N. 99 - Marzo 2016
(CXXX)
THE
REVENANT
UN IÑARRITU (E UN DI CAPRIO) DA OSCAR
di
Giovanna
D’Arbitrio
Il
nuovo
film
di
A.I.
Iñarritu,
Revenant
-
Redivivo,
ispirandosi
all’omonimo
libro
di
Michael
Punke,
ha
riscosso
molti
consensi
di
pubblico
e di
critica
e,
dopo
aver
ricevuto
ben
12
nomination
agli
Oscar,
nella
“Notte
delle
Stelle”
si è
aggiudicato
due
statuette:
una
per
la
miglior
regia
e
l’altra
per
il
miglior
attore
(Leonardo
Di
Caprio).
Il
film
racconta
la
storia
del
cacciatore
Hugh
Glass
(Leonardo
Di
Caprio)
che
nel
1823,
durante
una
spedizione
di
caccia
da
lui
guidata,
sfugge
ad
un
attacco
di
indiani
Arikara
insieme
al
figlio
Hauk
(avuto
da
un’indiana)
e ad
altri
compagni,
ma
poi
viene
ridotto
in
fin
di
vita
da
un
orso
grizzly:
non
essendo
trasferibile,
il
comandante
della
spedizione,
il
capitano
Henry,
lo
affida
al
figlio,
al
giovane
Bridger
e
allo
spregevole
Fitzgerald
(Tom
Hardy)
che
purtroppo,
temendo
altri
attacchi
degli
indiani,
prima
cerca
di
sopprimerlo
considerandolo
un
peso
nel
tentativo
di
fuga,
poi
lo
abbandona
nella
foresta
dopo
avergli
ucciso
il
figlio.
Illuminante
per
una
piena
comprensione
del
film
sono
senz’altro
le
“Academy
Conversations”,
interviste
durante
le
quali
il
regista
ha
così
descritto
la
storia
di
Hugh
Glass,
una
storia
che
ha i
contorni
della
leggenda
per
le
scarse
testimonianze:
“Sappiamo
che
è
sopravvissuto
all’attacco
di
un
grizzly
e ha
cercato
di
vendicarsi
nei
confronti
di
chi
lo
aveva
abbandonato,
ma
prima
e
dopo
questo
episodio
la
sua
vita
è un
mistero.
Per
dare
un’idea
del
contesto:
la
principale
fonte
di
reddito
dell’epoca
erano
le
pelli
di
animali.
Questo
prima
del
petrolio,
prima
dell’oro,
prima
ancora
della
conquista
del
West.
Le
uniche
persone
che
avevano
attraversato
il
Paese
erano
state
Lewis
e
Clark,
anni
prima.
Il
Paese
era
un
crogiuolo
di
francesi,
inglesi,
messicani,
spagnoli
e
tribù
di
nativi
americani.
La
legge
non
esisteva.
Questi
uomini
hanno
gettato
le
basi
del
nostro
rapporto
con
la
natura.
Di
base,
erano
molto
ignoranti.
Erano
mossi
soprattutto
da
avidità.
Non
vedevano
la
natura
come
qualcosa
da
rispettare,
ed
erano
pronti
a
infrangere
qualsiasi
accordo
con
le
tribù
native.
Era
un
mondo
brutale.
E se
siamo
onesti,
non
possiamo
non
sentire
un’assonanza
con
il
nostro
mondo.
Il
razzismo
era
ovunque
e la
schiavitù
era
legale:
avere
la
pelle
di
colore
diverso
cambiava
ogni
cosa.
E
non
sono
mai
stati
in
grado
di
capire
i
nativi
americani.
La
loro
mancanza
di
comprensione
per
l’altro
da
sé è
all’origine
del
capitalismo
senza
regole
e
del
consumismo
spietato
che
conosciamo
oggi.
E
anche
della
schiavitù
e
del
razzismo.
Ho
pensato
che
realizzare
questo
film
sarebbe
stata
un’ottima
opportunità
per
reggere
uno
specchio
davanti
allo
spettatore,
mostrare
cosa
è
successo
quasi
200
anni
fa
per
capire
i
problemi
che
abbiamo
oggi:
xenofobia,
riscaldamento
globale,
consumo
di
massa,
mancanza
di
rispetto
per
la
natura
e di
empatia
per
chi
è
diverso
da
noi.
Per
molti
aspetti
le
cose
non
sono
cambiate.
Nel
film
bisogna
distinguere
due
temi
principali:
“Il
primo
è la
vendetta.
Qualcuno
ha
sottratto
a
Glass
la
cosa
a
cui
tiene
di
più:
suo
figlio.
Ma
oltre
la
vendetta
c’è
l’amore
per
questo
figlio
e
per
l’altra
persona
che
ha
perduto,
sua
moglie.
È
l’amore
a
farlo
andare
avanti.
Ho
voluto
che
Glass
trovasse
una
risposta
a
questa
domanda:
che
cosa
c’è
dopo
la
vendetta?
Non
ti
ridà
mai
indietro
ciò
che
hai
perso.
E
dunque
se
lo
scopo
della
tua
vita
è la
vendetta,
una
volta
che
riesci
a
ottenerla,
la
tua
vita
non
avrà
più
significato.
Io
volevo
esplorare
quel
vuoto.
Dentro
di
sé
Glass
ha
qualcos’altro,
ed è
amore”.
(Riassunto
da
“Accademy
Conversations”).
Un
film
bellissimo
che
di
nuovo
mette
in
evidenza
le
capacità
di
Iñarritu
che
si
conferma
grande
regista
dopo
i
riconoscimenti
ottenuti
a
livello
internazionale
con
opere
come
Birdman,
Biutiful,
21
grammi,
Amores
Perros.
E
senz’altro
tra
gli
interpreti
Leonardo
Di
Caprio
spicca
per
bravura
in
un
ruolo
difficile
in
cui
è
stato
capace
di
esprimere
senza
parlare,
col
solo
linguaggio
del
corpo
e in
particolare
degli
occhi,
intense
emozioni
come
paura,
rabbia,
dolore
e
sensazioni
fisiche
di
freddo,
fame,
sofferenza.
Stupenda
la
fotografia
di
E.
Lubevski
,
ottenuta
sfruttando
solo
la
luce
naturale,
la
quale
dà
risalto
a
paesaggi
selvaggi
di
una
possente,
grandiosa
bellezza
che
fanno
da
immenso
scenario
ai
drammatici
e
violenti
eventi
umani
per
la
lotta
alla
sopravvivenza.
In
essi
la
Natura
sembra
animarsi
a
tratti
per
partecipare
alle
sofferenze
umane
con
i
fremiti
degli
alti
alberi
delle
foreste,
con
le
acque
vorticose
dei
grandi
fiumi,
i
ghiacciai
e le
nevi,
mentre
una
voce
sussurra
a
Hugh
più
volte
nella
lingua
degli
indiani,
tra
sogno
e
realtà,
una
frase
che
lo
incita
a
lottare
per
la
vita:
“Nel
mezzo
di
una
tempesta
se
guardi
i
rami
di
un
albero
giureresti
che
stia
per
cadere,
ma
se
guardi
il
tronco
ti
accorgerai
di
quanto
sia
stabile”.