N. 39 - Marzo 2011
(LXX)
fESTIVAL E UNITà D’ITALIA
Qualche utile riflessione
di Giovanna D'Arbitrio
[Finalmente si parla di Unità d’Italia! Ci voleva il Festival
di
Sanremo
per
celebrare
con
i
toni
giusti
quel
significativo
momento
“epico”
del
nostro
paese?
Ci
voleva
Benigni
per
farci
riflettere
sulla
grandezza
del
nostro
passato,
sui
patrioti
che
morirono
per
l’Unità
d’Italia
affinché
noi
potessimo
“vivere”
per
essa?
Il
suo
emozionante
excursus
storico
ci
ha
fatto
per
un
attimo
emergere
dall’attuale
fango,
rammentandoci
i
grandi
personaggi
“italiani”
che
in
tutti
i
campi
dello
scibile
umano
si
guadagnarono
il
rispetto
del
mondo
con
la
luce
di
una
cultura
umanistica
e
scientifica
di
grande
spessore.
E’
vero,
noi
meridionali
siamo
stanchi
e
delusi.
L’Unità
d’Italia
fu
fatta
anche
col
sangue
di
tanti
meridionali
che
crederono
in
essa,
ma
che
furono
poi
delusi
dalle
politiche
colonialiste
del
governo
sabaudo:
è
questa
verità
che
i
settentrionali
dovrebbero
accettare
e
correggere,
invece
di
sventolare
bandiere
separatiste.
L’inno
di
Mameli
dovrebbe
farci
riflettere
soprattutto
quando
afferma
“Noi
fummo
per
secoli
calpesti
e
derisi,
perché
non
siam
popoli,
perché
siam
divisi”.
Vogliamo
ritornare
indietro?
In
un
Mediterraneo
che
brucia
per
le
rivolte
dei
popoli
stanchi
di
dittature,
sfruttamento
e
colonialismo,
noi
vogliamo
correre
il
rischio
di
diventare
di
nuovo
terra
di
conquista?
La
nostra
invidiabile
posizione
nel
suddetto
mare,
un
importante
“ponte”
tra
oriente
ed
occidente,
potrebbe
far
gola
a
tanti
che
hanno
forti
interessi
in
Africa
ed
Asia.
Tutti
i
paesi
che
si
affacciano
sul
Mediterraneo
hanno
alle
spalle
una
storia
difficile,
anche
quelli
europei
come
Grecia,
Spagna
e,
ovviamente,
Italia.
Ci
sarà
pure
qualche
motivo!
Pensiamoci
prima
di
buttare
a
mare
la
nostra
unità
nazionale
senza
aver
ben
chiari
gli
obiettivi
del
tanto
osannato
federalismo.
Sarà
solo
“fiscale”?
Ci
sarà
poi
per
il
Sud
una
vera
“perequazione”
per
colmare
un
abissale
divario
economico?
A
chi
giova
tutto
ciò,
al
Nord
o al
Sud?
E
soprattutto
giova
all’Italia?
Fin
dalla
proclamazione
dell’Unità
d’Italia,
il
Sud
ha
aspettato
invano
politiche
mirate
a
promuovere
istruzione,
occupazione
e
legalità
ed
ora
gli
viene
propinato
come
cura
il
federalismo
fiscale,
in
un
contesto
dove
predominano
ancora
sistema
clientelare
e
criminalità.
In
mancanza
di
risorse
alternative,
cosa
succederà?
Più tasse per coloro che già le pagano?
Ancora rifiuti tossici? Scuole sempre più fatiscenti e disoccupazione,
con
consequenziale
incremento
della
criminalità?
Sono questi gli interrogativi ai quali tutti gli italiani
dovrebbero
dare
una
risposta
con
spirito
“unitario”,
non
regionalistico
ed
egoistico.
Allora
Massimo
D’Azeglio
aveva
ragione,
quando
disse
“abbiamo
fatto
l’Italia,
ora
dobbiamo
fare
gli
italiani”?
Ma
chi
li
dovrà
“fare”
questi
benedetti
italiani,
se
non
gli
italiani
stessi?
E
l’inno
di
Mameli
sembra
indicare
una
strada:
-
Uniamoci,
uniamoci,
l’unione
e
l’amore
rivelano
ai
popoli
le
vie
del
Signore
-.
Altri
tempi
dirà
qualcuno!
Non
siamo
certo
sciovinisti,
né
vogliamo
incorrere
nell’errore
di
un’eccessiva
esaltazione
patriottica,
ma
il
“divide
et
impera”
ci
preoccupa.
Intanto
sul
palco
di
Sanremo
sono
apparsi
i
futuri
italiani:
ragazzi
di
tutte
le
razze,
immigrati
di
seconda
generazione,
provenienti
dai
paesi
poveri
in
cui
non
si
rispettano
i
diritti
umani
e
civili.
Lì
non
è
possibile
più
vivere,
proprio
per
uno
dei
peggiori
mali
che
affliggono
l’Umanità:
l’egoismo.
La
crescente
distruttività
delle
politiche
internazionali,
in
effetti,
sta
cancellando
le
identità
nazionali
e
culturali,
costringendo
tante
persone
ad
abbandonare
le
loro
terre
in
modo
drammatico
e
doloroso.
è l’omologazione
che
ci
spaventa,
non
l’equità
sociale
rispettosa
dei
diritti
dell’Uomo.
La
storia
è
fatta
di
cause
ed
effetti,
di
vincitori
e
vinti
con
ruoli
spesso
intercambiabili,
di
corsi
e
ricorsi
storici,
come
ci
insegna
G.
Vico,
intelligente
e
lungimirante
filosofo,
storico
e
giurista
“italiano”,
nonché
napoletano.