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N. 129 - Settembre 2018 (CLX)

The Voice: Sandro Ciotti
a 15 anni dalla scomparsa del grande giornalista

di Riccardo Filippo Mancini

 
«Clamoroso al Cibali!». Chi non conosce questa frase probabilmente non ha mai seguito il calcio. Oggi è ripetuta come un mantra in ogni occasione di risultato inaspettato, soprattutto quando una “piccola” riesce ad avere la meglio su una “grande”.

 

L’espressione fu coniata da Sandro Ciotti in occasione di Catania-Inter, ultima giornata di quel campionato, quando i padroni di casa siglarono il gol del 2-0 contro l’Inter (che terminò quella stagione in terza piazza). Era il 4 giugno 1961 e sulle frequenze di Radio Rai 1, durante la mitica trasmissione Tutto il calcio minuto per minuto, Ciotti entrò nella storia pronunciando quelle poche parole.

Sandro Ciotti è stato un giornalista, radiocronista, telecronista sportivo (ma anche musicale) e anche calciatore italiano. Nella sua attività giornalistica è stato, senza girarci troppo intorno, un vero e proprio fuoriclasse, fonte di ispirazione per le generazioni che nel cercare di perseguire la professione lo hanno preso come modello.

Alessandro (poi per tutti Sandro) Ciotti nacque a Roma nel 1928, figlio di Gino, giornalista. Il suo padrino di battesimo fu un personaggio conosciutissimo a Roma anche oggi: Trilussa, poeta e giornalista, celebre soprattutto per le opere scritte in dialetto romanesco.


Il padre morì quando Sandro era giovane, appena quindicenne, a seguito di una leptospirosi fulminante. Il ragazzo non si perse d’animo e dapprima imparò a suonare il violino (la musica sarà sempre la sua grande passione, oltre al calcio) e poi intraprende una discreta carriera da calciatore, militando prima nelle giovanili della Lazio, poi nel Forlì e nell’Anconitana in Serie C. Giocava in mezzo al campo, mediano. Di certo l’esperienza da atleta lo aiutò nella carriera che intraprese una volta appesi gli scarpini al chiodo.

Si affacciò nel mondo della carta stampata nel 1954, collaborando con La voce Repubblicana, Il Giornale d’Italia, Momento Sera. Iniziò poi a lavorare in radio: nel 1956 fa il suo esordio come conduttore nella trasmissione radiofonica K.O. Incontri e scontri della settimana sportiva, contenitore di satira musicale e sportiva.

 

Ciotti non smetterà mai di coltivare la passione per la musica, e seguirà nel corso della sua carriera giornalistica ben 40 Festival di Sanremo come inviato. Nel 1958 iniziò a lavorare in Rai in pianta stabile, come conduttore radiofonico. La radio era la sua vera passione, la sua attività preferita, ancora più della televisione e della scrittura. La considerava: «[…] un esercizio che rimane più alto della telecronaca. É come una splendida amante che però va rispettata come se fosse una moglie. Un esaltante modo di comunicare, in diretta, a milioni di ascoltatori che pendono dalle tue labbra. Ma obbliga a un’attenzione feroce».

Ideò una serie di rubriche che ebbero grande successo, in particolare: L'uomo del giorno per la trasmissione Domenica Sport (1958), L'angolo del jazz (1959), Il film all'italiana (1967), Il liscio (1974). La più famosa di queste però è probabilmente Ciak (iniziata nel 1962), la prima rubrica radiofonica che si occupava esclusivamente di Cinema. Non solo calcio, non solo sport dunque; soprattutto nella prima fase del suo lavoro da radiocronista Ciotti si distinse in altri campi come il cinema e la musica.


Sono stati tantissimi (alcuni dei quali celebri) i racconti sportivi fatti in circa un quarantennio di militanza in Rai. La caratteristica e davvero unica voce roca, quasi “grattata” è stata il suo marchio di fabbrica; non l’aveva avuta sempre così, anzi. Quel cambiamento così drastico avvenne dopo 14 ore consecutive di diretta sotto la pioggia, durante le Olimpiadi di Città del Messico nel 1968.

 

Quella massacrante maratona gli procurò un edema alle corde vocali. Credeva di dover cambiare mestiere, ma– come da lui più volte raccontato – fu invece spinto all’epoca da Sergio Zavoli (ideatore del Processo alla tappa ed ex radiocronista) e Paolo Rosi (grande voce dell’atletica leggera e del pugilato) a continuare con ancora più convinzione, perché quella voce così particolare sarebbe divenuta inconfondibile per tutti gli ascoltatori. Inutile dire che andò così.

Il suo nome è legato in maniera indissolubile al racconto dello sport italiano: nel suo “palmares” giornalistico figurano ben 14 Olimpiadi (tra estive e invernali), 15 Giri d’Italia, 9 Tour De France, e le centinaia di radiocronache (2.400 per essere precisi) condotte all’interno della celebre trasmissione radiofonica Tutto il calcio minuto per minuto, vera pietra miliare e compagna di tante domeniche per gli amanti del calcio nostrano.

 

Nell’epoca dove le partite non si vedevano che di rado in televisione, prima della pay tv, del calcio milionario di oggi, Ciotti ha saputo raccontare (non da solo, insieme ad altri mostri sacri come Ameri) un mondo pallonaro tricolore diverso, genuino e puro, donandogli un manto di epica come stesse narrando gesta eroiche provenienti da un lontano passato. Il tutto condito, oltre che dalla competenza, da una vena ironica e uno spirito tagliente. Tutti ingredienti che lo hanno reso unico e difficilmente imitabile.

Concluse le sue radiocronache nel 1996, commentando Parma-Cagliari, ultima giornata di quel campionato. Salutò tutti con poche eleganti parole: «Soltanto 10 secondi per dire che quella che ho appena tentato di concludere è stata la mia ultima radiocronaca per la Rai, un grazie affettuoso a tutti gli ascoltatori, mi mancheranno!».
 

Si chiudeva un’epoca, ne stava per iniziare un’altra, fatta di altri protagonisti. Lo sport, il calcio in particolare, stava cambiando, pe completare poi all’inizio degli anni 2000 quella trasformazione che lo ha portato ad essere industria sportiva, business, in tutto e per tutto, forse prima di essere sport nel senso stretto del termine.


Ciotti nella sua vita ha fatto anche molto altro: ha scritto canzoni (per Jannacci, Fred Buscaglione), ha girato dei documentari e delle inchieste giornalistiche: su Luigi Tenco (sul quale Ciotti disse sempre di essere certo non si fosse suicidato) e su Lorenzo Bandini (pilota di F1 tragicamente scomparso). Ha firmato anche la regia, nel 1976, di un documentario su Johan Cruyff, dal titolo Il profeta del gol.

 

In occasione dell’Olimpiade del 1972 a Monaco, raccontò in diretta la drammatica strage del Villaggio Olimpico. È stato un personaggio a tutto tondo, versatile, ironico, elegante. E nel suo mestiere ha saputo fare tutto, senza avere per forza la necessità di specializzarsi in un singolo ambito, come succede sempre più spesso oggi.

Si è spento dopo una lunga malattia il 18 luglio 2003, circondato dall’affetto e dal cordoglio del suo pubblico e dei colleghi. Ma basta pensare un attimo a quella sua voce per sentirlo dentro le orecchie, come se The Voice non se ne fosse mai andato.



 

 

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