N. 104 - Agosto 2016
(CXXXV)
I caratteri essenziali del Ddl Boschi
sul referendum costituzionale
di Fabiana Luca
In
questi
giorni
si
parla
con
frequenza
crescente
del
prossimo
referendum
costituzionale:
ecco
i
tratti
essenziali
della
riforma
–
che
prende
il
nome
dalla
ministra
per
le
Riforme
Costituzionali
e
per
i
Rapporti
con
il
Parlamento
Maria
Elena
Boschi
–
circa
la
quale
gli
italiani
saranno
chiamati
a
esprimere
il
loro
parere.
Bicameralismo
differenziato
Il
nucleo
centrale
della
Riforma
riguarda
il
progressivo
superamento
del
bicameralismo
cosiddetto
perfetto
(o
paritario).
Sono
differenziati
in
questo
modo
i
poteri
che
ciascuna
delle
due
Camere
esercita
nella
formazione
delle
leggi,
attribuendo
alla
sola
Camera
dei
deputati
gran
parte
della
potestà
legislativa
del
Paese.
La
Camera
dei
deputati
resta,
dunque,
la
sola
titolare
del
rapporto
fiduciario
tra
Governo
e
Parlamento,
esercitando
contestualmente
"la
funzione
di
indirizzo
politico,
la
funzione
legislativa
e
quella
di
controllo
dell'operato
del
governo".
La
Riforma
definisce
invece
una
differente
composizione
e
nuove
modalità
di
elezione
per
l'altra
Camera,
il
Senato
della
Repubblica,
che
acquisisce
formalmente
la
funzione
di
rappresentare
le
autonomie
regionali.
In
particolare,
secondo
quanto
definito
dal
nuovo
art.55
Cost.,
questa
seconda
nuova
Camera
dovrebbe
costituirsi
di
95
senatori
espressione
delle
istituzioni
territoriali,
eletti
non
più
direttamente
dal
corpo
elettorale,
ma
dai
consigli
regionali
e
delle
province
autonome
di
Trento
e
Bolzano
-
mediante
formula
proporzionale
- e
da 5
senatori
nominati
direttamente
dal
Presidente
della
Repubblica
(i
quali
durerebbero
in
carica
7
anni,
senza
possibilità
di
essere
nuovamente
nominati).
Il
ruolo
paritario
delle
due
Camere
nell'esercizio
della
potestà
legislativa
(ovvero
il
procedimento
legislativo
bicamerale)
si
mantiene
solo
per
determinate
categorie
di
leggi.
Nello
specifico
(art.70):
·
Leggi
di
natura
costituzionale;
·
Leggi
di
attuazione
di
disposizioni
costituzionali
concernenti
i
referendum
popolari
(o
altre
forme
di
consultazione);
·
Tutela
di
minoranze
linguistiche;
·
Leggi
in
materia
elettorale,
sugli
organi
di
governo
e
sulle
funzioni
principali
di
Comuni
e di
Città
metropolitane;
·
Leggi
di
attuazione
della
politica
europea;
·
Leggi
riguardanti
le
competenze
regionali;
Sulle
leggi
che
sono
approvate
in
via
esclusiva
dalla
Camera
dei
deputati
(e
si
parla
in
tal
caso
di
procedimento
legislativo
monocamerale),
1/3
dei
senatori
ha
la
facoltà
di
richiedere
entro
10
giorni
la
possibilità
di
esaminare
anch'esso
il
progetto
di
legge
precedentemente
approvato
dalla
prima
Camera.
Lo
stesso
procedimento
viene
utilizzato
per
le
leggi
relative
al
bilancio
dello
Stato,
con
l'unica
differenza
che
l'esame
in
questo
caso
avviene
automaticamente
senza
bisogno
della
richiesta
di
1/3
dei
componenti
e
che
il
termine
per
avanzare
proposte
di
modificazione
della
legge
in
esame
è di
15
giorni
(anziché
10).
Il
testo
di
Riforma
contempla
infine
una
terza
categoria
di
iter
legislativo
(procedimento
legislativo
monocamerale
con
ruolo
rinforzato
del
Senato),
secondo
il
quale
la
Camera
dei
deputati
potrà
decidere
di
ignorare
le
proposte
avanzate
dal
Senato,
pronunciandosi
a
maggioranza
assoluta
dei
suoi
componenti
durante
la
votazione
finale.
In
particolare,
quest'ultimo
procedimento
si
applica
alle
leggi
"a
tutela
dell'unità
giuridica
ed
economica
della
Repubblica
o a
tutela
dell'interesse
nazionale
che
danno
attuazione
alla
clausola
di
supremazia".
Introduzione
del
voto
a
data
certa
(art.72
Cost.)
Attraverso
l'introduzione
di
questo
nuovo
istituto,
il
Governo
potrà
chiedere
alla
Camera
dei
deputati
che
un "disegno
di
legge
[...]
essenziale
per
l'attuazione
del
programma
di
governo"
venga
iscritto
tra
le
priorità
da
esaminare
nell'ordine
del
giorno
delle
Camere,
in
modo
da
essere
discusso
e
votato
entro
il
termine
di
70
giorni.
Si
esclude
la
possibilità
di
usare
il
"voto
a
data
certa"
per
determinate
categorie
legislative,
quali
leggi
elettorali,
leggi
di
autorizzazione
alla
ratifica
dei
trattati
internazionali,
amnistia
e
indulto,
legge
di
bilancio,
ed
infine
leggi
ad
approvazione
paritaria.
Riforma
Titolo
V,
abolizione
definitiva
delle
province
quali
"enti
costitutivi
della
Repubblica"
e
soppressione
del
Consiglio
nazionale
dell'economia
e
del
lavoro
(CNEL,
art.99
Cost.)
Di
particolare
importanza
è la
modifica
del
titolo
V
della
Costituzione
-
riformato
l'ultima
volta
15
anni
fa
con
la
legge
costituzionale
3/2001
che
ha
spostato
il
rapporto
tra
Stato
e
Regioni
in
senso
più
federalista
-
che
elimina
definitivamente
la
competenza
concorrente
tra
lo
Stato
e le
Regioni
introdotta
nel
2001,
e
trasferisce
quindi
nuove
materie
nell'ambito
della
competenza
esclusiva
dello
Stato.
Tra
le
principali:
rapporti
internazionali,
immigrazione,
istruzione,
previdenza
sociale,
legislazione
elettorale,
ambiente
ed
ecosistema,
gestione
delle
fonti
energetiche,
infrastrutture
e
reti
di
trasporto.
Referendum
abrogativo
e
altri
istituti
di
democrazia
cosiddetta
diretta
La
Riforma
modifica
inoltre
il
quorum
previsto
per
la
validità
del
Referendum
abrogativo
(art.75
Cost.).
Nel
dettaglio,
il
voto
potrà
considerarsi
valido
qualora
si
sia
recata
alle
urne
la
maggioranza
degli
aventi
diritto
al
voto;
nel
caso
in
cui
la
proposta
di
Referendum
sia
stata
avanzata
da
almeno
800.000
elettori
(anziché
500.000
come
adesso),
il
quorum
necessario
a
considerare
valida
la
votazione
scenderebbe
alla
maggioranza
dei
votanti
alle
ultime
elezioni
politiche
della
Camera
dei
deputati.
Sarà
introdotto
l'istituto
del
Referendum
propositivo
e di
indirizzo.
Viene
aumentato
a
150.000
il
numero
minimo
di
firme
necessarie
ad
avanzare
una
proposta
legislativa
popolare
(la
quota
minima
prevista
dall'art.
71
Cost.
attualmente
è
pari
a
50.000
elettori)
Elezione
Presidente
della
Repubblica
La
Riforma
sopprime
di
fatto
la
partecipazione
dei
delegati
regionali
(3
per
ciascuna
regione,
fatta
eccezione
per
la
Val
d'Aosta
provvista
di
un
solo
delegato)
all'elezione
del
Presidente
della
Repubblica,
affidata
esclusivamente
quindi
al
Parlamento
in
seduta
comune.
Necessaria
una
maggioranza
dei
2/3
dei
componenti
per
le
prime
tre
votazioni;
dei
3/5
dei
componenti
a
partire
dalla
quarta;
e
infine
una
maggioranza
dei
3/5
dei
votanti
a
partire
dal
settimo
scrutinio
in
poi.
Giudizio
preventivo
di
legittimità
costituzionale
per
le
leggi
elettorali
Un
elemento
interessante
della
Riforma
è
infine
l'introduzione
del
controllo
preventivo
da
parte
della
Corte
Costituzionale
sulla
legittimità
delle
leggi
elettorali
prossime
all'entrata
in
vigore.
Nel
nostro
ordinamento
attualmente
non
è
previsto
questo
tipo
di
controllo
preventivo
su
alcuna
tipologia
di
legge.
Solo
prima
della
Riforma
del
titolo
V,
lo
Stato
aveva
la
facoltà
di
controllare
preventivamente
la
legittimità
delle
leggi
regionali.
Il
sindacato
preventivo
costituisce
indubbiamente
un
elemento
interessante,
perché
permette
di
controllare
la
validità
di
una
legge
elettorale
prima
che
entri
in
un
ordinamento
giuridico
già
di
per
sé
"viziata".
Differentemente
dal
Referendum
abrogativo,
per
quello
costituzionale
non
è
previsto
alcun
quorum
strutturale
o
numero
legale
per
rendere
valida
la
consultazione:
se i
consensi
supereranno
i
voti
sfavorevoli,
la
Riforma
verrà
approvata
e
promulgata
in
via
definitiva.