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arte


N. 69 - Settembre 2013 (C)

Rune Guneriussen
Immagini da un mondo più bello

di Ilena Ambrosio

 

La natura da una parte, la modernità dall’altra. Un’antinomia ovvia e categorica che a pochi verrebbe in mente di contestare.

 

Ma si sa, la genialità emerge spesso da ciò che non è ovvio, dalla capacità di cogliere nessi e legami non scontati e, da questi, creare qualcosa che nessun altro avrebbe immaginato.

 

E in un tempo in cui tutto sembra stato già detto, già fatto, già visto, tanto che l’originalità è ormai il vintage, il remake e qualsiasi recupero di un già esistito, ebbene in un tempo così l’arte deve necessariamente cercare qualcosa di nuovo, qualcosa che la renda ancora eccezionale, nel senso proprio della parola di “diverso dal comune”.

 

Certamente tale è il lavoro di Rune Guneiriussen, fotografo nato nel 1977 in Norvegia, formatosi al Surrey Institute of Art & Design in Inghilterra e i cui lavori sono stati esposti in varie gallerie d’Europa.

 

Guneiriussen a quell’opposizione tra natura e oggetti moderni non crede e a partire dal 2005 i suoi lavori sono il frutto di installazioni da lui stesso realizzate nelle quali oggetti di uso quotidiano sono collocati all’interno di paesaggi naturali e incontaminati.

 

Luogo elettivo di questi “esperimenti” non può che essere la sua Norvegia: vasti spazi ricoperti di neve, boschi rigogliosi che custodiscono selvaggi corsi d’acqua, coste desolate. In tutto ciò, nella piena e disarmante espressione della natura l’artista colloca oggetti artificiali come lampade, mappamondi, telefoni, scrivanie e pile di libri.

 

Ma il risultato dell’operazione non è ironico né grottesco, non rimanda agli intenti antiartistici delle Avanguardie del primo Novecento che tanto spazio davano ad accostamenti inusuali e stranianti.

 

Nulla di tutto ciò in queste immagini. Al contrario, l’obiettivo di Guneiriussen è, ed è evidente, quello di realizzare un equilibrio perfetto tra i due mondi, di integrare l’uno nell’altro come se la neve e un mappamondo illuminato (Cold Comfort, 2010), i rami intricati di un bosco e colorate abat jour (A capacity to breed and recover, 2011), uno scoglio a picco sul mare e dei telefoni (Connections # 03, 2006), fossero nati per convivere, appartenessero allo stesso mondo.

 

Nessuna violenza quindi ma una perfetta e completa armonia; un’armonia che sopravvive al contrasto tra due realtà differenti e anzi, si impreziosisce grazie a esso, restituendo all’obiettivo della macchina fotografica e a noi spettatori scenari poetici, onirici, fiabeschi.

 

Ogni singolo aspetto è rilevante e fondamentale nel lavoro di Guneiriussen: lo spazio, gli oggetti e soprattutto il tempo in cui esso si svolge.

 

Le installazioni non sono realizzate per essere viste dal vivo ma unicamente per essere fotografate: nella fotografia il momento di quell’unione, di quell’equilibrio raggiunto viene definitivamente immortalato e fissato nel tempo.

 

Ma pur essendo frammento temporale cristallizzato l’immagine ha dietro di sé un percorso, quello di un’arte che ha voluto andare al di là del comune, oltre lo scontato e il già dato; e ciò che quell’immagine e chi l’ha realizzata chiedono allo spettatore non è un’interpretazione o un’analisi ma la comprensione della sua storia.

 

Alla mente di chi guarda si aprono infinite possibilità, mondi surreali in cui ciò che comunemente è separato si incontra, si compenetra e si scopre in qualche modo affine.

 

E quel mondo d’un tratto diventa desiderabile, quell’equilibrio, strano ma perfetto, fa pensare alla possibilità di un altro modo d’essere delle cose e fa quasi dire: “Forse sarebbe più bello così!”.



 

 

 

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