N. 77 - Maggio 2014
(CVIII)
L'arte del reining
Il dressage dei cow boys
di Denisa Kucik e Leila Tavi
Grande
successo
di
pubblico
per
la
manifestazione
Cavalli
a
Roma
che,
dopo
un
anno
di
pausa,
torna
ad
appassionare
gli
oltre
74.000
visitatori
che
in
questa
edizione
hanno
affollato
gli
stand
e i
padiglioni
dedicati
agli
sport
equestri.
Quest'anno
vogliamo
dedicare
il
nostro
articolo
a
una
particolarissima
e
poco
conosciuta
disciplina
americana,
il
reining,
rappresentata
nella
manifestazione
romana
dalla
“Lazio
Reining
Horse
Association”.
Le
esibizioni
dei
“cow
boy
reiner”
hanno
stupito
il
pubblico,
portando
nel
padiglione
uno
della
Fiera
di
Roma
quel
sapore
di
Western
che
riporta
alla
mente
le
sconfinate
praterie,
scenario
delle
folli
corse
dietro
a
mandrie
di
bestiame.
I
reiner
hanno
una
perfetta
affinità
con
il
loro
cavallo,
tanto
da
riuscire
a
eseguire
senza
testiera
e
morso
difficilissime
figure
come
cerchi,
spin,
stop
e
roll
back,
guidando
l’animale
con
il
solo
assetto
del
corpo,
senza
l’utilizzo
delle
mani.
Il
reining
è la
versione
americana
del
dressage;
come
nella
disciplina
olimpionica,
anche
in
quella
western
è il
cavallo
a
essere
giudicato,
a
seconda
dell’abilità
e
della
scioltezza
con
cui
mostra
di
saper
eseguire
alcune
figure
e
movimenti
atletici.
La
versatilità,
la
forza,
la
velocità
e la
perfetta
sintonia
con
il
cavaliere
sono
le
caratteristiche
che
deve
possedere
un
cavallo
da
reining,
che
dovrebbe
essere,
inoltre,
mansueto
e
lasciarsi
guidare
dai
comandi
di
chi
lo
monta.
Il
reining
può
essere
praticato
con
qualsiasi
razza
di
cavallo,
anche
se
sono
più
indicati
i
cavalli
da
lavoro,
in
particolare
l’American Quarter,
un
incrocio
tra
il
purosangue
inglese
e il
mustang,
è la
più
adatto
al
reining,
perché
veloce
nella
breve
distanza
(quarto
di
miglio,
da
cui
deriva
il
nome
inglese).
Proprio
come
per
il
dressage
esiste
anche
la
specialità
del
freestyle,
che
permette
al
cavaliere
di
scegliere
la
coreografia
a
tempo
con
la
musica.
L’esibizione
dura
quattro
minuti
e
prevede
l’utilizzo
da
parte
del
cavaliere
dell’abbigliamento
tipico
del
Far
West,
con
cappelli, chap
comanchero
in
pelle
di
nappa
e
stivali
a
punta.
Il
pubblico
degli
aficionado
della
disciplina
è
calorosissimo
e
commenta
le
figure
del
binomio
in
campo
con
grida
di
giubilo
e
fischi,
tanto
forti
da
influenzare
i
giudici
in
campo.
Lo
sport
trae
origine
dalla
necessità
dei
rancher,
già
in
epoca
della
dominazione
spagnola,
di
controllare
e
guidare
il
bestiame
senza
scendere
da
cavallo,
catturandolo
con
il
lazo;
è
per
questo
motivo
che
la
tecnica
per
tenere
le
redini
prevede
l’utilizzo
di
una
sola
mano,
così
da
avere
l’altra
libera
per
far
volteggiare
il
lazo
vorticosamente
in
aria;
tale
tecnica
è
chiamata
neck
reining.
L’equipaggiamento
dei
primi
cowboy
era
ispirato
a
quello
dei
vaquero
spagnoli.
La
necessità
di
indossare
un
abbigliamento
comodo
e
funzionale
era
data
dalle
molte
ore
passate
a
cavallo:
nella
sella,
per
esempio,
gli
staffili
erano
più
lunghi,
se
paragonati
a
quelli
della
monta
inglese,
così
da
permettere
al
cowboy
l’estensione
massima
delle
gambe
durante
la
lunga
giornata
in
sella;
di
conseguenza
anche
le
staffe
dovevano
essere
più
larghe
rispetto
alla
sella
inglese
da
salto.
Inoltre
la
sella
era
resistente
tanto
da
permettere
di
avere
un
vitello
legato
al
pomello.
Con
il
trascorrere
del
tempo
la
competizione
tra
i
rancher
per
dimostrare
l’abilità
del
proprio
cavallo
si
trasformò
in
vere
e
proprie
gare,
i
rodeo.
Nel
1949
il
reining
fu
riconosciuto
come
sport
dall’American
Quarter
Horse
Association
(AQHA),
che
è la
più
importante
organizzazione
delle
discipline
equestri
americane,
con
più
di
320.000
di
tesserati
e
oltre
quattro
milioni
di
cavalli.
Nel
1966
fu
fondata
la
National
Reining
Horse
Association,
che
attualmente
conta
circa
15.000
di
membri,
ma
solo
nel
2000
la
Federazione
Equestre
Internazionale
ha
riconosciuto
ufficialmente
il
reining
come
disciplina
equestre,
l’unica
a
monta
western
a
far
parte
delle
specialità
dei
World
Equestrian
Games.