N. 68 - Agosto 2013
(XCIX)
DIECI GIORNI MAI ESISTITI
LA RIFORMA DEL CALENDARIO GREGORIANO
di Jacopo Santoro
Se
qualche
storico
accennasse
a
una
battaglia,
a un
armistizio,
a un
cataclisma,
o a
un
evento
accaduto
a
Roma
- e
in
gran
parte
dell’Europa
-
tra
il 5
e il
14
ottobre
del
1582
parlerebbe
del
vuoto,
semplicemente
perché
quei
giorni
non
sono
mai
esistiti,
inghiottiti
in
una
sola
notte,
quella
che
seguì
il 4
ottobre.
Il
salto
cronologico
portò
direttamente
al
15
del
decimo
mese,
cancellando
d’un
colpo
dieci
giorni.
Il
provvedimento
fu
sancito
dalla
bolla
papale
Inter
gravissimas,
promulgata
da
Villa
Mondragone
(presso
Roma)
dal
pontefice
Boncompagni,
meglio
conosciuto
col
nome
di
Gregorio
XIII,
donde
il
nome
di
“Riforma
del
calendario
gregoriano”.
Questo
nuovo
calendario
migliorava
quello
“giuliano”,
antico
e
fallace,
in
vigore
dal
lontano
46
a.C.,
così
chiamato
da
Giulio
Cesare,
che
lo
emanò
in
qualità
di
pontefice
massimo.
In
verità
altri
labili
mutamenti
erano
stati
apportati
qualche
anno
dopo
da
Ottaviano
Augusto,
ma
erano
modifiche
che
invece
di
precisare
e
meglio
definire
la
scansione
del
tempo
erano
soprattutto
tese
a
esaltare
e
celebrare
la
figura
dell’imperatore.
Il
mese
denominato
Sextilis,
pertanto,
divenne
“agosto”
in
armonia
con
l’appellativo
del
princeps.
E
proprio
Augusto
allungò
il
“suo”
mese
da
trenta
a
trentuno
giorni,
affinché
non
sfigurasse
rispetto
a
luglio,
aumentato
di
un
giorno
dal
Divo
Giulio
(da
cui
il
nome
del
mese);
a
farne
le
spese
fu
febbraio,
impoverito
e
assottigliato
prima
a
ventinove
e
poi
a
ventotto
giorni.
Nonostante
gli
studi
su
un’efficace
riforma
del
calendario
fossero
partiti
anni
prima,
ideati
da
Luigi
Lilio
(noto
anche
come
Aloysius),
è
solo
nel
1582
che
questo
riordino
vide
la
luce,
a
opera
del
gesuita
Cristoforo
Clavio.
Tedesco
di
origine,
gesuita,
definito
“l’Euclide
del
XVI
secolo”,
Clavio
era
difensore
del
modello
tolemaico,
e si
opponeva
perciò
alla
teoria
che
la
Terra
fosse
al
centro
dell’universo;
teoria
portata
avanti
da
Copernico
e da
Galileo,
il
quale
ebbe
modo
di
conoscere
e
confrontarsi
proprio
con
lo
studioso
tedesco
quando
questi
si
trasferì
stabilmente
in
Italia,
per
insegnare
la
mathesis
presso
il
Collegio
Romano.
Clavio,
inoltre,
nutriva
dubbi
sulla
presenza
di
montagne
sulla
Luna,
a
differenza
di
quando
Galileo
asserisse.
L’ironia
della
sorte,
e
dell’astronomia,
volle
che
proprio
“Clavio”
fu
il
nome
scelto
per
uno
dei
maggiori
crateri
lunari.
Il
matematico
tedesco
capì
che
la
durata
di
un
anno
“giuliano”
(365
giorni
e 6
ore)
non
era
esatta,
perché
l’anno
solare
medio
è
più
corto
di
circa
undici
minuti.
Ogni
128
anni,
quindi,
il
ritardo
accumulato
era
di
un
giorno.
Nel
1582
la
differenza
arrivò
a
toccare
i 10
giorni.
Erano
notevoli
le
discrepanze
e le
singolarità:
l’equinozio
di
primavera,
ad
esempio,
cadeva
undici
dì
prima
del
21
marzo,
così
scombussolando
festività
e
abitudini.
Cristoforo
Clavio
optò
dunque
per
un
balzo
cronologico
che
permettesse
di
recuperare
questo
vecchio
ritardo:
Roma,
addormentata
il 4
ottobre,
si
destò
il
15
di
quel
mese.
L’Italia,
la
penisola
iberica
con
il
Portogallo,
il
Belgio,
l’Olanda,
il
Lussemburgo,
la
Polonia
e la
Lituania:
in
questi
Paesi,
cattolici,
la
riforma
prese
piede
immediatamente.
La
Francia
attese
un
paio
di
mesi,
e
passò
all’improvviso
dal
9 al
20
dicembre
di
quel
1582.
L’Austria
e la
Svizzera,
nazioni
cattoliche,
si
allinearono
poco
dopo,
rispettivamente
nel
1583
e
nel
1584.
Per
il
resto
dell’Europa
e
del
mondo
la
riforma
gregoriana
del
calendario
arrivò
dopo
secoli,
o
non
arrivò
affatto.
Gli
sgoccioli
del
XVI
secolo
non
potevano
che
rappresentare
un
momento
delicato,
per
l’Europa,
con
le
controversie
accese
tra
teologia
e
scienza
e
con
il
vocabolo
“religione”
oramai
destinato
a
declinarsi
specialmente
al
plurale.
La
stessa
autorità
papale,
in
questo
marasma,
aveva
subìto
duri
colpi,
negli
ultimi
tempi.
Una
riforma
così
ampia,
che
abbracciasse
e
interessasse
in
qualche
modo
il
mondo
intero,
era
anche
volta
a
ribadire
il
peso
del
papa
e
della
sua
Chiesa.
Luterani,
calvinisti
e
anglicani
fecero
propria
la
riforma
del
nuovo
calendario
solo
decenni
più
tardi,
il
Regno
di
Svezia
dal
1699,
il
Giappone
nel
1873,
la
Cina
nel
1911,
Yugoslavia
e
Romania
nel
1919,
la
Turchia
nel
1927,
la
Grecia
un
anno
dopo.
Gli
ortodossi
(russi,
serbi,
e
ovviamente
a
Gerusalemme)
continuano
tutt’oggi
a
utilizzare
il
calendario
giuliano,
e da
ciò
scaturisce
l’attuale
differenza
di
13
giorni
tra
le
festività
religiose
“fisse”
ortodosse
e
cristiane.
Sono
in
pochi,
dunque,
coloro
che
non
seguono
la
riforma
concretizzata
da
Gregorio
XIII
sotto
i
sapienti
consigli
di
Cristoforo
Clavio:
un
uomo
che
sulla
scia
del
suo
stesso
nome
(dal
latino
clavis,
“chiave”)
trovò
la
soluzione
per
riordinare
il
tempo,
obliando
in
una
sole
notte
dieci
giorni.