[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 152 / AGOSTO 2020 (CLXXXIII)


contemporanea

RICORDANDO ROSE VALLAND
IL RECUPERO DELLE OPERE D'ARTE TRAFUGATE DAI NAZISTI / PARTE I

di Francesco Cappellani

 

À tous ceux qui luttèrent

Pendant la dernière guerre

Pour sauver un peu de la beauté du Monde

 

La campagna per l’occupazione della Francia, che Hitler voleva scatenare il 12 novembre 1939, qualche mese dopo la vittoriosa invasione della Polonia che aveva segnato l’inizio della seconda guerra mondiale, fu invece rimandata, per la pressione dei suoi generali, alle 5:35 del 10 maggio 1940.

 

Fu una guerra-lampo (blitzkrieg) condotta con due operazioni simultanee, da un lato l’invasione di Belgio, Olanda e Lussemburgo e successiva penetrazione in Francia e dall’altro con la manovra “colpo di falce” (sichelschnitt) consistente nell’aggiramento della linea Maginot, il baluardo difensivo francese dove erano ammassate inutilmente 30 divisioni.

 

Il 14 giugno Parigi è occupata dalle truppe tedesche, il 22 giugno viene firmato l’armistizio a Compiègne, per volere di Hitler nello stesso vagone ferroviario usato nel 1918 all’atto della resa tedesca per vendicare l’umiliazione subita nella prima guerra mondiale. La dichiarazione finale di resa sarà siglata il 25 giugno 1940.

 

Recentissimi studi attribuiscono parte dell’incredibile successo delle divisioni germaniche nell’invasione lampo di Polonia e Francia all’assunzione di uno stupefacente, il Pervitin, una droga chimica a base di metanfetamina. La pillola veniva distribuita in dosi rilevanti ai soldati consentendo all’esercito di andare all’attacco senza mangiare né dormire anche per quattro giorni e quattro notti consecutive.

 

Il 30 giugno 1940 il comandante in capo della Wehrmacht Wilhelm Keitel invia al generale von Bockelberg, comandante di Parigi, il seguente messaggio: “Il Führer, a seguito del rapporto del Ministro degli esteri, ha ordinato di mettere al sicuro, oltre agli oggetti d’arte appartenenti allo Stato Francese, le opere d’arte e i documenti storici appartenenti a privati, e precisamente agli ebrei. Questo non deve costituire una espropriazione, ma un trasferimento sotto la nostra tutela da usarsi, come pegno, in vista delle negoziazioni di pace. L’ambasciatore Abetz ne è stato egualmente informato”.

 

Appaiono chiare da questo documento le intenzioni di Hitler, sia ricattatorie che di spoliazione dei tesori artistici presenti nell’Europa occupata o da conquistare. Queste rapine saranno, per così dire, istituzionalizzate, grazie a due corposi documenti firmati dal Dr. Otto Kümmel, direttore generale dei musei tedeschi, datati rispettivamente 18 settembre 1940 e 20 gennaio 1941, scritti su ordine del Ministro della Propaganda Goebbels. Nel suo rapporto Kümmel afferma tra l’altro che i musei francesi dovranno essere messi a disposizione per permettere ai tedeschi di scegliere e prelevare collezioni complete come compensazione per oggetti d’arte non più ritrovati (vedi confische napoleoniche) per i quali la spoliazione nel corso della storia è incontestabile.

 

Il 17 luglio 1940 Alfred Rosenberg, l’ideologo del partito nazista, aveva creato l’ERR (Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg, Gruppo d’azione del comandante del Reich Rosenberg) una speciale taskforce col compito di saccheggiare e confiscare tutto il materiale che avesse rilevanza culturale nei paesi occupati dalle truppe tedesche. Il 17 settembre 1940 il Feldmaresciallo Keitel aveva trasmesso a Rosenberg un messaggio che si concludeva con le seguenti disposizioni: “Il Reichsleiter Rosenberg o il Reichshauptstellenleiter Ebert hanno ricevuto delle istruzioni precise dal Führer concernenti il diritto di confisca. Il Reichsleiter Rosenberg è autorizzato a trasferire in Germania i beni culturali che stimerà degni d’interesse al fine di metterli al sicuro. Il Führer si riserva il diritto di decidere personalmente dell’uso che ne sarà fatto”.

 

Hitler infatti aveva progettato già nel 1939 di realizzare nella sua città natale di Linz, sul Danubio, dandone l’incarico al Dr. Posse, direttore del museo di Dresda, il Führermuseum, che doveva diventare il più importante, gigantesco e spettacolare museo delle belle arti mondiale, arricchito da tesori provenienti da tutto il mondo.

 

Tra il 1940 e il 1945 l’ERR operò in Francia, nei paesi del Benelux, in Polonia, Italia, Grecia e Russia. Dopo l’occupazione di Parigi l’ERR, affidata in Francia al barone Kurt von Behr, si mise subito al lavoro prendendo di mira musei e raccolte private di collezionisti e mercanti ebrei che erano stati deportati o erano riusciti a fuggire.

 

In realtà sia l’ambasciata tedesca a Parigi che le SS-Einsatztruppen avevano cominciato a rubare dipinti di valore da gallerie e collezioni private anche non appartenenti a ebrei, per cui Rosenberg dovette intervenire per avocare alla ERR il compito di essere l’unica organizzazione ufficiale per l’approvvigionamento di opere di valore artistico nei paesi occupati grazie a una direttiva del Fuhrer che autorizzava l’ERR a confiscare: preziosi manoscritti e libri dalle librerie nazionali e dagli archivi; importanti manufatti di autorità ecclesiastiche e logge massoniche; tutti i beni culturalmente e artisticamente validi appartenenti a ebrei.

 

Nell’ottobre del 1940, su suggerimento del feldmaresciallo Göring, l’ERR estese il trafugamento non solo a pitture, sculture e libri, ma anche a mobili d’epoca, tappeti, tappezzerie, oggetti d’arte e antichità. Göring voleva arricchire la sua vasta collezione d’arte e si adoperò con la sua autorità e cupidigia per facilitare le operazioni dell’ERR.

 

A fine ottobre del 1940 l’ERR si stabilì al Jeu de Paume, e usò il museo e sei sale della sezione “antichità orientali” del vicino Louvre, come deposito o meglio “campo di concentramento” temporaneo del materiale confiscato per classificarlo e dirottarlo poi in Germania.

 

Al Jeu de Paume lavora Rose Valland, nata nel 1898 a Saint-Étienne de Saint-Geoirs (Isère), un paese di 2.000 abitanti, da una famiglia modesta. Rose è molto dotata per il disegno e nel 1918 si iscrive alla Scuola Nazionale di Belle Arti di Lione e poi, nel 1922, è ammessa alla Scuola Nazionale Superiore di Belle Arti di Parigi. Vince un concorso per l’insegnamento del disegno e frequenta nel contempo la Scuola del Louvre sostenendo nel 1931 la Tesi. Consegue tre certificati di studi superiori sulla storia dell’arte moderna, l’archeologia medioevale e l’archeologia greca.

 

Nel 1932 entra come assistente volontaria al museo di pittura e scultura straniera alla Galleria Nazionale del Jeu de Paume alle Tuileries. Si occupa del catalogo delle collezioni del museo, organizza esposizioni e scrive articoli d’arte su riviste e giornali. Sarà assunta in pianta stabile, e quindi retribuita, solo nel 1941.

 

Rose Valland ci appare dalle foto d’epoca come una persona poco appariscente, di media statura, con i capelli raccolti dietro la nuca e uno spesso paio di occhiali. Ha tutte le caratteristiche per passare inosservata, è nubile, discreta, innamorata del suo lavoro ed estremamente competente nel campo dell’arte, inoltre, cosa che si rivelerà assai importante, conosce il tedesco.

 

Quando il comando della ERR si stabilisce al Jeu de Paume, il direttore dei Musei Nazionali Jacques Jaujard incarica Rose di restare al lavoro al Museo spiando, senza destare sospetti, l’attività dei tedeschi. In un primo tempo era stato permesso ad altri assistenti francesi di continuare la loro attività al Museo, ma i nazisti li estromettono permettendo alla sola Volland di rimanere con il ruolo di presiedere alla coordinazione amministrativa con la Direzione dei Musei installata al Louvre.

 

Rose diviene così una delle pochissime persone che potrà testimoniare de visu, in modo diretto, il sistema perfetto di spoliazione messo in opera dai nazisti. Rose mantiene un basso profilo grazie al suo comportamento schivo, quieto, semplice ed educato. Dietro le sue apparenti mansioni di impiegata del Museo, Rose in realtà compone giorno dopo giorno un inventario accurato delle opere che transitano nel museo cercando di conoscerne la provenienza esatta, di notare, memorizzandoli o copiandoli di nascosto, non solo i nomi dei destinatari delle opere rubate (spesso alti dignitari nazisti), ma anche quelli delle persone responsabili dei trasferimenti, gli orari dei convogli e i luoghi di arrivo, il loro numero.

 

In un certo senso è favorita dalla maniacale meticolosità tedesca nel catalogare e inventariare qualsiasi cosa, il che le permette di registrare con grande precisione le caratteristiche e i dati delle opere trafugate. Senza farsi notare, grazie alla sua conoscenza del tedesco, non rivelata ai nazisti, che le permette di ascoltarne le conversazioni, riempie scrupolosamente centinaia di schede, riesce in molti casi a decifrare anche le carte carbone copiative gettate dai tedeschi nel cestino dei rifiuti.

 

Ciò le consente di passare segretamente e con grande rischio per la sua incolumità, preziose informazioni alla Direzione dei Musei Nazionali, che saranno fondamentali per il recupero delle opere d’arte dopo la guerra, e ai partigiani francesi indicando loro i treni che trasportano le opere d’arte affinché vengano risparmiati da azioni di sabotaggio. Inoltre riesce a ottenere importanti indicazioni dagli autisti dei camion e dagli imballatori, dati che trasmette subito a Jaujard e alla Resistenza Francese.

 

Dal 1940 al 1942 il conte Franz Wolff-Metternich, storico dell’arte, era stato nominato da Hitler a capo del Kunstschutz, il servizio responsabile per la protezione e la salvaguardia del patrimonio culturale dei paesi occupati e in particolare del Louvre. Metternich, come molti aristocratici, non era membro del partito nazista; si presta a collaborare con Jaujard per preservare i tesori nazionali d’arte francesi da ogni rapina impegnandosi a proteggere i vari luoghi dove erano stati trasferiti.

 

Non esita a entrare in conflitto con l’ambasciata tedesca e con Goebbels che aveva dato le disposizioni di “spoliazione” codificate nel documento Kümmel. Viene convocato a Berlino ma, d’accordo col comandante militare di Parigi, riesce a convincere Goebbels che qualsiasi reclamo e rivendicazione sulle opere d’arte dei musei nazionali francesi debba essere presentato alla Francia solo alla fine della guerra, quando il trattato di pace avrebbe confermato definitivamente il trionfo della Germania e che quindi, fino a quel momento, non dovevano esserci trasferimenti in Germania di opere d’arte. Sarà comunque costretto a lasciare la Francia con la scusa di riduzione del personale, ma in realtà a causa delle pressioni di Goering e di Rosenberg contro i quali il conte Metternich aveva invocato invano la giurisprudenza internazionale e la correttezza e l’onore tedesco.

 

Alla fine della guerra, nel 1952, verrà decorato con la Legion d’Honneur dal Generale De Gaulle, su suggerimento di Jaujard, per avere protetto le opere del Louvre durante l’occupazione nazista.

 

La Francia, già a partire dal 1936, si era preparata all’eventualità di una guerra e il ministro dell’Educazione Nazionale e delle Belle Arti aveva impostato un piano di protezione per le opere d’arte affidandone l’esecuzione a Jaujard, che aveva già gestito il salvataggio dei capolavori del Prado e dei musei iberici durante la guerra civile spagnola. A lui viene affidata la terribile responsabilità di salvaguardare le immense ricchezze artistiche della Francia a beneficio non solo dei francesi, ma di tutta la cultura mondiale.

 

Vengono redatti elenchi di monasteri, abbazie, castelli, dove potere nascondere i tesori d’arte nazionali e anche alcune grandi collezioni private. Il 27 settembre del 1938 un primo convoglio di opere esce dal Louvre diretto al castello di Chambord e un anno dopo una quarantina di camion carichi di tesori artistici lasciano Parigi diretti sia a Chambord che a un’altra quindicina di castelli, a nord della Loira e nel “midi” della Francia. Rose Valland partecipa a tutte queste operazioni di salvataggio, e racconta che “il santuario dell’arte, il Louvre, era diventato in pochi giorni uno sterminato cantiere di imballaggio”.

 

Le varie peripezie e spostamenti a cui sono soggette le opere d’arte a causa dell’invasione tedesca e dei rischi di bombardamenti alleati sono esemplificate dalle vicende della Gioconda che nel 1939 era stata trasferita nel castello di Chambord, poi sulla Loira nel castello di Louvigny, quindi a Tours nel castello d’Amboise dove pare che il re di Francia Francesco 1⁰ l’avesse ricevuta da Leonardo. Fu più tardi portata al Museo di Montauban e poi ancora al castello di Montal celata in una colonna di 65 camion che mettevano al sicuro in quella località un grande numero di opere delle collezioni nazionali. Per sicurezza, grazie alla collaborazione della resistenza francese, erano stati comunicati a Londra i nomi e le località dei musei e dei castelli che ospitavano i depositi d’arte.

 

Il 20 marzo 1941 Alfred Rosenberg invia un dettagliato resoconto a Hitler dove annuncia, tra l’altro, “l’arrivo di un treno speciale a Neuschwanstein (…) contenente beni culturali “Kulturgut” i cui proprietari ebrei sono scomparsi. Il treno, noleggiato dal Reichsmarshall Hermann Göring si compone di 25 vagoni riempiti di oggetti d’arte, tele, mobili, tappezzerie di valore facenti parte delle collezioni Rotschild, Seligmann, Bernheim-Jeune, Halphen, Kann, Weil-Picard, Wldenstein, David Weill e Levy-Benzion”.

 

L’appropriazione di capolavori d’arte (quadri e sculture) divenne la maggiore attività dell’ERR, specialmente dell’Unità Speciale per le Belle Arti (Sonderstab Bildende Kunst), insieme alla spoliazione di quelle librerie con testi di interesse per l’Istituto di Studi della Questione Ebraica fondato da Rosenberg a Francoforte nel marzo del 1940 con lo scopo di ideologizzare l’antisemitismo dimostrando scientificamente l’inferiorità della razza ebraica. I nazisti riescono a catturare i vari tesori artistici grazie a un efficiente lavoro di spionaggio da parte della polizia segreta tedesca con l’aiuto di storici dell’arte nazisti e di una rete di informatori francesi e mercanti collaborazionisti. Circa 29 convogli ferroviari, per un totale di centinaia di vagoni, stipati con migliaia di casse, furono diretti in Germania con differenti destinazioni oltre a 427 tonnellate di materiale spedito via nave.

 

Göring ordina alla ERR di organizzare al Jeu de Paume una mostra privata per lui con i migliori pezzi delle collezioni confiscate; Rose Valland commenta accoratamente: “Osserva tutti i quadri, uno dopo l’altro, e si interessa a ciascuno di essi. La guerra e la fortuna mettevano a sua disposizione alcuni delle più celebri tele di Rembrandt, Teniers, Vermeer, Renoir o Gauguin”.

 

Altre visite private seguiranno. Allettato dalla sua passione strabordante per l’arte e molto dalla sua smania di possesso per arricchire le collezioni della sua “piccola Versailles” di Carinhall a 60 km da Berlino, Göring redige un documento in data 5/11/1940 in sei punti per l’assegnazione delle opere i cui primi due paragrafi recitano: 1. Il Führer si riserva il diritto di disporne a piacimento (in pratica ha il diritto di prima scelta); 2. Le opere d’arte serviranno a completare le collezioni del Reichsmarshall (cioè Göring).

 

Questo documento, approvato in seguito da Hitler, dando a Göring un potere quasi assoluto, rende precaria ogni azione protettiva del Kunstschutz del conte Metternich, e mette in ombra anche l’ERR di Rosenberg. Al risentimento di quest’ultimo Göring risponderà con una lunga lettera di tono amicale, ma allo stesso tempo imperioso dove fa notare a Rosenberg che molti beni culturali di proprietà ebrea “me li sono procurati nei loro nascondigli, che furono trovati con molte difficoltà. Io li ho scoperti da tempo grazie alla corruzione e all’impiego dei detective francesi e di agenti criminali”.

 

La prima spedizione per la Germania parte l’8 febbraio 1941. Sul treno le casse destinate a Hitler sono marcate con H e numerate da 1 a 19, quelle per Göring con G e numerate da 1 a 23. A Hitler è riservata la cassa H5 che contiene un ritratto di Gainsborough, la H6 con opere di Frans Hals e due ritratti di Goya, mentre nella H13 è contenuto il pezzo di maggiore valore, “l’astronomo” di Jean Vermeer che Hitler già conosceva, per cui Rosenberg si affretta a comunicarlo al Führer tramite il segretario Martin Bormann, precisando che la tavola si trovava, come la maggior parte delle opere confiscate, tra i beni della collezione Rotschild.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]