N. 24 - Maggio 2007
LA RUSSIA
DELLE CONTRADDIZIONI
Funerali
di Boris Yeltsin: bilancio politico
di Leila
Tavi
La Russia degli oligarchi offre il suo tributo a
Boris Yeltisin [Борис
Николаевич Ельцин]
nel giorno della sua morte. Quegli oligarchi che hanno
favorito la sua rielezione nel luglio 1996, sono il
simbolo della Russia di oggi e di domani. Il pegno di
Yeltsin ha permesso agli oligarchi nella seconda metà
degli anni Novanta qualsiasi speculazione economica, a
qualsiasi prezzo.
Oleg
Vladimirovich Deripaska [Олег
Владимирович
Дерипаска]
ne è un esempio: all’età di 40 è l’oligarca più
giovane di Russia e presto sarà anche il più ricco. E’
nato a Dserschinsk, [Дзержинск],
una città industriale sul fiume Oka, nel Nizhny
Novgorod Oblast; la sua famiglia era così povera,
che la madre Valentina non si poteva permettere
neanche di comprare una carrozzina per il figlio Oleg,
che è cresciuto in un appartamento di 16 metri
quadrati.
Durante il secondo mandato di Yeltsin il giovane e
pieno di talento Oleg, laureato alla Lomonossov di
Mosca in fisica e al Plechanov in economia, diventa, a
soli 24 anni, il direttore di una fabbrica di
produzione di alluminio nella città di Sayanogorsk [Саяного́рск],
nella Siberia orientale, repubblica della Khakassia [хакасия].
La scalata al successo, che lo ha portato a essere uno
degli uomini più ricco del mondo in poco tempo, ha
giovato sicuramente del matrimonio contratto con
Polina, la figlia di Yeltsin, e del successivo
matrimonio tra il patrigno di Deripaska, Valentin
Yumashev, e l’altra figlia di Yeltsin, Tatiana
Dyachenko.
Per il nipote acquisito di Yeltsin, come per gli altri
oligarchi, Mikhail Borisovich Khodorkovsky [Михаи́л
Бори́сович
Ходорко́вский]
escluso, il passaggio all’amministrazione Putin non ha
danneggiato né la carriera, né il patrimonio
accumulato durante gli anni di Yeltsin.
Il capitale estero degli investitori russi ammonta a
250 miliardi di dollari; la Russia ha deciso di
passare al contrattacco sui mercati occidentali e
punta ad acquistare compagnie fino ad ora a capitale
occidentale.
Questo è il risultato anche di un raffreddamento dei
rapporti diplomatici tra la Russi e i partner
occidentali, accusati da Putin, nel terzo anno del suo
secondo mandato presidenziale, di non essere corretti.
Putin ha fatto un esplicito riferimento ai recenti
piani strategici degli USA di costruire un sistema di
difesa anti-missilistica in Polonia e nella Repubblica
ceca.
In occasione del discorso annuale alla nazione, tenuto
giovedì scorso davanti ai parlamentari e alle
autorità, Putin ha annunciato una moratoria da parte
della Russia sull’implementazione dell’accordo che
riguarda il disarmo in Europa, che costituirà motivo
di discussione nel prossimo vertice Nato-Russia.
L'accordo, noto come Treaty on
Conventional Forces in Europe (CFE), è stato
firmato nel 1990 da 30 stati appartenenti alla Nato e
all'allora ancora in vita Patto di Varsavia, con
l'intento di limitare l’impiego di truppe e armi
convenzionali in Europa.
Il presidente russo non ha inoltre perso l’occasione
giovedì di accusare alcuni governi stranieri di
finanziare i suoi oppositori.
A seguito dei recenti disordini di Pietroburgo il
Cremlino, a meno di un anno dalle elezioni
presidenziali, vuole evitare che si verifichi in
Russia una situazione analoga a quella delle
rivoluzioni colorate di Georgia e Ucraina dove, grazie
a finanziamenti stranieri, i rispettivi regimi sono
stati rovesciati da manifestazioni di piazza.
Durante il suo discorso pubblico Putin ha rassicurato
la stampa che non ha intenzione di cambiare la
costituzione russa e che non presenterà la sua
candidatura per concorrere alle presidenziali, anche
se i papabili per il posto di Presidente sono
sicuramente i suoi due vice: Sergej Ivanov
e Dmitrij Medvedjev.
La forte accelerata populista impressa alla politica
interna fa però pensare che l'ultimo zar di Russia,
nonostante rinunci al suo terzo mandato, continuerà a
manovrare eventuali successori nell’ombra .
Putin ha in progetto di rivalutare le pensioni del 65%
entro il 2009 e di investire i proventi della vendita
della Yukos, tolta al miliardario Khodorchosky,
in progetti per sconfiggere la povertà nel paese.
Il nuovo Putin populista lascia cadere una pioggia di
soldi sulla nazione in cambio di una solidarietà
nazionale e di una lealtà che i Russi conoscono e
applicano dai tempi di Stalin.
L'immagine della nuova Russia passa attraverso le
parole pronunciata dal presidente nel suo discorso
alla nazione.
Per questa Russia l'era Yeltsin ha rappresentato
l'inizio della stabilità fatta di una nuova dittatura
all'occidentale: il potere economico, l'unico modo
"democratico" che l'umanità conosce per governare.
I giochi politici e la nuova legge elettorale si
piegano anche in Russia alla logica della visibilità
attraverso i media, così che anche i piccoli partiti,
quelli più critici nei confronti dell'attuale
presidente e che sembrerebbero essere svantaggiati
dalla nuova normativa, trovano il loro spazio nei
media.
Nella situazione attuale neanche il governo russo
riesce a controllare gli investimenti privati nel
settore delle telecomunicazioni.
Fuori da questa logica della visibilità si collocano
quelli che sono considerati in Russia dalla maggior
parte dell'opinione pubblica gli attentatori
all'ordine stabilito, i clandestini finanziati con
capitali stranieri, quelli che scendono in piazza
ancora per protestare.
Per quei Russi che hanno fatto della televisione
l'unico mezzo di informazione le proteste sono
pericolose e inutili, soprattutto in questo momento in
cui la Russia sta riguadagnando il suo posto di
potenza mondiale.
Questa volta la chiusura culturale dei Russi è il
risultato di un totale allineamento della maggioranza
nei confronti della politica estera e interna del suo
presidente.
I Russi appoggiano questo governo e ne hanno fiducia
perché sono convinti che porterà al loro paese
l'attesa crescita economica e il benessere.
Il prezzo da pagare è il crescente razzismo e la
limitazione dei diritti umani e civili.
Il culto della nazione è stato il tema portante del
discorso di giovedì scorso. Abbiamo assistito alla
glorificazione del lubov’ k rodine,
tanto da far temere che in futuro non è escluso che si
torni al culto della persona, come nei periodi più bui
del comunismo.
La società potrebbe ancora mobilitarsi per portare il
paese in un'altra direzione, ma non lo fa.
Ha ragione Bronislaw Geremek quando
dichiara che i paesi dell'Europa centrale e orientale
non hanno ancora fatto i conti con il loro passato
comunista.
Il malcostume e la pratica della "lustrazione"
sono ancora troppo diffusi nei paesi dell’ex blocco
sovietico.
Rimuovere il passato dalla memoria collettiva
attraverso la celebrazione del nazionalismo non
gioverà ai Russi e la storia ci insegna quanto sia
pericoloso. |