N. 21 - Febbraio 2007
ROBERT
CAPA
Colui
che scrisse la storia su una
pellicola
di
Tiziana Bagnato
C’è
una storia che sfugge all’inchiostro delle penne e
ai macchinari delle tipografie. Una storia vivida e
animata, un percorso cronologico delineato non da
parole, ma da immagini, un percorso lastricato di
pellicola fotografica, di istantanee, con la
tavolozza del bianco, del nero e delle loro
gradazioni.
Robert Capa, dedicò la sua vita a questo tipo di
narrazione, lasciandoci scorci di un secolo abbruttito
dalle guerre. Il celebre fotografo, il cui vero nome
era Endre Ernò Friednam, nacque a Budapest il 22
ottobre 1913, ma nel 1931 dovette abbandonare
l’Ungheria, perché l’adesione ad alcune attività
studentesche di sinistra gli costò l’esilio.
Trasferitosi a Berlino, inseguendo le sue velleità di
scrittore, si iscrisse al corso di giornalismo della
Deutsche Hochschule fur Politik, ma dopo pochi mesi,
fu costretto a lasciare gli studi a causa delle
difficoltà economiche dei genitori.
Un
conoscente gli procurò allora un lavoro come fattorino
e aiutante di laboratorio presso un’importante agenzia
fotografica dove ben presto, riuscì a guadagnare la
fiducia del direttore, Simon Guttam, che iniziò ad
affidargli piccoli servizi fotografici sulla cronaca
locale.
Lasciata Berlino subito dopo l’incendio del Reichstag
del 1933, riuscì ad ottenere il permesso di ritornare
a Budapest, dove il suo soggiorno fu però breve,
perché il suo spirito d’avventura, lo spinse alla
volta di Parigi. Lì incontrò Gerda Taro, una profuga
tedesca destinata a diventare sua compagna nonché
collega. L’incontro con Gerda fu del tutto casuale. La
vivace e minuta rossa, infatti, si era offerta di
accompagnare una sua amica che doveva posare come
modella per Endre.
Anche
Gerda era fuggita dalla Germania nazista. Oltre ad
essere ebrea, infatti, la futura fotografa era stata
anche membro attivo di alcune organizzazioni
comuniste. Quando il 19 marzo 1933 i nazisti
l’arrestarono, sospettando che fosse coinvolta in una
cospirazione bolscevica contro Hitler, Gerda riuscì a
convincere i suoi inquisitori che le sue non erano
vere e proprie convinzioni politiche, riuscendo così a
fuggire in Francia.
E’
con lei che Endre inizia in Spagna la sua
trasformazione in Robert Capa. Il fotografo ungherese
e la sua compagna avevano, infatti, deciso di
costituire una società di tre persone: Gerda, Endre e
Robert Capa. Endre sarebbe figurato come assistente
alla camera oscura e Robert Capa come un ricco e
famoso fotografo del nuovo continente.
In
un’ intervista radiofonica lo stesso Capa spiegò: “Avevo
un nome che non andava troppo bene. Allora ero
altrettanto incosciente, soltanto un po’ più giovane.
Non riuscivo ad ottenere un incarico. Avevo
assolutamente bisogno di un nome nuovo”.
Aggiungendo poi che “ Robert
suonava molto americano, e così doveva essere. Anche
Capa sapeva di americano ed era facile da pronunciare.
Bob Capa mi sembrò, quindi, un buon nome. E così mi
inventai che questo Bob Capa fosse un famoso fotografo
americano giunto in Europa, uno che non voleva
scomodare i redattori francesi che non pagavano
abbastanza…Così incominciai a muovermi con la mia
piccola Leica, scattai delle foto e ci scrissi sopra
Bob Capa, il che significava guadagnare il doppio”.
Insomma, Friednam scattava le foto, Gerda le vendeva e
i soldi andavano a finire a questo inesistente ed
illustre Robert Capa. Un fotografo tanto illustre da
non avere tempo da perdere per le trattative con le
redazioni e da non poter accettare meno di 150 franchi
a scatto.
Quando lo stratagemma venne scoperto, Friednam era
riuscito ad entrare in contatto con persone che ormai
non erano disposte a rinunciare al suo talento
qualunque fosse le firma sugli scatti.
Dopo
un passaggio a Parigi, dove si occupò di fotografare i
tumulti che caratterizzarono le elezioni della
coalizione governativa di sinistra del Fronte
Popolare, rientrò in Spagna con Gerda per fotografare
la guerra civile. Capa fu presente sui vari fronti
spagnoli, sia da solo che con la sua compagna,
diventata nel frattempo una fotografa indipendente.
Nel
1936 Capa scattò la sua fotografia più celebre “Il
miliziano colpito a morte”. Una fotografia salita agli
onori, non solo per il notevole impatto visivo, che la
portò ad essere paragonata alla Guernica di Picasso ,
ma anche perché più volte ne venne messa in dubbio
l’autenticità.
Sempre in Spagna, a ovest di Madrid, nel luglio del
1937 Gerda, “la piccola volpe rossa”, muore
accidentalmente durante una ritirata, schiacciata da
un carro armato del governo spagnolo. Il dolore per
questa precoce perdita lo inseguirà fino ali ultimi
giorni della sua vita, trasformandosi in un vero e
proprio senso di colpa per non essere stato vicino a
lei. ma il fotografo ungherese continua i suoi
viaggi, rischiando spesso la vita, armato solo della
sua macchina fotografica.
Nel
1938, per sei mesi, documentò in Cina la resistenza
contro l’invasione giapponese, in compagnia del
cineasta Joris Ivens. Dopo la fine della guerra civile
spagnola, fu testimone con le sue fotografie
dell’esilio dei soldati lealisti nei campi di
internamento in Francia. Proprio lì, realizza vari
servizi, tra i quali, i particolare, uno sul Giro di
Francia.
Dopo
lo scoppio della seconda guerra mondiale, in
settembre, raggiunge New York, dove incomincia a
lavorare per la celebre rivista “Life”, la quale gli
affida incarichi che lo portarono, ad esempio, fino in
Messico per fotografare la campagna presidenziale e le
elezioni. Poi, attraversò l’Atlantico con un convoglio
di trasporto di aerei americani in Inghilterra,
fotografando le attività belliche degli alleati in
Gran Bretagna. Andò poi in Nord Africa e in Sicilia
per i successi militari degli Alleati.
Nel
1944 partecipò allo sbarco ad Anzio e in Normandia e
fotografò, tra l’altro, l’invasione degli Alleati a
Lipsia, Norimberga e Berlino. Nel 1945 conosce Ingrid
Bergman e iniziò una storia che durerà due anni.
Finita la guerra, diventò cittadino americano e sotto
la spinta della Bergman, andò ad Hollywood per tentare
la carriera di produttore e regista ma dopo pochi mesi
decise che quel mondo dorato non era per lui. Nel
frattempo aveva però scritto le sue memorie di guerra.
Nel
1947, insieme a Henri Cartier – Bresson, David Seymour,
Gorge Rodger e Pilliamo Vandivert fondò l’agenzia
fotografica cooperativa “Magnum”. Negli anni
successivi continuò nei suoi numerosi viaggi e nella
sua instancabile ed inenarrabile attività di testimone
del secolo, diventando però anche presidente della “Magnum”.
Incominciò, allora, a dedicarsi alla ricerca e alla
promozione di giovani fotografi ma la caccia alle
streghe scatenata dal comunismo, gli costò il ritiro
del passaporto per alcuni mesi, impedendogli di
viaggiare per lavoro.
Nel
1954 si recò ad Hanoi, in veste di inviato di “Life”,
per fotografare la guerra dei francesi in Indocina, e
proprio qui muore, dopo aver calpestato una mina
antiuomo, vittima della sua stessa passione e della
sua stessa missione.
Riferimenti bibliografici:
ALEX KERSHAW,Robert Capa,
vita, amori e guerre del più grande fotoreporter del
ventesimo secolo, Rizzoli, 2002, Milano |