N. 89 - Maggio 2015
(CXX)
IL SACCO DI ROMA DEL 1527
Misera Caput Mundi
di Federica Antonini
La
mattina
del
Sette
Maggio
1527,
approfittando
di
una
insolita,
fitta
nebbia,
il
comandante
in
capo
del
corpo
di
spedizione
imperiale
Carlo
di
Borbone,
dava
il
via
all’assalto
della
Roma
/
Babilonia.
Lanzichenecchi
luterani
con
costumi
a
sbuffo,
pennacchi
e
lance,
guidati
dal
tirolese
Georg
Von
Frundsberg,
calati
dalla
Germania
per
porre
fine
al
potere
spirituale
e
temporale
del
pontefice;
Tercieros
spagnoli,
famosi
per
arroganza
e
spietatezza,
risoluti
a
umiliare
il
principe
della
Chiesa
che
aveva
osato
opporsi
a
Carlo
V
promuovendo
la
Lega
di
Cognac;
un’accozzaglia
di
irregolari
italiani,
che
vivevano
di
saccheggi
e
ruberie,
guidati
da
capitani
di
ventura
anche
di
alto
rango
come
Ferrante
Gonzaga
e
Marco
Antonio
Colonna.
A
questa
soldataglia
eterogenea
e
turbolenta,
in
preda
ad
un’avversione
rabbiosa
per
la
Roma
meretrix,
che
senza
paga
e
ordini
precisi,
diede
libero
sfogo
a
ogni
sorta
di
sopruso,
sacrilegio
e
massacro,
rimase
in
balìa
per
giorni
e
giorni
la
città
eterna.
La
popolazione
fu
presa
quasi
alla
sprovvista,
lo
stesso
Clemente
VII
si
ostinava
a
rimanere
in
preghiera
nella
sua
cappella:
“non
possendo
credere
che
coloro
entrassino”,
scriveva
Benvenuto
Cellini.
Aveva
infatti,
in
quegli
stessi
giorni,
licenziato
un
forte
contingente
di
guardie
svizzere,
pur
sapendo
che
le
truppe
imperiali
si
stavano
avvicinando:
confidava
nell’intervento
dell’esercito
della
Lega,
nel
comandante
Renzo
di
Ceri
–
forte
solo
della
propria
presunzione
e
vanità
-
che
avrebbe
dovuto
difendere
le
mura
della
città
con
un
esercito
di
romani
inesperti
fatto
di
servi,
artigiani
e
frequentatori
di
osterie,
confidava
nel
sentimento
di
“Roma
communis
patria”.
Le
cronache
del
tempo
ci
narrano
una
storia
fatta
di
violenza,
profanazione
e
impotenza:
la
popolazione
sottoposta
ad
ogni
tipo
di
angheria,
chiese
devastate,
tesori
rubati,
capolavori
deturpati,
il
papa
salvo
solo
grazie
al
passetto,
corridoio
segreto
costruito
al
tempo
di
Alessandro
VI
sul
muro
che
collegava
il
Vaticano
con
Castel
Sant’Angelo
e al
sacrificio
di
decine
di
guardie
svizzere.
“Udivansi
per
tutto
infiniti
lamenti
di
quegli
che
erano
miserabilmente
tormentati
[…]
tutte
le
cose
sacre,
i
sacramenti,
e le
reliquie
de’
santi,
delle
quali
erano
piene
tutte
le
chiese,
spogliate
de’
loro
ornamenti,
erano
gittate
per
terra;
aggiungendovi
la
barbaria
tedesca
infiniti
vilipendi.”
Guicciardini
Storia
D’Italia
Libro
XVIII
La
devastazione
di
Roma
non
rappresentò
solo
simbolicamente
il
declino
politico
della
penisola.
Essa
fu
la
cesura
storica
decisiva
nelle
vicende
dell’Italia
rinascimentale
e
segnò
l’inizio
dell’egemonia
spagnola
che
si
spinse
per
un
secolo
ed
oltre.
Provocò
inoltre
la
fine
della
splendida
stagione
artistico-culturale
romana,
ma,
di
contro,
il
disseminarsi
di
uno
stile
che,
artisti
come
il
Parmigianino,
Perin
del
Vaga,
Rosso
Fiorentino,
portarono
in
tutta
Europa:
il
Manierismo.
Ma
il
Sacco
di
Roma
è di
più:
è la
storia
del
crollo
di
un
mito.
Della
visione
umanistica.
Del
sogno
rinascimentale.
È la
perdita
della
sacralità
rinnovata
con
la
mediazione
dell’antico.
Quanta
Roma
fuit
ipsa
ruina
docet.