N. 17 - Ottobre 2006
IL RUGGITO DELL'ORSO
La partecipazione della Russia alla Seconda
Coalizione antifrancese (1798-1801) - Parte
III
di Simone Pelizza
La fine delle
illusioni
Mentre Suvorov
abbandonava mestamente l’Italia, la corte di San
Pietroburgo dovette sopportare nuove umiliazioni
da parte delle potenze alleate. Già dalla fine del
1798 la flotta dell’ammiraglio Ushakov – ideatore
della grande base navale di Sebastopoli – operava
con successo nel Mediterraneo orientale insieme ad
unità inglesi.
Nel maggio 1799,
dopo aver occupato l’isola di Corfù, le navi dei
coalizzati sbarcarono un piccolo contingente
militare in Puglia, che collaborò con le bande
della guerriglia borbonica alla riconquista
dell’Italia meridionale. Col ritiro delle truppe
francesi, costrette a muovere verso la Pianura
Padana per contenere l’avanzata di Suvorov, la
Repubblica Partenopea crollò come un castello di
carte. Il 13 giugno Napoli cadde nelle mani degli
anglo-russi e degli insorti realisti. La vendetta
di questi ultimi nei confronti dei giacobini
filofrancesi fu terribile; per parecchi giorni la
città fu teatro di rappresaglie e sanguinosi
massacri. Mentre i russi cercarono di restaurare
l’ordine e di impedire tali atrocità, gli inglesi
le sostennero tacitamente, con l’intenzione di
accrescere la propria influenza presso la corte di
Ferdinando IV. Ciò rese le relazioni tra i
coalizzati estremamente precarie. Come Suvorov,
Ushakov si trovò privo di direttive precise da
parte dello zar, e dovette subire l’iniziativa –
spesso sfrontata – dei comandanti alleati.
Tuttavia le
operazioni militari continuarono attivamente.
Il 10 luglio un
piccolo reparto della marina russa conquistò Capua
e avanzò in direzione di Gaeta. La flotta
anglo-russa istituì un rapido blocco nei confronti
di Genova, e rastrellò efficacemente le coste
marchigiane. L’11 ottobre Roma fu occupata dalle
truppe dei coalizzati. A quel punto Paolo I, in
qualità di Gran Maestro dell’Ordine di San
Giovanni, ordinò ad Ushakov un’azione decisa nei
confronti di Malta, assediata senza successo dagli
inglesi per parecchi mesi. Ma Nelson e il governo
britannico si opposero ferocemente ad una simile
iniziativa, che avrebbe offerto alla flotta russa
una base permanente nel cuore del Mediterraneo.
Sconfitto a livello diplomatico, lo zar ritirò le
proprie unità dall’Italia meridionale e iniziò a
pensare seriamente di abbandonare la Seconda
Coalizione. Altri eventi lo spingevano in tale
direzione; ma il suo atteggiamento restava
esclusivamente emotivo e personale, senza una
chiara visione politica alle spalle. Le forze
armate russe avrebbero quindi continuato ad
operare in condizioni di grave incertezza.
Disastro
olandese, odissea svizzera
Oltre alla questione
maltese, Paolo I fu costretto a riconsiderare il
proprio impegno nell’alleanza antifrancese anche
dall’inaspettata sconfitta delle proprie truppe in
Olanda. Guidati dal generale Hermann, comandante
mediocre ma favorito dello zar, 17 000 soldati
russi avrebbero dovuto cooperare con gli inglesi
nella conquista della giovane ed instabile
Repubblica Batava. Ma l’offensiva dei coalizzati
fu sin dall’inzio segnata da continui ritardi e
recriminazioni reciproche. Sbarcati sulla costa
olandese ai primi di novembre, gli anglo-russi
vennero così ripetutamente battuti dalle esili
forze dei generali Brune e Daendels. Hermann fu
addirittura preso prigioniero e dovette firmare
una capitolazione vergognosa presso la cittadina
di Alxmaar, chiedendo ai francesi il permesso di
reimbarcarsi per l’Inghilterra. Infuriato, il
governo di Londra trattò malissimo gli alleati una
volta rientrati in territorio britannico, e ne
rallentò volutamente il rimpatrio. Era l’ultima
goccia: nei primi mesi del 1800 lo zar ruppe ogni
rapporto diplomatico con la corona britannica,
sancendo definitivamente la fine della Seconda
Coalizione.
Nel frattempo anche
le relazioni con l’Austria erano terminate
bruscamente, in seguito alle terribili esperienze
dell’armata di Suvorov in Svizzera.
Originariamente l’anziano maresciallo avrebbe
dovuto lanciare un’offensiva congiunta con le
forze dell’Arciduca Carlo nella zona di Zurigo. Ma
il governo di Vienna diede istruzioni segrete al
proprio comandante perché avanzasse di propria
iniziativa in Germania, lasciando i russi
completamente scoperti. L’Hofkriegsrat
considerava la Svizzera un teatro secondario e di
scarso rilievo; così decise di sguarnirla
completamente delle proprie truppe, con una
precipitazione che Jomini giudicherà “contraria
non solo alle regole della guerra, ma al semplice
buon senso”. Con una manciata di divisioni,
Suvorov si trovò quindi ad affrontare da solo
oltre 73.000 francesi, guidati da Massena.
Tuttavia l’energico comandante russo non si lasciò
prendere dal panico e, approfittando dell’inazione
nemica, passò subito all’attacco. Dopo feroci
combattimenti sul San Gottardo, i soldati dello
zar riuscirono ad avanzare sino ad Altdorf,
provati dalla fame e dal fuoco nemico. Il 29
settembre, raggiunta Muotta, Suvorov dovette
rinunciare ad ogni ulteriore progetto offensivo:
tre giorni prima Massena aveva occupato Zurigo e,
insieme alle divisioni di Soult, aveva intrapreso
un vasto accerchiamento dell’armata russa. Dopo
un animato consiglio di guerra, in cui l’anziano
maresciallo riuscì a galvanizzare all’inverosimile
i propri ufficiali subordinati, l’armata russa
iniziò a ritirarsi verso Coira, in condizioni
tattiche e logistiche estremamente precarie.
Fu una tragica
odissea. Il 1 ottobre le truppe di Bagration si
impadronirono di Nefels e Molis, aprendo una via
di fuga verso sud. Nel frattempo, rallentato dal
maltempo e dall’accanita resistenza di Rosenberg,
Massena abbandonò le sue intenzioni originali,
limitandosi a seguire Suvorov da lontano. Il 6
ottobre i russi cominciarono la scalata del
Ringenkopf, ostacolati dalla neve alta e
tormentati dalla fame; numerosi feriti e malati
morirono in circostanze atroci. Lo stesso Suvorov
– provato nel fisico e nel morale - fu salvato
dalla tenace prontezza delle sue guardie del
corpo. Due giorni più tardi, Coira venne
finalmente raggiunta. La campagna di Svizzera era
terminata.
La condotta di
Suvorov durante tale terribile esperienza fu
esemplare, leggendaria; ma ciò non bastava a
ribaltare le sorti di una sconfitta catastrofica
per la causa alleata. Furioso per lo sleale
comportamento austriaco, Paolo I ruppe infatti
ogni precedente accordo politico-militare con gli
Asburgo; contemporaneamente maturò anche la
violenta separazione dall’Inghilterra. La Russia
usciva mestamente dalla Seconda Coalizione,
amareggiata e priva di risultati tangibili.
L’astruso idealismo dello zar aveva generato solo
sacrifici e umiliazioni, sprecando uomini e
risorse in azioni confuse e dagli scopi non ben
definiti. Tuttavia la guerra dimostrò la forza
dell’esercito zarista, capace di infliggere
cocenti disfatte alle “invincibili” armate della
Rivoluzione Francese: guidati da leader esperti
come Suvorov e Ushakov, i soldati russi avevano
stupito l’Europa, accrescendo l’importanza della
loro madrepatria nel contesto internazionale.
Sottovalutato all’epoca, questo fu in realtà un
successo considerevole, destinato ad avere
profonde ripercussioni negli anni a venire.
Morte di uno zar
Dopo il rientro dei
propri contingenti militari dall’Occidente, Paolo
cercò ripetutamente la vendetta contro gli ex
alleati. Il 27 dicembre 1799, a poche settimane
dal colpo di stato del Brumaio, scrisse una lunga
lettera a Bonaparte offrendo tacitamente aiuto
contro inglesi e austriaci, ancora in guerra con
la Francia. Era un totale voltafaccia diplomatico,
e Napoleone sfruttò al meglio tale occasione: con
astute promesse, il novello Primo Console riaprì
ufficialmente le relazioni diplomatiche con San
Pietroburgo, rompendo definitivamente l’isolamento
in cui si trovava la Repubblica Francese da quasi
dieci anni.
Tutti i prigionieri
russi catturati dalle armate del Direttorio nei
mesi precedenti furono liberati e rimpatriati;
come contropartita, lo zar espulse numerosi
emigrati borbonici dalle proprie terre, compreso
il futuro Luigi XVIII. Ormai la Russia aveva
compiuto un’autentica rivoluzione politica,
passando da difensore intransigente dell’Ancien
Régime a blando sostenitore dell’espansionismo
francese. Ma – come tutte le precedenti scelte di
Paolo I – si trattava di una semplice mossa
tattica, teatralmente emotiva ma razionalmente
fragile. Non a caso, lo zar prese le proprie
decisioni in completo contrasto con il Ministero
degli Esteri, diretto in condominio dal conte
Rostopchin e dal giovane Nikita Panin, figlio del
suo antico precettore. Quest’ultimo, in
particolare, rimase costernato dall’opportunismo
insensato del sovrano.
Nel frattempo
l’Inghilterra accolse con profonda inquietudine la
svolta russa; tanto più che nell’autunno 1800
Paolo si fece promotore, insieme a Svezia e
Danimarca, di una nuova Lega dei Neutri, chiudendo
così il Baltico al commercio britannico e
vanificando il blocco antifrancese della Royal
Navy. Il governo di Londra dovette correre
immediatamente ai ripari, organizzando una
massiccia spedizione navale agli ordini di Nelson
e dell’ammiraglio Hyde Parker: il 2 aprile 1801 il
porto di Copenaghen venne sommariamente bombardato
e il sovrano danese – Cristiano VII – fu costretto
a firmare una tregua ineguale con gli inglesi,
sancendo la fine dell’improvvisato progetto di
Paolo I.
Quest’ultimo però
non dovette assistere all’ennesimo fallimento
della propria politica estera. Alla metà di marzo
infatti rimase vittima di una congiura gestita da
membri della nobiltà di San Pietroburgo e da
numerosi capi militari, amareggiati per il
repentino cambio di alleanze politiche e furiosi
per l’indegno trattamento riservato dal sovrano a
Suvorov, esiliato dalla corte e privato di ogni
onore per le sue vittorie in Italia. Nella
primavera precedente l’anziano maresciallo si era
così spento nella più completa oscurità, senza
ottenere neppure funerali di stato. Un simile
comportamento alienò allo zar la fiducia
dell’esercito e ne segnò definitivamente il
destino. Nella notte tra l’11 e il 12 marzo un
drappello di armati, guidato dal conte Pahlen e
dai fratelli Zubov, irruppe nel castello Michele,
con l’aperta complicità delle guardie esterne. I
congiurati tentarono di costringere Paolo ad
abdicare in favore del figlio Alessandro, ma senza
successo. In seguito ad un alterco uno dei
fratelli Zubov colpì in testa il sovrano con una
tabacchiera, suscitandone la violentissima
reazione; allora, preso dal panico, un altro dei
congiurati afferrò una sciarpa e la stinse intorno
al collo dello zar, strangolandolo.
Pur dispiaciuto per
la morte del padre, Alessandro accettò la corona
senza indugi e proclamò come proprio modello di
condotta regale la nonna Caterina, simbolo di
energia e stabilità. Lo “zar pazzo” venne così
consegnato all’oblio della Storia: triste destino
per un uomo che aveva sperato di cambiare il volto
della Russia e dell’Europa nell’arco di pochi
anni. Alla fine non era riuscito ad essere il
grande monarca che aveva sperato, bensì una
grottesca caricatura, un soldatino in miniatura
come quelli con cui si dilettava negli inverni
solitari di Gatchina.
Ma la guerra non è
un gioco, e Paolo I pagò il prezzo più alto a tale
antica verità.
Riferimenti bibliografici:
S. Andolenko, Storia dell’esercito russo,
Firenze, Sansoni Editore 1969
David Chandler, Dictionary of the Napoleonic
Wars, Ware (UK), Wordsworth Editions 1999
Id., Le campagne di Napoleone, 2 voll.,
Milano, Rizzoli 1986
Terry Coleman, Nelson: l’uomo che sconfisse
Napoleone, Milano, Mondadori 2003
Marco Galandra – Marco Baratto, 1799 Le
baionette sagge. La campagna di Suvorov in Italia
e la “Prima Restaurazione” in Lombardia,
Pavia, Gianni Iuculano Editore 1999
Michel Poniatowski, Storia del Direttorio,
Milano, Bompiani 1984
Henry Troyat, Alessandro I: lo zar della Santa
Alleanza, Milano, Bompiani 2001
Henry Troyat, Paul Ier: le tsar mal aimé,
Paris, Grasset&Fasquelle 2002
Jean Tulard, Napoleone, Milano, Bompiani
2000
Bernhard Voykowitsch, Austrian Strategies in
the War of the Second Coalition, Rivista
Napoleonica 1-2/2000, p. 169-173 |