N. 136 - Aprile 2019
(CLXVII)
SAN FRANCESCO PACIFICATORE
Sulla
controversia
per
il
possesso
del
feudo
di
Selva
Gallicia
di Giorgio
Giannini
All’inizio
del
1216
l’imperatore
Federico
II
chiede
a
Francesco
di
andare
in
Abruzzo
per
dirimere
la
controversia
per
il
proprietà
del
feudo
di
Selva
Gallicia,
ubicato
tra
i
paesi
di
Isola
del
Gran
Sasso
e
Montorio,
tra
i
baroni
Valesio
Castiglioni,
di
Penne,
Palmerio
Palmerii,
di
Tossicia
ed
Alessandro
e
Pompeo
Orsini,
di
Montorio,
dato
che
il
contrasto
per
il
feudo
comportava
frequenti
conflitti,
anche
armati,
tra
i
tre
nobili.
Pertanto,
in
primavera
Francesco,
che
si
trova
nella
Terra
di
Lavoro,
in
Campania,
si
reca,
a
Penne,
una
delle
città
allora
più
importanti
dell’Abruzzo,
con
il
fedele
compagno
Bernardo
Quintavalle,
di
Assisi.
Sono
ospitati
dal
vescovo
Anastasio
de
Venantiis
(che
era
stato
nominato
dal
papa
Innocenzo
III
nel
1212),
che
ha
conosciuto
al
Concilio,
tenutosi
nella
Basilica
di
S.
Giovanni
in
Laterano,
a
Roma,
nel
novembre
1215,
dove
Francesco
si
era
recato
per
ottenere
dal
papa
Innocenzo
III
la
conferma
scritta
della
Regola
dell’Ordine
francescano,
che
era
stata
concessa
verbalmente
dal
papa
nel
1210.
Il
vescovo
Anastasio,
che
aveva
sognato
l’arrivo
di
Francesco,
si
reca
incontro
a
lui
fuori
dalla
città.
I
due
si
incontrano
sulla
Collina
di
Borgonuovo
o di
Sant'Antonio
(che
in
seguito
è
rinominata
dal
vescovo
Collina
di
San
Francesco).
Anastasio
‘abbraccia
con
riverenza’
Francesco.
L’incontro
tra
Francesco
ed
Anastasio
viene
in
seguito
raffigurato
negli
affreschi
sia
della
cattedrale
pennese
sia
della
chiesa
del
convento
dei
Frati
Minori,
ma
purtroppo
sono
andati
perduti.
L’episodio
è
anche
raffigurato
in
un
medaglione
in
basso
rilievo,
posto
nella
cappella
del
duomo
di
Penne,
in
cui
riposa
il
corpo
del
vescovo.
Anastasio,
in
segno
della
sua
amicizia
con
Francesco,
gli
dona
una
parte
del
terreno
della
collina
in
cui
si
sono
incontrati,
per
la
costruzione
di
un
cenobio
(piccolo
convento)
francescano,
che
è
costruito
in
breve
tempo.
Al
riguardo,
si
racconta
che
Francesco
scava
personalmente
il
pozzo
del
cenobio,
sopra
il
quale
è
posta,
come
lapide-ricordo,
una
tegola
con
le
seguenti
parole,
incise
con
il
proprio
dito,
da
Francesco:
«Francesco
poverello
ha
fabbricato
questo
pozzo».
Questa
lapide
esisteva
ancora
nel
1700,
conservata
dal
padre
guardiano
del
convento,
ma
poi
è
andata
perduta.
L’antico
cenobio
francescano
fu
distrutto
e
saccheggiato
nel
1438
e
poi
ricostruito
nel
Cinquecento.
Fu
definitivamente
chiuso
ed
abbandonato
con
la
soppressione
napoleonica
degli
Ordini
monastici
del
1809.
I
suoi
resti
erano
ancora
visibili
nel
1832,
ma
furono
distrutti
nel
gennaio
1860
a
cannonate
dalle
truppe
borboniche,
che
li
usarono
per
esercitarsi
nel
tiro
dell’artiglieria!
Francesco
invita
i
tre
nobili
in
lite
per
il
proprietà
del
feudo
di
Selva
Gallicia
ad
incontrarsi
sul
luogo
della
controversia.
La
mediazione
si
svolge
secondo
le
modalità
dell’istituto
giuridico
del
placito,
regolato
dalle
leggi
gotiche
e
longobarde,
che
prevede,
in
caso
di
controversia
sul
diritto
di
proprietà
delle
terre
o
sui
loro
confini,
che
le
autorità
incarichino
dei
probi
viri,
cioè
dei
cittadini
onorati
e
rispettati
da
tutti,
di
risolvere
la
controversia.
Questi
giudici
convocavano
le
parti
in
conflitto
sul
luogo
della
controversia
o in
luoghi
pubblici.
Durante
il
giudizio,
gli
interessati
potevano
illustrare
le
proprie
ragioni.
Francesco
chiede
ai
tre
nobili
innanzitutto
di
abbracciarsi
e di
baciarsi,
in
segno
di
pace
e di
riconciliazione.
Quindi
ascolta
le
loro
ragioni.
Riesce
a
comporre
facilmente
la
controversia
in
modo
che
tutti
risultano
‘ampiamente
soddisfatti’.
Per
la
sua
positiva
attività
di
pacificazione,
Francesco
chiede
ed
ottiene
dai
tre
nobili
che
ognuno
di
essi
costruisca
un
cenobio
per
l’Ordine
francescano
nei
rispettivi
paesi.
Così,
Valesio
Castiglioni
si
impegna
a
costruirlo
ad
Isola
del
Gran
Sasso;
Alessandro
e
Pompeo
Orsini
a
Montorio;
Palmerio
Palmerii
a
Tossicia.
I
tre
nobili
si
recano
quindi
a
Penne,
dove
soggiorna
Francesco,
per
firmare
solennemente
il
‘contratto
di
pacificazione’,
che
è
controfirmato
da
Francesco,
con
la
seguente
scritta:
«Io
fra
Francesco
di
Assisi
inutile
ed
indegno
servo
di
Gesù
Cristo,
accetto
e
confermo
quanto
di
sopra».
Questo
documento
esisteva
ancora
nel
1766
nell’archivio
del
Marchese
Castiglione
di
Valle
Mendoza
(oggi
Valle
Siciliana)
a
Tossicia.
Il
barone
Valesio
Castiglioni,
come
ulteriore
ringraziamento
a
Francesco,
convince
il
figlio
Pompeo
ad
entrare
nell’Ordine
francescano,
assumendo
il
nome
di
Tommaso.
In
seguito,
Francesco
parte
da
Penne
e si
reca
a
Guardiagrele,
ospite
del
barone
Napoleone
Orsini,
che
gli
cede
un
terreno,
fuori
della
cittadina
(in
località
Campotrino),
per
la
costruzione
di
un
cenobio
francescano.
La
moglie
del
barone,
Tommasa
Pallearia,
invece,
fa
costruire
un
convento
francescano
nella
cittadina
di
Guardiagrele.
Inoltre,
un
figlio
dell’Orsini
diventa
francescano,
assumendo
il
nome
di
Fra
Leone.
In
seguito,
Francesco
si
reca
a
Palena,
a
Castelvecchio
Subequo,
a
Celano,
dove
fonda
altri
cenobi
francescani.
Nel
1222,
durante
il
suo
viaggio
dalle
Marche
verso
la
Puglia,
è
probabile
che
Francesco
abbia
di
nuovo
soggiornato
a
Penne,
che
era
allora
la
città
più
importante
dell’Abruzzo,
anche
se
il
vescovo
Anastasio,
suo
caro
amico,
era
morto
alla
fine
del
1216.
Però
questo
secondo
soggiorno
di
Francesco
a
Penne
non
è
documentato.
Riferimenti
bibliografici:
Padre
Costantino
BAIOCCO,
Cronaca
serafica
ovvero
ricerche
storiche
su
la
venuta
di
S.
Francesco
di
Assisi
in
Penne.
Fondazione
e
vicende
dei
cinque
Conventi
del
suo
Ordine.
Cenni
biografici
d’alcuni
illustri
religiosi
minoriti
della
medesima
città
pel
P.
Costantino
Baiocco
di
Caporciano,
Minore
Riformato,
Tipografia
Silvio
Valeri,
Penne
1888.