[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

165 / SETTEMBRE 2021 (CXCVI)


medievale

L’ASCESA DEI SAMURAI

NASCITA E SVILUPPO DELLA CLASSE GUERRIERA DEL GIAPPONE

di Marco de Rensis

 

I samurai sono diventati uno degli elementi più iconici del Giappone. I guerrieri con le due spade al fianco, il codino sulla testa e il kimono hanno lasciato un segno indelebile nell’immaginario comune, non solo per le loro qualità guerresche ma anche come esempio di rettitudine, moralità e onore.

 

Un aspetto che però spesso viene dimenticato è che i samurai non erano solo guerrieri: nel corso dei secoli, infatti, sono riusciti a ritagliarsi uno spazio sempre maggiore all’interno del sistema politico giapponese, passando dal servire i nobili come mercenari a governare in prima persona.

 

Ma come sono ascesi al potere? Come ha fatto un insieme di persone profondamente disomogeneo e formato da innumerevoli parti in costante lotta e competizione fra di loro, a creare l’élite che ha saldamente dominato il Giappone per secoli?

 

La classe guerriera del Giappone ha iniziato a emergere tra il VII e l’VIII secolo. In questo periodo, si assiste a un doppio processo: mentre da un lato vi sono state riforme per accentrare il potere militare sotto il controllo dell’Imperatore, attraverso l’istituzione della leva obbligatoria e la creazione di corpi militari sotto il diretto controllo della corte, dall’altra si ha l’emergere di un numero sempre maggiore di eserciti privati, assoldati sia dai governatori delle varie province che da ricchi proprietari terrieri per far fronte al problema del brigantaggio. Infatti, il potere dei nobili giapponesi era tendenzialmente limitato alle città che governavano e alle proprie tenute, mentre nelle campagne regnava una situazione di disordine costante, tra contadini che si ribellavano allo sfruttamento da parte della classe dominante e bande di uomini armati che vivevano razziando e terrorizzando la popolazione.

 

Nonostante l’istituzione della leva, molte famiglie nobili hanno mantenuto la tradizione dell’addestramento militare, presente fin dai loro albori. Ciò ha portato i rampolli di queste casate a essere i guerrieri più richiesti, in quanto ben addestrati e in grado di procurarsi l’equipaggiamento migliore. Col tempo, di pari passo con il fallimento della coscrizione, dovuta alla diffusa renitenza alla leva e alla generale inaffidabilità delle reclute contadine, i guerrieri “d’élite” sono stati sempre più richiesti; questo ha portato alcune famiglie a specializzarsi nel mestiere delle armi, vendendo i propri servigi alla corte o al signore di turno. Queste sono denominate tsuwamono no ie (“casate guerriere”), e possiamo considerare i loro membri i primi “samurai” nell’accezione al giorno d’oggi più comune.

 

Dal XII secolo, grazie alla sempre maggiore acquisizione di indipendenza e potere, i samurai sono arrivati a influenzare anche la politica del governo centrale. Infatti, un numero sempre maggiore di guerrieri è riuscito ad acquisire e controllare un territorio consolidato, diventando quindi daimyō (ovvero feudatari). I clan che maggiormente hanno avuto peso in tal senso sono stati quello dei Taira e quello dei Minamoto, che dopo aver consolidato il proprio potere rispettivamente nella parte occidentale e in quella orientale dello Honshū (l’isola principale dell’arcipelago giapponese) sono arrivati a scontrarsi direttamente a Kyōto (l’allora capitale dell’Impero giapponese).

 

Dopo alcuni decenni di conflitti, che hanno alternativamente visto prevalere l’una o l’altra fazione, nel 1185 Minamoto no Yoritomo ha avuto la meglio sui rivali, riuscendo a entrare a far parte della corte imperiale, una novità assoluta per la classe guerriera, fino a quel momento rimasta (almeno ufficialmente) sottomessa ai nobili.

 

Ma Yoritomo non si è accontentato di questo: dopo la vittoria, infatti, ha scelto di abbandonare la capitale per fondare un proprio dominio indipendente avente come sede la città di Kamakura. Il suo potere è stato legittimato dalla nomina imperiale a shōgun (letteralmente “comandante dell’esercito”) nel 1192, ma questo non significa che la corte avesse influenza su di lui. Infatti, da quel momento Kyōto ha mantenuto la sua importanza solo in quanto dimora dell’Imperatore, mentre tutte le reali decisioni erano prese dall’élite di guerrieri di Kamakura.

 

Questo ha dato inizio al predominio dei samurai sul Giappone e alla presenza di due entità separate, lo shōgun e l’Imperatore, che si è mantenuta per secoli. Infatti, la nascita dello shōgunato non ha portato all’eliminazione del sistema di governo imperiale: l’Imperatore era ancora visto e venerato come un dio (e così è stato fino al 1945), e ogni legittimazione del potere doveva ufficialmente passare attraverso la sua parola. Tuttavia, il baricentro si era spostato dai nobili ai guerrieri, e questo, seppur attraverso periodi di ascesa e di declino, è rimasta la situazione prevalente per diversi secoli.

 

Il dodicesimo secolo è anche il periodo in cui ha iniziato a essere codificato il cosiddetto Bushidō. Letteralmente tradotto come “via del guerriero”, il Bushidō è il codice morale che i samurai erano, almeno teoricamente, tenuti a seguire per poter essere definiti tali. Questo comprendeva una serie di norme e di principi che, per quanto variabili nel corso del tempo, sono sempre rimasti incentrati sull’onore, sulla fedeltà e sul rispetto per i superiori.

 

Il fallimento nel seguire questi principi culminava spesso nel celeberrimo suicidio rituale noto come seppuku o harakiri: piuttosto che perdere il proprio onore, il samurai preferiva porre fine alla propria vita squarciandosi il ventre con la propria spada. Il Bushidō ha fatto sì che i guerrieri si sentissero parte di un’identità comune, e per quanto i dissidi e le lotte interne siano rimasti, i samurai hanno iniziato a percepirsi nettamente diversi dal resto della popolazione.

 

Non bisogna però immaginare il dominio dello shōgun e dei suoi discendenti come un potere stabile e definitivamente consolidato: come Yoritomo era asceso al potere grazie alla forza delle armi, molti altri guerrieri avevano l’ambizione e i mezzi per provarci. Infatti, dopo un periodo di relativa stabilità, nel 1333 il daimyō Ashikaga Takauji prima si è alleato con l’imperatore Go-Daigo per eliminare il governo di Kamakura e poi, nel 1336, lo ha tradito, occupando Kyōto per creare un proprio shōgunato.

 

Il potere degli Ashikaga, inizialmente solido e capace di controllare i gruppi di guerrieri attraverso una stretta regolamentazione dell’uso della forza, si è gradualmente affievolito, con l’insorgere di una serie ininterrotta di conflitti che dalla metà del quindicesimo secolo sono diventati preponderanti al punto da portare gli storici a dare il nome di periodo Sengoku (ovvero “degli stati combattenti”) a questa fase della storia giapponese. Decine e decine di feudatari, ognuno con il proprio esercito privato, hanno iniziato a combattersi tra loro per accrescere il proprio potere, e per più di un secolo nessuno di loro è stato abbastanza potente da sopraffare gli altri e porre fine a questo periodo di caos.

 

L’apice del potere dei samurai, però, è stato raggiunto nel passaggio dal periodo Sengoku al periodo Edo, che ha visto la pacificazione e, per la prima volta, l’unione del Giappone sotto un unico potere centrale e stabile. Paradossalmente, è stata proprio la fine del periodo di conflitti costanti e dilaganti a rendere la classe guerriera una volta per tutte la classe dominante: nel corso degli ultimi decenni del sedicesimo secolo tre daimyō, Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu, hanno condotto una serie di vittoriose campagne militari, che li hanno gradualmente portati a instaurare il proprio dominio su quasi tutto il territorio dell’attuale Giappone, attraverso alleanze o con l’eliminazione dei concorrenti. L'ultima di queste figure, Tokugawa Ieyasu, è stata quella che, sulla base del lavoro di Nobunaga e Hideyoshi, è riuscito a creare l’istituzione politica più longeva della storia giapponese.

 

Il periodo Edo, che prende il nome dall’antico nome della città di Tōkyō, scelta da Tokugawa Ieyasu come capitale, è durato più di 250 anni e ha portato alla definitiva istituzionalizzazione del potere della classe guerriera: durante questo periodo, infatti, i samurai erano infatti non solo guerrieri, ma anche i governanti delle province, gli amministratori, i burocrati, gli insegnanti, oltre ai membri del governo centrale.

 

La divisione tra le classi sociali è stata cementificata da decreti ufficiali, che hanno diviso la popolazione giapponese in quattro rigidi gruppi (chiamati shi-nō-kō-shō, ovvero “guerrieri, contadini, artigiani e mercanti”), ognuno con il proprio ruolo, diritti e doveri, e quasi sempre senza la minima possibilità di migliorare la propria posizione. La classe guerriera era diventata a tutti gli effetti una “casta”, temuta e rispettata.

 

Quindi, i samurai sono passati dall’essere lo strumento per le lotte di potere al dominare ogni aspetto della vita politica giapponese. Uniti sotto la bandiera del Bushidō e sotto l’obbedienza ai Tokugawa (per quanto talvolta solo di facciata), dopo la pacificazione e la pressoché totale unificazione del Giappone la classe guerriera ha quasi totalmente smesso di essere tale, passando da élite militare allo svolgere ruoli amministrativi.

 

La perdita del ruolo nel quale non hanno mai smesso di identificarsi, essendo diventati “guerrieri senza guerra”, è stato uno dei motivi che ha portato al loro declino e alla loro scomparsa nell’arco di pochi decenni, con la modernizzazione e la trasformazione a cui il Giappone è andato incontro durante il periodo Meiji (1868-1912).

 

Tuttavia, la loro influenza sulla vita politica, militare e culturale del Giappone è stata tale che ancora oggi, quando pensiamo al Giappone, i samurai sono indubbiamente una delle prime cose che ci viene in mente. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]