N. 18 - Novembre 2006
ROSSANA
ROSSANDA
La
ragazza del secolo scorso, la donna di
questo secolo
di Leila
Tavi
Quando ti capita che hai avuto due convegni nella
stessa giornata, uno sui trent’anni dalla morte di Mao
e uno sull’interoperabilità dei linguaggi di rete;
quando ti capita che al primo convegno devi fare la
fila fuori e al secondo ti riempiono la testa con
nuovi acronimi generati dalla webmania come METS,
SCORM, MPEG-21DIG e RDF/XML, sei quasi tentata di dire
lasciamo stare la presentazione dell’ultimo libro
della Rossanda perché sei già fuori casa da 10 ore e
per arrivare alla Casa internazionale delle donne
dall’Università potrebbe volerci un’ora buona anche se
è lunedì.
Poi ti dici che se hai fatto la fila in piedi per
sentir parlare l’attuale ambasciatore cinese Dong
Jinyi,
forse vale la pena di vedere da vicino e di sentir
parlare colei che è stata osannata, per generazioni,
da una certa parte delle Italiane e che è stata
aspramente criticata, per generazioni, dall’altra.
Dopo aver attraversato Trastevere a piedi, alla vista
della sala gremita e delle ultime arrivate che, come
me, erano costretteti a origliare dalla porta della
sala senza poter vedere chi stava al tavolo
presidenziale, mi sono detta che, se era stata la
curiosità a spingermi a stomaco vuoto fino a lì, ero
disposta a sdraiarmi per terra piuttosto che ascoltare
sull’uscio tutta la sera.
Mi sono fatta largo tra le indecise sulla porta se
andare o rimanere e mi sono trovata un bel posto
par terre dietro alla macchina da presa delle
ragazze di Donna TV.
E lei se ne stava lì in disparte ad un angolo del
tavolo mentre le veniva fatta una presentazione
commovente ma un po’ troppo autoreferenziale per i
miei gusti.
Mentre l’autorevole femminista parlava studiavo le
espressioni della Rossanda, la vedevo per la prima
volta e mi ero fatta di lei un’immagine diversa;
invece, a prima vista, mi appariva un po’ come la
nonna di Luca Francesco che, figurarsi, al contrario
della Rossanda, aveva partecipato alla Repubblica di
Salò, e un po’ come la Iacob****i, la nostra
studentessa iscritta più grande, classe 26, alla sua
terza laurea.
Nella presentazione si è parlato del periodo della
resistenza, dell’entrata nel PCI, dell’uscita nel
1968, del suo atteggiamento critico nei confronti
dell’URSS.
Nel secondo intervento si è parlato della Rossanda e
del femminismo, di quanto ha significato per le donne
italiane e di come la Rossanda e il movimento
femminista italiano hanno avuto, durante tutti questi
anni, delle divergenze e delle convergenze rispetto al
ruolo della donna nella società italiana.
Tutti in sala aspettavano di sentirla parlare e invece
sono arrivate prima le domande e non mi sono certa
fatta sfuggire l’occasione; due a raffica: una sul ’56
e il PCI e poi sui silenzi del PCI in quegl’anni
rispetto al dissenso russo e poi, ancora, come giudica
la Rossanda donna, e non personaggio pubblico, la
Russia di oggi? Le sue contraddizioni, la censura
politica, la violenza a garanzia del potere e la
venerazione per Putin.
La Rossanda non si è tirata indietro, ha ribattuto che
del ’56 e dei silenzi del PCI non dovevo chiedere a
lei, ma a chi non ha detto, a chi è rimasto in
silenzio. Poi però, per senso, ancora e comunque, di
appartenenza al partito, che è stato una tappa
importante della sua vita (come la redazione del
Manifesto, i suoi colleghi politici e giornalisti) ha
perdonato i “suoi”, dicendo che non avevano capito,
che aspettavano il cambiamento, il volto umano che
tardava ad arrivare.
Ha ricordato che lei, che scriveva editoriali su
editoriali per il Manifesto, quando è caduto il muro
di Berlino non ha scritto nulla nel suo giornale, né
il giorno dopo, né quelli a venire.
Credeva che finalmente il comunismo si fosse
affrancato dal suo passato oscuro e che finalmente
poteva rappresentare il governo dei poveri, dei più
deboli, come avrebbe dovuto.
Rossanda sembra farne quasi una colpa collettiva di
non aver capito, di aver guardato al comunismo solo
attraverso un binocolo messo a fuoco sulla potente
Unione Sovietica. Ha espiato una colpa, quella del suo
partito, pur essendo innocente, uscita dal PCI nel
1969.
Ha ragione a dire che noi Occidentali “miagoliamo” per
il dolore della crisi energetica, che le donne
occidentali “miagolano” il loro disagio, ma da noi
nessuno viene fucilato e ancora esiste la libertà di
parola.
Per lei viviamo in un posto dove si sta meno peggio di
altri posti in un mondo che è ingiusto. Ha ragione a
dire che questo mondo è ingiusto.
E il paradosso di questo mondo è che, studenti
avvoltolati nella bambagia ti piangono davanti per
avere dimenticato la scadenza amministrativa per la
consegna di un piano di studi, mentre in altre parti
del mondo ci sono ragazzi che non hanno più lacrime da
piangere per gli orrori che hanno visto o subito e non
si lamentano e non “miagolano” solo per orgoglio.
Per Rossana Rossanda la Grande Madre Russia è stato un
esempio di come un popolo intero ha creduto nella
rivoluzione; di quale grande progetto c’è stato dietro
all’ideologia che le classi inferiori potessero
governare un mondo dominato per quasi due millenni dai
ricchi.
E se le conseguenze sono state a volte dolorose, anche
la libera impresa è per la Rossanda una macchina
infernale che non si ferma davanti a nulla; il mondo è
adesso governato dal mercato e anche la logica del
mercato è spietata: si può arrivare a vendere l’anima.
Della Russia di Putin ha detto che, rispetto alla
crisi economica degli anni di Yeltsin, la Russia di
adesso sta ritornando a essere una potenza mondiale; è
per questo motivo che i consensi nei confronti di
Putin raggiungono tra il popolo russo anche il 70%.
Anche se, cara Rossanda, più la morsa sui diritti
umani si fa stretta, più sale il consenso tra i Russi
che hanno paura.
Delle femministe dice “Voi”; con il tempo ha imparato
a confrontarsi con quel movimento che ha considerato
forse inutile e dispersivo per anni e che, adesso, ha
imparato a rivalutare in modo introspettivo: ha detto
di non riuscire più a leggere nulla senza almeno
confrontarsi con la lettura femminista del tempo.
Ha lanciato però un monito alle femministe: non
bisogna peccare di presunzione e credere che si possa
costruire un mondo alternativo senza gli uomini,
rifuggire il confronto, soprattutto sul terreno
politico, con gli uomini. Lei ha lottato per anni, sia
nel partito che nella redazione del giornale.
Rossanda ha speso una parola per gli uomini di oggi:
una generazione di diseredati che soffrono la perdita
del loro ruolo sociale e non sono in grado di trovarne
un altro. Ha parlato della dinamica di coppia oggi, di
come i legami affettivi tra uomini e donne siano più
complessi che mai.
Rossanda ha affrontato faccia a faccia gli uomini, non
dall’altra parte della barricata; non si è trincerata
dietro decostruzioni postmoderniste della realtà vista
al femminile, ma è rimasta in mezzo agli uomini e da
sola.
Ha detto del suo “amico” Bertinotti che ama sempre
ricordare il poema dell’Iliade: “Non è importante
arrivare, ma navigare” e lei controbatte sempre: “Ma
io voglio arrivare”.
Rossanda ha concluso la sua lezione magistrale con un
invito rivolto alle donne giovani, a quelle che
approcciano adesso questa politica mediatica non, ha
tenuto a precisare, alle sessantottine deluse dalla
politica, a quel movimento della pace che non ha
saputo evitare la guerra in Irak, dice con amarezza.
Il messaggio di Rossanda è rivolto alle più giovani ed
è quasi una supplica: fatemi vedere che quel
cambiamento arriverà presto, non voglio più parlare
io, voglio sentire parlare voi e dire delle cose
giuste.
Ma Rossanda non ha ancora abbandonato quel sogno di
libertà che l’ha portata da giovane a iscriversi al
PCI e ancora oggi è orgogliosa di poter contribuire, a
modo suo, a quel cambiamento che la ragazza del secolo
scorso in cuor suo ancora aspetta. |