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antica


N. 115 - Luglio 2017 (CXLVI)

in vino veritas
l'ubriachezza e i suoi eccessi nell'iconografia di età classica

di Alessandra Romeo

 

Nell'antica Grecia, il vino era consumato tagliato con acqua in percentuali variabili da 1:1 a 1:10. Le fonti greche relative sono molteplici e tra esse spiccano Senofane di Colofone (Xenoph. fr. 1 e 4), il quale afferma che il vino richiede la sua parte di acqua e di moderazione; Platone, che sottolinea come i popoli barbari (tra cui gli Sciti e i Traci) non siano soliti assumere vino tagliato (Pl. Lg. 1, 637 a-e) e invita pertanto alla moderatezza (Smp. 176 a-e); Alceo di Mitilene (Alc. fr. 346), secondo cui la proporzione deve essere di due parti di acqua e una di vino; Eubulo (Eub. fr. 94), il quale afferma che i bevitori assennati non debbano bere più di tre coppe di vino, pena la degradazione sempre più grave ogni coppa in più che si assume; infine Anacreonte (Anacr. fr. 356), che suggerisce di miscelare dieci parti di vino e cinque di acqua.

 

Il vino, come suggerito, doveva quindi essere assunto con moderazione, pena una brutta ubriacatura. Nella produzione ceramica attica sono presenti numerosi esempi di ubriacatura e relativi postumi che offrono un tassello importante per approfondire la nostra conoscenza sugli usi e costumi greci. Il tema è presente nelle scene di komos, un corteo danzante in festa e i cui partecipanti sono detti comasti, in quelle di simposio, il banchetto a cui partecipano i simposiasti, e in quelle dionisiache, in cui spesso sono i satiri che mostrano gli eccessi del bere. Gli ubriachi sono raffigurati barcollanti, nell'atto di vomitare o in azioni non consone al comune buon senso morale. Lo schema iconografico delle scene di barcollamento mostra come gli ubriachi siano costretti ad appoggiarsi a un bastone o a un compagno di bevute.

 

Un esempio è presente sul lato secondario del cratere a colonnette del Pittore di Goettingen (ARV² 234.5), datato al 500-450 a.C., rinvenuto a Taranto e lì conservato presso il Museo Archeologico Nazionale (inv. 20319). La scena mostra una scena di komos in cui Herakles, riconoscibile dalla leontea, porta uno skyphos nella mano sinistra e sostiene un giovane ubriaco con oinochoe in mano. Il corteo incede verso destra ed è guidato da Dioniso, con kantharos nella mano destra e tralcio di vite nella sinistra, preceduto da un satiro che suona il doppio aulos. Interessante è l'interpretazione che si potrebbe dare alla presenza del dio, come a sottolineare in maniera più concreta la potenza divina del vino che trascina l'uomo alla perdizione.

 

Una brutta conseguenza della mancanza di moderazione nel bere è senza dubbio il vomito. Gli schemi iconografici sono due: nel primo l'ubriaco è rappresentato da solo, e in questo caso è raffigurato o nell'atto di farlo o nel momento appena precedente, mentre avvicina due dita in prossimità della bocca; nel secondo, invece, l'uomo è raffigurato in compagnia di un giovanetto o una donna che gli sorreggono la testa.

 

Esemplificativi sono i tondi interni di due kylikes datate al primo venticinquennio del V secolo a.C.: la coppa di Onesimos (ARV² 326.92), rinvenuta a Falerii e conservata nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (inv. 18558), e l'esemplare di Douris (ARV² 427.2), ritrovato a Vulci e conservato al Museo Gregoriano Etrusco Vaticano (inv. 16561).

 

La prima coppa mostra un uomo solo e inginocchiato. La mano sinistra è appoggiata su un bastone nodoso e la destra, col palmo rivolto verso il petto e l'indice in alto, è in prossimità della bocca. Egli presenta una folta barba e una riccia capigliatura e indossa solo un mantello. Sulla seconda kylix, invece, è raffigurata un'etera, elegantemente vestita e agghindata con nastri nell'acconciatura e orecchini, che sorregge la testa di un ubriaco sdraiato su una kline. In entrambi i casi è raffigurata una scena di simposio, in cui spicca sospesa in secondo piano una custodia per aulos, in cui è ben visibile quanto espulso dalla bocca. Classici sono anche i diversi comportamenti inappropriati che rivelano fino a che punto il bere senza misura comporti la perdita della propria reputazione.

 

Esempi significativi sono la kylix del Pittore di Pythokles (ARV² 427.2), datata al 525-500 a.C., rinvenuta a Cerveteri e conservata al Museo Gregoriano Etrusco Vaticano (inv. 16579); la coppa del Pittore del Pithos (CVA Genève 1, 17, fig. 2, pl. (9) 9.2.6), datata all'ultimo quarto del VI secolo a.C. e conservata al Musée d'art et d'histoire di Ginevra (inv. 16908); lo psykter di Douris (ARV² 446.262), da Cerveteri, datato al primo venticinquennio del V secolo a.C. e conservato al British Museum (inv. E768).

 

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Ginevra, Musée d'art et d'histoire, inv. 16908. Kylix.

Pittore del Pithos, 525-500 a.C. (disegno di A. Romeo)

 

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Londra, British Museum, inv. E768. Psykter da Cerveteri.

Douris, 500-475 a.C. (da POTTIER 1909, fig. 14).

 

Il tondo della prima coppa mostra un uomo su kline che urina dentro una piccola oinochoe tenuta con la mano sinistra. Con la destra, invece, egli si accinge a compiere un lancio tipico del gioco del kóttabos, come dimostra l'indice inserito nell'ansa della coppa tenuta in alto, e quindi è chiara l'inclinazione erotica della scena, nella quale è anche presente un'etera che suona il doppio aulos per intrattenere gli uomini.

 

Nel tondo interno della coppa del Pittore del Pithos è raffigurato un satiro, identificabile per via della coda, che si tuffa in un grande cratere colmo di vino e posto dietro una kylix. Egli è immerso a testa in giù nel vaso e mostra solo le gambe e i genitali.

 

Lo psykter di Douris, infine, mostra dei satiri con in mano elementi riconducibili al tema del vino, quali kantharoi, oinochoai, kylikes e un'otre. Sono tutti nudi, eccetto uno in costume tracio, con petaso e caduceo nella mano sinistra. Tra essi spiccano due satiri in posizioni inusuali: il primo, con grande abilità, è posizionato a testa in giù e beve da una coppa, il secondo, invece, riesce a tenere in equilibrio un kantharos sul proprio membro eretto mentre beve il vino versato da un suo compagno da una oinochoe trilobata. In questi due ultimi casi, tuttavia, i protagonisti non sono semplici uomini bensì satiri, esseri lontano dalla condizione umana ma che tendono ad essa.

 

Le azioni deprecabili dovute al vino sono numerose anche nel mito, la cui conoscenza è imprescindibile per una corretta lettura dei reperti vascolari figurati, e sono raffigurate nella ceramica probabilmente come ammonimento verso coloro i quali tendono a perdere il controllo in preda all'eccitamento sessuale e all'ebbrezza. Esemplificativo è il mito delle nozze di Ippodamia e Piritoo, del popolo dei Lapiti. Si narra che, durante i festeggiamenti, i Centauri si ubriacarono e uno di loro, Eurizione, cercò di abusare della sposa. Scoppiò una terribile lotta, conclusasi con la vittoria dei Lapiti (Cfr. Apollod. Epitome 1, 21; D. S. 4, 70, 3-4; Paus. 5, 10, 8; Plu. Thes. 30; Hyg. fab. 33; Ov. met. 12, 210-535). La lotta tra Centauri e Lapiti è ben rappresenta negli esemplari ceramici figurati, nei quali si nota tutta la ferocia e la violenza dell'eterno conflitto tra civiltà e barbarie, riscontrabile anche nel diverso modus bibendi descritto dalle fonti.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Aa.Vv., La città delle immagini. Religione e società nella Grecia antica, trad. it. Pontrandolfo A., Edizione Panini, Modena 1986 (ed. orig. La Cité des Images, L.E.P., Laussanne 1984), pp. 112-115.

ABV: J. D. Beazley, Attic Black-Figure Vase-Painters Oxford 1956.

ARV²: J. D. Beazley, Attic Red-Figure Vase-Painters, Oxford 1963.

CVA Genève 1 = A. Bruckner, Corpus Vasorum Antiquorum Suisse 1, Genève 1, Musée d'art et d'histoire, Éditions Herbert Lang & C., Berne 1962.

Pottier 1909: E. Pottier, Douris and the painters of Greek vases, translated by B. Kahnweiler, J. Murray, London 1909 (ed. org. Douris et les Peintres des vases Grecs, Henri Laurens Éditeur, Paris 1906), fig. 14.



 

 

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