N. 89 - Maggio 2015
(CXX)
sULLA CRISI DELLA SCUOLA STATALE
Riforme, riforme, riforme
di Giovanna D'Arbitrio
Ci
sembrò
positiva
l’intenzione
di
Renzi
di
risolvere
gli
urgenti
problemi
della
scuola
statale,
un
settore
troppo
spesso
trascurato
che
si è
attirato
molte
critiche
a
livello
europeo
per
i
dati
sull’analfabetismo,
ancora
non
debellato
nel
nostro
paese.
Forse
questo
governo
davvero
intende
far
qualcosa
in
più
per
l’Istruzione
e
forse
non
apporterà
nuovi
tagli
e di
sicuro
non
avrà
vita
facile
nel
sanare
i
danni
pregressi,
eppure
ora
sentendo
parlare
di
nuovo
di
scuola-azienda,
presidi-manager,
premi
agli
insegnanti
più
meritevoli,
ci
sembra
che
tale
riforma
sia
l’edizione
“riveduta
e
corretta”
di
quella
di
Luigi
Berlinguer
(governo
Prodi
fine
anni
‘90).
Furono
allora
applicati
alla
scuola,
purtroppo,
gli
stessi
criteri
che
vengono
imposti
alle
aziende
per
ridurre
i
costi:
fusioni,
tagli
sul
personale,
aumento
della
precarietà,
flessibilità,
mobilità,
non
stipendi
adeguati
ma
verticalizzazioni
del
personale,
quindi
contrasti
e
tensioni
per
accaparramento
di
incarichi
e
progetti,
lotte
intestine
per
guadagnare
qualche
soldo
in
più.
E
intanto
(sembra
assurdo
considerando
che
il
tutto
partì
da
un
governo
di
sinistra)
si
facevano
ampie
concessioni
alle
scuole
private.
Con
la
nuova
riforma
più
o
meno
si
ripropone
tutto
ciò
e,
in
aggiunta,
si
regala
ai
dirigenti
scolastici
più
potere
con
la
facoltà
di
scegliersi
i
docenti
che
vogliono:
non
si
sa
ancora
con
quali
criteri
e se
ci
sarà
almeno
un
controllo
per
garantire
correttezza
ed
equità.
E
anche
in
questa
riforma
non
mancano
concessioni
alle
private
con
sgravi
fiscali
e
“bonus”
ai
genitori
che
decideranno
di
iscrivervi
i
figli.
La
libertà
di
scelta
dei
genitori
è
sacrosanta,
ma
per
quali
motivi
si
trascura
la
scuola
pubblica?
Se
non
bastano
i
soldi,
è
giusto
foraggiare
le
private
che
introitano
alte
rette,
mentre
la
scuola
pubblica
agonizza?
è
vero,
in
diversi
paesi
europei
le
scuole
private
ricevono
sovvenzioni
pubbliche,
ma
accanto
ad
esse
buone
scuole
statali
garantiscono
a
tutti
il
diritto
allo
studio.
In
Italia
invece
non
riusciamo
a
far
funzionare
bene
né
quelle
pubbliche,
né
quelle
private.
Risultato:
siamo
agli
ultimi
posti
nelle
statistiche
sull’Istruzione.
La
crisi
della
scuola
italiana
è
iniziata
tanti
anni
fa:
già
da
tempo,
infatti,
accade
che
i
genitori
più
attenti
cerchino
di
iscrivere
i
figli
nelle
buone
“sezioni”
delle
statali
dove
ci
sono
docenti
ben
preparati,
non
assenteisti,
meno
soggetti
a
trasferimenti.
In
alternativa
scelgono
una
scuola
privata
in
zona,
laddove
ciò
non
sia
possibile,
oppure
optano
per
gli
istituti
cattolici
per
una
precisa
scelta
educativa,
legata
alle
idee
religiose.
È
evidente
che
la
scuola
statale
ora
è
allo
stremo,
già
duramente
provata
da
continue
riforme
apportate
da
vari
governi
di
destra
e di
sinistra,
riforme
spesso
assurde
e
contrastanti
che
hanno
creato
un
clima
di
instabilità,
nervosismo
e
grave
disagio
anche
negli
alunni,
sempre
più
soli
in
una
società
corrotta,
priva
di
valori
etici
e
punti
di
riferimento.
Perché
il
diritto
allo
studio
in
Italia
non
può
essere
un
obiettivo
perseguito
da
tutti
i
partiti
politici
e da
tutti
i
governi
come
accade
nei
paesi
più
civili?
Dopo
il
già
citato
Berlinguer,
vari
governi
hanno
di
volta
in
volta
nominato
nuovi
ministri
della
Pubblica
Istruzione
(De
Mauro,
Moratti,
Fioroni,
Gelmini,
Profumo,
Carrozza,
Giannini)
e…
naturalmente
ognuno
ha
preteso
di
cambiare
qualcosa.
I
cambiamenti
per
i
vari
governi
sono
forse
necessari,
ma è
saggio
coinvolgere
continuamente
la
scuola?
Si
chiedono
mai
se
essi
danneggino
allievi
e
insegnanti,
soprattutto
se
non
sono
costruttivi?
Vengono
introdotti
pensando
al
bene
dei
giovani
o
seguendo
logiche
e
interessi
di
partito?
La
sottoscritta
ha
sperimentato
tutto
ciò
sulla
propria
pelle,
sia
come
madre
che
come
insegnante
dell’obbligo
dove
mi
sono
ritrovata
più
volte
a
dover
difendere
il
diritto
allo
studio
degli
“ultimi
della
fila”,
come
svantaggiati, figli
di
immigrati,
portatori
di
handicap
per
i
quali
vengono
fornite
spesso
scarse
ore
di
sostegno.
Davvero
difficile
comunque
seguire
i
più
deboli
in
“classi
pollaio”
e
scuole
fatiscenti.
E
mentre
gli
aggeggi
moderni
in
alcune
scuole
aumentano
sempre
più,
con
enorme
spreco
di
denaro
per
acquisto
di
computer,
lavagne
e
registri
elettronici,
in
altre
scarseggiano
sedie,
banchi
e
perfino
carta
igienica.
Ora
non
ci
resta
che
incrociare
le
dita
e
sperare
che
si
rifletta
su
tutto
ciò,
augurandoci
che
almeno
si
provveda
a
rendere
più
sicuri
tanti
edifici
scolastici
in
cui
le
più
elementari
norme
igienico-sanitarie,
nonché
di
sicurezza,
vengono
ignorate.
Speriamo
pertanto
che
l’edilizia
scolastica
fornisca
scuole
moderne
e
sicure
per
i
nostri
ragazzi
e
che
le
nuove
riforme
diano
posti
di
lavoro
a
insegnanti
colti
e
preparati,
garantendo
loro
stipendi
adeguati,
libertà
d’insegnamento
e
recupero
di
dignità.