N. 30 - Giugno 2010
(LXI)
RITRATTO DI PERIFERIA
Sentimenti in primo piano
di Giovanna D'Arbitrio
Il
film
di
Daniele
Lucchetti,
“La
Nostra
Vita”,
presentato
al
Festival
di
Cannes,
è un
“ritratto”
veritiero
di
quelle
che
oggi
sono
diventate
le
aree
periferiche
di
tante
città
italiane.
Qui
sullo
sfondo
desolato
di
quei
grigi
“casermoni”
che
chiamano
case
popolari,
si
consuma
il
dramma
quotidiano
di
tante
umili
vite,
di
tanta
gente
che
in
un
modo
o
nell’altro
deve
sopravvivere.
La
novità
ora
è
rappresentata
dagli
immigrati
e
così
l’eterna
“guerra
tra
poveri”
per
un
tozzo
di
pane
è
diventata
più
feroce,
più
spietata.
Il
lavoro
nero
aiuta
a
sbarcare
il
lunario
e
spesso
si
prende
la
strada
sbagliata
dei
traffici
illeciti,
non
solo
per
necessità,
ma
anche
per
un
desiderio
di
rivalsa
contro
le
avversità
della
vita,
quasi
come
una
forma
di
compensazione
per
ciò
che
viene
sottratto.
È
quello
che
succede
a
Claudio
(Elio
Germano),
un
giovane
che
lavora
in
un
cantiere
edilizio
della
periferia
romana
insieme
agli
immigrati:
quando
muore
sua
moglie,
Elena
(Isabella
Ragonese),
e
deve
continuare
a
vivere
da
solo
con
tre
figli,
per
lui
soldi,
benessere,
giocattoli,
“oggetti”,
diventano
un
mezzo
per
risarcire
la
famiglia,
esorcizzare
il
dolore,
esprimere
rabbia
e
ribellione
contro
la
società,
contro
la
vita
che
spesso
ti
strappa
dalle
braccia
le
persone
più
care.
La
vita
stessa,
tuttavia,
è
spesso
una
grande
maestra
e
dagli
errori
commessi
si
possono
trarre
grandi
insegnamenti
e
uscire
in
qualche
modo
vincenti
da
una
difficile
lotta,
soprattutto
quando
si è
circondati
da
parenti
e
amici
affettuosi.
La
bella
famiglia
di
Claudio,
composta
da
una
materna
sorella
(Stefania
Montorsi)
e un
fratello
timido
e un
po’
imbranato
(Raul
Bova)
e i
suoi
amici,
un
pusher
(Luca
Zingaretti)
e la
sua
compagna
africana,
due
immigrati
rumeni,
sono
lì
pronti
ad
incoraggiare,
prestare
denaro,
dare
consigli.
E
la
lezione
più
significativa
viene
proprio
dai
figli
che
osservano
tutto
ciò
che
accade
con
i
loro
occhi
innocenti,
spalancati
sul
mondo,
occhi
che
svelano
emozioni
e
sentimenti:
sgomento,
paura,
gioia
e
soprattutto
amore,
senza
il
quale
nessuno
può
vivere
bene.
Commovente
la
scena
in
cui
essi
invitano
il
padre
a
chiudere
gli
occhi,
a
concentrarsi,
a
unire
le
mani
ed
invocare
intensamente
il
ritorno
della
madre
morta.
La
madre
non
tornerà,
non
può
tornare,
ma
il
miracolo
dell’Amore
sarà
presente:
qualcosa
di
buono
accade
sempre
se
amiamo
con
intensità.
Davvero
un
bel
film
che,
oltre
a
mostrare
in
modo
molto
realistico
i
drammi
quotidiani
delle
periferie,
mette
in
evidenza
il
valore
dei
sentimenti
sinceri,
espressi
con
parole
semplici
e
dialoghi
essenziali.
Gli
attori
“sentono
” i
personaggi
“,
fino
a
identificarsi
profondamente
con
essi.
Ricordiamo
in
particolare
Elio
Germano,
miglior
attore
protagonista,
e
poi
Luca
Zingaretti,
Raul
Bova,
Isabella
Ragonese,
Stefania
Montorsi.
La
sceneggiatura
è di
S.
Petraglia,
S.
Rulli,
D.
Lucchetti.
La
fotografia
è di
Claudio
Collepiccolo.
Così
anche
il
Festival
di
Cannes
si è
concluso,
per
fortuna
con
un
premio
per
il
nostro
cinema,
conquistato
tra
polemiche
e
discussioni
che
evidenziano
un
certo
“disagio”
nel
mondo
della
cultura
italiana.