SABINE SPIELREIN
UNA DONNA TRA PSICANALISI, PASSIONE
E PROGRESSO
di Francesca Zamboni
Il progresso scientifico, nel corso
degli anni, ha acquisito una
connotazione degna dell’etimologia
del termine, aprendosi seppur
lentamente al mondo femminile, tanto
che l’11 febbraio è stata istituita
una giornata dedicata alle donne
nella scienza per incentivare un
percorso libero da stereotipi e
tabù. Tuttavia la società mostra
ancora vecchi pregiudizi con cui
molte studiose del passato hanno
dovuto confrontarsi per far sì che
il progresso scientifico da un lato
e quello femminile dall’altro
potessero andare di pari passo.
Sabine Spielrein, psichiatra russa
di origine ebrea, rientra
sicuramente in questo duplice
percorso, rendendola però nella sua
breve esistenza una psicanalista di
fama internazionale. Ricordata
spesso come l’amante di Carl Gustav
Jung e molto meno per i suoi meriti
professionali, Sabine ancora oggi
incarna invece una donna moderna e
coraggiosa che ha sfidato una
malattia psichiatrica, facendone un
punto di forza senza lasciarsi
etichettare da una patologia che,
anziché distruggerla, l’ha resa più
forte durante il suo processo di
trasformazione.
Sabine infatti prima di diventare
psichiatra è stata una paziente;
durante l'adolescenza le venne
diagnosticata l’isteria psicotica e
per questo fu ricoverata in una
clinica a Zurigo dove conobbe Jung e
l’amore. Un amore non solo per il
suo psicanalista, ma anche per la
medicina. Sabine si laureò a pieni
voti nel 1911 con una tesi dal
titolo Il contenuto psicologico
di un caso di schizofrenia, un
lavoro eccellente, citato l’anno
seguente dallo stesso Jung nella sua
opera Simboli della
trasformazione, portando la loro
relazione su un piano meramente
culturale.
Sabine però non ha mai dimenticato
nei suoi scritti di sottolineare la
paura di perdere se stessi, di
dissolversi in un’altra persona
amata, come se la parte scritta
rappresentasse quel timore che lei
stesso aveva saputo ben gestire, non
lasciandosi travolgere negativamente
dalla passione quando la storia con
Jung non poteva più darle quello che
lei stava chiedendo: un figlio.
A Sabine si deve inoltre l’inizio
del rapporto professionale tra Jung
e Freud così come quello della loro
rottura. Tuttavia Sabine è sempre
rimasta diplomaticamente in
equilibrio tra queste due figure,
contribuendo alla nascita di nuove
teorie: il controtransfert e il
concetto di pulsione di morte
elaborati proprio da Freud.
E se la storia con Jung continuò
soltanto sul piano professionale e a
livello epistolare, la vita della
Spielrein proseguì come quella di
qualsiasi donna, affascinata dal
proprio lavoro e dalla propria
famiglia. Sabine difatti seppe
conciliare ricerca e vita personale
sposando il medico Peter Sheftel nel
1912 e da cui ebbe due figlie. Non
solo, fino al 1923 lavorò a Ginevra
come collega di Jean Piaget,
avvicinandosi alla psicoanalisi
infantile per poi stabilirsi a
Mosca, dove aprì il primo Asilo
Bianco con la collaborazione di Vera
Schmidt, altra figura principale
della psicoanalisi russa.
La struttura, in realtà un ospedale
psichiatrico con mobili e pareti
dipinte di di bianco, inizialmente
fu un successo, un luogo dove i
bambini e le bambine venivano
educate al senso della libertà come
un potente mezzo per essere un
giorno adulti autodeterminati.
All’interno furono sperimentati
metodi pedagogici innovativi
tuttavia contrari alla dottrina
politica del tempo. Per questo
motivo l’Asilo Bianco venne chiuso
dalle autorità sovietiche, anche se
inizialmente lo stesso Stalin pare
vi avesse iscritto il figlio
Vasilij.
Ma sabine continuò a praticare
l’attività in modo privato sfidando
il regime staliniano e le sue
imposizioni; una situazione che
degenerò, creando vuoti incolmabili
nella vita della donna, portandole
via l’amica Vera e privandola degli
affetti più cari: prima i suoi
fratelli e poi suo marito, vittime
delle purghe staliniane.
Poi fu il suo momento e quello delle
sue figlie, uccise nel 1942 in una
sinagoga di Rostov da un gruppo di
nazisti. Non si conosce il giorno
esatto della sua morte, ma soltanto
il mese: agosto. Da quel giorno
indefinito Sabine è stata
inghiottita dall’oblio fino a quando
sono state ritrovati alcuni
frammenti del suo diario e la sua
corrispondenza con Freud e Jung. Un
ritrovamento che ha portato alla
luce una donna per molti anni
sepolta dalla tragicità della
storia, ma con un grande patrimonio
culturale fatto di passione e
scienza. Una donna e una scienziata,
che ha avuto il merito di affrontare
le proprie tempeste emotive e di
metterle al servizio della società e
del progresso.
A Sabine sono stati dedicate diverse
pellicole cinematografiche da
Prendimi l’anima di Roberto
Faenza a A Dangeous Method di
David Cronenberg . Ma il punto di
riferimento per un’analisi
approfondita è il saggio di Aldo
Carotenuto Diario di una segreta
simmetria che ci mostra una
triangolazione analitica in cui
Sigmund Freud, Carl Gustav Jung e
Sabine Spielrein portano alla
ribalta un avvenimento che avrebbe
segnato la storia della psicoanalisi
in un rapporto umano fatto di cura,
guarigione, rinascita e amore nelle
sue varie forme.