N. 72 - Dicembre 2013
(CIII)
CHIEDILO ALLA RADIO
IL CONSENSO AI TEMPI DEL FASCISMO
di Tommaso Accomanno
Il
ruolo
della
radio
nel
Fascismo
come
mezzo
di
comunicazione
di
massa
ha
toccato
e
interessato
diversi
ambiti
della
società
del
tempo,
dal
sociale
al
politico-economico
fino
al
militare.
La
propaganda
fascista
fu
impostata
e
basata
su
concetti
e
ideologie
che
fecero
breccia
nel
pensiero
e
nella
vita
quotidiana
delle
persone,
prima
con
l’informazione
scritta
successivamente
con
quella
radiofonica.
Quest’ultima,
ritengo
sia
stata
il
cardine
che
permise
la
totale
acquisizione
del
consenso.
Percorrerò
quindi
i
tratti
più
salienti
dello
sviluppo
della
radio,
sotto
il
regime,
giungendo
all’apice
del
suo
ruolo
fino
allo
scoppio
della
Seconda
Guerra
Mondiale.
Si
potrebbe
dire
che
il 6
ottobre
1924,
primo
giorno
delle
trasmissioni
radiofoniche
dell’URI,
fu
il
momento
in
cui
“il
mondo
entrò
in
casa
e la
radio
cessò
di
essere
un
fenomeno
puramente
amatoriale”,
(Gianni
Isola,
L’ha
scritto
la
radio,
Milano,
Edizioni
Bruno
Mondatori,
1998,
p.XV).
Alla
luce
di
queste
considerazioni,
prima
di
addentrarmi
nel
cuore
dell’evoluzione
della
radio
in
Italia,
ritengo
sia
possibile
affermare
che
l’Unione
Radiofonica
Italiana
fu
l’incipit
di
quello
che
si
rivelerà
la
radio
non
solo
nel
Fascismo
ma
anche
nell’attualità:
un
punto
di
partenza
fondamentale
per
due
epoche
diverse,ma,
che
coinvolge
una
realtà,
quella
italiana.
Qui,
a
differenza
delle
altre
nazioni
europee,
la
radio
arrivò
in
ritardo
e si
rivelò
subito
un
medium
d’èlite.
“L’Uri
era
una
società
di
misura,
offerta
al
regime
da
un
complesso
industriale
interessato”
(Alberto
Monticone,
Il
fascismo
al
microfono,
Roma,
Edizioni
Studium,
1978,
p.12).
Anche
se,
dal
1924-28,
il
complesso
radiofonico
“fu
un
mezzo
da
controllare,non
da
sfruttare
razionalmente”
(Alberto
Monticone,
Il
fascismo
al
microfono,
Roma,
Edizioni
Studium,
1978,
p.16),
dato
che
il
pubblico
era
per
la
maggior
parte
appartenente
alla
piccola
borghesia
impiegatizia,
l’ente
venne
comunque
utilizzato
per
una
timida
divulgazione
politica
sempre
a
sfondo
patriottico-nazionale.
Fu
però
sempre
più
frequente
l’intervento
fascista
nella
radio,
dalla
metà
del
1926
e
1927,
quando
si
giunse
a un
completa
“fascistizzazione”
della
radio,
una
sorta
di
“Marcia
su
Roma”
ma
nel
campo
radiofonico.
“Si
distingueva
dalle
altre
emittenti
straniere
per
il
suo
evidente
condizionamento
fascista”
(Alberto
Monticone,
Il
fascismo
al
microfono,
Roma,
Edizioni
Studium,
1978,
p.21).
Fu
il
momento,
più
di
tre
anni
dopo
la
nascita
dell’URI,
dell’altro
punto
di
“svolta”
della
radio
che
ha
in
sé
l’impronta
fascista.
Infatti,
“Il
27
Novembre
1927,
un
Decreto
legislativo
trasformò
l’URI
in
Ente
Italiano
Audizioni
Radiofoniche
(EIAR),
struttura
a
capitale
privato
con
sostegno
finanziario
dello
Stato”,
(Marco
Grilli,
La
propaganda
radiofonica
del
fascismo,
in
InStoria
rivista
on
line
di
storia
&
informazione”,
n°
25,
06/2007)
si
conferma
l’espansione
del
Fascismo
nel
mondo
della
radio,
risalente
proprio
alla
creazione
dell’
EIAR,
“il
trampolino
di
lancio”
per
le
innovazioni
apportate
dal
Fascismo
all’ente
radiofonico.
Certe
novità
ebbero
un
destinatario
ben
preciso:
il
consenso.
Quest’ultimo,soprattutto
nel
momento
precedente
alla
creazione
dell’Impero
Italiano
e
alle
guerre
connesse,
divenne
la
chiave
per
il
successo.
Sono
indicative
le
parole
di
Benito
Mussolini:
“ Il
villaggio
deve
avere
la
radio,”
pronunciate
per
una
propaganda
che
coinvolgesse
le
masse,
non
solo
nelle
città
ma
anche
nelle
campagne.
Da
quella
frase
ebbe
vita
l’ERR.
“L’Ente
Radio
Rurale,
creato
con
la
legge
15
del
giugno
del
1933,
è un
ente
statale
alle
dipendenze
del
ministero
della
comunicazione…e
ha
per
scopo
la
diffusione
della
radio
tramite
la
vendita
di
apparecchi
a
basso
costo…”.
“Educare
la
nuova
generazione
fin
dalla
più
tenera
infanzia
secondo
i
dettami
della
dottrina
fascista…”
(Alberto
Monticone,
Il
fascismo
al
microfono,
Roma,
Edizioni
Studium,
1978,
pp.87-89).
L’intenzione,
sono
convinto,
è
riconducibile
alla
creazione
di
un
clima
di
coesione
e
unione
in
attesa
di
una
guerra
che
presumibilmente
si
sarebbe
verificata.
Per
poter
credere
in
qualcuno
o in
qualcosa,
cosa
è
necessario
oggi
come
un
tempo?
La
possibilità
di
sentire
e
vivere
in
prima
persona
ciò
di
cui
si è
sentito
parlare.
Tanto
è
vero
che
i
discorsi
del
Duce
e le
sue
ideologie
poterono
raggiungere
un
maggiore
quantità
di
persone,grazie
alla
creazione
dell’
EIAR
e
ERR:
“Alla
fine
del
1935
gli
abbonati
alle
radioaudizioni
aumentarono
di
97.233
utenti
in
più
rispetto
al
1934”
(Antonio
Papa,
Storia
Politica
della
radio
in
Italia,
Napoli,
Guida
Editori,
1978,
p.5).
Un
aumento
di
un’utenza
che
arrivò
in
concomitanza
di
una
guerra,
la
“Guerra
d’Etiopia”
(2
ottobre
1935-
5
maggio
1936),
durante
la
quale
la
radio
svolse
un
ruolo
di
primaria
importanza
tanto
da
creare
diffusi
fenomeni
di
identificazione
di
massa
non
solo
durante
il
conflitto
ma
soprattutto
dopo
la
vittoria
e
proclamazione
dell’Impero
d’Etiopia.
La
radio
era
divenuta
insostituibile.
“Ora
il
popolo
si è
abituato,
scriveva
l’EIAR,
il
clima
della
guerra
e
del
confronto
internazionale,
l’esigenza
dell’informazione
immediata...
costituivano
una
forte
spinta
all’acquisto
di
apparecchi”
(Antonio
Papa,
Storia
Politica
della
radio
in
Italia,
Napoli,
Guida
Editori,
1978,
pp.28-29).
Il
decollo
della
radiofonia,
iniziato
con
l’istituzione
di
enti
specifici
al
servizio
della
dittatura,
raggiunse
la
vetta
nel
biennio
1937-1939.
Rendendo
la
radio
più
accessibile,
il
Fascismo
diffuse
il
consenso
a
favore,
anche
se
solo
come
supporto,
della
Guerra
civile
spagnola
(1936-1939)
ma
soprattutto,
a
partire
dal
1938,
rese
noto
l’atteggiamento
ostile
e
persecutorio
nei
confronti
degli
ebrei.
“Noi
abbiamo
sempre
combattuto
perché
dai
programmi
della
radio
fossero
eliminate
quelle
idiozie
patologiche
di
netta
marca
giudaica
che…”.
(Antonio
Papa,
Storia
Politica
della
radio
in
Italia,
Napoli,
Guida
Editori,
1978,
p.45).
Si
venne
a
creare
un
vero
e
proprio
“monopolio
dell’informazione”.
Emblematico
di
questo
totale
controllo
fu
la
posizione
assunta
dall’EIAR,
che
dopo
le
leggi
razziali,
nel
1939-40,
dovette
dedicare
maggiore
attenzione
alle
trasmissioni
politiche
a
discapito
di
quelle
musicali
o di
intrattenimento.
“La
mobilitazione
del
10
giugno
1940,
in
occasione
del
discorso
che
annunziava
la
dichiarazione
di
guerra…
fu
notevole
prova
dell’efficienza
della
radiofonia
di
massa
dell’Italia
Fascista”
(Antonio
Papa,
Storia
Politica
della
radio
in
Italia,
Napoli,
Guida
Editori,
1978,
p.87).
Tale
testimonianza,
che
è
riprova
di
come
nel
1939-1940
la
comunicazione
radiofonica
sotto
il
regime
fosse
giunta
all’apice,
conclude
questo
excursus.
Ho
cercato
di
ricostruire
l’evoluzione
del
mondo
radiofonico
in
relazione
al
“ventennio
fascista”
e
all’utilizzo
da
parte
della
dittatura
del
medium.
La
nascita
di
nuovi
enti
come
l’EIAR
o l’ERR
passando
poi
alla
propaganda
radiofonica
durante
la
guerra
ne
sono
la
prova
tanto
da
poter
essere
considerati,
non
solo
invenzioni
riconducibili
a un
periodo
storico,
ma
storia
a
tutti
gli
effetti.
La
radio,
in
questo
come
in
altri
contesti,
ha
lasciato
la
sua
“trasmissione”
indelebile
nel
tempo.