte
(il
fascino
magico
di
un
libro
dallo
scritto
immutabile
aveva
un
gran
peso
in
quei
lontani
tempi)
e
confermate
dei
13
discepoli
(naturalmente
comprendiamo
anche
Giuda
Iscariota)
del
supposto
fondatore
del
Cristianesimo
stesso,
Cristo,
che
l’hanno
visto
morire
e
poi
l’hanno
visto
risorgere
dalla
morte
per
assurgere
al
cielo,
non
senza
aver
fatto
la
promessa
solenne
di
portare
con
sé
nella
casa
celeste
tutti
coloro
che
crederanno
nelle
sue
parole
e
nelle
sue
prescrizioni.
A
questo
punto
non
deve
assolutamente
scandalizzare
il
fatto
di
mettersi
a
studiare
la
Chiesa
medievale
sullo
stesso
piano
di
una
multinazionale
odierna
che
vende
e
commercia
prodotti
propri
o
fabbricati
da
altri,
materiali
o
immateriali
(in
quest’ultimo
caso,
si
pensi
al
multilevel
marketing)
poiché
è
proprio
ad
imitazione
e
per
rielaborazione
del
sistema
Chiesa
Cristiana
che
è
nata
la
moderna
compagnia
multinazionale
(la
Corporation
di
tipo
“americano”,
per
intenderci).
D’altronde
il
problema
che
si
pose
a
San
Paolo,
se
fu
proprio
costui
il
primo
costruttore
della
Chiesa
come
comunità
di
mutuo
soccorso
organizzata,
fu
quello
di
propagare
le
credenze
giudaiche
nella
Diaspora
mediterranea:
credenze
nate
nel
Medio
Oriente
in
un
contesto
di
popoli
nomadi
con
antichissime
tradizioni
e
dunque
diverso
dall’ambiente
dell’Impero
Romano
in
cui
si
moveva
il
nostro
innovatore.
Roma
era
uno
stato
ormai
multietnico
la
cui
élite
al
potere
a
causa
della
bassissima
tecnologia
di
quei
tempi
aveva
bisogno
di
molti
uomini
al
lavoro
coatto
per
mantenersi
e
questo
materiale
umano
se
lo
procurava
con
le
guerre
e le
conquiste,
allargando
sempre
più
l’area
delle
invasioni
armate.
Di
conseguenza
i
confini
statali
romani
dovevano
essere
difesi
contro
tutte
le
eventuali
intrusioni
e, a
quest’ultimo
requisito,
la
risposta
era
la
sedentarizzazione
delle
truppe
(contadini
abili
sempre
pronti
a
scendere
in
armi)
lungo
il
limes
e
qualsiasi
popolo
che
attentasse
a
questo
ordine,
come
gli
Ebrei,
era
considerato
pericoloso.
In
altre
parole
l’Ebreo
rappresentava
per
i
romani
un
nemico
potenziale
da
tenere
costantemente
sott’occhio
ed è
logico
che
il
modo
di
vivere
e di
credere
giudeo
era
guardato
ancora
con
maggior
sospetto,
se
si
riproduceva
nella
Diaspora.
San
Paolo
sapeva
bene
tutto
questo
ed è
pertanto
probabile
che
sia
stato
per
questo
motivo
cioè
per
essere
più
libero
di
agire,
che
le
credenze
della
“Setta
Cristiana”
furono
offerte
come
una
religione
per
tutti,
anche
per
chi
non
fosse
ebreo.
Quando
poi
ci
si
accorse
che
il
“Nuovo
Ebraismo”
era
vincente
e
che
gli
adepti
crescevano
in
numero,
ecco
che
si
ritenne
utile
riprodurre
un
vecchio
schema
ebraico
di
creare
e
mantenere
un’élite
scelta,
libera
dal
lavoro
manuale,
che
fosse
dedita
soltanto
ai
contatti
con
Dio
Creatore.
In
Palestina
questa
élite
era
stata
la
tribù
di
Levi
alla
quale
non
era
stato
assegnato
un
territorio
definito,
ma
il
diritto
per
i
suoi
membri
di
poter
abitare
sparsi
fra
tutte
le
altre
tribù
ed
essere
da
esse
mantenuti
per
fare
da
ultimi
giudici,
da
consiglieri
etc.
e
per
celebrare
la
grandezza
del
Dio
d’Israele
nelle
feste
comandate.
A
questo
punto
sorgeva
il
problema
del
consenso
da
parte
dei
membri
delle
nuove
comunità
che
si
andavano
formando,
non
completamente
ebraiche,
ad
appoggiare
una
istituzione
passiva
permanente
simile
alla
tribù
di
Levi.
Varie
furono
le
maniere
per
vincere
le
resistenze,
ma
la
più
efficace
fu
ricorrere
ad
un’intensa
propaganda,
fatta
tramite
predicatori
(o
sedicenti
profeti)
professionisti.
Di
certo
ciò
fu
un’innovazione
nel
mondo
romano
che
raramente
vedeva
in
giro
per
le
città
e
per
le
campagne
persone
di
questo
tipo
e al
contrario
imponeva
il
proprio
modo
di
essere
ricorrendo
alle
armi
e
con
la
costrizione
fisica,
ma
disdegnando
il
parlare
e
l’elucubrazione
astratta
dei
filosofi.
Qui
non
c’interessa
ripercorrere
tutta
la
storia
del
Cristianesimo
e
del
suo
divenire
da
società
quasi
segreta
a
organo
dello
stato
romano
nei
primi
secoli
del
Medioevo.
Al
contrario.
A
noi
sta
a
cuore
un
periodo
particolare:
il
volgere
del
XII
sec.
Come
mai?
Perché
sono
gli
anni
in
cui
l’elite
celebrante
e
pensante
cristiana
raggiunse
l’acme
della
popolarità
e
del
potere
e
poté
immettere
sul
mercato
della
fede
un
nuovo
“servizio”:
Dio
ha
concesso
la
sua
rappresentanza
personale
esclusiva
al
Papa
di
Roma
il
quale,
d’ora
in
poi
con
i
suoi
successori,
deciderà
delle
sorti
dell’uomo
non
più
solo
sulla
continuazione
della
vita
dopo
la
morte,
ma
anche
sull’andamento
della
vita
terrena
attraverso
uomini
adatti.
Insomma
dopo
il
1000
in
cui
il
Cristianesimo
era
minoritario
in
Europa
(contro
i
primi
successi
anteriori),
ora,
con
i
piccoli
passi
di
un
successo
che
di
nuovo
arrideva,
i
dettati
di
San
Paolo
si
modernizzano
e la
Chiesa
si
trasforma
in
una
vera
e
propria
Compagnia
di
Assicurazioni
con
una
Polizza
tipo
che
sfrutta
l’angoscia
primordiale
dell’uomo
del
non
riuscire
a
prevedere
il
proprio
futuro.
Convinti
e
rassegnati
a
ricercare
la
felicità
dopo
la
morte,
chiunque
era
ben
felice
di
accogliere
colui
che
fosse
in
grado
di
assicurargli
una
vita
futura
beata
in
un
qualsiasi
lontanissimo
posto
fuori
dal
mondo
presente.
E
qui
c’è
un
problema
di
comprensione:
Come
fare
ad
immaginare
un
altro
mondo
fuori
da
questo
mondo?
Il
problema
resterà
irrisolto
e la
credenza
che
il
Paradiso
si
trovasse
sulla
Terra
durò
fin
nel
XIV
sec.,
se
ricordiamo
che
a
Novgorod,
l’arcivescovo
Monsignor
Basilio
II
assicurava
che
certi
suoi
mercanti
lo
avessero
visto
in
qualche
luogo
in
Asia.
La
Chiesa
comunque
non
aveva
tempo
per
permettere
inutili
esitazioni
o
ripensamenti
ed
imponeva
la
sua
fede
presentandosi
al
cliente
o
con
la
minaccia
paventata
a
parole
dell’Inferno,
che
aveva
sicuramente
un
enorme
peso
in
questo
contesto
(san
Vladimiro
di
Kiev
fu
convinto
alla
scelta
del
Cristianesimo
proprio
da
un’icona
che
mostrava
le
pene
dell’Inferno),
oppure
persino
con
gli
armati
ove
fosse
necessario.
Vedremo
infatti
che
nel
periodo
che
contempliamo
la
Chiesa
ha
già
la
possibilità
di
ordinare
ai
re e
ai
signori
“secolari”
di
costringere
i
“ribelli”
(eretici,
infedeli,
scismatici)
che
non
accettano
la
sua
fede
di
ricorrere
ai
mezzi
delle
armi
o
della
rappresaglia
d’altro
tipo
anche
più
orribile
della
morte
e
delle
torture
corporali.
L’abbiamo
detto
che
nel
Medioevo
essere
sopraffatti
da
un
momento
all’altro
e
privati
della
vita
era
per
la
stragrande
maggioranza
delle
persone
una
realtà
quasi
quotidiana
e le
paure
di
non
sapere
quando
e
come
la
morte
violenta
avrebbe
colpito
erano
molto
maggiori
e
più
pressanti
di
quelle
che
percepiamo
noi,
se
pensiamo
che
oggi
in
un
certo
qual
modo
siamo
più
protetti
e
più
curati
nella
collettività
alla
quale
apparteniamo
(almeno
in
una
certa
parte
del
mondo)
e
non
abbiamo
più
bisogno
di
ricorrere
ad
altre
istituzioni
separate
o
diverse
dalle
nostre
polizie
o
dai
nostri
eserciti
per
essere
difesi.
Eppure
continuiamo
a
sottoscrivere
polizze
assicurative
o a
munirci
di
pensioni
e ad
accumulare
ricchezze
e
risparmi…
non
riuscendo
a
sapere
che
cosa
ci
serbi
il
futuro.
E’
forse
un
segno
che
non
crediamo
più
a
quanto
il
Cristianesimo
ancora
ci
promette?
Torniamo
però
alla
Chiesa
Cattolica
Romana…
Prima
di
proseguire
occorre
aggiungere
che
la
struttura
che
si
delinea
appare
come
un’organizzazione
di
tipo
mafioso.
Ancora
una
volta
ribadiamo
che
nel
termine
non
v’è
alcuna
negatività
o
positività
voluta,
ma
che
l’abbiamo
scelto
perché
abbiamo
constatato
che
cronologicamente
le
istituzioni
cattoliche
come
parti
di
un’associazione
organizzata
in
un
certo
modo
precedono
l’attività
che
la
Mafia
oggi
conduce
e
che
è
considerata
criminosa
e
fuori
legge.
A
nostro
avviso
tuttavia,
siccome
è
legittimo
pensare
che
la
Mafia
si
rifaccia
a
modelli
anteriori,
salvo
poi
applicarli,
questi
modelli,
in
un
contesto
storico
e
sociologico
diverso
come
quello
dell’oggi,
da
quel
che
sappiamo
essa
si
presenta
al
suo
cliente
per
difenderlo
da
attentati
e da
minacce,
provocati
infine
da
essa
stessa,
e di
proporgli,
dietro
pagamento,
l’assicurata
immunità
con
l’impiego
di
propri
specialisti
prezzolati…
esattamente
nello
stesso
modo
in
cui
si
presenta
la
Chiesa
medievale
coi
suoi
possibili
fedeli
parlando
di
Vita
Eterna
e
Salvezza
dell’Anima.
Vediamo
allora
come
i
servizi,
resi
in
particolare
dalla
Chiesa
Cattolica
si
erano
evoluti
e
fissati
fino
a
Innocenzo
III
per
i re
e
per
i
potenti
ossia
per
le
elites
armate
cristiane.
Come
ereditario
custode
(sedicente
unico,
con
la
clamorosa
beffa
della
diffusione
della
Donazione
di
Costantino)
del
sistema
romano
di
potere
la
Chiesa
propagava
la
teoria
che
il
dio
cristiano
concedesse
il
potere
sugli
altri
uomini
(sempre
su
intercessione
del
prelato
addetto)
soltanto
ad
alcuni
“unti”.
Costoro
avevano
poi
il
dovere
di
proteggere
e
appoggiare
gli
uomini
di
chiesa
perché
attraverso
l’operato
di
questi
ultimi
il
sistema
si
poteva
mantenere
saldo
e
durevole.
Questi
incaricati
faranno
in
modo
che
i
sudditi
riconoscano
il
potere
del
“delegato
divino”
(gratia
Dei
cioè
per
concessione
divina
dice
la
formula
ufficiale,
ad
esempio,
del
titolo
di
re)
e
che
lo
“onorino”
difendendolo
e
sostenendolo
materialmente
con
offerte
e
tributi,
se
non
proprio
con
la
morte…
da
martiri.
Agli
“unti”
in
cambio
si
richiede
anche
la
decima
annuale
sulle
loro
entrate.
Insomma,
come
si
vede,
le
misure
del
servizio
fede
alla
fine
sono
ritagliate
a
bella
posta
per
il
potere.
I
re,
i
signori,
gli
imperatori
e i
vescovi
vengono
fatti
rientrare
in
supposti
ruoli
divini
nella
cornice
di
disegni
imperscrutabili
del
dio
cristiano
e
dunque,
seppur
costoro
sono
dispotici
o
pericolosi,
tutto
si
rifà
ad
un
piano
voluto
dal
Creatore
di
redenzione
dell’umanità
intera
dalla
sua
aberrante
condotta
terrena.
Guai
però
a
non
rispettare
i
termini
del
“contratto”
(ricordiamo
che
in
latino
fides
significa
pure
credito
da
riscuotere)
stretto
con
la
Chiesa.
E’
infatti
nella
facoltà
di
questa
di
revocare
la
“concessione”
all’unto
attraverso
la
“scomunica”
o
l’”interdizione”...
se
non
paga
le
decime
o
una
congrua
multa
in
caso
di
altre
trasgressioni.
Certo.
Qui
non
si
vuol
negare
che
la
Chiesa
offrisse
tantissime
soluzioni
pratiche
a
certi
inconvenienti
tipici
della
società
medievale,
come
ad
es.
l’accoglimento
nelle
proprie
istituzioni
dei
reietti,
dei
deboli
di
mente,
dei
disoccupati,
dei
disabili,
dei
malati
e
simili.
S’occupava
persino
di
riscattare
i
prigionieri
di
guerra
già
cristiani,
ma,
appunto,
per
usufruire
di
tutto
questo
occorreva
essere
“cristiani”.
Occorreva
cioè
seguire
attentamente
e
rigidamente
certi
rituali,
praticare
certi
esercizi
spirituali
(la
preghiera,
fare
da
spettatore
alle
cerimonie
liturgiche,
etc.)
e
corporali
(il
digiuno
o
l’astenersi
dal
sesso
eccessivo
ad
esempio.)
e
purché
si
vivesse
occupando
il
posto
assegnato
da
Dio
nella
società,
senza
ribellarsi.
Nella
società
cristiana
occidentale
erano
già
schematizzate
le
tre
classi
in
cui
l’uomo
trova
obbligatoriamente
la
sua
collocazione
nella
vita
terrena:
Bellatores,
Oratores
e
“Laboratores”.
Una
piramide
in
cui
il
corpo
armato
sta
in
cima,
in
mezzo
il
corpo
degli
intermediari
con
Dio
e i
faticatori,
cioè
tutto
il
resto
della
gente,
alla
base.
Non
solo.
Si
affermava
che
l’uomo
è
nato
già
col
famoso
“peccato
originale”
cioè
con
un
danno
o
inferiorità
che
soltanto
la
Chiesa
poteva
eliminare
col
rito
del
Battesimo
e
quindi
per
aver
l’accesso
alla
comunità
cristiana
occorreva
subire
questo
immancabile
rito.
Il
successo
era
però
assicurato,
come
sappiamo,
poiché
dopo
morti
si
andava
in
Paradiso.
A
leggere
l’Elucidarium,
documento
monastico
di
teologia
(o
in
altre
parole
un
manuale
d’istruzioni
per
vendere
meglio
le
Polizze
Assicurative
Cristiane,
forse
redatto
in
un
monastero
bavarese)
era
certo
che
dopo
il
Giudizio
Universale
Dio
avrebbe
cancellato
tutte
le
conseguenze
del
peccato
originale
(e
degli
altri
peccati):
“Il
castigo
per
il
peccato
– il
gelo,
la
calura,
la
grandine,
la
tempesta,
il
fulmine,
il
tuono
e le
altre
molestie
–
scomparirà
completamente.”
E
ancora
descrive
la
Terra
che
si
sarebbe
trasformata
in
un
amabile
e
fragrante
giardino
avendo
accolto
tanto
tempo
fa
il
cadavere
di
Cristo.
Inoltre,
irrigata
col
sangue
dei
martiri
cristiani
essa
sarà
adorna
di
fiori
dolcemente
profumati,
di
gigli,
di
violette,
di
rose
che
mai
appassiranno
e… “non
vi
sarà
più
né
fatica,
né
pena.”
Il
manuale
è
del
1100
e fu
diffusissimo
per
tutto
il
Medioevo
e,
tradotto
addirittura
nei
nuovi
vernacoli
nazionali,
resistette
fino
al
tempo
dell’invenzione
della
stampa,
testimone
della
dottrina
cristiana
trionfante.
Attenti
perciò.
Dio
e la
Chiesa
giudicano
ogni
atto
umano
e
soltanto
la
Chiesa
ha
la
facoltà
di
cancellare
il
mal
fatto
o
peccato:
Basta
confessarsi
al
preposto
ecclesiastico
che
invoca
e
ottiene
da
Dio
il
“perdono”
(un’altra
innovazione
concettuale
cristiana
contro
la
logica
della
legge
del
taglione
e
della
vendetta
di
sangue)
dopo
aver
scontato
le
penitenze
(e
versato
l’obolo
volontario)
già
previste
in
modo
preciso
nei
famosi
“poenitentiales”.
Ecco.
Più
o
meno
il
pensiero
e
l’organizzazione
ecclesiastica
cattolica
sono
a
questo
punto
nel
XII-XIII
sec...
A
nostro
modo
di
vedere
inoltre,
le
circostanze
più
importanti
che
portarono
Innocenzo
III
al
suo
proclama
furono
1.
la
chiusura
della
lotta
fra
Papa
(in
vincita)
e
Imperatore
già
inaspritasi
con
Gregorio
VII
contro
Enrico
IV,
2.
l’allargamento
delle
conoscenze
geografiche
sia
sul
Nord
Europa,
temuta
concorrente
per
il
suo
Paganesimo
slavo
e
scandinavo,
ma
mercato
importantissimo
di
materie
prime
(il
legno,
le
pellicce
pregiate,
la
santissima
cera
etc.)
3.
l’incontro
più
immediato
e
intimo
con
l’Islam
tramite
le
Crociate
nel
Medio
Oriente
e
4.,
ancor
più
importante,
l’avvicinamento
della
Chiesa
Ortodossa
Costantinopolitana
sotto
i
Comneni
a
Roma
per
la
ventilata
riunione
con
Roma,
tanto
desiderata
dal
Papa
quale
allargamento
del
proprio
mercato
della
fede
e
poi
mai
avvenuta.
Se
guardiamo
la
svolta
di
Innocenzo
III
dal
punto
di
vista
commerciale,
ci
accorgiamo
subito
che
la
concorrenza
“religiosa”
era
cresciuta
nell’Europa
sotto
forma
di
critica
dei
poteri
secolari
al
sistema
ecclesiale
troppo
corrotto
e
spendaccione
e
con
il
sorgere
di
movimenti
eretici
sempre
più
insistenti
sui
temi
della
ricchezza
e
dell’ostensione
del
potere
(che
presentavano
pacchetti
assicurativi
di
fede
migliorati,
cioè).
Per
cui,
come
dice
M.
Erbstösser
a
quest’ultimo
proposito,
“la
lotta
per
le
Investiture
che
durava
dalla
seconda
metà
del
XI
sec.
fino
ai
primi
decenni
del
XII
sec.
era
un
tentativo
da
parte
del
papato
di
adattare
la
Chiesa
Cattolica
alle
nuove
condizioni
sociali
come
pure
un’offensiva
potente
per
far
del
Papato
il
centro
ideologico
di
tutta
l’Europa.
Qualsiasi
dipendenza
pratica
del
Clero
dai
poteri
secolari
doveva
essere
combattuta.”
In
realtà
al
Papato,
sebbene
non
andasse
giù
che
fossero
i
poteri
secolari
(ossia
l’Imperatore
Romano
d’Occidente,
prima
di
altri)
a
nominare
abati
e
vescovi,
vedeva
una
forte
concorrenza
per
le
enormi
entrate
che
confluivano
a
Roma
proprio
attraverso
i
cosiddetti
regalia
ossia
l’imposizione
di
tasse,
lavori
in
appalto
e
simili
che
il
signore
locale
dava
in
cambio
delle
Investiture.
C’era
un
esplicito
tentativo
di
sostituire
l’amministrazione
papale
con
quella
del
signore
ossia
una
cosa
assolutamente
illegittima
per
Roma
che
ormai
aveva
consolidato
la
propria
struttura
commerciale
e
ideologica
in
cui
soltanto
il
Papa
e la
Camara
Cardinalizia
erano
il
massimo
potere
amministrativo
in
questioni
di…
fede.
Esclusivamente
in
questa
sede
venivano
prese
tutte
le
decisioni
sulla
fornitura
delle
“polizze”
e
dei
“servizi”.
Qui
venivano
esaminate
le
domande
di “franchising”,
concesse
o
respinte,
quando
si
trattava
di
fondare
un’abbazia
o un
convento
o
ritagliare
una
nuova
diocesi
in
un
nuovo
territorio.
Non
entreremo
nel
sistema
fissato
del
“massimo
prezzo
di
vendita
ammesso”
attraverso
le
indulgenze,
esortando
il
lettore
a
consultare
il
libro
da
noi
sopra
nominato
e
diciamo
invece
più
semplicemente
che,
per
il
fatto
che
troppi
parenti
dei
poteri
secolari
erano
ormai
presenti
nel
circolo
dei
titolari
del
“franchising”
della
fede
(vescovi
e
arcivescovi),
bene
fece
Innocenzo
III
a
prendere
su
di
sé
tutti
i
diritti
di
nominare,
sospendere,
spostare
etc.
queste
persone
senza
alcuna
interferenza
da
parte
estranea.
Ai
signori
locali,
ai
re e
agli
imperatori
era
soltanto
concesso
che
i
prelati
“designati
dal
Papa”
fossero
riconosciuti
e
protetti,
ma
solo
dopo
essere
stati
nominati
(consacrati)
da
Roma.
Proclamandosi
unico
Vicario
di
Dio
in
Terra
ossia
Amministratore
Unico
dell’Assicuratrice
Internazionale
in
questioni
di
Cristianesimo,
Innocenzo
III
alla
fine
avocò
a sé
il
diritto
di
consacrare
e di
scomunicare
a
suo
assoluto
ed
esclusivo
giudizio
qualsiasi
persona
di
qualsiasi
rango
all’interno
della
società
cristiana
tri-stratificata
o,
in
altre
parole,
assunse
il
potere
di
licenziare
i
manager
incapaci
o
ribelli.
Queste
circostanze
accrebbero
l’allarme
nella
Chiesa
Ortodossa
quando
si
continuò
a
parlare
di
riunione
con
Roma,
specie
dopo
l’”occupazione
latina”
di
Costantinopoli
del
1204,
durata
quasi
sessant'anni.
La
Chiesa
Ortodossa
era
organizzata
parimenti
sulla
base
di
una
Multinazionale
che
vendeva
“polizze
assicurative
per
la
vita
nell’Aldilà”
e un
“merger”
con
Roma
non
era
auspicabile,
se
si
rischiava
di
diventare
una
semplice
filiale.
Le
prebende
che
fluivano
intere
al
Patriarcato
(già
costantinopolitano)
dalla
diocesi
maggiore
ossia
dalla
Metropolia
Russa
(o
della
Rus’
Kieviana,
com’era
più
nota)
non
erano
da
dividere
con
nessuno.
In
quegli
anni
inoltre
nelle
Terre
Russe
non
esisteva
più
un
unico
stato
cristiano-ortodosso
in
cui
il
Metropolita
(il
vescovo
rappresentante
unico
del
Patriarcato)
potesse
distribuire
i
suoi
vescovi
in
piena
libertà
com’era
stato
tempo
prima
e le
cose
erano
diventate
molto
più
complicate
e
più
instabili.
Addirittura
le
entrate
dalle
quali
trarre
la
decima
non
erano
più
calcolabili
e
incamerabili
dall’unica
centrale
di
Kiev,
ma
cadevano
delle
mani
dei
singoli
vescovi
che
operavano
presso
un
principe
locale
e
non
si
potevano
raccogliere
agevolmente
a
causa
delle
continue
guerre
o
delle
decisioni
“anomale”
del
principe
con
le
conseguenti
limitazioni
al
traffico
che
ne
interrompevano
spesso
e
volentieri
i
flussi.
La
situazione
insomma
soffocava
persino
le
azioni
di
propaganda
religiosa.
Nel
Baltico
poi
le
azioni
dei
Cavalieri
Teutonici
sottraevano
continuamente
territori
e
persone
alla
Chiesa
Russa
così
come
nel
Mar
Nero,
dove
i
Latini
(Genovesi
e
Veneziani)
agivano,
da
Costantinopoli
alla
Crimea,
quasi
in
monopolio.
Successivamente
(nel
1240)
nell’Anticaucaso
si
stabilirà
lo
stato
dell’Orda
d’Oro
che
isolerà
frantumando
ancor
di
più
i
piccoli
stati
russi
e
impedendone
la
tendenza
ad
unificarsi
sotto
un
solo
signore.
Logicamente,
siccome
i
traffici
commerciali
erano
perlopiù
per
prodotti
ad
altissimo
valore
aggiunto,
la
Chiesa
Ortodossa
si
assicurò
non
solo
la
protezione
(e
l’esenzione
dalle
tasse)
dai
nuovi
signori
tatari
del
Volga
per
le
proprie
attività,
ma
addirittura
fondò
una
nuova
eparchia
nella
capitale
tatara
“per
le
anime
cristiane
presenti”
(i
mercanti
russi)
ed i
khan
erano
raccomandati
al
dio
cristiano
nelle
preghiere
e
nelle
liturgie,
esattamente
come
i
signori
cristiani.
In
tal
modo,
siccome
qualsiasi
decima
proveniente
dalle
Terre
Russe
era
un
apporto
ricchissimo
e
indispensabile
per
il
Patriarcato
(ma
anche
per
gli
Imperatori
imparentati
con
i
principi
russi)
perché
ne
costituiva
il
cespite
vitale
maggiore,
le
entrate
erano
così
assicurate.
Evidentemente
tutte
le
forze
politiche,
secolari
e
ecclesiastiche
russe,
non
appena
capirono
meglio
le
intenzioni
romane,
s’impegnarono
in
tutti
i
modi
per
impedire
che
la
Chiesa
Cattolica
partecipasse
al
lauto
banchetto.
E
torniamo
al
Papato
quale
maggior
protagonista
dei
mutamenti
in
corso.
Nell’analisi
storico-economica
esso
appare
organizzato
in
laboratori
di
ricerca
sotto
il
controllo
di
una
Centrale
che
mettono
a
punto
il
prodotto
Vita
Eterna
ossia
i
monasteri
e le
abbazie
(al
principio
quelle
cistercensi,
più
affidabili
e
meglio
organizzate
sul
territorio).
La
Centrale,
Roma,
ne
fissa
le
procedure
per
la
compravendita
fissando
prezzo
minimo
e
prezzo
massimo
in
modo
da
affrontare
ogni
tipo
di
consumatore
disponibile
e
battere
ogni
concorrenza
e
finalmente
cede
il
pacchetto-fede
in
franchising.
La
rete
è
costituita
dalle
diverse
filiali
o
diocesi
vescovili
(a
capo
di
cui,
come
abbiamo
detto,
di
solito
c’era
un
parente
del
potere
secolare
e
perciò
erano
a
questo
soggette)
e
che
(sempre
facendo
capo
alle
indicazioni
di
Roma)
agivano
nel
“mercato
consumatore”
o
sollecitavano
la
domanda
per
il
prodotto-fede
nei
mercati
ancora
vergini.
Le
filiali
del
tipo
Abbazie
e
Conventi
perciò
non
erano
soltanto
luoghi
di
preghiera
o di
santa
illuminazione,
ma
veri
laboratori
sperimentali,
ad
esempio
nella
coltivazione
agricola,
nello
sfruttamento
intensivo
delle
risorse
naturali
e,
soprattutto,
nell’utilizzazione
della
mano
d’opera
a
basso
costo
presa
dai
reietti
della
società.
Questo,
ad
esempio,
fu
in
gran
parte
il
lavoro
eseguito
in
diretta
col
Papa
dai
Cavalieri
Crociati
del
Baltico
i
quali
risiedevano
appunto
in
Conventi
e
qui
mettevano
a
punto
i
modelli
di
amministrazione
e
pianificazione
del
territorio.
Questi
modelli,
ricordiamolo,
furono
imitati
nei
secoli
successivi
dagli
stati
che
sorsero
in
quell’area
come
la
Lituania
o la
stessa
Russia
Moscovita.
Insomma
s’intravedono
i
primi
tentativi
di
instaurare
un
sistema
a
classi
per
lo
sfruttamento
dell’universo
(risorse,
uomini,
natura)
per
il
benessere
di
pochi
e
che
in
seguito
il
mondo
protestante
avrebbe
chiamato
capitalismo.
A
parte
ciò,
la
Chiesa
di
Roma
non
può
rinunciare
alle
ricchezze
del
Nordest
europeo
e
tramite
vari
ammiccamenti
ai
principi
russi
e ai
lituani,
con
la
catechizzazione
forzata
dei
capetti
finnici
e
baltici
per
opera
dei
monaci
Cavalieri
Teutonici
e
Livonici
o
con
crociate
danesi
e
svedesi
ad
hoc
e
altre
aperture
“religiose”
ai
Tatari
di
Crimea
tenta
in
molti
modi
di
convincere
gli
abitanti
della
Pianura
Russa
a
passare
nella
“parrocchia
latina”.
Addirittura
adottò
una
strategia
molto
sottile
in
cui,
alla
fine
di
un
lungo
processo
erosivo
di
conversione
condotto
da
Francescani
e
Domenicani
fra
le
varie
eparchie
ortodosse,
queste
sarebbero
risultate
svuotate
dei
propri
fedeli
e o
si
sarebbero
estinte
quasi
naturalmente
o
sarebbero
confluite
forzosamente
nell’Uniatismo.
A
questa
conclusione
finale
(Un
unum
sint.)
tenderà
proprio
il
Concilio
di
Ferrara-Firenze
fra
Cattolici
e
Ortodossi
che
porterà
(fra
i
molti
contrasti)
ad
un
assorbimento,
in
verità
marginale,
di
una
parte
degli
Ortodossi
nella
Chiesa
Cattolica
(è
infatti
l’Uniatismo
in
cui
si
riconosce
la
supremazia
del
papa
di
Roma
su
qualsiasi
altra
autorità
cristiana
e in
un’unica
Chiesa
Romana
Universale)
e,
come
reazione
opposta
russa,
alla
creazione
del
Patriarcato
di
Mosca
sotto
il
patrocinio
di
un
nuovo
Imperatore
Romano
d’Oriente,
stavolta
il
russo
Giovanni
IV
il
Severo
(o
Ivan
il
Terribile,
se
si
preferisce)…
Purtroppo
la
Chiesa
Ortodossa
non
istituendo
ordini
conventuali
non
era
preparata
alla
concorrenza
degli
Ordini
Mendicanti
che
si
infiltravano
in
Bielorussia
e in
Volynia.
Certo.
Conosceva
il
monachesimo,
ma i
conventi
nelle
Terre
Russe
continuavano
ad
essere
quelli
delle
origini
ossia
delle
specie
di
cooperative
di
“disoccupati”
che
si
radunavano
su
un
pezzo
di
terra
o
concesso
dal
latifondo
signoriale
o
abbandonato,
sul
quale
e
del
quale
costoro
vivevano
sotto
la
protezione
di
un
qualche
personaggio
santo
o
altrimenti
ben
conosciuto.
Le
regole
di
convivenza
non
sempre
erano
ben
definite
finché
il
“convento”
non
veniva
consacrato
e
passava
sotto
la
dipendenza
del
vescovo
più
vicino
o
più
influente
nell’area.
In
altre
parole
tutto
s’iniziava
in
un
cosiddetto
“deserto”
nella
foresta
e,
quando
la
comunità
cresceva
e il
microvillaggio
era
riconosciuto
dall’autorità
ecclesiastica,
veniva
recintato
come
una
fortezza
secondo
gli
antichi
usi
slavi
e a
capo
di
esso
era
nominato
un
igumeno
che
rispondeva
direttamente
al
vescovo.
Solo
allora
erano
imposte
chiare
regole
da
rispettare
da
parte
di
tutti
i
membri
e il
convento
acquistava
il
diritto
ad
avere
una
chiesa
alla
quale
fare
riferimento.
Quanto
ad
armarsi,
i
monaci
russi
lo
fecero
solo
nel
tardo
XV
sec.
quando
si
intensificò
la
colonizzazione
moscovita
delle
terre
dei
Finnici
a
partire
dalla
Terra
di
Perm’
per
giungere
nell’estremo
nord,
naturalmente
suscitando
l’ostilità
dei
locali
che
si
vedevano
privati
della
loro
foresta
dalla
quale
traevano
tutto
il
loro
vivere.
Lo
scontro
col
Paganesimo,
specialmente,
è
logicamente
profondo
e
duro
per
la
Chiesa
Russa.
Prima
di
tutto
perché
la
mitologia
slava
non
conosceva
un
vero
e
proprio
Ade
ossia
un
mondo
dei
morti
come
quello
descritto
dai
preti
cristiani.
Per
gli
Slavi
le
anime
dei
defunti
dopo
la
morte
vagavano
più
o
meno
nell’oscurità
in
attesa
di
entrare
in
un
corpo
vivente
nuovo
e
non
esisteva
il
peccato
ossia
la
colpa
verso
Dio,
ma
soltanto
occasionali
comportamenti
devianti
che
però
le
forze
della
natura
di
solito
arginavano
e
fermavano
prima
che
si
giungesse
a
danni
irreparabili
per
gli
uomini
e
per
le
cose.
Quando
tali
danni
c’erano,
il
fatalismo
giustificava
tutto
affermando
che
gli
dèi
avevano
deciso
così
a
causa
di
qualche
errore
compiuto
da
qualcuno
della
comunità
colpita
e
allo
scopo
di
ripristinare
l’equilibrio
disturbato.
La
natura
stessa,
della
quale
l’uomo
era
parte
(al
contrario
della
mitologia
cristiana
che
invece
vedeva
l’uomo
messo
al
di
sopra
delle
cose
esistenti),
non
era
a
disposizione
dei
bisogni
e
delle
voglie
dell’uomo
e
non
era
“appropriabile”
da
parte
di
nessuno
per
questo
motivo,
essendo
essa
stessa
una
materializzazione
del
divino
e
quindi
solo
per
decisione
divina
e
per
un
certo
periodo
(da
propiziarsi
con
riti
adeguati)
l’uomo
era
autorizzato
ad
interagire
con
essa
a
proprio
vantaggio.
Andare
a
caccia,
coltivare
piante
etc.
significava
collaborare
con
tutti
gli
altri
esseri
viventi
o
combattere
con
essi,
quando
si
poteva,
in
tenzone
e
non
semplicemente
assoggettarli
alle
proprie
voglie,
senza
permesso.
Tutto
questo
complesso
mitologico,
purtroppo
malamente
deducibile
dalle
notizie
che
la
Chiesa
Cristiana
ha
lasciato
trasparire,
aveva
dunque
un
fondo
“ecologico”
molto
forte
che
si
opponeva
alla
filosofia
cristiana
e
all’idea
di
profitto
cioè
di
accumulare
ricchezze
sottraendole
alla
natura
per
mezzo
di
azioni
economiche
esclusivamente
egoistiche.
Pertanto
quando
il
Cristianesimo
apparve
nelle
Terre
Russe
verso
il X
sec.
esso
fu
soltanto
il
credo
delle
classi
armate
al
potere
nel
primo
stato
russo
che
quell’élite
stava
costruendo…
poggiando
su
un
lungo
passato
pagano
e
“democratico”
sui
generis.
Queste
élites
non
avevano
dietro
di
sé
passati
imperi
romani,
ma
sorgevano
quasi
dal
nulla
incerte
se
scegliere,
per
il
proprio
sistema,
il
modello
cristiano
costantinopolitano,
quello
cristiano
cattolico
romano
o
quello
cazaro-nomade,
quest’ultimo
quasi
autoctono
per
le
Terre
Russe
e in
più
di
religione
giudaica.
Né
le
élites
avevano
idea
di
quello
che
esisteva
sul
territorio
in
risorse
e in
persone
sui
quali
pretendevano
di
dominare
e si
viveva
in
un’organizzazione
economica
molto
primitiva,
ma
eccessivamente
mondana
e
vanitosa
del
proprio
benessere.
Soltanto
con
il
consolidamento
del
potere
intorno
alla
fine
del
XV
sec.
l’èlite
della
schiatta
rjurikide,
considerata
la
fondatrice
di
tutti
gli
stati
russi
e
diventata
ormai
sacra
con
l’intima
collaborazione
della
Chiesa
Russa
(tutti
i
primi
santi
russi,
e
sono
molti,
sono
rjurikidi)
chiaramente
nazionale
e
nazionalizzata,
tenterà
di
rammodernare
il
suo
nuovo
stato
moscovita.
In
quel
momento
storico
però
Costantinopoli,
modello
tipico
per
la
nuova
Russia,
non
c’è
più,
la
Chiesa
Russa
è
ormai
isolata
rispetto
alle
altre
centrali
patriarcali
ed
ha
come
acerrima
antagonista
esterna
una
potentissima
Roma
(sebbene
anche
questa
lacerata
da
altri
conflitti
e
contestata
dal
suo
stesso
interno
dai
vari
movimenti
protestanti).
Addirittura
la
Chiesa
Russa
sarà
in
grado
di
superare
una
crisi
ideologica
emersa
principalmente
al
supposto
avvicinarsi
della
fine
del
mondo
proprio
intorno
al
1467
quando
qui
scoppia
di
nuovo
la
peste.
L’epidemia
infatti
fu
così
micidiale
che
si
cominciò
a
parlarne
come
di
un
segno
annunciante
la
“fine
del
mondo”.
Accenniamo
brevemente
alla
questione
che
l’Occidente
aveva
già
vissuto
nell’anno
1000
allora
con
la
derisione
degli
Ortodossi.
Nella
Chiesa
Ortodossa
erano
state
composte
secondo
la
tradizione
canonica
le
tabelle
che
calcolavano
i
cosiddetti
Paschalia
ossia
le
date
della
Pasqua
anno
per
anno
e i
calcoli,
sicuramente
per
ragioni
pratiche,
terminavano
nell’anno
7000
dalla
Creazione
del
Mondo,
secondo
il
computo
del
tempo
ortodosso,
anno
che,
secondo
invece
il
computo
dei
latini,
corrispondeva
al
1492
d.C.
(dopo
la
Nascita
di
Cristo)..
Rifacendosi
alle
scritture
e
all’Apocalissi
di
San
Giovanni,
si
ricordava
che
prima
del
grande
giorno
del
Giudizio
Finale
ci
sarebbero
stati
dei
segni
nel
cielo
e
sulla
terra
e
che
chi
li
avesse
riconosciuti
e
fosse
ricorso
quindi
al
pentimento
per
i
propri
peccati,
avrebbe
poi
goduto
del
perdono
divino
e
sarebbe
andato
direttamente
in
Paradiso.
Uno
di
questi
segni
era
l’apparizione
sulla
Terra
dell’Anticristo.
In
quegli
anni,
quasi
a
comprovare
il
presentimento
della
fine,
si
erano
viste
comete,
c’erano
stati
terremoti
(eventi
abbastanza
rari),
inondazioni
ed
incendi.
Sul
Lago
Njero
a
Rostov,
addirittura,
c’era
stata
la
tenebra
per
ben
tre
giorni
e
poi
si
era
sentito
uno
strano
boato
prima
che
tornasse
a
splendere
il
sole.
E
ancora
campane
che
si
misero
a
suonare
per
loro
conto,
sangue
che
usciva
dalle
tombe
dei
prelati
morti,
ed
altri
casi
strani
e,
come
abbiamo
detto,
tutti
pensarono
che
questi
fossero
i
segni
mandati
dal
cielo.
A
Mosca
successe
di
tutto.
Si
videro
preti
abbandonare
il
loro
comportamento
solito
e
darsi
al
divertimento
più
sfrenato.
Al
contrario
il
Metropolita
Teodosio,
da
santo
uomo
che
era
decise
di
abbandonare
il
suo
incarico
e di
dedicarsi
a
rimettere
ordine
e
fiducia
visitando
monasteri
e
chiese.
Dopodichè
si
rinchiuse
in
una
cella
del
Monastero
dei
Miracoli
dove
visse
gli
ultimi
anni
della
sua
vita…
servendo
un
lebbroso.
Non
solo,
ma
cominciò
a
circolare
la
voce
che
proprio
il
principe
rjurikide
Giovanni
III
di
Mosca
che
si
stava
dando
da
fare
in
tutti
i
modi
per
rifondare
un
nuovo
stato
russo
potesse
essere
l’Anticristo.
Poi
il
1492
passa
e
tutto
ritorna
alla
normalità,
ma
con
la
gente
e la
Chiesa
che
non
sa
trovare
una
spiegazione
a
quanto
non
è
accaduto…
Intanto
Mosca
e il
suo
stato
si
trasforma
spontaneamente
nell’unica
salvezza
ideologica
e
fisica
per
le
genti
delle
Terre
Russe,
ma,
avendo
assimilato
moltissimo
dei
comportamenti
tatari
nel
trattare
con
le
persone
e
con
le
cose,
si
rinchiude
in
se
stessa
in
una
specie
di
autosufficienza
in
tutti
i
campi
e
sarà
costretta
quasi
senza
volerlo
ad
ergersi
a
modello
“russo”
per
i
popoli
e
per
le
etnie
intorno
e
dovrà
inventarsi
nuovi
ordinamenti
e
nuovi
traguardi
di
vita
“russa”
che
in
Europa
saranno
a
volte
vituperati
e a
volte
ammirati.
Se
la
Chiesa
Cattolica
ha
al
suo
servizio
molti
dei
poteri
secolari
occidentali,
con
le
Crociate
essa
comincerà
ad
armarsi
direttamente
contro
il
mondo
e
trascinando
dietro
di
sé
l’Europa
tutta.
I
Crociati
saranno
un
vero
e
proprio
esercito
“papale
internazionale”
sotto
la
forma
dei
vari
Ordini
Monacali
Armati
e
con
compiti
di
task
forces
guidati
da
potentissimi
santi
protettori.
Di
qui
ne
seguirà
il
colonialismo,
prima
cattolico
e
poi
protestante
nelle
Americhe
e
nell’Africa,
che
in
seguito
s’allargherà
per
il
resto
del
mondo
mascherato
sotto
la
dicitura
delle
“Grandi
scoperte
geografiche”
moltiplicando
il
“franchising”
cristiano
sul
mercato
della
felicità
futura.
E il
nuovo
Impero
Moscovita
non
fu
da
meno
in
questo
quadro
quando
sorse
sulle
ceneri
di
Costantinopoli
dopo
il
1453.
Anzi.
Millantando
alti
ideali
la
Russia
mentre
colonizzava
altri
popoli
e
conquistava
altre
terre
dal
XVI
al
XIX
sec.
fece
credere
di
essere
stata
da
sempre
uno
stato
esclusivamente
cristiano
e
proclamò
che
le
sue
campagne
ideologico-militari
non
erano
altro
che
crociate
o
guerre
sante,
proprio
come
quelle
cattoliche,
per
l’espansione
della
fede
cristiana.
E
come
mai,
si
chiede
giustamente
lo
storico
A.
Burovskii
in
un
suo
divertente
lavoro,
dai
Rjurikidi
(e
poi
dai
Romànov)
non
scaturì
una
Russia
musulmana
o
cattolica
o
buddista
quando
l’Impero
Russo
all’apice
del
successo
probabilmente
includeva
nel
proprio
dominio
fedeli
delle
dette
religioni
in
numero
molto
ragguardevole?
E
Pietro
I
non
aveva
forse
frequentato
gli
ambienti
protestanti
olandesi
da
cui
aveva
tratto
la
decisione
di
chiudere
i
conventi
ortodossi
e di
azzerare
molti
dei
privilegi
economici
della
Chiesa
Russa?
Ed
oggi,
ci
chiediamo
noi,
dopo
settant’anni
di
stato
ateistico
sovietico
e,
allo
stesso
tempo,
di
secoli
di
Paganesimo
rimasto
nascosto
in
seno
alla
campagna
russa
(la
famosa
tanto
lamentata
doppia-fede
russa),
è
proprio
vero
che
i
russi
stanno
ritornando
in
seno
alla
Chiesa
Russa
Ortodossa
o in
realtà
la
generazione
nuova
che
non
ha
mai
conosciuto
il
Cristianesimo
ne è
ora
incuriosita
dallo
sfarzo
e
dai
riti
pittoreschi?
E
perché
non
dovrebbe
invece
“ritornare”
alla
vecchia
fede
pagana
slava
che
si è
conservata
fino
ai
nostri
giorni
nel
grandissimo
serbatoio
di
folclore
e
tradizioni
europee
che
sono
le
Terre
Russe?
Evidentemente,
a
conferma
di
quanto
abbiamo
detto
sin
qui,
il
ruolo
economico
per
il
consolidamento
del
potere
nelle
mani
di
pochi
continua
ad
avere
un
gran
peso
nelle
“cose”
di
religione
cristiana
e,
se
il
problema
fosse
soltanto
religioso,
allora
i
segni
verso
una
nuova
religione
ecologico-animistica
ci
sono
già
in
Ucraina,
in
Bielorussia
e
nel
Grande
Nord
tedesco
e
scandinavo,
per
quanto
riguarda
l’Europa,
e
forse
fanno
capolino
anche
a
Krasnojarsk,
in
Siberia,
dove
appunto
abita
il
prof.
Burovskii
in
vicinanza
di
buddisti
e
sciamanisti
che
ancora
non
si
sono
organizzati
col
sistema
delle
Sante
Assicurazioni
o
dei
“futures”
bancari…
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