N. 45 - Settembre 2011
(LXXVI)
il "Sacro Macello" in Valtellina
una guerra di religione italiana
di Benedetta Rinaldi
La tradizione cristiano-cattolica in Italia è un dato di fatto difficile da smentire. Per la particolarità della presenza dello stato Vaticano sul territorio nazionale e la nascita stessa del potere temporale della Chiesa a Roma ancora in epoca romana, è difficile pensare a questa nazione separatamente da questa fede, che di fatto contraddistingue ancora oggi molte scelte e di costume e politiche.
Tuttavia,
all’indomani
della
riforma
protestante,
alcune
eco
della
dottrina
luterana
si
hanno
anche
in
Italia,
sebbene
la
maggior
parte
non
abbia
modo
di
radicarsi
o
creare
vere
e
proprie
comunità
di
fedeli
a
causa
della
forte
repressione
messa
in
atto
dalla
macchina
della
Controriforma
e
dal
proprio
braccio
armato,
la
Santa
Inquisizione.
Curiosamente
per
altro,
proprio
tra
i
movimenti
pauperistici
-
quelli
più
vicini
a un
ritorno
al
Vangelo,
proprio
in
linea
con
il
pensiero
luterano
- si
reclutano
i
principali
componenti
dell’Inquisizione,
e
sicuramente
la
causa
è
che
proprio
all’interno
di
questi
movimenti
si
erano
individuati
dei
predicatori
tacciati
di
eresia,
presto
fuggiti
verso
la
Svizzera.
E
proprio
sul
confine
con
la
Svizzera
-
ove
le
dottrine
di
Calvino,
Lutero
e
Zwingli
erano
ormai
praticate
dalla
maggioranza
della
popolazione
- si
scatena
all’inizio
del
1600
una
vera
e
propria
guerra
di
religione.
All’epoca
la
Valtellina,
crocevia
di
commerci
tra
l’Italia
e
l’Europa
continentale,
è
territorio
della
Confederazione
Elvetica,
facendo
parte
nello
specifico
del
Canton
Grigioni.
Questa
valle
-
strategica
dal
punto
di
vista
geografico
-
era
stata
fino
al
1512
parte
del
Ducato
di
Milano,
dominato
dagli
Sforza,
e
come
conseguenza
la
popolazione
valtellinese
si
sentiva
legata
al
destino
della
città
padana
assai
più
che
a
quello
degli
assai
più
vicini
svizzeri,
visti
invece
come
e
veri
e
propri
dominatori
stranieri.
A
ciò
si
aggiunga
che
nel
1504
si
ha
un
avvenimento
che
segna
inesorabilmente
il
destino
di
questo
territorio:
a
Tirano
appare
la
Madonna,
per
la
quale
viene
edificato
un
magnifico
santuario
barocco.
Questo
evento
porta
con
sé
inevitabilmente
un
rafforzamento
della
fede
cattolica
tra
la
popolazione,
proprio
pochi
anni
prima
di
passare
forzatamente
sotto
il
dominio
degli
svizzeri
riformati,
e
per
questo
ancora
più
mal
sopportati.
Nonostante
la
tolleranza
in
materia
religiosa
mostrata
dagli
Svizzeri,
si
radicalizzano
posizioni
di
fanatismo
religioso
cattolico,
fomentate
anche
da
predicatori
inviati
dal
Ducato
di
Milano
sia
per
contrastare
la
Riforma
sia
nella
speranza
di
un
sollevamento
popolare
e di
una
riconquista
dello
strategico
territorio,
corridoio
verso
l’Austria
asburgica.
Con
il
diffondersi
della
Controriforma,
la
Basilica
della
Madonna
di
Tirano
inizia
ad
essere
vista
come
l’ultimo
baluardo
del
cattolicesimo
tra
gli
infedeli,
visione
questa
assai
sponsorizzata
dall’arcivescovo
meneghino
Carlo
Borromeo,
che
ne
diviene
un
fedele
devoto
facendo
importanti
visite
pastorali
nella
cittadina
valtellinese.
Al
proselitismo
di
Borromeo
si
aggiunge
a
partire
dal
1587
lo
zelo
del
nuovo
arciprete
di
Sondrio,
Nicolò
Rusca,
che
contrasta
con
forza
il
dilagare
nella
valle
della
fede
protestante,
anche
infrangendo
la
legge.
La
convivenza
tra
protestanti
e
cattolici
diviene
sempre
più
difficile
e
sfocia
in
una
vera
e
propria
escalation
di
violenza.
Nel
1569
il
pastore
della
chiesa
riformata
di
Morbegno,
l’ex
frate
minorita
Francesco
Cellario,
viene
rapito
da
alcuni
frati
domenicani
e
portato
in
catene
a
Roma,
dove
verrà
impiccato
e
poi
bruciato
a
Ponte
Sant’Angelo
il
25
maggio
dello
stesso
anno,
a
seguito
di
un
lungo
interrogatorio
volto
a
farlo
abiurare.
Il
clima
in
Valtellina
si
fa
dunque
sempre
più
teso,
i
cattolici
sempre
meno
disposti
a
una
pacifica
tolleranza
dei
dominatori
protestanti
e
sempre
più
sprezzanti
delle
leggi
che
tentano
di
mantenere
il
delicato
equilibrio
tra
le
due
comunità.
Il
pastore
protestante
Scipione
Calandrini,
tra
i
maggiori
promotori
di
una
politica
basata
sul
reciproco
rispetto
e
tolleranza
tra
le
confessioni,
è
vittima
di
un
tentato
omicidio
a
cui
fa
seguito
il
tentativo,
sempre
per
mano
cattolica,
di
rapirlo
per
consegnarlo
alla
Santa
Inquisizione,
progetto
che
comunque
non
va a
buon
fine.
In
tutta
risposta,
le
autorità
grigionesi,
ritenendo
il
Rusca
responsabile
del
tentato
omicidio,
il
24
luglio
1618
fanno
arrestare
l’arciprete
di
Sondrio
perché
venga
processato
a
Thusis.
Il
processo
inizia
il
1°
settembre
dello
stesso
anno
ma
non
si
conclude
poiché
l’arciprete
muore
a
seguito
delle
torture
subite
il 4
settembre,
senza
aver
confessato
nulla.
E
questo
avvenimento
è
l’inizio
di
una
vera
e
propria
guerra
di
religione.
Nel
1619
viene
convocato
un
sinodo
protestante
a
Tirano
e
nel
contempo
se
ne
tiene
uno
cattolico
a
Como.
Le
provocazioni
tra
le
due
comunità
vanno
intensificandosi,
fino
alla
fatale
notte
tra
il
18 e
il
19
luglio
del
1620
quando
un
vero
e
proprio
kommando
di
fanatici
cattolici,
guidato
da
Giacomo
Robustelli,
si
abbatte
sui
protestanti
per
vendicare
la
morte
del
Rusca.
In
successione
e
con
lucida
crudeltà
vengono
uccisi
quasi
tutti
i
protestanti
della
comunità
tiranese;
viene
poi
messa
a
ferro
e
fuoco
Teglio,
dove
si
mette
in
atto
una
vera
e
propria
strage
all’interno
della
Chiesa
evangelica
stessa
dove
i
protestanti
avevano
cercato
rifugio,
senza
avere
pietà
per
donne
e
bambini,
arsi
vivi
nel
campanile.
Ultima
tappa
Sondrio,
da
cui
solo
un
esimio
gruppo
di
70
persone
armate
riesce
a
fuggire
e
trovare
rifugio
in
Engadina.
Si
calcola
che
in
questo
spaventoso
pogrom,
chiamato
dallo
storico
Cesare
Cantù
Sacro
Macello
della
Valtellina,
siano
state
trucidate
circa
600
persone.
Un
capitolo
sanguinoso
per
la
storia
di
una
piccola
comunità
montana
che
diviene
protagonista
della
grande
storia
europea,
seppure
nel
peggiore
dei
modi:
il
Sacro
Macello
valtellinese
infatti,
assieme
alla
rivolta
anti-asburgica
della
Boemia,
è
tra
le
cause
della
Guerra
dei
Trent’anni
(1618
–
1648).
Alla
fine
del
primo
periodo
della
guerra,
nel
1639,
la
Valtellina
sarebbe
tornata
in
mano
ai
Grigioni,
dominazione
a
cui
sarebbe
rimasta
soggiogata
fino
all’annessione
nel
1797
alla
Repubblica
cisalpina.
Il
ritorno
alla
Svizzera
avvenne
a
condizione
che
nella
regione
venisse
accettata
la
sola
fede
cattolica.
La
valle
si
contraddistingue
per
tutto
il
secolo
successivo
per
la
forte
presenza
di
fenomeni
di
stregoneria,
prontamente
repressi
dalla
lunga
mano
della
Controriforma,
perfettamente
in
linea
con
quanto
succede
negli
altri
territori
di
confine
tra
cattolicesimo
e
protestantesimo
in
tutta
Europa.
Riferimenti
bibliografici:
Cesare
Cantù,
Il
Sacro
Macello
di
Valtellina
–
Episodio
della
riforma
religiosa
in
Italia,
1832