attualità
Ricordando Ennio
Morricone
Valori universali
di Ludovico Fiorucci
Il 6 luglio 2020 si è spento a Roma uno
dei più grandi compositori italiani
contemporanei, Ennio Morricone. La sua
scomparsa ci spinge a riflettere sulla
vita di un uomo che ha fatto dell’amore
per la musica la sua scelta di vita. Ma
anche sul valore che la società oggi
attribuisce alla musica e alla cultura
in generale.
L’arte può essere considerata come un
elemento multiforme che, nella genialità
interpretativa dell’artista, rappresenta
con semplicità valori che caratterizzano
il vissuto quotidiano di ciascun
individuo. Che sia la letteratura,
l’arte pittorica o la musica, per la sua
immediatezza e per il suo grande pregio
di parlare a tutti, uomini e donne,
bianchi o neri. La produzione artistica
così come la fantasia ci permettono di
più di distinguerci dagli altri esseri
che popolano il nostro pianeta.
“Considerate la vostra semenza: Fatti
non foste a viver come bruti, ma per
seguir virtute e canoscenza”, dice
Ulisse nella Divina Commedia. Mai
nessuno ha espresso con più chiare
parole il nostro carattere che ci
distingue dagli altri esseri viventi e
che rappresenta la nostra unicità in
quanto esseri umani: la virtù e la
conoscenza. Elementi che il grande
artista, quasi come eletto o unto dalle
Muse dell’antica Grecia, esprime
attraverso il suo genio, raggiungendo
l’universalità.
Citando le Muse, l’eredità culturale
dell’antica Grecia esprime maggiormente
il valore intrinseco che la cultura in
sé contiene. Figlie di Zeus e di
Mnemosine, che nella mitologia greca
rappresenta la memoria, le Muse sono il
prodotto della razionalità della
divinità e della certezza della memoria,
ma allo stesso tempo sono frutto di
irrazionalità.
Il carattere irrazionale che avevano
individuato i Greci e che caratterizza
le arti, è proprio quel carattere che
permette a quest’ultime di parlare a
tutti, e in questa visione l’artista
assume un ruolo rilevante. Proprio per
la capacità di non saper integrarsi in
un mondo che si nutre di logica e di
cause-effetto, ma per il suo saper
pensare con il cuore entrando nei cuori,
e per parlare con la fantasia e i
sentimenti (quanto di più irrazionale
possa esistere).
L’artista, nel paradosso, si fa
interprete di una razionalità che si
fonda sull’irrazionalità. Il prodotto
dell’estro dell’artista assume un
qualcosa di alieno, estraneo a questo
mondo. Porta il fruitore dell’opera a
incominciare quel processo di
“alienazione” capace di trasportare il
proprio Io in un mondo così vicino, ma
allo stesso istante lontanissimo e
inaccessibile. Quel meccanismo di
separazione tra la personalità
individuale e l’esperienza di vita
quotidiana collettiva. Questo è il
grande pregio che contraddistingue un
artista, tradurre in termini di elevata
caratura sentimenti, emozioni o valori
che caratterizzano la vita di tutti i
giorni di tutti gli individui, ma che
dagli stessi sono ignorati.
Ennio Morricone è stato uno dei più
grandi artisti italiani contemporanei,
apprezzato e stimato in tutto per il
mondo per la sua musica universale. Nato
a Roma nel 1928 e formatosi al
Conservatorio musicale Santa Cecilia, le
sue composizioni hanno accompagnato le
pellicole dei più grandi registi. Sergio
Leone (i due erano stati compagni di
scuola), Giuseppe Tornatore, Quentin
Tarantino, Marco Bellocchio, Gillo
Pontecorvo, Pier Paolo Pasolini e Brian
De Palma, sono alcuni dei registi che
hanno collaborato con il grande Maestro
in 59 anni di onorata e premiata
carriera artistica.
Sarebbe prolisso elencare tutti i
riconoscimenti conseguiti dal grande
Maestro, basti ricordare i due Oscar
vinti. Il primo nel 2007 alla carriera e
il secondo nel 2016 per la miglior
colonna sonora del film diretto da
Tarantino The Hateful Eight.
“Quando scrivo nessuno mi può
aiutare, perché chi scrive ha qualcosa
di personale da dire” amava dire
Morricone. Lo sguardo introspettivo come
sguardo verso un universo astratto
composto dalla concretezza dell’essere.
Capace di produrre attraverso la
costanza e l’amore per le sue arte,
opere in grado di parlare a tutte le
generazioni.
“La musica esige che prima si guardi
dentro se stessi, poi che si esprima
quanto elaborato nella partitura e
nell’esecuzione”. Non a caso Tarantino
lo paragonò ai grandi della musica come
Mozart o Beethoven, suscitando però
reazioni contrastanti in Morricone.
Dedizione e amore come stelle polari
della produzione musicale del grande
Maestro: “Nell’amore come nell’arte
la costanza è tutto. Non so se esistano
il colpo di fulmine, o l’intuizione
soprannaturale. So che esistono la
tenuta, la coerenza, la serietà, la
durata”.
La vita di Morricone è un inno alla
cultura che si esprime attraverso le sue
composizioni. Cultura capace nella sua
universalità di parlare a ogni individuo
con un soffio all’orecchio, suscitando
infinite reazioni. La cultura
rappresenta anche un mezzo di elevazione
sociale e salvezza, lo stesso Morricone
parlando del suo rapporto con la musica
disse: “La musica mi ha salvato da
fame e guerra”. La cultura troppo
spesso vittima di tagli e troppo spesso
poco considerata rimane un punto cardine
della nostra civiltà, distinguendoci da
individui asettici e alienati in un
mondo vittima della sua stessa
mercificazione.
Nell’eternizzazione del presente e nella
desertificazione del futuro, un po’ per
indole nostra ipocrita o semplicemente
nichilista, sulla cultura pesa il nostro
atteggiamento troppo spesso asettico
dell’homo economicus
contemporaneo, dove la cultura diventa o
mezzo di profitto e, se origine di spese
eccessive poco proficue, vittima di
tagli. Come non considerare l’ultimo
caso emerso, nostro malgrado, dalla
mancata riapertura delle scuole (viatico
di cultura) in seguito all’attenuarsi
della pandemia di COVID-19 mentre tutto
il resto riparte. Non riconoscendo alla
cultura un antidoto contro un virus
molto più letale di quello che stiamo
affrontando, ossia: l’ignoranza.
Basta prendere in considerazione per
avere uno screening della situazione in
Italia, gli ultimi dati rilevati
dall’OCSE nel dicembre dello scorso
anno, evidenziando come gli studenti
italiani non sanno capire ciò che
leggono. Il dato non sarebbe allarmante
se gli studenti che oggi popolano le
scuole non rappresentassero il futuro
del paese.
In un paese come il nostro, che guida la
lista UNESCO degli Stati che conservano
il maggior numero di patrimoni
dell’umanità, la mancanza di attenzione
alla cultura in senso lato rappresenta
una lacuna enorme. La cultura oggi
rappresenta un baluardo contro la
frenesia e la mortificazione del
presente.
La grande lezione che possiamo imparare
dalla vita di Morricone è di come la
musica e la cultura non rappresentano
solo degli svaghi, ma anche mezzi di
promozione sociale e di elevazione
dell’esperienza quotidiana. Saper
distinguere le forme d’arte e rendere
eterni le espressioni culturali che
travalicano culture, tradizioni, usanze
differenti dei diversi popoli.
Per questo, Ennio Morricone non è stato
solo il compositore del tema reso
celebre dal film Il Buono e
brutto e il cattivo, come oltre
Oceano lo hanno pianto, ma nella sua
capacità di esportare la nostra
tradizione musicale oltre i confini
nazionali, è diventato un gigante non
solo della musica italiana ma della
musica mondiale. L’identificazione di
Morricone come compositore dello “ah-ee-ah-ee-ah”
fa parte di quella visione del presente
materialistica-economicistica per la
quale la cultura prende rilevanza solo
se etichettabile.
In questa tempesta costante del
quotidiano come nel cerchio dei
lussuriosi di Dante, travolti da questa
tempesta infernale “che mai non
resta, mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta”,
la cultura ci permette di fermare e
riflettere. Le composizioni di
Morricone, in un misto di drammaticità e
commedia ci permettono di evadere dalla
frenesia quotidiana.
Artisti unici come Morricone hanno la
grande capacità di creare bellezza
attraverso l’espressione della propria
arte. Ci gettano come dei soccorritori,
a noi naufraghi in alto mare, qual
salvagente che ci permette ancora di
credere nell’unicità e nella bellezza di
ciò che ci circonda. Salvandoci come
entità che trascendono l’ordinaria
esperienza quotidiana e sanno farci
ritornare a credere nella bellezza del
mondo. Elevano l’uomo a qualcosa di
ultraterreno, di cui nel dinamismo
statico del nostro quotidiano abbiano
bisogno per poter ancora aspirare a
quella nobiltà d’animo che solleva
l’uomo a un grado più alto.
Le parole di Dostoevskij “La bellezza
salverà il mondo” appaiono azzeccate
per parlare del genio artistico di
Morricone. La bellezza espressa
attraverso la cultura ci ha fatto
rinascere come uomini nuovi capaci, con
spirito rinnovato e animo critico, di
fuggire dalla dittatura del consumismo
presente.
Esempio di perseverazione e
determinazione nelle sue composizioni:
ricerca costante di una conciliazione
tra talento e lavoro. In un mondo dove
il pronto e servito trova il suo habitat
naturale, Morricone con la stessa umiltà
di come ci ha lasciato (“non voglio
disturbare”) ha saputo trasmetterci
il valore che il lavoro e l’amore per la
propria arte rappresentano nella
realizzazione di un’opera artistica.
Come amava dire “Il successo viene
certo dal talento ma più ancora dal
lavoro dall’esperienza e, ripeto, dalla
fedeltà: alla propria arte come alla
propria donna. Mi sono dato la regola di
dare il meglio, sempre. Anche se non
sempre si riesce”. Nell’isteria del
successo facile a portata di mano della
generazione Z, il grande Maestro ci
ricorda che il successo arriva dal duro
lavoro e anche quando non sembra
arrivare, basta un secondo, un istante,
l’incontro di un vecchio compagno di
banco (Sergio Leone) per premiare quel
duro lavoro e spiccare il volo. Successo
non come punto di arrivo, ma come punto
di partenza per arrivare a un livello
superiore. Morricone ci ricorda anche
come l’etica e la responsabilità deve
sempre caratterizzare il lavoro
artistico, evitando speculazioni come
prodotto dato dalla frenesia. Il un
mondo dove la grande agitazione dilaga e
il caos sembra caratterizzare ogni
settore della nostra società: dalla vita
politica, economica a quella sociale,
Morricone come una luce di prua ci
insegna a riflettere sul giusto valore
da attribuire al lavoro e alla dedizione
per la nostra passione.
Ricordo un’intervista del Maestro dove
diceva di stare molto attenti quando
ascoltiamo la musica, poiché il pericolo
di cadere in banalità musicali è sempre
in agguato. La vera sfida che ci propone
Morricone è quella di saper riconoscere
la perfetta armonia data dalla
necessaria e armoniosa coordinazione di
tutti gli strumenti che compongo
l’orchestra. Il lavoro d’insieme
dell’orchestra produce la sinfonia,
termine che in greco significa suonare
insieme. Ogni strumento fa una sua
propria linea musicale che appartiene a
lui solamente e allo stesso tempo
coopera con gli altri strumenti per
raggiungere la perfezione: la sintonia.
Al fine di raggiungere il bene finale di
una sinfonia ossia l’armonia. Armonia
intesa come qualità che risulta
dall’accordo delle sue parti o dei suoi
elementi e della loro adattazione a un
fine, evitando tutta prevaricazione di
uno strumento sull’altro.
Vivendo in uno stato di natura
hobbesiano, in constante competizione
con gli altri. La cooperazione
dell’orchestra nel raggiungere l’armonia
finale non solo ci aiuta a defilarci
dalla demagogia generale, ma anche ad
approcciarci al prossimo cooperando e
lavorando insieme, quando invece molto
spesso in preda alla frenesia generale
ci atomizziamo ispirati non da Muse ma
dall’io-individualista.
Quello che possiamo apprezzare avendo
davanti agli occhi la vita di un uomo
che ha vissuto di musica e per la
musica, è quello di credere fino in
fondo nelle proprie passioni anche
quanto tutto rema contro. Ognuno
conserva in sé un talento nascosto
capace di illuminare il mondo. Citando
una frase di Einstein: “Ognuno è un
genio. Ma se si giudica un pesce dalla
sua abilità di arrampicarsi sugli alberi
lui passerà tutta la sua vita a credersi
stupido”. Credere nel proprio
talento e attraverso il duro lavoro
puntare alle stelle.
La percezione è quella che un grande ci
ha lasciato, ma mentre nello scrivere
questo breve articolo ascolto le sue
composizioni, capisco che la sua eredità
è universale: senza tempo. In quella
costante lotta che vede affrontarsi la
mediocrità e l’omologazione al genio.
Morricone è stato uno di quelli che ha
innalzato il genere umano portandolo a
un livello superiore dal vissuto
quotidiano, nobilitando il nostro
spirito, avvicinandosi con le sue note
all’armonia.
Nella malinconia e nella solitudine
generate dalla scomparsa del grande
Maestro, dobbiamo riflettere non solo
sulla sua eredità musicale, ma anche
sugli insegnamenti che possiamo trarre
dalla sua vita. Se tra venti, cinquanta
o cent’anni ancora ascolteremo le note
di Nuovo Cinema Paradiso per
innamorarci, fischietteremo in un attimo
di spensieratezza Rabbia e Tarantella o
nelle scuole verrà ancora chiesto di
suonare Gabriel’s Oboe. È solo
grazie al lavoro, alla determinazione e
all’infinito amore per la musica di un
genio come lo è stato il Maestro
Morricone.
Non possiamo non salutarlo con una delle
sue opere: On Earth as It is in
Heaven (Sulla terra così come è in
paradiso) che sia da auspicio e di buon
augurio, ma che questa volta sia In
Heaven as It was on Earth (In
Paradiso così come è stato in terra)
sicuri che i cori angelici sapranno
interpretare meglio di noi il suo genio:
“Ciao
Maestro”.
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