N. 49 - Gennaio 2012
(LXXX)
PERCOSSE E UMILIATE PER I LORO DIRITTI
a proposito delle donne egiziane
di Francesca Zamboni
Un anno fa, il 14 gennaio scoppiava la rivolta popolare in Tunisia, da lì un susseguirsi di rivolte a macchia d’olio in tutto il Nord Africa che ha creato la caduta di regimi dittatoriali, divenuti insopportabilmente anacronistici per le esigenze dei popoli maghrebini.
E
adesso,
a
distanza
di
dodici
mesi,
lo
scenario
è
sempre
lo
stesso,
tanto
che
in
Egitto
sono
scoppiate
nuove
accese
rivolte.
Il
16
dicembre,
a
cavallo
tra
il
secondo
e il
terzo
turno
delle
elezioni,
il
Cairo
è
stato
infatti
teatro
di
feroci
scontri
tra
la
polizia
militare
e i
dimostranti.
A
farne
le
spese
sono
stati
non
solo
gli
uomini,
ma
anche
donne
di
tutte
le
età
scese
in
piazza,
quattro
giorni
dopo,
per
denunciare
gli
abusi
da
parte
dei
soldati
e
rivendicare
dunque
i
loro
diritti.
Una
manifestazione
che
è
stata
già
ribattezzata
come
la
più
grande
protesta
femminista
dell’Egitto
moderno,
le
cui
scene
raccapriccianti
ed
esplicite
allo
stesso
tempo
hanno
fatto
il
giro
del
mondo,
mostrando
una
donna
velata,
gettata
a
terra,
denudata
e
selvaggiamente
picchiata
dai
militari.
Non
solo,
il
quotidiano
Tahrir,
che
aveva
pubblicato
la
foto
della
donna,
è
stato
accusato
dal
Consiglio
supremo
delle
forze
armate
di
aver
modificato
l’immagine.
Un’insinuazione
che
ha
acuito
giustamente
gli
animi
dei
dimostranti,
scesi
in
piazza
alla
ricerca
di
una
maggiore
rappresentatività
elettorale.
E
non
a
caso,
i
soldati
sono
saliti
sui
terrazzi
di
alcuni
edifici,
siti
in
piazza
Tahrir,
per
sequestrare
le
telecamere
collocate
per
diverse
tv,
dopo
che
Al
Jazira
aveva
diffuso
le
immagini
delle
rivolte
Numerosi,
ovviamente,
i
feriti
e le
vittime
di
questa
nuova
ondata
di
rivolte,
tra
cui
anche
l'autorevole
sceicco
Emad
Effat,
un
imam
di
Al-Azhar
che,
per
sostenere
i
dimostranti,
ha
emesso
un
decreto,
proibendo
ai
fedeli
di
votare
a
favore
degli
ex
membri
del
regime
Hosni
Mubarak.
Per
questo
motivo
è
stato
colpito
al
cuore
mentre
protestava
davanti
alla
sede
del
governo.
Per
non
parlare
delle
numerose
donne
arrestate,
violentate
ed
umiliate
per
far
tacere
i
loro
diritti.
Una
carneficina
che
dimostra
ancora
lo
stato
d’inferiorità
in
cui
è
relegata
la
donna
musulmana.
Adesso
la
Primavera
Araba
egiziana
invoca
“l’Islam
come
soluzione”,
ovvero
quel
principio
su
cui
si
basa
l’ideologia
dei
fratelli
musulmani
ben
strutturati
politicamente
e
socialmente,
capaci
di
rispondere
alle
richieste
del
popolo
egiziano
maschile
e
femminile,
soprattutto
dopo
la
caduta
di
Mubarak.