N. 31 - Luglio 2010
(LXII)
samarcanda
madre di antiche meraviglie
di Giulia Gabriele
La
prima
cosa
che
mi
viene
in
mente
sentendo
il
nome
“Samarcanda”
è la
canzone
di
Roberto
Vecchioni.
La
seconda,
la
Via
della
Seta
e
l’antico
splendore
della
città.
La
terza
e
ultima,
la
lunga
dominazione
russa
in
Uzbekistan.
Vediamo
quindi
che
ritratto
ne
può
uscir
fuori.
Furono
gli
Sciti,
popolo
nomade
indoario,
i
primi
a
stanziarsi
nella
regione
di
Samarcanda
(V
secolo
a.C.).
Dopo
di
loro
venne
Ciro
il
Grande
che
ne
assoggettò
i
territori
e
fece
della
città
omonima
la
capitale
della
nuova
provincia
dell’Impero,
che
verrà
poi
conquistata
nel
329
a.C.
da
Alessandro
Magno,
durante
la
sua
incursione
nel
sud
dell’Asia
Centrale.
Questi
sposò
Roxana,
figlia
del
Satrapo
locale,
che
gli
darà
l’unico
figlio
maschio
(il
futuro
Alessandro
IV
di
Macedonia).
Dopo
la
morte
di
Alessandro
Magno,
la
regione
passò
dal
dominio
ellenico
a
quello
dei
Sassanidi
fino
ad
arrivare,
nel
712
d.C.,
alla
conquista
della
città
da
parte
del
comandante
arabo
Qutaiba
Ibn
Muslim,
che
vi
fondò
la
prima
moschea.
Passano
secoli,
dominatori
(Gengis
Khan
incluso)
e
arriviamo
così
al
XIV
secolo,
quando
Tamerlano
fece
di
Samarcanda
la
capitale
del
suo
impero.
Fu
grazie
a
lui
e ai
suoi
successori
che
la
città
divenne
il
cuore
dell’Asia
centrale
tra
il
XIV
e il
XV
secolo
e
che
tutt’oggi
conserva
un’aura
magica,
merito
delle
sue
splendide
architetture.
Arriviamo
velocemente
nel
XVII
secolo,
giusto
in
tempo
per
assistere
alla
presa
di
potere
da
parte
degli
Uzbechi,
che,
scegliendo
di
spostare
la
capitale
a
Bukhara,
segnarono
il
declino
di
Samarcanda.
E
poi,
nel
1868
arrivano
i
sovietici…
Ma
per
loro
c’è
ancora
tempo.
Passiamo
prima,
quindi,
per
il
secondo
punto:
la
Via
della
Seta
e
l’antico
splendore
di
Samarcanda.
Per
Via
della
Seta
si
intende
un
reticolo
fatto
di
percorsi
terrestri,
marittimi
e
fluviali
lungo
8000
chilometri
che
permetteva
il
commercio
dalla
Cina
a
Roma
e
viceversa.
Ovviamente,
su
questa
via
non
vi
passava
solo
la
seta,
ma
anche
ogni
tipo
di
mercanzia,
rarità
e,
cosa
da
non
sottovalutare,
religioni,
conoscenze
e
filosofie.
Samarcanda,
dal
canto
suo,
trovandosi
al
centro
di
questo
tragitto
seppe
ben
sfruttare
le
possibilità
economiche
offertegli,
diventando
un
importante
(e
ricco)
centro
in
Oriente
tanto
che
più
volte
nei
secoli
venne
eletta,
o
riconfermata,
come
capitale
dai
diversi
suoi
dominatori.
E un
dominatore
in
particolare
ne
fece
la
sua
perla:
Timur
Barlas.
Nato
a
Kech
nell’aprile
del
1336
e
figlio
del
capo
di
una
tribù
tartara,
nel
1369,
sfruttando
le
rivalità
tra
clan,
riuscì
a
conquistare
tutta
la
Transoxiana.
Tamerlano
voleva
che
Samarcanda
divenisse
una
delle
città
più
belle
e
importanti
al
mondo,
capitale
di
un
vasto
impero.
In
35
anni
di
governo
compì
centinaia
di
lavori,
buona
parte
dei
quali
tuttora
visibili.
Ancora
oggi
i
monumenti
di
maggior
interesse
sono
quelli
fatti
realizzare
da
lui
e
dai
suoi
discendenti.
Un
esempio
ne è
il
Registan,
un
insieme
di
antiche
e
maestose
madrase
immerse
in
un’esplosione
di
colori
composta
da
maioliche,
mosaici
azzurri
e
mattoni
policromi.
I
tre
corpi
che
lo
compongono
sono
la
Madrasa
di
Uluğ
Bek,
la
Madrasa
Sherdar
e la
Madrasa
Tilla-Kari
(realizzate
in
un
arco
di
tempo
compreso
tra
il
Quattrocento
e il
Seicento
e da
committenti
diversi),
che
formano
i
tre
lati
di
una
vasta
piazza.
Poi
c’è
la
Shahi-Zinda,
una
strada
interamente
affiancata
da
tombe
rivestite
in
maiolica,
molte
delle
quali
appartenenti
a
parenti
o
favoriti
di
Tamerlano
e di
Ulughbek,
il
re
astronomo.
E
infine
(ma
lasciando
ignoto
molto
altro)
il
Gur-Emir,
il
magnifico
mausoleo
che
ospita
la
tomba
di
Tamerlano,
a
sud-ovest
del
Registan,
che
splendidamente
con
la
sua
cupola
celeste
si
staglia
in
un
cielo
altrettanto
celeste.
Non
stupisce
quindi,
data
la
bellezza
e
l’eleganza
dell’architettura
di
questa
antica
città,
che
il
centro
storico
di
Samarcanda
sia
stato
dichiarato,
nel
2001,
Patrimonio
dell’Unesco.
Manca
ancora,
però,
un
pezzo
di
storia:
i
sovietici.
Nel
1868
questi
diedero
inizio
a
una
lunga
dominazione,
definitivamente
conclusasi
nel
1991,
anno
in
cui
l’Uzbekistan
dichiara
la
sua
indipendenza
dall’Urss.
Durante
questo
periodo
il
territorio
uzbeko
fu
costretto
alla
produzione
di
cotone,
in
sostituzione
dell’agricoltura
estensiva
tradizionale.
La
conseguenza
di
questa
disastrosa
scelta
fu
la
penuria
di
cibo
che
portò
a
violente
rivolte
contro
il
regime,
risoltesi
in
un
nulla
di
fatto.
Anche
Samarcanda
ovviamente
dovette
subire
l’invasione
sovietica:
le
vecchie
mura
vennero
abbattute
e l’Ark,
la
cittadella,
divenne
la
sede
del
quartier
generale
dell’Urss.
A
ovest
invece
prendeva
forma
una
nuova
città
dagli
ampi
viali
all’europea
e
dalle
costruzioni
decisamente
mal
assortite
con
la
raffinatezza
e la
bellezza
della
vecchia
Samarcanda.
Ancora
oggi
l’effetto
è
quello
di
un
“colpo
in
un
occhio”
ben
assestato.
E
infine,
una
canzone,
che
parla
di
una
donna
vestita
di
nero
dalla
quale
è
impossibile
fuggire.
C'era
una
gran
festa
nella
capitale
perché
la
guerra
era
finita.
I
soldati
erano
tornati
tutti
a
casa
ed
avevano
gettato
le
divise.
[…]
per
un
momento,
a un
soldato
parve
di
vedere
una
donna
vestita
di
nero
che
lo
guardava
con
occhi
cattivi
[…]
“corri
cavallo,
corri
ti
prego
fino
a
Samarcanda
io
ti
guiderò,
non
ti
fermare,
vola
ti
prego
corri
come
il
vento
che
mi
salverò”
[…]
“T'aspettavo
qui
per
oggi
a
Samarcanda
eri
lontanissimo
due
giorni
fa,
ho
temuto
che
per
ascoltar
la
banda
non
facessi
in
tempo
ad
arrivare
qua.
Non
è
poi
così
lontana
Samarcanda,
corri
cavallo,
corri
di
là...
ho
cantato
insieme
a te
tutta
la
notte
corri
come
il
vento
che
ci
arriverà”.
La
canzone
di
Vecchioni,
liberamente
tratta
da
una
leggenda,
racconta
di
una
guerra
finita,
del
giubilo
che
ne
deriva
e di
un
soldato,
scampato
al
fuoco
nemico
ma
non
alla
Morte
dalla
quale
fugge
spaventato
senza
sapere,
in
realtà,
di
stare
per
raggiungerla
proprio
a
Samarcanda,
la
sua
città
natale.
Sono
gli
anni
Settanta,
l’Uzbekistan
è
ancora
sovietico
e
forse
il
cantautore
ha
voluto,
con
questa
canzone,
auspicare
la
fine
degli
scontri
e
l’inizio
della
libertà
per
questo
Paese
e
per
la
sua
bellissima
Samarcanda,
madre
di
antiche
meraviglie.