[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 151 / LUGLIO 2020 (CLXXXII)


attualità

Ricordando Ennio Morricone
Valori universali
di Ludovico Fiorucci

Il 6 luglio 2020 si è spento a Roma uno dei più grandi compositori italiani contemporanei, Ennio Morricone. La sua scomparsa ci spinge a riflettere sulla vita di un uomo che ha fatto dell’amore per la musica la sua scelta di vita. Ma anche sul valore che la società oggi attribuisce alla musica e alla cultura in generale.

L’arte può essere considerata come un elemento multiforme che, nella genialità interpretativa dell’artista, rappresenta con semplicità valori che caratterizzano il vissuto quotidiano di ciascun individuo. Che sia la letteratura, l’arte pittorica o la musica, per la sua immediatezza e per il suo grande pregio di parlare a tutti, uomini e donne, bianchi o neri. La produzione artistica così come la fantasia ci permettono di più di distinguerci dagli altri esseri che popolano il nostro pianeta.

Considerate la vostra semenza: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, dice Ulisse nella Divina Commedia. Mai nessuno ha espresso con più chiare parole il nostro carattere che ci distingue dagli altri esseri viventi e che rappresenta la nostra unicità in quanto esseri umani: la virtù e la conoscenza. Elementi che il grande artista, quasi come eletto o unto dalle Muse dell’antica Grecia, esprime attraverso il suo genio, raggiungendo l’universalità.

Citando le Muse, l’eredità culturale dell’antica Grecia esprime maggiormente il valore intrinseco che la cultura in sé contiene. Figlie di Zeus e di Mnemosine, che nella mitologia greca rappresenta la memoria, le Muse sono il prodotto della razionalità della divinità e della certezza della memoria, ma allo stesso tempo sono frutto di irrazionalità.

Il carattere irrazionale che avevano individuato i Greci e che caratterizza le arti, è proprio quel carattere che permette a quest’ultime di parlare a tutti, e in questa visione l’artista assume un ruolo rilevante. Proprio per la capacità di non saper integrarsi in un mondo che si nutre di logica e di cause-effetto, ma per il suo saper pensare con il cuore entrando nei cuori, e per parlare con la fantasia e i sentimenti (quanto di più irrazionale possa esistere).

L’artista, nel paradosso, si fa interprete di una razionalità che si fonda sull’irrazionalità. Il prodotto dell’estro dell’artista assume un qualcosa di alieno, estraneo a questo mondo. Porta il fruitore dell’opera a incominciare quel processo di “alienazione” capace di trasportare il proprio Io in un mondo così vicino, ma allo stesso istante lontanissimo e inaccessibile. Quel meccanismo di separazione tra la personalità individuale e l’esperienza di vita quotidiana collettiva. Questo è il grande pregio che contraddistingue un artista, tradurre in termini di elevata caratura sentimenti, emozioni o valori che caratterizzano la vita di tutti i giorni di tutti gli individui, ma che dagli stessi sono ignorati.

Ennio Morricone è stato uno dei più grandi artisti italiani contemporanei, apprezzato e stimato in tutto per il mondo per la sua musica universale. Nato a Roma nel 1928 e formatosi al Conservatorio musicale Santa Cecilia, le sue composizioni hanno accompagnato le pellicole dei più grandi registi. Sergio Leone (i due erano stati compagni di scuola), Giuseppe Tornatore, Quentin Tarantino, Marco Bellocchio, Gillo Pontecorvo, Pier Paolo Pasolini e Brian De Palma, sono alcuni dei registi che hanno collaborato con il grande Maestro in 59 anni di onorata e premiata carriera artistica.

Sarebbe prolisso elencare tutti i riconoscimenti conseguiti dal grande Maestro, basti ricordare i due Oscar vinti. Il primo nel 2007 alla carriera e il secondo nel 2016 per la miglior colonna sonora del film diretto da Tarantino The Hateful Eight.

Quando scrivo nessuno mi può aiutare, perché chi scrive ha qualcosa di personale da dire” amava dire Morricone. Lo sguardo introspettivo come sguardo verso un universo astratto composto dalla concretezza dell’essere. Capace di produrre attraverso la costanza e l’amore per le sue arte, opere in grado di parlare a tutte le generazioni.

“La musica esige che prima si guardi dentro se stessi, poi che si esprima quanto elaborato nella partitura e nell’esecuzione”. Non a caso Tarantino lo paragonò ai grandi della musica come Mozart o Beethoven, suscitando però reazioni contrastanti in Morricone.

Dedizione e amore come stelle polari della produzione musicale del grande Maestro: “Nell’amore come nell’arte la costanza è tutto. Non so se esistano il colpo di fulmine, o l’intuizione soprannaturale. So che esistono la tenuta, la coerenza, la serietà, la durata”.

La vita di Morricone è un inno alla cultura che si esprime attraverso le sue composizioni. Cultura capace nella sua universalità di parlare a ogni individuo con un soffio all’orecchio, suscitando infinite reazioni. La cultura rappresenta anche un mezzo di elevazione sociale e salvezza, lo stesso Morricone parlando del suo rapporto con la musica disse: “La musica mi ha salvato da fame e guerra”. La cultura troppo spesso vittima di tagli e troppo spesso poco considerata rimane un punto cardine della nostra civiltà, distinguendoci da individui asettici e alienati in un mondo vittima della sua stessa mercificazione.

Nell’eternizzazione del presente e nella desertificazione del futuro, un po’ per indole nostra ipocrita o semplicemente nichilista, sulla cultura pesa il nostro atteggiamento troppo spesso asettico dell’homo economicus contemporaneo, dove la cultura diventa o mezzo di profitto e, se origine di spese eccessive poco proficue, vittima di tagli. Come non considerare l’ultimo caso emerso, nostro malgrado, dalla mancata riapertura delle scuole (viatico di cultura) in seguito all’attenuarsi della pandemia di COVID-19 mentre tutto il resto riparte. Non riconoscendo alla cultura un antidoto contro un virus molto più letale di quello che stiamo affrontando, ossia: l’ignoranza.

Basta prendere in considerazione per avere uno screening della situazione in Italia, gli ultimi dati rilevati dall’OCSE nel dicembre dello scorso anno, evidenziando come gli studenti italiani non sanno capire ciò che leggono. Il dato non sarebbe allarmante se gli studenti che oggi popolano le scuole non rappresentassero il futuro del paese.

In un paese come il nostro, che guida la lista UNESCO degli Stati che conservano il maggior numero di patrimoni dell’umanità, la mancanza di attenzione alla cultura in senso lato rappresenta una lacuna enorme. La cultura oggi rappresenta un baluardo contro la frenesia e la mortificazione del presente.

La grande lezione che possiamo imparare dalla vita di Morricone è di come la musica e la cultura non rappresentano solo degli svaghi, ma anche mezzi di promozione sociale e di elevazione dell’esperienza quotidiana. Saper distinguere le forme d’arte e rendere eterni le espressioni culturali che travalicano culture, tradizioni, usanze differenti dei diversi popoli.

Per questo, Ennio Morricone non è stato solo il compositore del tema reso celebre dal film Il Buono e brutto e il cattivo, come oltre Oceano lo hanno pianto, ma nella sua capacità di esportare la nostra tradizione musicale oltre i confini nazionali, è diventato un gigante non solo della musica italiana ma della musica mondiale. L’identificazione di Morricone come compositore dello “ah-ee-ah-ee-ah” fa parte di quella visione del presente materialistica-economicistica per la quale la cultura prende rilevanza solo se etichettabile.

In questa tempesta costante del quotidiano come nel cerchio dei lussuriosi di Dante, travolti da questa tempesta infernale “che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; voltando e percotendo li molesta”, la cultura ci permette di fermare e riflettere. Le composizioni di Morricone, in un misto di drammaticità e commedia ci permettono di evadere dalla frenesia quotidiana.

Artisti unici come Morricone hanno la grande capacità di creare bellezza attraverso l’espressione della propria arte. Ci gettano come dei soccorritori, a noi naufraghi in alto mare, qual salvagente che ci permette ancora di credere nell’unicità e nella bellezza di ciò che ci circonda. Salvandoci come entità che trascendono l’ordinaria esperienza quotidiana e sanno farci ritornare a credere nella bellezza del mondo. Elevano l’uomo a qualcosa di ultraterreno, di cui nel dinamismo statico del nostro quotidiano abbiano bisogno per poter ancora aspirare a quella nobiltà d’animo che solleva l’uomo a un grado più alto.

Le parole di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo” appaiono azzeccate per parlare del genio artistico di Morricone. La bellezza espressa attraverso la cultura ci ha fatto rinascere come uomini nuovi capaci, con spirito rinnovato e animo critico, di fuggire dalla dittatura del consumismo presente.

Esempio di perseverazione e determinazione nelle sue composizioni: ricerca costante di una conciliazione tra talento e lavoro. In un mondo dove il pronto e servito trova il suo habitat naturale, Morricone con la stessa umiltà di come ci ha lasciato (“non voglio disturbare”) ha saputo trasmetterci il valore che il lavoro e l’amore per la propria arte rappresentano nella realizzazione di un’opera artistica.

Come amava dire “Il successo viene certo dal talento ma più ancora dal lavoro dall’esperienza e, ripeto, dalla fedeltà: alla propria arte come alla propria donna. Mi sono dato la regola di dare il meglio, sempre. Anche se non sempre si riesce”. Nell’isteria del successo facile a portata di mano della generazione Z, il grande Maestro ci ricorda che il successo arriva dal duro lavoro e anche quando non sembra arrivare, basta un secondo, un istante, l’incontro di un vecchio compagno di banco (Sergio Leone) per premiare quel duro lavoro e spiccare il volo. Successo non come punto di arrivo, ma come punto di partenza per arrivare a un livello superiore. Morricone ci ricorda anche come l’etica e la responsabilità deve sempre caratterizzare il lavoro artistico, evitando speculazioni come prodotto dato dalla frenesia. Il un mondo dove la grande agitazione dilaga e il caos sembra caratterizzare ogni settore della nostra società: dalla vita politica, economica a quella sociale, Morricone come una luce di prua ci insegna a riflettere sul giusto valore da attribuire al lavoro e alla dedizione per la nostra passione.

Ricordo un’intervista del Maestro dove diceva di stare molto attenti quando ascoltiamo la musica, poiché il pericolo di cadere in banalità musicali è sempre in agguato. La vera sfida che ci propone Morricone è quella di saper riconoscere la perfetta armonia data dalla necessaria e armoniosa coordinazione di tutti gli strumenti che compongo l’orchestra. Il lavoro d’insieme dell’orchestra produce la sinfonia, termine che in greco significa suonare insieme. Ogni strumento fa una sua propria linea musicale che appartiene a lui solamente e allo stesso tempo coopera con gli altri strumenti per raggiungere la perfezione: la sintonia. Al fine di raggiungere il bene finale di una sinfonia ossia l’armonia. Armonia intesa come qualità che risulta dall’accordo delle sue parti o dei suoi elementi e della loro adattazione a un fine, evitando tutta prevaricazione di uno strumento sull’altro.

Vivendo in uno stato di natura hobbesiano, in constante competizione con gli altri. La cooperazione dell’orchestra nel raggiungere l’armonia finale non solo ci aiuta a defilarci dalla demagogia generale, ma anche ad approcciarci al prossimo cooperando e lavorando insieme, quando invece molto spesso in preda alla frenesia generale ci atomizziamo ispirati non da Muse ma dall’io-individualista.

Quello che possiamo apprezzare avendo davanti agli occhi la vita di un uomo che ha vissuto di musica e per la musica, è quello di credere fino in fondo nelle proprie passioni anche quanto tutto rema contro. Ognuno conserva in sé un talento nascosto capace di illuminare il mondo. Citando una frase di Einstein: “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”. Credere nel proprio talento e attraverso il duro lavoro puntare alle stelle.

La percezione è quella che un grande ci ha lasciato, ma mentre nello scrivere questo breve articolo ascolto le sue composizioni, capisco che la sua eredità è universale: senza tempo. In quella costante lotta che vede affrontarsi la mediocrità e l’omologazione al genio. Morricone è stato uno di quelli che ha innalzato il genere umano portandolo a un livello superiore dal vissuto quotidiano, nobilitando il nostro spirito, avvicinandosi con le sue note all’armonia.

Nella malinconia e nella solitudine generate dalla scomparsa del grande Maestro, dobbiamo riflettere non solo sulla sua eredità musicale, ma anche sugli insegnamenti che possiamo trarre dalla sua vita. Se tra venti, cinquanta o cent’anni ancora ascolteremo le note di Nuovo Cinema Paradiso per innamorarci, fischietteremo in un attimo di spensieratezza Rabbia e Tarantella o nelle scuole verrà ancora chiesto di suonare Gabriel’s Oboe. È solo grazie al lavoro, alla determinazione e all’infinito amore per la musica di un genio come lo è stato il Maestro Morricone.

Non possiamo non salutarlo con una delle sue opere: On Earth as It is in Heaven (Sulla terra così come è in paradiso) che sia da auspicio e di buon augurio, ma che questa volta sia In Heaven as It was on Earth (In Paradiso così come è stato in terra) sicuri che i cori angelici sapranno interpretare meglio di noi il suo genio: “
Ciao Maestro”.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]