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N. 62 - Febbraio 2013 (XCIII)

CONTRO LA RETORICA GIOVANILISTA
se Esser giovani non basta

di Davide Colombini

 

Nel 1950, i giovani italiani rappresentavano circa un quarto della popolazione nazionale, ma oggi quella frazione si è ridotta a un settimo. Nel giro di 60 anni, la quota di popolazione “giovane” (quella compresa fra i 15 e i 30 anni), si è ridotta drasticamente.

 

La riduzione numerica dei giovani è fra le prime cause della diminuzione del loro peso sociale: essi contano sempre meno dal punto di vista economico (sia perché sono pochi, sia perché entrano tardi nel mondo del lavoro e cominciano sempre più tardi a pagare le tasse) e dal punto di vista elettorale, poiché spostano pochi voti; la conseguenza di ciò è una minore attenzione nei loro confronti da parte della classe dirigente.

 

Tutto ciò non sarebbe di per sé negativo: nelle società democratiche contano i numeri, ed è fisiologico che le minoranze abbiano meno peso. Ma la categoria dei giovani (se categoria si può definire) merita, come è ovvio, un’attenzione particolare, visto che l’investimento sui giovani dovrebbe essere un investimento sul futuro.

 

Questa premessa giusto per ricordare che se c’è un paese in cui i giovani dovrebbero essere valorizzati è il nostro.

 

Detto ciò, ritengo stucchevole e addirittura pericolosa la retorica sul giovanilismo che imperversa ultimamente. Non parlo dei discorsi di cui si riempiono la bocca gli esponenti dei partiti, le solite parole al vento di una classe politica terrorizzata dall’antipolitica. Dichiarazioni secondo me inconsistenti, a cui non ritengo utile dare troppo peso.

 

Quando parlo di retorica del giovanilismo, mi riferisco al Movimento 5 stelle, un movimento che ha fatto dei giovani un elemento costitutivo del movimento stesso.

 

I giovani sono il futuro, verissimo, ma come ricorda Massimo Fini in un suo vecchio articolo su Linus: “i giovani sono fascisti”.

 

I giovani sono tendenzialmente conformisti (basti pensare alle mode), sono facilmente influenzabili e infiammabili, e raramente riescono a cogliere le sfumature, privilegiando visioni unilaterali e spesso “muscolari”.

 

Storicamente, i movimenti politici che hanno fatto leva sui giovani sono spesso sfociati in regimi politici estremisti: così è stato per il fascismo, per il nazismo, per lo stalinismo. Possiamo affermare che tutti i principali regimi totalitari del ’900 hanno fatto leva sulla retorica giovanile e sul culto della gioventù per affermarsi. In questo senso la carica “rivoluzionaria” apportata dai giovani andrebbe piuttosto ritenuta una carica “reazionaria”.

 

Lo stesso Pasolini denunciò l’essenza profondamente reazionaria e fascista di cui erano impregnati molti episodi legati ai movimenti studenteschi del ’68 per i medesimi motivi riportati da Fini.

 

Consideriamo ora le due grandi rivoluzioni sociali dell’età contemporanea: la Rivoluzione Francese e la Rivoluzione Russa.

 

Nessuno dei teorici della Rivoluzione Francese o Russa ha mai fatto cenno, nei suoi discorsi o nei suoi scritti, all’importanza dei giovani o comunque non in modo significativo; le categorie usate sono altre: si parla rispettivamente di Terzo Stato e di Proletariato, mai di giovani. Non parlava di giovani Sieyès, non parlava di giovani Lenin. Ne parlavano, invece, Mussolini, Hitler e Stalin.

 

I giovani, inoltre, non sono quasi mai fra le menti che guidano il cambiamento, né nelle grandi rivoluzioni come quella francese o russa, né in quelle “reazionarie” come quella fascista. Il ruolo dei giovani, se rilevato, è spesso e volentieri quello di braccio.

Tutto questo per dire una cosa molto semplice: facciamo attenzione alla retorica del giovanilismo.

 

Il Movimento 5 Stelle porta avanti molte idee innovative e, dal mio punto di vista, farebbe bene a puntare su queste piuttosto che sul giovanilismo di cui, purtroppo, è impregnato.

 

Oggi il paese è ostaggio in un parlamento di vecchi, inefficiente e corrotto. La gente non ne può più. Esiste un altro periodo della storia nazionale in cui si ravvisavano le medesime condizioni: gli anni ’20.

 

Il Movimento 5 Stelle sta facendo grandi cose: ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica tematiche nuove e di importanza capitale, sta contribuendo a demolire un sistema marcio e ha fatto della coerenza un elemento fondante dell’azione politica.

 

Il mio avvertimento è solo questo: attenzione alle derive.



 

 

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