N. 16 - Settembre 2006
IL RUGGITO DELL'ORSO
La partecipazione della Russia alla Seconda Coalizione antifrancese (1798-1801)
- Parte II
di
Simone Pelizza
La campagna di
Suvorov in Italia
Il debutto della
Seconda Coalizione non fu particolarmente
brillante. Ferdinando IV, volubile sovrano di
Napoli, sperava con l’offensiva militare su Roma
di allontanare le minacce francesi al suo regno e
di ottenere cospicui vantaggi territoriali in
Italia centrale. Ma il sostegno promesso da
inglesi e austriaci non si materializzò, e presto
la sua situazione divenne inostenibile. Dopo aver
occupato la Città Eterna, l’armata borbonica
comandata dal generale Mack fu infatti sconfitta
presso Terni e costretta a ripiegare in gran
disordine. Il 12 dicembre 1798 i francesi
rientrarono a Roma e prepararono l’invasione del
regno napoletano. Terrorizzato, Ferdinando,
insieme alla moglie Maria Carolina, si rifugiò a
Palermo, sotto la protezione della flotta di
Nelson. Il 23 dicembre Paolo I promise
all’infelice sovrano un massiccio ausilio militare
(nove battaglioni di fanteria e 200 cosacchi), ma
ormai era troppo tardi per impedire l’avanzata
francese su Napoli.
Il 12 gennaio 1799
le truppe del generale Championnet conquistarono
Capua; quattro giorni dopo, nonostante la feroce
resistenza di soldati e contadini, il principe di
Strongoli – alter ego di Ferdinando IV – si vide
costretto a firmare la capitolazione della città
partenopea. Ma il popolo napoletano insorse contro
gli occupanti stranieri, impadronendosi dei forti
cittadini e innalzando barricate in mezzo alle
strade; solo dopo sanguinosi combattimenti
Championnet riuscì ad avere ragione dei rivoltosi,
perdendo oltre 600 soldati. Il 23 gennaio nacque
un governo provvisorio, composto da giacobini
filofrancesi, e venne proclamata la Repubblica
Partenopea. Ad eccezione di Sicilia e Sardegna,
tutta Italia cadeva così sotto il controllo del
Direttorio.
A conferma della
propria debolezza bellica, l’Austria fece poco o
nulla per salvare il Regno di Napoli dal disastro.
Il governo di Vienna rimase sulla difensiva, in
attesa dei cospicui contingenti promessi dallo
zar; ciò permise ai francesi di prendere
l’iniziativa su tutti i fronti. Il 1 marzo il
generale Bernadotte attraversò il Reno e investì
la fortezza di Phillipsbourg. Nel frattempo l’Armée
du Danube, guidata da Jourdan, superò lo
Schwarzwald e affrontò le truppe dell’Arciduca
Carlo presso Ostrach. Ma l’abile comandante
austriaco non si lasciò sorprendere dalle mosse
del nemico: il 21 marzo i francesi furono
duramente sconfitti e costretti a ripiegare sulla
Foresta Nera. In Svizzera l’Armée d’Helvetie
di Massena avanzò verso la Valtellina e i Grigioni,
ottenendo alcuni successi iniziali. Ma la
principale offensiva francese era prevista nella
Pianura Padana: l’Armée d’Italie, condotta
dal titubante generale Schérer, doveva sconfiggere
gli austriaci sull’Adige e conquistare il Veneto,
impedendo così qualsiasi intervento russo nella
penisola italiana. Schérer comprese subito
l’impossibilità di un simile disegno; le sue
truppe erano a corto di rifornimenti,
indisciplinate e scontente. Inoltre le popolazioni
dell’Italia settentrionale, stanche di soprusi e
ruberie, erano sull’orlo della rivolta. Tuttavia,
confidando troppo nelle proprie capacità
diplomatiche e organizzative, il 24 marzo
attraversò il Mincio e puntò direttamente su
Verona, primo obiettivo strategico della campagna.
Dal punto di vista numerico, i due eserciti
contrapposti erano quasi in equilibrio (46 000
uomini per i francesi, 50 000 per gli austriaci);
tuttavia il comandante asburgico, tenente generale
Paul Kray von Krajova, disponeva di maggiori
riserve. L’Armée d’Italie ottenne così
alcuni successi iniziali, ma non riuscì a
sfondare. Ai primi di aprile, ottenuti rinforzi
dal Tirolo, Kray passò al contrattacco e costrinse
i francesi a ripiegare verso la linea del Mincio.
La sconfitta di Schérer galvanizzò le popolazioni
di Lombardia e Piemonte, spingendole apertamente
alla rivolta. Vista la gravità della situazione,
il Direttorio ordinò il ritiro immediato delle
truppe di stanza a Napoli; la linea del Mincio
venne abbandonata. A peggiorare le cose per i
francesi fu l’arrivo a Verona del corpo di
spedizione russo destinato alle operazioni sul
fronte italiano: circa 20 000 uomini, tra fanti e
cavalieri, guidati dall’energico e carismatico
maresciallo Alexandr Vasilevich Suvorov.
Guerra lampo in
Lombardia
Suvorov fu
espressamente richiesto come comandante delle
forze alleate in Italia dal governo di Vienna.
Nonostante il profondo rancore nutrito verso il
vecchio generale, Paolo I acconsentì: Suvorov fu
reintegrato nell’esercito imperiale e insignito
della Gran Croce dell’Ordine di San Giovanni di
Gerusalemme. Il 14 aprile 1799 l’anziano
maresciallo raggiunse il proprio comando a
Montebello, ad est di Verona. Le direttive
strategiche ricevute da Vienna erano molto caute:
avanzare fino all’Adda e poi attendere ulteriori
rinforzi. Ma Suvorov non aveva alcuna intenzione
di fermarsi così presto.
Approfittando della
caotica ritirata francese, gli austro-russi
occuparono rapidamente Melle, Brescia e Bergamo.
Giunta sull’Adda, l’avanguardia di Bagration
ingaggiò subito battaglia con i francesi: il 26
aprile, dopo due giorni di furiosi combattimenti,
il generale Moreau – sostituto di Schérer al
comando dell’Armée d’Italie – dovette
ritirarsi in direzione di Pavia. In poco più di
dieci giorni Suvorov aveva aperto la strada per
Milano, catturando oltre 5000 prigionieri e 27
cannoni. Tale straordinario successo era basato
sulla massima velocità nei movimenti delle truppe
e sull’attacco diretto ai fianchi del nemico. A
differenza dei prudenti generali austriaci del suo
stato maggiore, Suvorov era contrario agli assedi
prolungati delle fortezze, che disperdevano le
forze e rallentavano l’avanzata generale. Le
postazioni difensive nemiche dovevano essere
lasciate alle spalle, sotto la sorveglianza di
piccoli corpi d’osservazione; le truppe avversarie
dovevano essere sempre incalzate, aggirate e
assalite. A dispetto dell’età avanzata, Suvorov
conduceva la guerra come i suoi giovani
antagonisti francesi; grazie a lui, la Seconda
Coalizione avrebbe ottenuto vittorie clamorose,
impensabili fino a pochi mesi prima.
Dopo la grave
sconfitta sull’Adda, Moreau non aveva più risorse
sufficienti per difendere Milano, già evacuata
frettolosamente dal Direttorio Cisalpino. Il 28
aprile, dopo aver lasciato una piccola guarnigione
a difesa della cittadella, l’esercito francese
abbandonò la capitale lombarda, rifugiandosi
dietro il Ticino ed il Po. La mattina seguente un
contingente di cosacchi entrò nella città
meneghina, accolto festosamente dalla popolazione;
poche ore prima, a Crescenzago, l’arcivescovo
Visconti aveva consegnato le chiavi cittadine al
feldmaresciallo barone von Melas, secondo in
comando dell’esercito austro-russo in Italia. La
campagna in Lombardia era ufficialmente terminata.
Suvorov sottopose
immediatamente a Vienna un nuovo progetto
offensivo, che prevedeva la conquista del Piemonte
e l’annientamento delle truppe del generale
Macdonald, in ripiegamento da Napoli. Pur
diffidente, l’Hofkriegsrat (Imperiale
Consiglio della Guerra) diede il suo assenso.
Ormai Thugut e l’imperatore Francesco II miravano
concretamente ad ingrandire i propri possedimenti
italiani a spese dei Savoia e della Repubblica
Ligure. Paolo I invece non aveva alcuna chiara
strategia politica riguardo alla situazione
italiana, e ciò gli avrebbe impedito di sfruttare
a fondo le vittorie ottenute dai suoi soldati.
La lotta per il
Piemonte
Nei primi giorni di
maggio l’Armée d’Italie iniziò a
riprendersi dalle pesanti disfatte subite in
Lombardia. Ricevute due divisioni di rinforzo,
Moreau fu in grado di costituire una linea
difensiva nell’Alessandrino, in attesa di riunirsi
all’armata di Macdonald e lanciare una robusta
controffensiva contro gli austro-russi. Proprio
per evitare una simile eventualità, Suvorov
modificò le sue direttrici d’avanzata: invece di
attraversare il Po e occupare l’importante città
strategica di Piacenza, le truppe coalizzate
avrebbero marciato in forze su Torino, lasciando
solo la divisione Ott a sorvegliare i movimenti di
Macdonald presso i passi appenninici. Tale
importante modifica operativa era dovuta anche a
considerazioni di carattere politico: visti i
contemporanei successi ottenuti in Germania
dall’Arciduca Carlo, il governo di Vienna
abbandonò infatti la sua proverbiale prudenza e
cominciò a pianificare una grande manovra a
tenaglia destinata a scacciare i francesi dalla
Svizzera. Un progetto estremamente ambizioso, che
prevedeva il controllo del territorio piemontese.
Così, il 5 maggio, Suvorov mise in moto le proprie
truppe verso ovest.
Occupata facilmente
Tortona, gli austro-russi raggiunsero Novi Ligure
e si prepararono ad attaccare il nemico nella
pianura tra la Scrivia e la Bormida. Moreau poté
fare poco o nulla per contrastare le truppe
avversarie, perché impegnato massicciamente nella
cruenta repressione delle rivolte contadine
scoppiate in tutto il Piemonte; tuttavia, il 12
maggio, riuscì ad infliggere una grave sconfitta
alla divisione del Rosenberg presso Bassignana. Il
successivo contrattacco francese – culminato nella
battaglia di San Giuliano (16 maggio) – non ebbe
però successo, e costrinse l’abile generale
bretone a ritirare le proprie forze sull’Appennino
Ligure, abbandonando del tutto la pianura a sud
del Po. Il ripiegamento dell’Armée d’Italie
avvenne in condizioni estremamente difficili: i
francesi dovettero combattere continuamente contro
gli insorti piemontesi, padroni ormai di numerose
località; la riconquista di Mondovì – effettuata
per tenere aperte le comunicazioni con la Francia
– costò addirittura oltre 300 morti. Solo l’immimente
arrivo di Macdonald poteva salvare le forze di
Moreau dall’annientamento.
Nonostante il
successo, Suvorov fu estremamente insoddisfatto
della prestazione delle proprie truppe: per la
prima volta, gli austriaci avevano mostrato scarsa
cooperazione con i russi; nella battaglia di San
Giuliano Bagration – solitamente combattivo –
aveva impegnato poco le sue unità; soprattutto il
granduca Costantino, secondogenito dello zar,
aveva interferito pesantemente con le operazioni
militari, autorizzando la disastrosa avanzata di
Rosenberg culminata nell’umiliante scacco di
Bassignana. Tuttavia la strada per Torino era
aperta. La mattina del 26 maggio, con l’aiuto
decisivo degli insorti guidati da Branda Lucioni,
gli ussari austriaci entrarono nella capitale
piemontese. L’anziano maresciallo russo festeggiò
l’evento presenziando a due cerimonie religiose,
una ortodossa nei suoi quartieri ed una cattolica
nella cattedrale cittadina, e ad uno spettacolo
teatrale incentrato sull’esaltazione delle sue
imprese militari. Ma l’euforia durò poco: gli
austriaci infatti intendevano annettere il
Piemonte ai propri domini e pertanto rifiutarono
di restaurare il legittimo governo sabaudo,
scacciato dai francesi un anno prima. Paolo I
aveva idee differenti; la sua partecipazione alla
Seconda Coalizione era basata principalmente sul
ripristino del vecchio ordine europeo. Tra Vienna
e San Pietroburgo ci fu quindi una serie di screzi
diplomatici, culminati nell’invito formale di
Suvorov al re di Sardegna di rientrare a Torino.
Nel frattempo l’Armée de Naples del
generale Macdonald aveva raggiunto l’Emilia; i
coalizzati dovettero abbandonare le loro
discussioni per affrontare la nuova minaccia.
Dal Tirolo
arrivarono massicci rinforzi, che permisero a
Suvorov di intraprendere una campagna offensiva
nel Piacentino senza preoccuparsi eccessivamente
di eventuali mosse di Moreau in Liguria. Con
fulminea rapidità, il grosso delle forze
austro-russe si ricongiunse con la divisione Ott e
il 17 giugno diede battaglia sulla Trebbia. Dopo
tre giorni di furiosi combattimenti, Macdonald fu
costretto a ripiegare con gravi perdite; intere
unità del suo esercito non esistevano più. Al
costo di 6000 uomini tra morti, feriti e dispersi,
Suvorov segnalò la cattura di 8000 prigionieri, 13
cannoni e 7 bandiere.
Fu una delle ultime
vittorie italiane del grande condottiero russo. L’Hofkriegsrat
cominciò infatti ad interferire massicciamente
nelle operazioni dei coalizzati, a sostegno delle
mire annessionistiche degli Asburgo in Piemonte.
Amareggiato, Suvorov scrisse allo zar per essere
sollevato dal comando. Ma una serie di avvenimenti
imprevisti permisero al vecchio maresciallo di
giocare ancora un ruolo decisivo. In agosto,
approfittando dell’inazione avversaria, i francesi
riunirono fortunosamente le armate di Moreau e
Macdonald a Genova, passando al contrattacco sotto
la guida del giovane e brillante generale Joubert.
Guidati ancora dall’indomito Suvorov, gli
austro-russi attaccarono il nemico presso Novi
Ligure: in uno dei primi scontri, Joubert rimase
ucciso, ma l’abilità di Moreau consentì ai
francesi di respingere più volte gli assalti
avversari. Solo dopo molte ore i coalizzati
riuscirono a mettere in rotta il nemico, e ogni
inseguimento si rivelò impossibile per la
stanchezza dei soldati e l’assenza di salmerie
adeguate.
Passato il pericolo,
gli austriaci ripresero la loro strategia
politica, sottraendo truppe dal fronte per
controllare meglio le zone del Nord Italia
recentemente occupate. Ormai Thugut dava per
conclusa la guerra e mirava a consolidare i
vantaggi territoriali acquisiti. La presenza dei
russi era un fastidio, e la richiesta inglese di
un’azione antifrancese in Svizzera offrì il
pretesto per dirottare Suvorov e le sue truppe
oltre le Alpi. Paolo I era privo di un chiaro
disegno politico sull’Italia e quindi acconsentì
facilmente alle richieste delle potenze alleate.
Così, dopo aver pagato un considerevole tributo di
sangue, l’esercito russo non ottenne alcun
vantaggio concreto per il propro paese. Suvorov
dettò il perfetto epitaffio per la sua campagna
italiana: “Dopo avermi spremuto come un limone,
ora mi cacciano al di là delle Alpi”.
Nell’estate 1799 la
Seconda Coalizione mostrava già le prime crepe.
Presto l’intera alleanza antifrancese sarebbe
crollata come un castello di carte, con gravi
ripercussioni per lo “zar folle” e le sue utopie.
Riferimenti
bibliografici:
S.
Andolenko, Storia dell’esercito russo,
Firenze, Sansoni Editore 1969
David Chandler, Dictionary
of the Napoleonic Wars, Ware (UK), Wordsworth
Editions 1999
Id.,
Le campagne di Napoleone, 2 voll., Milano,
Rizzoli 1986
Terry
Coleman, Nelson: l’uomo che sconfisse Napoleone,
Milano, Mondadori 2003
Marco
Galandra – Marco Baratto, 1799 Le baionette
sagge. La campagna di Suvorov in Italia e la
“Prima Restaurazione” in Lombardia, Pavia,
Gianni Iuculano Editore 1999
Michel
Poniatowski, Storia del Direttorio, Milano,
Bompiani 1984
Henry
Troyat, Alessandro I: lo zar della Santa
Alleanza, Milano, Bompiani 2001
Henry Troyat, Paul Ier: le
tsar mal aimé, Paris, Grasset&Fasquelle 2002
Jean
Tulard, Napoleone, Milano, Bompiani 2000
Bernhard Voykowitsch,
Austrian Strategies in the War of the Second
Coalition, Rivista Napoleonica 1-2/2000, p.
169-173 |