N. 51 - Marzo 2012
(LXXXII)
nella mente del "solitario providence"
ritratto di Howard P. lovecraft
di Giovanni De Notaris
Si
narra
che,
nel
VIII
secolo
d.
C.,
Damasco
fu
teatro
dell’orribile
morte
dello
studioso
di
culture
antiche
Abdul
Alhazred,
violentemente
smembrato
da
un’entità
invisibile.
Pare
che
Alhazred
fosse
un
adepto
della
setta
degli
adoratori
di
Chtulhu.
Lo
studioso
è
però
ricordato,
soprattutto,
per
aver
creato
il
Necronomicon
–il
libro
dei
morti-,
tramite
cui
sarebbe
possibile
evocare
i
“Grandi
Antichi”,
esseri
terrificanti
dai
nomi
oscuri,
come
Chtulhu,
Azathoth,
e
Yog
Sothoth,
che
dominarono
l’universo
eoni
fa.
Se
costoro
venissero
davvero
rievocati
però,
le
conseguenze,
per
l’umanità
tutta,
sarebbero
nefaste.
Secondo
la
leggenda,
i
“Grandi
Antichi”
provenivano
da
una
lontana
regione
dello
spazio,
nei
pressi
della
stella
Sirio.
Le
formule
magiche
per
evocare
queste
mostruose
creature
sono
quindi
contenute
nel
Necronomicon,
libro
a
disposizione
però
solo
di
pochi
iniziati;
coloro
difatti
che
non
appartengono
a
quella
schiera,
ma
che
sono
comunque
riusciti
a
consultarlo,
sono
morti
-si
dice-
in
preda
a
tremendi
attacchi
di
follia.
Tra
i
lettori
del
misterioso
volume
compare
anche
il
nome
di
Howard
Phillips
Lovecraft,
che,
sembra,
se
ne
fosse
servito
per
la
sua
prolifica
attività
di
scrittore.
Ma
in
realtà,
è
dalla
sua
mente
–e
dalla
sua
penna-
che
proviene
la
storia
appena
narrata.
Lovecraft,
maestro
indiscusso
dell’orrore,
quello
più
classico
e
autentico,
quello
dell’America
coloniale
si
potrebbe
dire,
quando
i
timori
maggiori
erano
rappresentati
dalle
streghe,
che
all’epoca
venivano
marchiate
a
fuoco
o
addirittura
bruciate
vive;
Lovecraft
si
diceva,
è il
vero
e
indiscusso
autore
di
quel
testo.
Di
famiglia
borghese,
nasce
nel
1890
a
Providence,
nello
stato
del
Rhode
Island;
è
figlio
unico.
Il
periodo
storico
è
contrassegnato,
negli
Stati
Uniti,
dalla
terza
forte
crisi
economica,
lontano
postumo
della
guerra
civile,
che
portò
il
paese
sull’orlo
del
collasso:
una
forte
disoccupazione,
licenziamenti,
le
battaglie
dei
primi
sindacati,
che
tutelavano,
o
tentavano
di
tutelare,
i
lavoratori.
L’America,
insomma,
era
in
una
fase
di
transizione,
che
sarebbe
terminata
di
lì a
poco,
con
la
fine
del
secolo,
quando,
grazie
a
una
nuova
politica
estera
più
dinamica
e
mercantile,
varata
dai
presidenti
Grover
Cleveland
prima,
e
William
McKinley
poi,
la
nazione
si
sarebbe
risollevata.
Nel
giovane
Howard,
che
visse
in
quegli
anni
la
sua
fanciullezza,
comincia
a
manifestarsi
la
propensione
verso
la
follia,
oltre
ai
continui
incubi,
da
lui
soprannominati
“Magri
notturni”;
creature
diaboliche
simili
a
pipistrelli,
che
lo
tormenteranno
a
vita.
La
causa
di
tali
incubi
potrebbe
essere
stata
la
sua
vita
raminga
e
triste,
che
si
affermò
fin
dalla
tenera
età.
Il
padre
Winfield
Scott
difatti,
venne
rinchiuso
nel
1893,
per
follia,
nell’ospedale
psichiatrico
Butler
a
Providence,
in
seguito
alla
contrazione
della
sifilide;
cosicché
il
piccolo
Howard
si
sposterà
con
la
madre,
iperprotettiva
nei
confronti
del
bambino,
nella
casa
dei
nonni
paterni.
Da
quel
momento
la
sua
infanzia
sembra
prendere
una
piega
diversa.
La
maggiore
serenità
gli
consente
di
appassionarsi
a
scrittori
come
Edgar
A.
Poe,
Herbert
G.
Wells
e
Jules
Verne.
Già
da
queste
letture
si
può
intuire
la
sua
passione
per
il
fantastico,
ma
anche
per
l’orrore,
concetti
che
fonderà
poi
magistralmente.
Nel
1896,
dopo
la
morte
della
nonna
materna,
il
primo
indizio
della
sua
futura
passione,
si
palesa
proprio
con
i
primi
di
quella
lunga
serie
di
incubi
di
cui,
una
volta
adulto,
non
avrebbe
mai
fatto
mistero
con
gli
amici;
erano
quelli
che
gli
permettevano
di
avere
le
terribili
idee
per
i
suoi
racconti.
Verso
la
fine
del
secolo
lo
ritroviamo
studente
saltuario
presso
la
Slater
Avenue
School
di
Providence;
saltuario
perché
a
causa
di
una
salute
mentale
e
fisica
non
proprio
perfetta,
è
costretto
a
restare
chiuso
in
casa,
dove
viene
seguito
da
insegnanti
privati. Il
suo
amore
per
il
fantastico
però
sarà
il
suo
sfogo,
e il
suo
rifugio,
tanto
da
portarlo
a
dirigere,
nel
1903,
il
Rhode
Island
Journal
of
Astronomy,
che
chiuderà
anni
dopo.
Ma
la
sfortuna,
e la
tristezza,
davvero
non
sembrano
volerlo
abbandonare:
prima
la
morte
del
padre,
poi
quella
del
nonno
paterno,
il
tutto
condito
con
la
sua
salute
malferma.
A
questo
punto
è
costretto
a
abbandonare
la
scuola
perché
viene
colto
da
un
esaurimento
nervoso;
prova
a
studiare
chimica,
ma
deve
interrompere
pure
quest’altra
passione.
L’alba
del
nuovo
secolo
sembra
rappresentare
il
tramonto
della
sua
esistenza.
Attraversa
infatti
un
periodo
di
ristrettezze
economiche,
quando
al
contrario
il
paese
cominciava
a
uscire
dalla
dura
recessione
della
fine
del
secolo
precedente.
Questo
forse
è il
suo
periodo
più
nero;
non
vede
il
futuro.
Fa
addirittura
testamento
nel
1912.
Ma
la
tristezza,
l’angoscia,
forse
anche
il
rifiuto
per
quella
società
in
cui
non
riusciva
a
inserirsi,
producono
in
lui
altri,
numerosi,
terrificanti
incubi,
che
saranno
la
sua
energia.
Trova
comunque
la
forza
di
non
abbandonare
l’amore
per
le
scienze
e la
letteratura,
cosa
che
lo
porterà
nel
1915
-
allo
scoppio
della
prima
guerra
mondiale-
a
diventare
revisore
letterario,
quella
che
sarà
poi
la
sua
professione
ufficiale
per
tutta
la
vita.
Pur
di
fuggire
dalla
triste
routine
quotidiana,
Lovecraft
proverà
anche
a
arruolarsi,
ma
ovviamente
la
sua
costituzione
gracile
glielo
impedirà.
È
talmente
amareggiato
per
il
fatto
di
essere
stato
esonerato
dall’arruolamento,
che
esprime
tutta
la
sua
rabbia
nel
terribile
racconto
La
tomba,
autentico
elogio
della
morte.
Poco
dopo
la
fine
della
guerra,
mentre
continua
per
passione
a
inviare
brevi
racconti
a
varie
riviste
-come
Dagon,
che
è un
classico
racconto
di
fantascienza,
con
protagoniste
civiltà
aliene
che
abitarono
la
terra
in
epoche
indefinite-
conosce
la
sua
futura
moglie,
Sonia
H.
Greene.
È
proprio
grazie
a
lei,
donna
molto
attiva,
che
la
sua
carriera
prenderà
un
svolta
imprevista.
Nel
1921
scrive
La
città
senza
nome,
dove
compare
per
la
prima
volta
Abdul
Alhazred,
ripreso
poi,
assieme
alla
prima
apparizione
del
Necronomicon,
nel
racconto
Il
cane.
Con
Sonia
parte
nel
1922
per
New
York,
dove,
tra
l’altro,
visita
anche
il
cottage
di
Poe,
scrittore
a
lui
molto
caro.
Comincia
poi
a
viaggiare
per
gli
States
in
compagnia
della
moglie.
Sembra
aver
iniziato
una
nuova
vita,
finalmente
più
serena
e
soddisfacente.
New
York
diventa
la
sua
nuova
casa;
qui
prosegue
la
sua
attività
di
revisore
letterario,
suo
vero
e
unico
lavoro.
Ma
finalmente
il
suo
nome
comincia
a
circolare
nell’ambiente
letterario
americano,
tanto
che
nel
1924,
il
mago
Harry
Houdini
gli
commissiona
un
lungo
racconto
dell’orrore,
che
sarà
poi
pubblicato
sulla
rivista
del
fantastico
Weird
Tales,
con
il
titolo
Prigioniero
dei
faraoni.
Ma
le
ristrettezze
economiche
non
lo
abbandonano
di
certo;
sembra
proprio
che
il
destino
avverso
non
gli
consenta
di
essere
riconosciuto
per
il
suo
grande
talento.
Decide
così,
nel
1926,
di
ritornare
a
Providence,
laddove
tutto
era
iniziato.
Prosegue
comunque
il
rapporto
con
Houdini,
fino
alla
morte
del
grande
mago,
suo
committente.
L’ansia
per
una
vita
raminga
e
priva
di
reali,
e
persistenti,
mezzi
di
sostentamento,
si
fonde
poi
con
un
altro
trauma:
il
divorzio
dalla
moglie.
Ma
di
nuovo,
quello
che
era
la
sua
debolezza,
si
trasforma
nella
sua
forza,
perché
gli
incubi
prosperano
e si
moltiplicano.
È in
questo
periodo
infatti
che
compone
i
suoi
racconti
più
suggestivi
e
potenti:
Il
richiamo
di
Cthulhu,
e lo
straordinario
Caso
di
Charles
Dexter
Ward,
del
1927.
Col
primo
crea
delle
divinità
terrificanti,
che
sono
poi
alla
base
anche
del
Necronomicon.
Nel
secondo
fonde
magistralmente
magia
nera
e
alchimia.
Poco
dopo
è il
turno
del
Boia
elettrico,
seguito
dal
Colore
venuto
dallo
spazio,
dove
il
cielo
stellato,
così
misterioso
e
impenetrabile
per
l’uomo,
diviene,
proprio
per
questa
sua
aura
di
mistero,
causa
di
mali
per
un
gruppo
di
persone.
Ed
ecco
allora
che
si
intravedono
qui,
più
chiaramente,
gli
echi
del
romanzo
di
Wells
La
guerra
dei
mondi,
del
1897;
sono
i
segreti
dell’universo
ignoto,
difatti,
la
base
di
entrambe
le
storie.
È
interessante
notare
come
questa
straordinaria
produzione
avviene
in
una
fase
in
cui
lo
scrittore
ritorna
nella
sua
città
natale,
scrivendo
in
questo
periodo
storico
i
suoi
migliori
racconti,
quasi
come
se
Providence
agisse
da
propulsore
di
idee
e
catalizzatore
di
incubi.
L’anno
seguente,
mentre
cerca
di
riappacificarsi
con
la
moglie,
partorisce
un
altro
capolavoro:
L’Orrore
di
Dunwich,
dove
narra
gli
indicibili
segreti
di
una
comunità
costretta
all’isolamento
dal
mondo,
e
con
problemi
economici.
Ancora
due
concetti
a
lui
molto
vicini.
Quasi
a
voler
suggerire
che
una
vita
come
la
sua
potesse
condurre
anche
un
uomo
mentalmente
sano
verso
orrori
inenarrabili.
Il
racconto,
tra
l’altro,
sembra
anticipare
la
trama
del
film
The
Village,
di
M.
Night
Shyamalan,
del
2004.
Purtroppo
però,
nonostante
ulteriori
viaggi
in
giro
per
l’America,
la
sua
salute
macilenta,
e la
rottura
ormai
definitiva
con
la
moglie,
lo
riportano
in
uno
stato
pieno
di
angosce.
Ma
di
nuovo,
grazie
a
questi
eventi,
dona
ai
lettori
un'altra
pietra
miliare:
nel
1929
scrive
la
storia
del
Necronomicon,
la
sua
vera
e
propria
eredità
letteraria.
Tale
difatti
sarebbe
stata
la
fama
–ovviamente
postuma-
di
questo
libro
immaginario,
che
molti
fans
lo
ritengono
tutt’oggi
reale,
e
presente
in
chissà
quale
biblioteca
segreta;
un
po’
come
Sherlock
Holmes
o
James
Bond,
personaggi
letterari,
che
per
molti
sono
invece
realtà.
Lovecraft
gli
aveva
dato
delle
solide
basi
storiche,
citandolo
in
altri
racconti
come
un
testo
reale.
Da
anni
intanto
–e
cioè
da
quando
aveva
conosciuto
la
moglie-
aveva
sconfitto
la
sua
paura
di
viaggiare,
tanto
da
spostarsi
anche
in
Canada.
Questo
va a
sottolineare
come
il
suo
ben
noto
soprannome
di
“solitario
di
Providence”,
altro
non
fosse
che
un
titolo
male
affibbiato.
Lovecraft
amava
discorrere
con
amici
e
colleghi
di
comuni
interessi
o
passioni;
ma
quando
la
depressione
lo
coglieva,
la
vecchia
Providence,
piena
di
tristezze
e
dolorosi
ricordi,
era
lì,
pronta
a
donargli
ulteriori
e
angoscianti
incubi,
da
cui
purtroppo
-o
per
fortuna
per
i
suoi
fans-
non
si
sarebbe
mai
davvero
liberato.
Nel
1930
è
ancora
la
sua
vecchia
passione
per
la
fantascienza
alla
base
di
due
memorabili
racconti:
Colui
che
sussurrava
nelle
tenebre,
dove
riprende
la
ben
collaudata
mitologia
stellare,
oltre
al
terrore
di
un
universo
ignoto
popolato
da
chissà
quali
creature.
E,
mentre
la
solitudine
avanza,
negli
ultimi
anni
di
vita
compone
L’ombra
venuta
dal
tempo,
conclusa
nel
1935,
dove
ricompaiono
ancora
i
demoni
della
mitologia
di
Chtulhu;
un
mondo
onirico,
che
per
lui
era
ormai
divenuto
praticamente
reale.
Nel
1937,
quest’uomo
che
tanto
aveva
amato
la
vita,
ma
che
da
essa
non
era
stato
ricambiato
con
altrettanta
generosità,
muore
per
un
cancro
all’intestino.
Da
quel
momento
inizia
la
leggenda
di
una
persona
che
non
tentò
mai
di
esorcizzare
o
rinchiudere
i
propri
demoni,
anzi,
li
lasciò
liberi
di
vagare
tra
l’umanità.
Riferimenti
bibliografici:
Lippi
G.
(a
cura
di),
H
.P.
Lovecraft.
Tutti
i
racconti
1927-1930,
Mondadori,
Milano,
1991.
Pilo
G.,
Fusco
S.
(a
cura
di),
Howard
Phillips
Lovecraft.
I
miti
di
Chtulhu,
Newton
e
Compton,
Roma,
1995.
Pilo
G.,
Fusco
S.
(a
cura
di),
Howard
Phillips
Lovecraft.
La
tomba
e
altre
storie
dell’orrore,
Newton
e
Compton,
Roma,
1995.