LA
MAGISTRATURA DI SANITÀ
SULLA SALUTE PUBBLICA
NEL RINASCIMENTO
di Marco
Fossati
Attualmente la gestione della sanità
pubblica è una delle funzioni
principali dello Stato il cui scopo
consiste nella tutela della salute
collettiva e comprende un vasto
insieme di attività: dall’assistenza
medica alle opere di prevenzione e
profilassi, alla ricerca
scientifica. Le politiche e le
strutture che sovraintendono a tale
funzione e che di fatto, nei vari
Stati, formano i cosiddetti servizi
sanitari nazionali, sono il
risultato di un lungo processo
storico che, per quanto riguarda
l’Italia, ha avuto un periodo
essenziale tra la seconda metà del
XIV e la fine del XVI secolo quando,
le autorità del tempo, misero a
punto un insieme di norme e
procedure atte a contrastare la
diffusione della malattia che stava
segnando profondamente la Società:
la peste.
Morbo di origine asiatica, aveva già
colpito le zone mediterranee durante
l’antichità ma sempre in modo
limitato e sporadico. Nel corso del
XIV secolo però, dopo secoli di
assenza, la peste si ripresenta in
Occidente con la grande pandemia del
1348, causando la morte di circa un
terzo della popolazione europea e
divenendo endemica nell’intero
Continente per più di trecento anni.
“Le ricorrenti manifestazioni della
malattia ebbero profondi effetti
sulla vita europea a tutti i
livelli, demografico ed economico,
sociale e politico, artistico e
religioso” (Cipolla
2012).
Almeno fino al Cinquecento l’Europa
meridionale e in particolare
l’Italia furono colpite con maggiore
frequenza. D’altra parte con
un’urbanizzazione elevata e un’alta
densità abitativa, situata nel mezzo
del Mediterraneo, pertanto al centro
delle vie commerciali e di
comunicazione, la Penisola, aveva
tutte le condizioni favorevoli per
lo sviluppo di mali contagiosi. La
conformazione politico
amministrativa dell’Italia tardo
medievale era caratterizzata dalla
presenza di numerose città di varie
dimensioni; risultato dell’incontro
tra l’antica tradizione urbana
romana e le evoluzioni del
cosiddetto fenomeno comunale,
iniziato nel XI secolo, conseguenza
della lenta disgregazione delle
istituzioni medievali (Impero e
Chiesa).
Espressioni di una riorganizzazione
del potere su base locale, le città,
erano entità politiche sviluppatesi
intorno a interessi particolari che
avevano però aggregato comunità e
territori circostanti divenendo
relativamente autonome, con proprie
risorse e governo. Elementi che
hanno indotto gli storici a parlare
di città-stato per descrivere le
realtà urbane dell’epoca.
Sebbene la nozione di Stato (e la
struttura), come viene attualmente
intesa, arriverà a compimento secoli
dopo, il termine inizia a circolare
proprio in tale periodo (inizio XIV
secolo) per identificare i governi
cittadini. E nell’azione di governo,
riprendendo concetti derivanti dal
diritto romano, si delinea la
funzione pubblica; ovvero la
gestione del bene comune attraverso
un principio di struttura
amministrativa (burocratica) che si
concretizza nella formazione di
uffici o magistrature, dedicati ai
vari aspetti della società. È in
questo contesto che dalla seconda
metà del Trecento, a seguito delle
continue ondate pestilenziali, le
autorità cittadine devono per forza
di cose occuparsi anche di un ‘bene
comune’ particolare (e fino ad
allora poco considerato): la salute
della comunità nel suo insieme.
Diventata praticamente una questione
di sopravvivenza.
La peste come d’altra parte quasi
tutti i fenomeni naturali era
conosciuta dall’uomo medievale solo
attraverso l’esperienza sensibile;
quello che non si percepiva restava
oscuro, confinato nel campo del
religioso se non addirittura in
quello della magia. Dal punto di
vista scientifico non si sapeva
nulla riguardo microbi e batteri,
quindi l’aspetto medico-curativo era
basato essenzialmente su un misto di
considerazioni ricavate da fortuite
intuizioni, buon senso e
osservazioni fatte su altri mali
contagiosi che già circolavano prima
delle pestilenze (dalle febbri
stagionali, alla lebbra, diffusasi
in Europa nel XII secolo, alle
malattie che colpivano in prevalenza
i bambini come vaiolo e morbillo).
Si erano di fatto stabiliti alcuni
punti fermi che contribuirono a
formare una specie di paradigma
scientifico. Fu subito evidente come
il contatto umano fosse la
principale causa di propagazione di
vari malanni, inoltre sporco, puzza
e cattivo odore in genere, vennero
ritenuti portatori di “miasmi
velenosi” che facevano ammalare
coloro che ne erano investiti; di
conseguenza certi tipi di oggetti o
di merci suscettibili al
deterioramento e quindi al cattivo
odore (alcuni generi alimentari) o
facilmente impregnabili da polvere e
sporco (vestiario, panni, materiale
tessile), diventarono
particolarmente sospetti.
A partire dal XII secolo, l’Italia,
aveva conosciuto un sensibile
sviluppo demografico ed economico,
con l’aumento delle produzioni
artigianali e delle attività
commerciali e il conseguente
incremento degli scambi sia via
terra che per mare; pertanto le
considerazioni sopra descritte
riguardanti i contagi iniziarono,
per ovvie ragioni, a essere prese
molto sul serio. Si prestò maggiore
cura e attenzione all’igiene circa
le attività produttive, inoltre si
intensificarono i controlli sugli
scambi di merci e gli spostamenti
delle persone.
Non è strano, quindi, riscontrare le
prime tracce di provvedimenti e di
istituzioni adibite ai controlli
sanitari proprio nelle città
mercantili italiane. Ad esempio a
Pisa (repubblica marinara con un
economia essenzialmente basata sul
commercio marittimo) pare si fosse
costituito un ufficio sanitario,
sebbene limitato al controllo delle
attività portuali, già nel 1312; ben
prima delle ondate pestilenziali di
metà XIV secolo. Sono comunque
queste ultime a determinare un netto
salto di qualità in termini di
politiche sanitarie e igiene
pubblica. Il 30 marzo 1348 la
principale autorità cittadina di
Venezia (altra repubblica marinara),
il Maggior Consiglio, nomina tre
cittadini ai quali conferisce il
titolo di Savi pro conservazione
sanitatis.
L’11 aprile dello stesso anno anche
a Firenze (importante centro di
commerci e soprattutto di produzioni
artigianali) viene costituita una
commissione sanitaria di otto
persone per gestire l’emergenza
peste. Tali organismi sebbene
fossero temporanei e passata la fase
acuta del contagio venissero
sciolti, si possono considerare come
i primi uffici, accertati da fonti
documentali, dedicati alla pubblica
sanità. Inizialmente si occupavano
di eseguire ordinanze già emanate
dal governo cittadino. Ad esempio,
nel caso di Firenze i primi
provvedimenti sono datati 30 gennaio
1348 e sono semplici disposizioni di
igiene pubblica riguardanti la
pulizia delle strade, particolari
obblighi per attività che
producevano cattivi odori e il
divieto di tenere animali
all’interno delle mura (ripetizioni
ed estensioni di ordinanze già
diffuse nel 1324).
Stesso discorso per Venezia dove
l’ufficio sanitario si attivò,
inoltre, per individuare nuovi
luoghi di sepoltura distanti dalla
Città per i numerosi morti di peste,
affinché non si sentissero cattivi
odori. In pratica, seguendo le
risultanze scientifiche del tempo,
mantenere la salubrità dell’aria è
il principale scopo dell’operato dei
primi uffici sanitari, solo
successivamente si inizierà a
ragionare sui contatti con malati e
sospetti. Ovviamente le politiche
dei centri importanti facevano da
modello per i territori circostanti;
località toscane come Lucca e
Pistoia adottarono le stesse
disposizioni di Firenze.
Nel corso degli anni, oltre a
diffondersi, le procedure sanitarie
subirono importanti innovazioni; ciò
che accadde ad esempio nell’area
adriatica. A Ragusa (l’attuale
Dubrovnik, fino al 1351 controllata
direttamente da Venezia), nella
seconda metà del XIV secolo, venne
messa a punto un sistema di
isolamento e osservazione delle
persone che provenivano da luoghi
contaminati. Fu di fatto introdotta
la pratica della quarantena, primo
passo per la creazione dei
cosiddetti lazzaretti ovvero gli
ospedali dedicati ai malati di
peste. Il primo lazzaretto di cui si
ha notizia pare sia stato costituito
proprio a Venezia agli inizi del
Quattrocento (probabilmente nel 1423
anche se alcune fonti riportano al
1403).
Tale istituzione comportò un
sensibile cambiamento nel campo
della sanità pubblica dato che
introduceva il concetto di
ospedalizzazione della malattia. In
realtà gli ospedali esistevano da
secoli ma si occupavano in
prevalenza di pellegrini, poveri o
malati di mente, ai quali venivano
offerti accoglienza e ristoro
temporanei. Erano in gran parte
frutto della carità individuale o
religiosa e benché operassero per
fini pubblici rimanevano
relativamente autonomi. Anche la
diffusione della lebbra aveva fatto
sorgere luoghi adibiti a tale
patologia ma si limitavano solamente
a tenere separati i lebbrosi dal
resto della popolazione, per ragioni
mediche e soprattutto sociali (oltre
alla paura del contagio il lebbroso
era considerato la personificazione
del peccato).
Con i lazzaretti si assiste invece a
una rivoluzione nel sistema di
assistenza in quanto, tali ricoveri,
vennero creati per volontà
dall’autorità politica e posti sotto
il suo controllo e sebbene il
compito principale fosse quello di
concentrare i malati, limitando il
diffondersi del contagio, come
secondo fine c’era il tentativo di
curarli. Per la verità su questo
punto non si avranno per molto tempo
grandi risultati, tanto che ancora
in pieno Cinquecento, in un saggio
medico che aveva come oggetto la
peste, si ammetteva che: “La parte
preservativa è più nobile assai e
più necessaria che la curativa” (Cipolla
2012). In altre parole fare di tutto
per non ammalarsi. Le persone del
tempo si mossero su tali basi,
adattandosi al fatto che la peste
dovesse essere affrontata più dal
punto di vista amministrativo che da
quello medico. Di qui appunto la
creazione di strutture governative
che si occupassero della situazione
igienico sanitaria con il fine di
prevenire i contagi.
Durante le prime pandemie, come
detto sopra, compaiono uffici
temporanei con semplici poteri
esecutivi. La situazione cambia
drasticamente nel XV secolo, quando
la politica sanitaria della città di
Milano darà un’importante svolta
alle procedure in materia di salute
pubblica. Milano era una delle città
più attive e popolose d’Europa.
Situata al centro di una ricca area
agricola (la Pianura padana), era
diventata anche un avanzato polo
manifatturiero mentre lo sviluppo
della rete di canali navigabili
l’avevano resa un’importante zona
commerciale. Inoltre, sotto il
governo della dinastia Visconti, si
afferma come potenza politica
(Ducato di Milano) controllando
direttamente gran parte del Nord
Italia ed esercitando una notevole
influenza anche in Liguria (Genova e
Savona) e in alcune zone del Centro
(Siena, Pisa, Perugia).
Il particolare timore del morbo, che
sembra avessero alcuni esponenti
della casata, soprattutto Gian
Galeazzo (1351-1402) che morì
proprio di peste, contribuì a
sviluppare una sensibilità non
comune verso le questioni
riguardanti la difesa della salute
pubblica. Di conseguenza, già sul
finire del Trecento sulla falsariga
di quanto avveniva a Ragusa, vennero
creati lontano dalla Città luoghi di
ricovero per gli appestati (mansiones),
che saranno poi di fatto trasformati
in lazzaretti. Negli anni successivi
(soprattutto durante il ducato di
Filippo Maria, figlio di Galeazzo,
1412-1447) fu messa a punto una
procedura che prevedeva l’obbligo
per tutti i malati, con determinati
sintomi, di essere visitati da un
medico e, se ritenuti affetti da
peste, isolati o condotti nei
lazzaretti.
Si iniziò a prendere nota dei morti,
di conseguenza a valutare
l’evoluzione e l’estensione
dell’epidemia. Ciò permetteva di
creare cordoni sanitari e chiudere
aree considerate infette in tutto il
territorio. Si provvedeva poi, in
modo sistematico, a bruciare
vestiario suppellettili e oggetti
degli appestati e spesso anche le
loro case che comunque erano sempre
sottoposte a disinfezione (mediante
fumigazioni di incenso e aromi
assortiti).
Ovviamente vennero aumentati i
controlli sugli spostamenti delle
persone sia per coloro che
viaggiavano dentro i confini, sia
per chi proveniva da fuori. Queste
ultime procedure comportarono ovvi
contraccolpi economico-sociali.
Tant’è che per affrontare tale
situazione, nel corso del tempo,
furono introdotte le cosiddette fedi
o bollette di sanità. Documenti
personali compilati da ufficiali
preposti, che attestavano lo stato
di salute del titolare; ovvero che
non fosse malato (almeno per quanto
si poteva valutare in apparenza) e
che non provenisse da un luogo in
cui erano stati accertati casi di
peste.
Questo insieme di azioni portò
lentamente a costituire un sistema
di sorveglianza e prevenzione che
richiedeva un ufficio governativo
specializzato a cui fare capo,
inoltre si intuì ben presto che
rendere stabile tale sistema ne
avrebbe aumentato l’efficacia.
Pertanto nella città di Milano
l’ufficio sanitario divenne
un’istituzione permanente già nella
prima metà del XV secolo; era
costituito da un commissario che
rispondeva direttamente al Duca e
sovraintendeva al lavoro di numerosi
funzionari (medici, corrieri,
guardie, becchini). Tale struttura
non si occupava solo della capitale
ma controllava tutti gli uffici di
sanità formatisi, a seconda della
diffusione del morbo, nelle varie
città e paesi del Ducato; uffici
temporanei che si stabilizzarono nel
corso degli anni divenendo organi
periferici dell’ufficio principale.
Sebbene la denominazione formale,
Magistratura di Sanità, verrà
istituita solo nel 1534, in pratica,
durante il XV secolo, prende forma
un organo governativo che, per
quanto riguarda l’aspetto sanitario,
controlla in modo capillare tutto il
territorio.
La politica sanitaria di Milano
(vista la sua influenza) fece scuola
(Palmer
1978). Simili procedure vennero
progressivamente applicate anche
negli altri Stati italiani, di pari
passo alla costituzione di
magistrature permanenti. Nella
Repubblica di Venezia l’ufficio
sanitario temporaneo diviene una
magistratura a tutti gli effetti nel
1486. Stesse trasformazioni
avvengono, in tempi diversi, in
tutta Italia. Solo per citare
qualche caso: nel 1527 a Firenze e
l’anno seguente nella Repubblica di
Genova, a Bologna è sicuramente
attivo un ufficio sanitario stabile
dal 1555, ad Ancona dal 1564.
Invece, nel Meridione, con una
minore densità urbana e un’economia
meno incentrata sui commerci, la
peste, fino al XVI secolo, colpisce
con minore frequenza e virulenza,
tant’è che la costituzione e
stabilizzazione delle istituzioni
sanitarie arriva più tardi.
Ad esempio, nel Regno di Sicilia una
magistratura stabile che controlla
tutta l’Isola si costituisce solo
nel 1743, nonostante un organo
provvisorio fosse presente a Palermo
già dalla metà del XVI secolo.
Comunque alla fine del Rinascimento,
praticamente in ogni Stato italiano,
le magistrature di sanità erano
diventate organi amministrativi con
notevoli competenze. Arrivarono a
concentrare poteri legislativi
(emanando provvedimenti e norme) ed
esecutivi, in quanto a esse facevano
capo le procedure di pulizia e
profilassi nonché la gestione
pratica dei lazzaretti; soprattutto
si occupavano di sorvegliare tale
sistema e pertanto avevano anche
poteri giudiziari come il comminare
multe e pene fisiche, aspetto questo
che variava da luogo a luogo e in
base alle situazioni (alcune
magistrature ebbero anche la facoltà
di emettere sentenze di morte nei
confronti dei trasgressori di norme
sanitarie). Divennero organi
strutturati ed efficienti tanto che
quasi naturalmente le loro funzioni
non furono più limitate alla
semplice prevenzione e protezione
dal morbo.
Oltre ovviamente che per tutte le
malattie contagiose, tali uffici
furono impiegati per controlli su
particolari lavorazioni (ad esempio
la macerazione di lino e canapa o le
coltivazioni del riso), sulla
sicurezza dei generi alimentari e
sull’igiene dei mercati e, nelle
città portuali (come nella
Repubblica di Genova e soprattutto a
Livorno) arrivarono a ricoprire il
ruolo di polizia marittima con
compiti di sorveglianza costiera (Calcagno-Palermo
2017). Inoltre, tra le varie
magistrature sanitarie della
Penisola (che assumevano anche altre
denominazioni: Ufficio di Sanità,
Ufficio Conservatori di Sanità,
Deputazione di Sanità, Provveditori
di Sanità, ecc.), avveniva un
continuo scambio di informazioni
circa lo stato di salute dei
territori posti sotto il loro
controllo e ciò valeva anche nei
confronti degli uffici di altre
città europee e mediterranee che
iniziavano ad adottare le stesse
procedure per difendersi dalla
peste. Tutto il sistema aveva come
scopo principale l’individuazione
tempestiva dei primi casi, per
poterne poi limitare la diffusione.
L’aspetto che paradossalmente
rimaneva in secondo piano era quello
medico; il rapporto con la scienza
era esclusivamente funzionale ovvero
i medici così come i farmacisti
(speziali) e i chirurghi-barbieri,
erano espressione dei rispettivi
ordini (corporazioni) e soggetti ai
relativi statuti. Sebbene in molti
casi facessero parte delle
magistrature o comunque prendessero
ordini da esse durante il periodo
dell’emergenza pestilenziale, erano
più che altro visti come consulenti.
Ovvero la scienza medica in generale
rimarrà un corpo estraneo
nell’ambito della gestione della
sanità pubblica almeno fino
all’Ottocento, quando le conseguenze
dalle rivoluzione scientifica
conferiranno, automaticamente, un
maggior peso agli aspetti medico
curativi. Inoltre la completa
formazione dello Stato come ente
politico amministrativo, che tenderà
a farsi carico di ogni aspetto della
Società, trasformerà radicalmente il
concetto di tutela della salute
pubblica conferendogli un
significato più ampio, non limitato
al solo aspetto amministrativo.
La nascita e l’evoluzione degli
uffici o magistrature di sanità,
testimoniano un importante sviluppo
dal punto di vista
politico-amministrativo; per aver
messo a punto un apparato
burocratico ma soprattutto per aver
introdotto l’idea che l’autorità
debba farsi carico della salute
della comunità, introducendo in
pratica una delle funzioni alla base
degli odierni sistemi sanitari
pubblici. Tant’è che gli storici
concordano nell’affermare che, le
norme e le procedure di prevenzione,
abbiano formato “un patrimonio
strutturale” degli Stati dell’epoca;
ovvero abbiano in pratica aumentato
la percezione dell’autorità e
pertanto le politiche sanitarie non
solo siano andate di pari passo con
la formazione e lo sviluppo delle
strutture statali ma abbiano
contribuito anche alla formazione
del concetto stesso di Stato.
Riferimenti bibliografici:
Calcagno
Paolo, Palermo, Daniele (a cura di),
La quotidiana emergenza. I
molteplici impieghi delle
istituzioni sanitarie nel
Mediterraneo moderno, New
Digital Press, Palermo 2017
Cipolla,
Carlo M., Il pestifero e
contagioso morbo: combattere la
peste nell’Italia del Seicento,
il Mulino, Bologna 2012
Palmer,
Richard John, The control of
plague in Venice and Northern Italy
(1348-1600), University of Kent,
Canterbury 1978.