N. 33 - Settembre 2010
(LXIV)
rosa luxemburg
fragile, intensa, rivoluzionaria
di Giulia Gabriele
«Quanto
più
gravoso
e il
compito,
tanto
più
raccoglieremo
tutte
le
forze
[…]:
la
rivoluzione
sa
attuare
la
propria
opera
con
enorme
celerità.
Io
non
mi
accingo
a
profetizzare
quanto
tempo
occorre
per
questo
processo.
Chi
di
noi
sta
a
fare
i
conti,
che
c’importa
se
la
nostra
vita
basta
appena
allo
scopo?
Importa
soltanto,
che
noi
sappiamo
con
chiarezza
e
precisione
quel
che
si
deve
fare
».
Cosi
parlo
Rosa
Luxemburg
nel
gennaio
del
1919,
in
occasione
del
congresso
di
fondazione
del
Partito
Comunista
tedesco.
Come
sottolineò
la
stessa
Rosa,
quel
che
si
doveva
fare,
anche
se
“con
alcune
varianti”,
era
già
stato
espresso
da
Karl
Marx
e
Friedrich
Engels
nel
Manifesto
del
Partito
Comunista
(1848).
Bisognava
tornare
alle
origini,
in
pratica.
Attuare
e
realizzare
il
socialismo.
Quel
socialismo
dall’obiettivo
globale
che
70
anni
di
capitalismo
rischiavano
di
piegare
e
atrofizzare,
e di
cui
Rosa
Luxemburg
fu
una
delle
voci
più
chiare.
Nata
a
Zamość
(Polonia)
il 5
marzo
1871
da
una
famiglia
ebraica,
la
più
giovane
di 5
fratelli,
Rozalia
Luksenburg
ancora
adolescente
aderì
al
movimento
di
sinistra
“Proletariat”,
ma a
causa
delle
repressioni
nei
confronti
del
gruppo,
nel
1895
fu
costretta
a
emigrare
in
Svizzera
e
poi
in
Germania,
dove
prese
la
cittadinanza
(1897).
Qui,
per
continuare
le
sue
battaglie,
si
iscrisse
all’SPD
(Partito
socialdemocratico
tedesco),
auspicando
sempre
un
ritorno
all’originale
pensiero
marxista.
Quando,
poi,
nel
1905
scoppio
la
prima
rivoluzione
russa,
Rosa
fece
ritorno
in
Polonia
per
parteciparvi,
prima
che
la
rivoluzione
fallisse
e
lei
finisse
in
carcere.
Dopo
il
rilascio,
tra
il
1907
e il
1914
insegno
Economia
politica.
L’esperienza
fallimentare
polacca,
probabilmente,
fece
si
che
la
Luxemburg
sviluppasse
una
differente
‘coscienza’
economica
rispetto
a
quella
di
Marx:
aveva
infatti
capito
che,
anche
se
il
capitalismo
fosse
entrato
in
crisi,
sarebbe
comunque
riuscito
a
venirne
fuori
grazie
alle
smisurate
risorse
derivate
dal
colonialismo.
Come
darle
torto,
oggi.
Quando,
poi,
scoppio
la
Prima
guerra
mondiale
abbandono
l’insegnamento
e si
fece
attivista.
Nel
1916,
uscita
dall’SPD,
fondo
insieme
all’amico
Karl
Liebknecht
la
Lega
Spartaco
e il
primo
Partito
Comunista
Tedesco
(1919),
improntanti
entrambi
sul
progetto
di
rivoluzione.
Cosi,
nel
gennaio
1919,
approfittando
della
turbolenza
che
stava
sconvolgendo
la
Germania
dopo
la
sconfitta
riportata
in
guerra,
gli
Spartachisti
tentarono
un’insurrezione
che
l’esercito
soffoco
nel
sangue.
Le
vite
della
Luxemburg
e di
Liebknecht
si
fermarono
il
15
gennaio
1919
a
Berlino,
quando
i
due
furono
fucilati
da
un
plotone
di
esecuzione.
Rosa
Luxemburg
fu
una
figura
di
rilievo,
tanto
irreprensibile
politicamente
quanto
umanamente
delicata
e
sensibile.
Fu
capace
di
questionare
con
Lenin
e
Stalin
(con
il
primo
non
condivideva
l’idea
di
un
partito
‘d’élite’
proletaria;
con
il
secondo
la
concezione
di
una
rivoluzione
che
distruggesse
la
democrazia)
e di
scrivere
lettere
appassionate
all’amato
Leo
Jogiches
(ucciso
a
Berlino
il
10
marzo
1919
mentre
investigava
sulla
morte
di
Rosa
e
Karl).
Proprio
in
una
di
queste
lettere
scrisse:
« Mi
riposo
finalmente.
Sono
terribilmente
affaticata
nel
morale
e
nel
fisico.
Per
la
prima
volta
dal
mio
arrivo
sono
finalmente
sola
»
(Parigi,
21.03.1895).
E
ancora:
«
Mio
caro,
mio
amato.
Tu
non
sei
qui
in
questo
momento,
ma
tutta
la
mia
anima
e
piena
di
te,
ti
stringe
»
(Svizzera,
16.07.1897).
Anche
questa
era
Rosa
Luxemburg.
Come
scrisse
Lev
Trotsky
ne
La
mia
vita
(1930):
«
Era
una
donna
piccola,
fragile,
e
all’apparenza
pure
malaticcia,
ma
con
un
volto
nobile
e
occhi
bellissimi
che
irradiavano
intelligenza;
[…]
Il
suo
stile,
che
era
insieme
preciso,
intenso
e
spietato,
sara
sempre
lo
specchio
del
suo
spirito
eroico.
[…]
Io
la
ammiravo
da
lontano.
Eppure,
probabilmente
non
la
apprezzavo
ancora
abbastanza
all’epoca
».
Forse
non
la
si
apprezza
abbastanza
nemmeno
oggi.
Karl
Kraus,
nel
suo
Die
Fackel,
il
28
maggio
1920
riporto
una
delle
lettere
di
Rosa
scritta
nel
carcere
di
Braslavia
(1916),
e si
auspicava
che
la
sua
storia
fosse
tramandata
alle
generazioni
future,
in
modo
da
fargli
provare
orrore
per
gli
uomini
che
avevano
trucidato
un’anima
tanto
gentile;
un’anima
che
provo
compassione,
in
quella
lettera,
per
un
bufalo,
dalla
pelle
lacerata
e
sanguinante
per
le
frustate,
che
chiamo
“fratello”
e
immagino,
prima
ancora
che
al
giogo
dei
soldati,
libero
per
le
terre
ungheresi,
sovrapponendo
cosi
la
propria
sorte
alla
sua.
Davanti
ai
suoi
occhi
passarono
tante
guerre,
tante
prigionie,
tanti
intorpidimenti…
eppure
a
Mathilde
Wurm,
il
28
dicembre
1916,
confessava:
«
Non
conosco
la
ricetta
che
permetterebbe
di
comportarsi
come
un
essere
umano,
so
solo
come
lo
si
e.
[…]
Il
mondo
è
cosi
bello
malgrado
tutti
gli
orrori
e
sarebbe
ancora
più
bello
se
non
vi
fossero
sulla
terra
dei
vigliacchi
e
dei
codardi
».
Oggi
il
mondo
e
sempre
bello,
direbbe
forse,
malgrado
tutti
gli
orrori
la
speranza
e la
stessa:
potrebbe
esserlo
ancora
di
più
senza
vigliacchi
e
codardi.
Di
lei
ci
resta,
pero,
una
vita
soffocata
dalle
pallottole
e
uno
spirito
che
rischia
l’oblio.
E
cosa
(o
chi)
siamo
ancora
disposti
a
dimenticare
pur
di
vivere
nell’illusione
di
essere
migliori.
Diversi,
liberi,
democratici,
civili.
Riferimenti
bibliografici:
R.
LUXEMBURG,
…
So
soltanto
come
si è
umani.
Lettere
1891-1918,
(a
cura
di
A.
Bisceglie),
Roma
2008
R.
LUXEMBURG,
Un
po’
di
compassione,
(a
cura
di
M.
Rispoli),
Milano
2007
AA.VV.,
ROSA
LUXEMBURG
(1871-1919),
in
“Donne
e
rivoluzione”,
13.01.2006,
<
http://donneriv.blogspot.com/2006/01/rosa-luxemburg-
1871-1919.html
> /
20.06.2010