N. 141 - Settembre 2019
(CLXXII)
il regno di bretagna
la
spina
nel
fianco
della
Francia
Carolingia
-
parte
ii
di
Roberto
Conte
Nominoë
restò
fedele
a
Ludovico
sino
alla
sua
morte,
nell’840,
e
rese
omaggio
anche
al
figlio
e
successore,
come
re
dei
Franchi
Occidentali,
Carlo
il
Calvo,
ma
dopo
poco
tempo
iniziò
a
smarcarsi
dal
controllo
di
quest’ultimo
e
sotto
la
sua
guida
ripresero
le
tradizionali
incursioni
bretoni
su
Rennes,
Nantes
e
l’intera
regione
del
Maine.
Già
nell’843
il
conte
di
Nantes
Rinaldo
passò
all’azione
contro
i
ribelli,
sotto
il
comando
di
Erispoë,
primogenito
di
Nominoë,
che
in
quel
periodo
giaceva
malato.
I
Franchi
ottennero
un
primo
successo
a
Messac,
ma
poi
Erispoë,
grazie
al
sostegno
di
Lamberto
II,
che
era
stato
esautorato
dal
re
proprio
della
contea
di
Nantes,
sorprese
e
distrusse
l’esercito
invasore
a
Blain,
il
24
maggio,
uccidendo
lo
stesso
Rinaldo.
Nell’845
Carlo
il
Calvo
in
persona
riunì
un’armata
di
3.000
uomini
e
avanzò
per
punire
i
riottosi
bretoni.
Questi
ultimi,
dal
canto
loro,
dovevano
essere
molto
meno
numerosi,
forse
circa
un
migliaio,
ma
Nominoë
poteva
contare
sulla
perfetta
conoscenza
del
terreno
e
sull’estrema
mobilità
della
sua
cavalleria
leggera,
formata
da
lanciatori
di
giavellotto
che
riuscivano
a
tormentare
gli
avversari
senza
mai
giungere
a un
combattimento
corpo
a
corpo:
fu
così
che
la
battaglia
nella
piana
di
Ballon,
presso
Redon,
il
22
novembre,
terminò
con
una
completa
vittoria
per
i
Bretoni.
Pressato
anche
dalle
sempre
più
devastanti
incursioni
vichinghe,
Carlo
fu
costretto
l’anno
seguente
a
riconoscere
l’indipendenza
della
Bretagna
e
Nominoë
come
suo
signore,
anche
se
egli
non
prese
mai
il
titolo
di
re,
mantenendo
ufficialmente
quello
di
dux.
Anche
nel
Cartolario
di
Redon
appare
sempre
con
la
qualifica
di
dux
o
princeps,
tuttavia
Reginone
di
Prüm,
che
scrive
alla
fine
del
IX
secolo,
gli
attribuisce
la
carica
di
rex,
evidenziando
probabilmente
un
dato
di
fatto.
Come
suo
primo
problema,
il
nuovo
monarca
si
trovò
a
dover
far
fronte
ai
micidiali
attacchi
dei
pirati
vichinghi,
che
stavano
mettendo
in
ginocchio
tutta
l’Europa
nord-occidentale,
e in
questo
compito
ebbe
meno
fortuna,
poiché
fu
da
loro
sconfitto
per
ben
tre
volte
nell’847
e
riuscì
ad
allontanarli
dai
suoi
territori
solo
versando
loro
un
ingente
tributo.
Sistemata,
almeno
temporaneamente,
la
questione
con
i
Normanni,
Nominoë
poté
tornare
a
dedicarsi
al
suo
obiettivo
principale,
cioè
a
emanciparsi
completamente
dal
controllo
carolingio.
Quest’ultimo
si
basava
in
gran
parte
sui
vescovi
delle
principali
diocesi
bretoni
(Quimper,
Vannes,
Dol,
Saint-Pol-de-Leon),
dipendenti
dall’arcidiocesi
di
Tours
e
fedelissimi
dei
sovrani
franchi.
Nominoë
inviò
nell’848
l’abate
di
Redon
Conwoïon
da
papa
Leone
IV
allo
scopo
di
chiedere
la
destituzione
dei
prelati
e la
loro
sostituzione
con
elementi
di
chiara
origine
bretone,
ma,
per
quanto
il
pontefice
riservasse
una
buona
accoglienza
alla
delegazione,
non
si
volle
sbilanciare
e
demandò
la
soluzione
del
problema
a un
sinodo
di
dodici
vescovi
da
tenersi
in
futuro.
A
questo
punto
il
sovrano
decise
di
risolvere
la
questione
con
un
atto
di
forza
e
nell’aprile
dell’849,
nel
corso
di
un’assemblea
a
Coët
Louh,
fece
deporre
i
vescovi
Suzannus
di
Vannes,
Felix
di
Quimper,
Salcon
di
Dol
e
Liberalis
di
Leon
con
l’accusa
di
simonia
e li
rimpiazzò
con
uomini
a
lui
devoti;
al
tempo
stesso
riprese
le
sue
operazioni
militari
contro
Carlo
il
Calvo,
in
quel
mentre
impegnato
contro
i
ribelli
aquitani.
I
Bretoni
avanzarono
sino
alla
città
di
Angers,
di
cui
presero
possesso;
ritiratisi
poi
di
fronte
alla
spedizione
punitiva
dei
Franchi,
che
misero
a
ferro
e
fuoco
il
loro
territorio,
l’anno
successivo
tornarono
all’attacco,
presero
e
distrussero
Rennes
e
Nantes
e
strinsero
alleanza
con
Lamberto
II,
nuovamente
conte
di
quest’ultima
città.
Ormai
privo
di
validi
oppositori,
nell’851
Nominoë
penetrò
ancor
più
in
profondità
in
territorio
franco,
spingendosi
sino
alle
porte
di
Le
Mans,
ma
qui
venne
inopinatamente
a
morte,
colpito
dal
cielo,
secondo
il
Chronicon
Sancti
Maxentii
Pictavensis
(a.
851),
per
volontà
divina
secondo
Reginone
di
Prüm
(a.
851).
Esecrato
da
tutti
i
cronisti
franchi,
che
lo
dipinsero
come
un
tiranno
più
che
come
un
re,
Nominoë
fu
invece
considerato
un
eroe
ed
il
padre
della
patria
dai
Bretoni,
e di
certo
fu
il
vero
fondatore
del
loro
stato.
A
lui
successe
Erispoë,
che
si
trovò
a
dover
affrontare
la
controffensiva
di
Carlo
il
Calvo,
alla
testa
di
un
esercito
valutato
a
3/4.000
uomini;
tra
di
essi
c’era
anche
un
reparto
di
mercenari
sassoni,
che
il
carolingio,
memore
della
giornata
di
Ballon,
intendeva
impiegare
per
contrastare
la
cavalleria
leggera
nemica,
contro
la
quale
essi
erano
particolarmente
specializzati.
I
difensori
sembrano
esser
stati
appena
un
migliaio,
ma
il
nuovo
sovrano
riuscì
a
mettere
in
scacco
i
Franchi
attuando
una
tattica
da
guerriglia,
con
la
sua
cavalleria
leggera
che
attaccava
da
lontano
con
i
giavellotti
gli
avversari
pesantemente
armati,
senza
accettare
lo
scontro
corpo
a
corpo.
Di
fronte
a
questa
tattica,
i
Sassoni
ripiegarono
oltre
le
linee
franche,
che
gettarono
nello
scompiglio,
e in
questo
modo,
il
22
agosto
851,
Erispoë
riuscì
a
sconfiggere
gli
invasori
nella
battaglia
di
Jengland,
probabilmente
presso
l’attuale
Beslè;
tra
i
caduti
in
quello
scontro
ci
furono
anche
il
conte
di
Tours
Vivien
ed
il
conte
palatino
Hilmerad.
In
settembre
Carlo
dovette
concludere
ad
Angers
un
accordo
di
pace
con
il
quale
non
solo
riconosceva
la
piena
sovranità
di
Erispoë
sul
suo
popolo,
concedendogli
anche
le
insegne
reali,
ma
gli
cedeva
inoltre
le
contee
di
Rennes
e di
Nantes
e il
Pays
de
Retz,
portando
così
la
Bretagna
ai
confini
attuali.
Il
carolingio,
tuttavia,
fece
tali
concessioni
solo
perché
costretto
dagli
eventi,
e
non
perse
la
volontà
di
riaffermare
il
proprio
pieno
dominio
sulla
penisola
bretone.
In
questa
ottica
può
essere
considerata
la
sua
concessione
nell’852
delle
contee
di
Nantes
e
Rennes
e
del
Pays
de
Retz,
cioè
dei
territori
appena
passati
sotto
il
controllo
di
Erispoë,
al
cugino
di
quest’ultimo,
Salamun
(Salomone),
figlio
del
conte
di
Poher
Riwallon:
probabilmente
questa
mossa
mirava
a
dare
vita
a
una
sorta
di
contropotere
all’interno
della
Bretagna,
per
poi
sfruttare
le
probabili
tensioni
che
si
sarebbero
venute
a
creare.
Nell’immediato,
tuttavia,
non
sembra
che
tra
i
due
parenti
si
manifestassero
contrasti
palesi.
Come
per
suo
padre,
Erispoë
dovette
presto
vedersela
con
gli
incursori
vichinghi,
che
del
resto
in
quel
periodo
costituivano
il
problema
principale
di
tutta
l’Europa
nord-occidentale.
A
questo
proposito,
egli
potè
avvalersi
dell’alleanza
stipulata
da
suo
padre
con
il
re
di
Danimarca
Horik
I.
Quando,
nell’853,
una
banda
di
pirati
norvegesi
saccheggiò
e
prese
possesso
di
Nantes,
chiese
e
ottenne
l’appoggio
di
Cedric,
figlio
del
re
scandinavo,
e
insieme
a
lui
assediò
i
Vichinghi
nell’isola
di
Biece,
costringendoli
alla
resa
e al
pagamento
di
un’indennità.
Allontanata,
almeno
per
il
momento,
la
minaccia
delle
razzie
scandinave,
Erispoë
si
impegnò
a
regolarizzare
ulteriormente
i
rapporti
con
la
dinastia
carolingia:
avendo
ottenuto
il
riconoscimento
ufficiale
della
sua
sovranità
sulla
Bretagna
e le
contese
contee
di
Nantes
e
Rennes,
pensò
di
legarsi
più
solidamente
alla
monarchia
francese
per
mezzo
di
un
matrimonio.
A
tal
scopo,
nell’856
tornò
ad
incontrarsi
con
Carlo
il
Calvo
a
Louviers
e
concordò
con
lui
il
fidanzamento
tra
una
sua
figlia
e
Luigi
il
Balbo,
figlio
e
erede
di
Carlo,
per
il
quale
venne
creato
il
ducato
di
Le
Mans.
Questo
riavvicinamento
non
piacque
a
una
parte
dell’aristocrazia
bretone,
e in
particolare
a
Salamun,
che
vedeva
messi
in
pericolo
i
propri
possedimenti
neustriani.
Venne
organizzato
un
complotto
contro
il
sovrano,
e il
2
novembre
857
lo
stesso
Salamun,
aiutato
da
un
altrimenti
ignoto
Alcmar,
aggredì
e
assassinò
suo
cugino
sull’altare
della
chiesa
di
Talensac,
facendosi
subito
dopo
incoronare
re
di
Bretagna.
Nonostante
il
sacrilego
omicidio,
non
sembra
che
il
nuovo
sovrano
abbia
incontrato
alcuna
opposizione
alla
sua
ascesa
al
potere.
Forse
anche
nel
tentativo
(a
quanto
pare
riuscito,
visto
che
in
seguito
fu
persino
canonizzato)
di
pulire
questa
macchia
sulla
sua
reputazione,
egli
fu
particolarmente
generoso
nei
confronti
di
chiese
e
monasteri,
fondandone
anche
altri,
e
accettò
di
reintegrare
i
vescovi
deposti
da
Nominoë,
pur
continuando
a
tentare
di
rendere
indipendente
la
chiesa
bretone
dall’arcivescovo
di
Tours.