medievale
L’ASCESA DEI SAMURAI
NASCITA E SVILUPPO DELLA CLASSE
GUERRIERA DEL GIAPPONE
di Marco de Rensis
I samurai sono diventati uno degli
elementi più iconici del Giappone. I
guerrieri con le due spade al fianco, il
codino sulla testa e il kimono hanno
lasciato un segno indelebile
nell’immaginario comune, non solo per le
loro qualità guerresche ma anche come
esempio di rettitudine, moralità e
onore.
Un aspetto che però spesso viene
dimenticato è che i samurai non erano
solo guerrieri: nel corso dei secoli,
infatti, sono riusciti a ritagliarsi uno
spazio sempre maggiore all’interno del
sistema politico giapponese, passando
dal servire i nobili come mercenari a
governare in prima persona.
Ma come sono ascesi al potere? Come ha
fatto un insieme di persone
profondamente disomogeneo e formato da
innumerevoli parti in costante lotta e
competizione fra di loro, a creare
l’élite che ha saldamente dominato il
Giappone per secoli?
La classe guerriera del Giappone ha
iniziato a emergere tra il VII e l’VIII
secolo. In questo periodo, si assiste a
un doppio processo: mentre da un lato vi
sono state riforme per accentrare il
potere militare sotto il controllo
dell’Imperatore, attraverso
l’istituzione della leva obbligatoria e
la creazione di corpi militari sotto il
diretto controllo della corte,
dall’altra si ha l’emergere di un numero
sempre maggiore di eserciti privati,
assoldati sia dai governatori delle
varie province che da ricchi proprietari
terrieri per far fronte al problema del
brigantaggio. Infatti, il potere dei
nobili giapponesi era tendenzialmente
limitato alle città che governavano e
alle proprie tenute, mentre nelle
campagne regnava una situazione di
disordine costante, tra contadini che si
ribellavano allo sfruttamento da parte
della classe dominante e bande di uomini
armati che vivevano razziando e
terrorizzando la popolazione.
Nonostante l’istituzione della leva,
molte famiglie nobili hanno mantenuto la
tradizione dell’addestramento militare,
presente fin dai loro albori. Ciò ha
portato i rampolli di queste casate a
essere i guerrieri più richiesti, in
quanto ben addestrati e in grado di
procurarsi l’equipaggiamento migliore.
Col tempo, di pari passo con il
fallimento della coscrizione, dovuta
alla diffusa renitenza alla leva e alla
generale inaffidabilità delle reclute
contadine, i guerrieri “d’élite” sono
stati sempre più richiesti; questo ha
portato alcune famiglie a specializzarsi
nel mestiere delle armi, vendendo i
propri servigi alla corte o al signore
di turno. Queste sono denominate
tsuwamono no ie (“casate
guerriere”), e possiamo considerare i
loro membri i primi “samurai”
nell’accezione al giorno d’oggi più
comune.
Dal XII secolo, grazie alla sempre
maggiore acquisizione di indipendenza e
potere, i samurai sono arrivati a
influenzare anche la politica del
governo centrale. Infatti, un numero
sempre maggiore di guerrieri è riuscito
ad acquisire e controllare un territorio
consolidato, diventando quindi daimyō
(ovvero feudatari). I clan che
maggiormente hanno avuto peso in tal
senso sono stati quello dei Taira e
quello dei Minamoto, che dopo aver
consolidato il proprio potere
rispettivamente nella parte occidentale
e in quella orientale dello Honshū
(l’isola principale dell’arcipelago
giapponese) sono arrivati a scontrarsi
direttamente a Kyōto (l’allora capitale
dell’Impero giapponese).
Dopo alcuni decenni di conflitti, che
hanno alternativamente visto prevalere
l’una o l’altra fazione, nel 1185
Minamoto no Yoritomo ha avuto la meglio
sui rivali, riuscendo a entrare a far
parte della corte imperiale, una novità
assoluta per la classe guerriera, fino a
quel momento rimasta (almeno
ufficialmente) sottomessa ai nobili.
Ma Yoritomo non si è accontentato di
questo: dopo la vittoria, infatti, ha
scelto di abbandonare la capitale per
fondare un proprio dominio indipendente
avente come sede la città di Kamakura.
Il suo potere è stato legittimato dalla
nomina imperiale a shōgun
(letteralmente “comandante
dell’esercito”) nel 1192, ma questo non
significa che la corte avesse influenza
su di lui. Infatti, da quel momento
Kyōto ha mantenuto la sua importanza
solo in quanto dimora dell’Imperatore,
mentre tutte le reali decisioni erano
prese dall’élite di guerrieri di
Kamakura.
Questo ha dato inizio al predominio dei
samurai sul Giappone e alla presenza di
due entità separate, lo shōgun e
l’Imperatore, che si è mantenuta per
secoli. Infatti, la nascita dello
shōgunato non ha portato
all’eliminazione del sistema di governo
imperiale: l’Imperatore era ancora visto
e venerato come un dio (e così è stato
fino al 1945), e ogni legittimazione del
potere doveva ufficialmente passare
attraverso la sua parola. Tuttavia, il
baricentro si era spostato dai nobili ai
guerrieri, e questo, seppur attraverso
periodi di ascesa e di declino, è
rimasta la situazione prevalente per
diversi secoli.
Il dodicesimo secolo è anche il periodo
in cui ha iniziato a essere codificato
il cosiddetto Bushidō.
Letteralmente tradotto come “via del
guerriero”, il Bushidō è il
codice morale che i samurai erano,
almeno teoricamente, tenuti a seguire
per poter essere definiti tali. Questo
comprendeva una serie di norme e di
principi che, per quanto variabili nel
corso del tempo, sono sempre rimasti
incentrati sull’onore, sulla fedeltà e
sul rispetto per i superiori.
Il fallimento nel seguire questi
principi culminava spesso nel
celeberrimo suicidio rituale noto come
seppuku o harakiri:
piuttosto che perdere il proprio onore,
il samurai preferiva porre fine alla
propria vita squarciandosi il ventre con
la propria spada. Il Bushidō ha
fatto sì che i guerrieri si sentissero
parte di un’identità comune, e per
quanto i dissidi e le lotte interne
siano rimasti, i samurai hanno iniziato
a percepirsi nettamente diversi dal
resto della popolazione.
Non bisogna però immaginare il dominio
dello shōgun e dei suoi
discendenti come un potere stabile e
definitivamente consolidato: come
Yoritomo era asceso al potere grazie
alla forza delle armi, molti altri
guerrieri avevano l’ambizione e i mezzi
per provarci. Infatti, dopo un periodo
di relativa stabilità, nel 1333 il
daimyō Ashikaga Takauji prima si è
alleato con l’imperatore Go-Daigo per
eliminare il governo di Kamakura e poi,
nel 1336, lo ha tradito, occupando Kyōto
per creare un proprio shōgunato.
Il potere degli Ashikaga, inizialmente
solido e capace di controllare i gruppi
di guerrieri attraverso una stretta
regolamentazione dell’uso della forza,
si è gradualmente affievolito, con
l’insorgere di una serie ininterrotta di
conflitti che dalla metà del
quindicesimo secolo sono diventati
preponderanti al punto da portare gli
storici a dare il nome di periodo
Sengoku (ovvero “degli stati
combattenti”) a questa fase della storia
giapponese. Decine e decine di
feudatari, ognuno con il proprio
esercito privato, hanno iniziato a
combattersi tra loro per accrescere il
proprio potere, e per più di un secolo
nessuno di loro è stato abbastanza
potente da sopraffare gli altri e porre
fine a questo periodo di caos.
L’apice del potere dei samurai, però, è
stato raggiunto nel passaggio dal
periodo Sengoku al periodo Edo, che ha
visto la pacificazione e, per la prima
volta, l’unione del Giappone sotto un
unico potere centrale e stabile.
Paradossalmente, è stata proprio la fine
del periodo di conflitti costanti e
dilaganti a rendere la classe guerriera
una volta per tutte la classe dominante:
nel corso degli ultimi decenni del
sedicesimo secolo tre daimyō, Oda
Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa
Ieyasu, hanno condotto una serie di
vittoriose campagne militari, che li
hanno gradualmente portati a instaurare
il proprio dominio su quasi tutto il
territorio dell’attuale Giappone,
attraverso alleanze o con l’eliminazione
dei concorrenti. L'ultima di queste
figure, Tokugawa Ieyasu, è stata quella
che, sulla base del lavoro di Nobunaga e
Hideyoshi, è riuscito a creare
l’istituzione politica più longeva della
storia giapponese.
Il periodo Edo, che prende il nome
dall’antico nome della città di Tōkyō,
scelta da Tokugawa Ieyasu come capitale,
è durato più di 250 anni e ha portato
alla definitiva istituzionalizzazione
del potere della classe guerriera:
durante questo periodo, infatti, i
samurai erano infatti non solo
guerrieri, ma anche i governanti delle
province, gli amministratori, i
burocrati, gli insegnanti, oltre ai
membri del governo centrale.
La divisione tra le classi sociali è
stata cementificata da decreti
ufficiali, che hanno diviso la
popolazione giapponese in quattro rigidi
gruppi (chiamati shi-nō-kō-shō,
ovvero “guerrieri, contadini, artigiani
e mercanti”), ognuno con il proprio
ruolo, diritti e doveri, e quasi sempre
senza la minima possibilità di
migliorare la propria posizione. La
classe guerriera era diventata a tutti
gli effetti una “casta”, temuta e
rispettata.
Quindi, i samurai sono passati
dall’essere lo strumento per le lotte di
potere al dominare ogni aspetto della
vita politica giapponese. Uniti sotto la
bandiera del
Bushidō
e sotto l’obbedienza ai Tokugawa (per
quanto talvolta solo di facciata), dopo
la pacificazione e la pressoché totale
unificazione del Giappone la classe
guerriera ha quasi totalmente smesso di
essere tale, passando da élite militare
allo svolgere ruoli amministrativi.
La perdita del ruolo nel quale non hanno
mai smesso di identificarsi, essendo
diventati “guerrieri senza guerra”, è
stato uno dei motivi che ha portato al
loro declino e alla loro scomparsa
nell’arco di pochi decenni, con la
modernizzazione e la trasformazione a
cui il Giappone è andato incontro
durante il periodo Meiji (1868-1912).
Tuttavia, la loro influenza sulla vita
politica, militare e culturale del
Giappone è stata tale che ancora oggi,
quando pensiamo al Giappone, i samurai
sono indubbiamente una delle prime cose
che ci viene in mente. |