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N. 88 - Aprile 2015 (CXIX)

Le Rose di Cordova
ALLA Corte di SPAGNA

di Alba Giordano

 

La cattolicissima Spagna del XVI secolo, fa da sfondo alla singolare vicenda di due ragazze, due storie diverse, unite da un unico triste destino.

 

Adriana Assini, nota scrittrice e acquerellista romana, nel suo romanzo Le rose di Cordova, edito dalla casa editrice napoletana Scrittura&scritture e giunto ormai alla sua terza edizione, ci narra la sfortunata storia di Juana I di Castiglia, della famiglia dei Trastàmara, figlia terzogenita dei Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, attraverso i ricordi di Nura, la schiava moresca, che la sorte ha voluto al fianco della principessa come sua ancella, meglio conosciuta col nome cattolico di Francisca.

 

Era il 6 novembre 1479, quando nella bellissima Toledo, veniva alla luce la principessa Juana, destinata un giorno, per le innumerevoli tragedie di famiglia, a divenire l’infanta di Castiglia, Leòn e Aragona.

 

Di carattere difficile, introverso, irascibile, fu in tenera età usata dai genitori per i loro scopi politici e fidanzata con Filippo d’Asburgo, detto il bello, arciduca di Borgogna e delle Fiandre, figlio di Massimiliano I.

 

Fu da tutti considerata una grande fortuna per la giovane principessa, ma appena poco tempo dopo le nozze, le cose cambiarono drasticamente, il marito, dopo una passione iniziale cominciò a trascurarla per altre donne, la fanciulla sfoderando un carattere che nessuno pensava potesse possedere, cercò di difendere con artigli da colomba il proprio matrimonio, in quanto innamoratissima di Filippo, purtroppo però, mostrò alla bigotta corte straniera un piglio anticonformista, che non venne capito, bensì condannato e molto presto, si cominciò a parlare di pazzia…

 

Il primo ad affibbiarle simile epiteto fu il marito, proprio l’uomo che la doveva difendere e proteggere, fu il primo a scagliarsi contro di lei, a non capirla, a tradirla ripetutamente, nonostante poi finisse a tornare sempre da lei e dalla loro unione nacquero ben sei figli.

 

La vita condotta da Juana nella corte di Filippo il Bello, dunque, fu triste e molto impervia, accanto a lei, nel bene e nel male troviamo sempre l’ancella Nura, che tra alti e bassi , tra odio e amore, ne accompagnerà le tristi vicende e sarà testimone delle sofferenze ingiustificate che la giovane sovrana subì nel corso della sua vita, dapprima nelle Fiandre, per poi continuare nella sua Spagna natia.

 

Nel 1504, moriva la grande regina Isabella, fino ad allora, Juana era stata in qualche modo protetta e tutelata dal mondo esterno; alla sua morte, la principessa ereditò la corona di Castiglia e da quel momento, la sua vita diventò un vero e proprio inferno, le voci sulla sua vera o presunta follia, diventarono sempre più insistenti e tanto il padre, quanto il marito fecero di tutto per screditarla, ciascuno per i loro spregevoli interessi per poterne così cingere la corona.

 

Tradita negli affetti nel modo più meschino che ci possa essere, proprio dagli uomini della sua famiglia che più la dovevano proteggere e averne a cuore la felicità, la giovane, dimostra però un carattere e una fierezza molto simili a quelli della madre e lungi dall’essere folle, è in verità lucidissima, consapevole di quello che diventerà la sua vita, infelice regina senza trono e senza corona, ma senza tuttavia essere veramente in grado di poter fare qualcosa per raddrizzare la sorte avversa… Chi l’aiuterà?

 

L’autrice ci regala un altro dei suoi memorabili romanzi, scritto con maestria, la biografia puntuale e precisa di una giovane sfortunata, ma ribelle e anticonformista, che non si abbatte alle brutture riservatele dalla vita, ma che lotta con coraggio per far fronte a tutte le avversità che incontra sul proprio cammino.



 

 

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