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N. 22 - Ottobre 2009 (LIII)

Rosa Bonheur
La pittrice con il sigaro

di Michele Broccoletti

 

"J’étais le plus garçon de tous" (ero il più ragazzo di tutti): così diceva Rosa Bonheur di se stessa. Marie Rosalie Bonheur, nata a Bordeaux (cittadina nella quale il padre di Rosa conobbe Francisco Goya, che era in esilio volontario), il 18 marzo 1822, era una pittrice francese, esponente della corrente realista del XIX secolo.

 

Figlia di Raymond Bonheur, pittore specializzato in paesaggi, ritratti e rappresentazioni animaliste, fin da piccola, proprio sotto l’influsso del padre, Rosa Bonheur iniziò a raffigurare scene e a realizzare dipinti dedicati al lavoro e alla vita nei campi. Eccentrica figura del panorama pittorico francese del 1800, Rosa Bonheur era veramente un “maschiaccio”: amava fumare sigari Havana, portare capelli corti, e vestirsi da uomo, ma allo stesso tempo era una delle pittrici più popolari e ammirate in Francia, tanto da riuscire a ottenere, nel 1845, il terzo posto al Salon di Parigi, mentre nel 1848 e nel 1855, vinse addirittura la medaglia d’oro.


Rosa era la primogenita di quattro figli, che insieme ai genitori, costituivano una vera e propria famiglia di artisti. Il padre di Rosa, Raymond, oltre a essere un pittore era un cattolico-socialista e un seguace della corrente del Sant-Simonesimo (che aveva tra i principali intenti il raggiungimento dell’uguaglianza tra donne e uomini e l’abolizione delle distinzioni di classe), mentre la madre Sophie, scomparsa quando Rosa aveva solamente undici anni, era un’insegnante di pianoforte.

 

Tra i fratelli di Rosa vi erano Auguste Bonheur e Juliette Bonheur, anch’essi dediti alla pittura animalista, mentre Isidore Jules Bonheur, sempre impegnato nella ritrattistica degli animali, praticava la scultura.


Rosa trascorse gli anni dell’infanzia in campagna, a Château Grimont, nei pressi di Bordeaux, ma all’età di sei anni, nel 1828, fu costretta a trasferirsi insieme con tutta la famiglia a Parigi, poiché il padre, non avendo successo come pittore, decise di intraprendere la carriera di insegnante. Rosa, che era una bambina indisciplinata e capricciosa, trovava difficoltà anche nell’imparare a leggere e scrivere, così che la madre iniziò a disegnarle un animale per ciascuna lettera dell’alfabeto: da ciò sembra derivare il suo interesse e la sua passione per la raffigurazione degli animali. Espulsa da numerose scuole per il suo vivace carattere, Rosa venne mandata dal padre a imparare a cucire abiti e vestiti, ma non ottenendo nessun risultato, Raymond Bonheur decise di insegnare alla figlia l’arte pittorica.

 

Anche se l’École des Beaux-Arts accettava le iscrizioni di pittrici donne, Rosa, che aveva solamente dodici anni, era ancora troppo giovane per entrare nella scuola, ma nonostante ciò iniziò il suo apprendistato artistico copiando figure e immagini dai libri. Ben presto iniziò a studiare gli animali domestici e cominciò a dipingere cavalli, capre, pecore, mucche e conigli girando per i parchi parigini e per i pascoli e le fattorie che si trovavano nei dintorni della capitale francese.


Gli animali e la loro raffigurazione pittorica interessarono Rosa al punto da spingerla a studiare l’anatomia e l’osteologia, ma oltre a questo, la giovane pittrice frequentemente visitava i mattatoi parigini, ed effettuava o assisteva a dissezioni di animali, presso l’Istituto Veterinario Nazionale di Parigi, facendo anche conoscenza con anatomisti e zoologi.


Rosa, dopo la morte del padre Raymond, avvenuta nel 1849, assunse le redini della scuola di pittura da lui precedentemente diretta. Tra i primi lavori importanti di Rosa Bonheur, possiamo sicuramente ricordare Aratura a Nevers (anche chiamato Il Dissodamento), realizzato nel 1849 e premiato al Salon di Parigi dello stesso anno. Il dipinto, che era stato commissionato dal governo francese per il Museo di Lione, venne poi acquistato dal Governo, ma esposto al Museo del Luxembourg. Dopo la morte dell’autore, l’opera venne trasferita al Louvre e poi definitivamente esposta al Musée d’Orsay. Il capolavoro della Bonheur raffigura la prima aratura, effettuata in autunno, in modo da garantire al terreno lavorato la circolazione dell’aria durante l’inverno. L’opera si presenta essenzialmente come un quadro animalista, e può essere considerato un vero e proprio inno al lavoro dei campi: la luce pallida e fredda avvolge tutta la scena, in cui i protagonisti sono i buoi (di razza Nivernese e Charolais, dal mantello chiaro, di colore bianco e rosso) che trainano pesanti aratri, mentre le figure dei contadini sono piccole e raffigurate in secondo piano.


Altro grande capolavoro, che incontrò il massimo fervore del pubblico francese, è il Mercato di Cavalli (1853-1855): si tratta di un’opera monumentale che raffigura il mercato equino che si svolgeva a Parigi, vicino all’ospedale Pitié-Salpêtrière, visibile sulla sinistra nello sfondo dell’opera.


Insieme a un altro dipinto (Lo svezzamento dei vitelli – 1877) l’opera che raffigura la fiera parigina, può essere ora ammirata al Metropolitan Museum of Art di New York.


Grazie alle sue opere, la pittrice francese godette di successo e fama sia in Europa che negli Stati Uniti: i suoi dipinti erano ricercati da varie gallerie d’arte private, che fecero conoscere le opere della Bonheur, soprattutto in Inghilterra. Durante un viaggio nel Regno Unito, Rosa conobbe anche la Regina Vittoria, che, dopo aver ammirato i suoi dipinti, le commissionò vari lavori, che furono tutti ispirati dall’ambiente caratteristico degli altopiani scozzesi. Anche gli Stati Uniti, chiamati da Rosa “il mondo nuovo”, attirarono l’attenzione dell’artista francese che si interessò in particolare alla cultura dei natii d’America e venne fortemente attratta dalle sterminate praterie popolate da animali selvatici.


La grande passione per gli animali e per la loro raffigurazione, spinse Rosa Bonheur addirittura a chiedere alle Autorità di polizia il permesso di indossare abiti maschili: l’autorizzazione le venne concessa e in questo modo l’artista francese fu libera di frequentare le fiere di bestiame e di accedere a mattatoi e stalle, in un periodo in cui le donne difficilmente indossavano i pantaloni. Nonostante ciò è importante specificare che per Rosa, indossare abiti maschili, non aveva nessuna valenza, se non quella relativa alla comodità: "Gli abiti che indosso, sono solamente i miei abiti da lavoro, e null’altro…"


Rosa Bonheur fece molto parlare di sé, tuttavia dobbiamo sicuramente riconoscere che la sua vita, fuori dalle regole, non impedì la sua affermazione come artista e come donna, ma al contrario divenne presto un importante simbolo del protofemminismo. I suoi dipinti, apparentemente accademici, celano una grande forza, propria di una pittrice che riuscì a vivere della propria arte. La Bonheur, con i suoi guadagni, poté acquistare anche un castello a Fontainebleu (era vicino ai pittori della scuola di Barbizon, ma non seguì mai i loro dettami), dove, per circa cinquant’anni visse con la sua compagna Nathalie Micas.

 

Le due donne si conobbero quando erano ancora bambine, all’età di dodici anni e strinsero subito amicizia: furono separate solamente nel 1889, dopo 67 anni, quando Nathalie morì. In seguito Rosa convisse per altri 10 anni, fino alla propria morte, con la pittrice americana Anna Elizabeth Klumpke, la quale, oltre a realizzare un ritratto di Rosa Bonheur e a scriverne la biografia, divenne anche l’erede diretta di tutti i suoi beni e di tutte le sue proprietà compresi i suoi dipinti (per la precisione 892 tele e molte scatole di disegni) che vennero venduti, nel 1900, in un’asta pubblica, dalla quale si ricavarono più di due milioni di franchi, che erano un’immensa somma a quel tempo.


Perciò, in un secolo in cui le donne dovevano rimanere “al loro posto”, Rosa Bonheur fu in grado di uscire dagli schemi dei canoni sociali e delle convenzioni morali, senza peraltro suscitare grandi scandali, ma al contrario riuscendo a crearsi un ricco patrimonio, grazie alla sua arte e maestria nel dipingere.

 

Con i suoi modi insoliti attirò l’attenzione pubblica, divenendo una delle figure più originali del XIX secolo, ma nonostante ciò, il nostro intento non è quello di ricordare Rosa Bonheur solamente come una femminista ante litteram: Rosa Bonheur è stata soprattutto un’artista, che ha saputo guadagnarsi da vivere dipingendo e realizzando opere d’arte, in un periodo in cui non tutti gli artisti navigavano in floride acque e in cui la carriera artistica, per qualsiasi donna, sarebbe stata quasi proibitiva.

 

Rosa Bonheur morì all’età di 77 anni, il 25 maggio 1899: durante la sua lunga carriera vinse innumerevoli premi e ottenne molti riconoscimenti ufficiali per la sua arte. Rosa Bonheur va senza dubbio ricordata per la sua fedeltà nella pittura animalista, per le sue opere luminose e realistiche i cui soggetti non sono mai insignificanti, ma anche per la sua personalità semplice, spontanea, cordiale e di una franchezza estrema.

 



 

 

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