N. 99 - Marzo 2016
(CXXX)
IL
DOPPIO
VOLTO
DELLA
RIFORMA
RIFLESSIONI
SU
UN
MUTAMENTO
di
Vera
Vitartali
Il
movimento
riformista
stava
già
prendendo
forma,
quando
alla
fiera
di
Francoforte
iniziò
a
spopolare
un
libro,
che
farà
riflettere
una
buona
parte
della
popolazione,
che
costringerà
un
uomo
a
scappare
da
una
terra
all’altra:
Erasmo
da
Rotterdam
e il
suo
“elogio
alla
follia”.
“Seguono
immediatamente
costoro,
quanto
a
felicità,
quelli
che
comunemente
chiamano
sé
religiosi
e
monaci,
cioè
solitari,
con
una
denominazione
che
più
falsa
non
potrebbe
essere...”,
le
parole
di
Erasmo
appaiono
subito
pungenti
nei
confronti
dell’istituzione
ecclesiastica,
in
un
momento
storico
in
cui
anche
il
solo
pronunciar
la
parola
riforma
poteva
costarti
la
vita;
ma
non
ebbe
paura
di
esprimere
i
suoi
ideali,
i
suoi
pensieri,
uno
tra
pochi
che
si
pose
contro
l’organismo
più
potente
dei
tempi.
Erasmo
accusava
la
chiesa
di
Roma,
dove
da
tempo,
si
esercitava
ciò
che
eticamente
si
considerava
scorretto:
la
vendita
delle
indulgenze.
“Predicano
da
uomini,
coloro
che
dicono
che,
subito,
come
il
soldino
ha
tintinnato
nella
cassa
l'anima
se
ne
vola
via”
ricordava
Lutero
nelle
95
tesi.
“Non
s’adoperano
ad
esser
simili
a
Cristo,
ma
ad
esser
dissimili
fra
di
loro”.
Cosa
stava
succedendo?
La
Germania
era
divisa
in
due
fazioni,
quella
“monarchica”
rappresentata
dall’imperatore
e
quella
“cetuale”
rappresentata
dai
principi
territoriali
e
dalle
città
che
pretendevano
un’autonomia
politica.
Quando
nel
1518,
ad
Augusta,
papa
Leone
X
chiese
ai
rappresentanti
dell’impero
di
finanziare
la
crociata
contro
i
turchi
guidata
da
Massimiliano,
essi
rifiutarono
senza
nessuna
indulgenza.
Sentendosi
schiacciati
dall’imperatore
e
dalla
chiesa
e
vedendo
i
propri
diritti
farsi
volubili,
i
principi
decisero
di
appoggiare
la
riforma
e di
sfruttarla
a
proprio
favore.
In
questo
clima
di
ostilità,
il
31
ottobre
1517,
Martin
Lutero
sulla
stessa
linea
di
pensiero
di
Erasmo
da
Rotterdam,
pubblicava
le
95
tesi,
dove
denigrava
con
vigore
l’atteggiamento
del
clero.
Tali
vennero
affisse
sulla
della
chiesa
di
Wittenberg.
“Bisogna
esortare
i
cristiani
perché
si
sforzino
di
seguire
il
loro
capo
Cristo
attraverso
le
pene,
le
mortificazioni
e
gli
inferni.”
L’esempio
da
seguire,
esortava
a
proferire
Lutero,
era
la
vita
di
Gesù
Cristo
e le
azioni
che
egli
aveva
compiuto
nel
corso
della
vita;
questo
era
l’unico
esempio
da
seguire.
Il
Vangelo
di
Matteo
ci
dice
“Quando
dunque,
fai
l’elemosina,
non
suonare
la
tromba
davanti
a
te,
come
usano
fare
gli
ipocriti
nelle
sinagoghe
e
nelle
strade
per
essere
onorati
dagli
uomini…
tu
invece
quando
fai
l’elemosina,
non
sappia
la
tua
sinistra
quello
che
fa
la
tua
destra,
affinché
la
tua
elemosina
rimanga
segreta”.
Con
queste
parole
Matteo
ci
comunica
lo
spirito
umile
di
Cristo,
che
gli
uomini
di
fede
profonda
dovrebbero
possedere.
Avere
un
atteggiamento
propagandistico
non
ti
porta
dunque
a
condurre
una
vita
di
poca
fede?
Inevitabilmente
l’evento
colpì
anche
il
campo
artistico.
L’Italia
vide
come
protagonista
del
concilio
tridentino
papa
Paolo
III
Farnese
rappresentato
in
un
dipinto
anche
da
Tiziano.
Sguardo
intenso
e
veste
rosso
porpora
riflettono
perfettamente
i
suoi
pensieri.
Alle
sedute
finali
del
concilio
tridentino
si
trattò
anche
dell’aspetto
dell’arte
relativamente
a
forma
e
contenuti
e su
queste
discussioni
finali
fiorirono
grandi
trattati.
Emerse
tra
questi
il
trattato
“discorsi
intorno
alle
immagini
sacre
e
profane”
di
Gabriele
Paleotti.
“Ma
perché
questa
nobiltà
può
essere
commune
ancor
a
tutte
le
arti,
quantunque
meccaniche
e
vili,
noi
ora
aggiungiamo
un’altra
nobiltà
propria
e
peculiare
a
quest’arte,
la
quale
si
scuopre
manifestamente
dal
formare
che
ella
fa e
rappresentare
dinanzi
agli
occhi
persone
cumulatissime
de
meriti
e
che
per
la
loro
essemplare
vita,
piena
d’ogni
virtù,
sono
state
sopra
modo
grate
a
Dio.”
A
queste
parole
d’ora
in
poi
gli
artisti
dovranno
far
riferimento
per
la
realizzazione
delle
proprie
opere.
L’arte
diventa
quindi
uno
strumento
per
difendere
i
valori
del
mondo
cattolico:
si
esalta
la
figura
dei
santi
e di
Maria,
la
rappresentazione
dei
sacramenti
che
il
mondo
protestante
aveva
abolito
e
l’esaltazione
del
sacerdote
e
degli
ordini
monastici.
La
cesura
conciliare
colpisce
molto
Taddeo
Zuccari
che
si
trova
in
qualche
modo
“costretto”
ad
abbandonare
l’artificiosità
ricercata
nelle
pose
e
nella
composizione,
come
possiamo
vedere
in
una
delle
sue
opere
del
1555
presso
la
cappella
di
San
Marcello
al
Corso,
a
una
composizione
che
annulla
le
doti
dell’artista
e di
ogni
ricerca
di
artificio.
Le
forme
complesse
sono
ora
eliminate
a
favore
di
forme
regolari
semplici
e
naturali
in
modo
tale
che
i
contenuti
del
tema
non
siano
distratti
dall’artificio.
Esempio
lampante
della
trasformazione
di
Taddeo
sono
le
scene
dei
fasti
farnesiani
affrescati
intorno
al
1570
presso
Villa
Farnese
a
Caprarola.