N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
reginald pole
il "quasi papa" che avrebbe cambiato la cristianità
di Lawrence F.B. Sudbury
Esistono,
a
volte,
momenti
e
figure
importanti
nella
storia
del
Cristianesimo
che,
per
oscure
(o
meno
oscure,
se
legate
alla
politica
ecclesiastica)
ragioni,
dopo
aver
rappresentato
punti
di
svolta
(possibili
o
effettivi)
nello
sviluppo
della
fede,
vengono,
in
qualche
modo,
dimenticati
o
relegati
al
rango
di
"conoscenze"
per
specialisti.
Certamente,
all'interno
di
questa
seconda
categoria
si
colloca
la
storia
dell'uomo
che,
in
piena
età
controriformistica,
è
stato
vicinissimo
a
mutare
completamente
il
volto
della
Cristianità:
il
Cardinale
Arcivescovo
di
Canterbury
Reginald
Pole.
Per
capire
quale
avrebbe
potuto
essere
il
ruolo
di
quest'uomo
nel
cambiare
radicalmente
la
visione
di
un
mondo
cristiano
europeo
occidentale
diviso
da
una
netta
demarcazione
tra
Cattolicesimo
e
Protestantesimo,
dobbiamo
iniziare
il
nostro
racconto
in
medias
res.
È il
29
novembre
del
1549
e
Papa
Paolo
III
è
morto
da
pochi
giorni.
Il
suo
successore
sarà
famigerato
Giovanni
del
Monte,
eletto
il 7
febbraio
1550
e
salito
al
soglio
come
Giulio
III.
Tra
il
29
novembre
e il
7
febbraio
ci
69
giorni:
tanti
ne
durò
il
secondo
più
lungo
conclave
del
XVI
secolo
e
tale
lunghezza
fu
dovuta
non
tanto
al
numero
inusitato
di
cardinali
presenti
(con
un
picco
di
51,
mai
più
raggiunto
in
seguito),
quanto
al
loro
essere
legati
a
tre
fazioni
contrapposte,
rispettivamente
facenti
capo
a
Enrico
II
di
Francia,
Carlo
V
del
Sacro
Romano
Impero
e
Alessandro
Farnese,
il
cardinale-nipote
di
Paolo
III,
e a
divergenze
sia
di
natura
più
o
meno
ecclesiastica
(in
particolare
se
il
Concilio
di
Trento
dovesse
riprendere,
come
desiderava
Carlo
V o
fosse
da
sospendere
come,
per
ragioni
antiasburgiche,
sosteneva
Enrico
II)
che
chiaramente
legate
ad
interessi
personali
(come
la
destinazione
dei
ducati
di
Parma
e
Piacenza
che
facevano
gola
sia
a
Carlo
V
che
ai
Farnese).
Tra
i
papabili,
ogni
fazione
sostiene
le
sue
candidature:
i
favoriti
di
Enrico
II
sono
Louis
de
Bourbon
de
Vendôme,
Jean
de
Lorraine,
e
Georges
d'Amboise
ma
l'idea
di
un
papa
francese
è
inaccettabile
per
gli
Asburgo
e
Enrico
ripiega
sul
sostegno
del
cardinale
protettore
di
Francia
che
viene
dalla
famiglia
d'Este;
Caterina
de
Medici
vorrebbe
vedere
salire
al
soglio
il
cugino
Giovanni
Salviati,
la
cui
candidatura
è,
però,
assolutamente
inaccettabile
per
la
fazione
imperiale
e
per
i
Farnese,
mentre
Carlo
V,
che
trova
inaccettabili
tutti
i
cardinali
francesi
così
come
Salviati,
Nicolò
Ridolfi,
e
Giovanni
Maria
Ciocchi
del
Monte
e
Marcello
Cervini
degli
Spannocchi
(i
due
prelati
responsabili,
in
funzione
antitedesca,
del
trasferimento
del
Concilio
di
Trento
a
Bologna)
favorisce
Juan
Álvarez
de
Toledo
e,
in
seconda
battuta,
l'outsider
inglese
Reginald
Pole.
A
molti
il
nome
di
Pole
potrebbe
anche
andare
bene,
ma
ai
francesi
(l'uomo
è di
mentalità
troppo
aperta,
troppo
propensa
a
trovare
accordi
di
pacificazione
con
i
Protestanti
e,
proprio
mentre
la
Francia
è
nel
pieno
dei
suoi
attacchi
all'eresia
ugonotta
che
si
sta
infiltrando
all'interno
dei
suoi
confini,
un
papa
di
questo
genere
non
è
davvero
pensabile)
e
agli
italiani
(si
tratta
pur
sempre
di
uno
straniero
e,
per
di
più,
in
odore
di
eresia)
no.
Così,
quando,
dopo
qualche
giorno
di
trattative,
il
primo
scrutinio
ha
luogo
(il
4
dicembre)
e
spagnoli
e
tedeschi
arrivano
a
due
soli
voti
dall'elezione
di
Pole,
che
riceve
26
voti,
l'ambasciatore
francese
si
presenta
alla
porta
del
Conclave
e
informa
il
Maestro
di
Cerimonie
(probabilmente
Giovanni
Francesco
Firmano)
di
aver
avuto
notizia
che
alcuni
cardinali
francesi
(inviati
in
tutta
fretta
da
Enrico
II)
si
erano
imbarcati
a
Marsiglia
ma
erano
stati
costretti,
per
il
maltempo,
a
fermarsi
sull'isola
di
Corsica
e
chiede
che
i
cardinali
rinviino
la
votazione
successiva
fino
alla
fine
della
settimana
per
dare
il
tempo
ai
cardinali
francesi
di
aderire
al
Conclave
(più
che
una
richiesta
si
tratta
di
una
vera
e
propria
minaccia
di
protesta
ufficiale
e di
invalidamento
del
conclave
nel
caso
di
risposta
negativa).
Il
Maestro
di
Cerimonie
fa
pervenire
al
presidente
del
conclave,
cardinale
de
Cupis,
la
minaccia
e
questi
riporta
il
messaggio
francese
al
collegio
cardinalizio,
ma
la
cosa
serve
a
poco,
visto
che
gli
asburgici,
ansiosi
di
nominare
il
cardinale
Pole
papa,
tentano
quella
sera
stessa
di
proclamarlo
"per
adorazione",
ma
qui
è lo
stesso
Pole
che,
ritenendo
la
procedura
non
valida,
si
schermisce
e
rifiuta.
A
questo
punto
entra
in
gioco
il
cardinale
Carafa,
il
Grande
Inquisitore
(dal
1542),
che
inizia
ad
aggirarsi
per
il
conclave
affermando
che
"da
fonti
certe"
sa
che
il
Cardinale
Pole
è
stato
toccato
dal
Luteranesimo:
in
un
momento
in
cui
gli
animi
sono
esacerbati,
questa
accusa
ha
una
grande
presa
anche
su
alcuni
asburgici:
nel
secondo
scrutinio
i
voti
di
Pole
passano
a
25,
nel
terzo
a 22
con
due
adesioni,
nel
quarto
a 22
con
tre
adesioni,
nel
quinto
a 23
e
nel
sesto
a
21,
ma
ne
frattempo
sono
arrivati
i
"rinforzi
francesi"
e la
candidatura
di
quello
che
sarebbe
stato
il
secondo
papa
inglese
della
storia
tramonta
definitivamente.
Ci
vorranno
oltre
50
altri
scrutini
prima
che
i
cardinali
(che
nella
votazione
finale,
per
vari
motivi,
sono
scesi
a
44)
si
accordino
sul
nome
di
Giovanni
del
Monte,
paradossalmente
ritenuto
un
papa
di
accomodamento
e
transizione
e,
soprattutto,
così
abile
da
far
pensare
a
ciascuna
fazione
di
essere
contro
le
altre
due.
Ma,
a
questo
punto,
dobbiamo
chiederci
chi
fosse
questo
cardinal
Pole
e
quanto
ci
potesse
essere
di
vero
nelle
accuse
del
Carafa.
In
realtà,
possiamo
già
anticipare
che
si
trattava
di
accuse
precipuamente
politiche
e
che
il
"problema"
di
Pole
era,
più
che
altro,
quello
di
avere
una
mente
aperta,
un
buon
grado
di
tolleranza
(per
l'epoca)
e,
soprattutto,
di
essere
naturalmente
portato
all'accettazione
della
mentalità
umanistica
di
cui
si
era
nutrito
fin
dalla
giovinezza.
Per
comprendere
tutto
ciò
e le
ragioni
che
lo
portarono
così
vicino
al
soglio
pontificio,
dobbiamo
ripercorrere
brevemente
i
tratti
salienti
della
sua
esistenza.
Nato
nel
marzo
del
1500
al
Castello
di
Stourton
nello
Staffordshire
da
genitori
appartenenti
all'altissima
nobiltà
inglese
(la
madre
era
di
sangue
reale),
Reginald
diviene
fin
dall'infanzia,
per
la
sua
vivissima
intelligenza,
un
pupillo
di
Enrico
VIII,
che
arriva
persino
a
sovvenzionarne
l'educazione
con
lasciti
annui
notevoli
(fino
12
sterline,
una
cifra
notevole
per
l'epoca,
donati
per
il
suo
mantenimento
a
scuola
nel
1512).
Inviato
a
Oxford,
dove
si
mantiene
con
la
pensione
che
il
re,
l'8
giugno
1513,
ordina
al
priore
di St.Frideswide
di
dargli
come
se
fosse
un
impiegato
di
nomina
reale,
Reginald
si
laurea
nel
giugno
1515
e,
sebbene
ancora
laico,
ottiene
prebende
della
chiesa
collegiata
di
Wimborne
Minster
e
della
cattedrale
di
Salisbury.
Insomma,
fino
a
questo
punto,
nulla
di
strano
per
un
cadetto
nobile
e un
pupillo
reale.
Nel
febbraio
del
1521,
dietro
sua
richiesta,
il
giovane
Pole
diventa
inviato
dal
re
per
l'Italia,
con
l'incredibile
stipendio
di
100
sterline
annue.
A
Padova,
nel
maggio
-
giugno
di
quell'anno,
entra
in
amicizia
con
alcuni
dei
grandi
umanisti
che
ivi
risiedono
(Longolius,
Bembo,
Leonicus
e il
suo
connazionale,
Thomas
Lupset)
e
inizia
una
corrispondenza
con
Erasmo
da
Rotterdam,
il
quale
gli
spiega
(ottenendo,
ed è
un
dato
piuttosto
importante,
pareri
favorevoli
dal
giovane
erudito)
le
teorie
di
Jan
Łasky
(Johannes
a
Lasco),
il
riformatore
polacco
che,
allontanatosi
progressivamente
dal
cattolicesimo,
sarebbe
poi
giunto
a
riorganizzare
la
Chiesa
riformata
sulla
base
di
valori
discordanti
rispetto
a
quelli
del
luteranesimo
e,
al
ritorno
nella
natia
Polonia
dopo
molti
anni
di
esilio,
sarebbe
riuscito
a
gettare
le
basi
dell'intesa
delle
confessioni
protestanti
del
suo
Paese
(Calvinisti,
Luterani
e
Fratelli
boemi)
nel
cosiddetto
"accordo
di
Sandomierz"
(1572).
Tornato,
dopo
un
soggiorno
a
Roma,
in
Inghilterra
nel
1527,
Reginald
continua
la
sua
"vita
da
eletto"
e,
ancora
senza
voti,
viene
eletto
decano
di
Exeter.
Nel
1529,
ansioso
di
evitare
di
essere
immischiato
nella
disputa
tra
il
re e
la
regina
Caterina,
ottiene,
con
qualche
difficoltà,
il
permesso
reale
di
proseguire
i
suoi
studi
a
Parigi
ma
qui
riceve
l'ordine
di
Enrico
di
ottenere
dall'università
pareri
favorevoli
sul
il
divorzio
da
lui
progettato:
Reginald
si
schermisce
ma
il
re
insiste
(affiancandogli
Edward
Fox)
e,
alla
fine,
soprattutto
grazie
al
parere
favorevole
di
Francesco
I,
riesce
nel
suo
intento.
Nel
1530
torna
a
casa
e
gli
vengono
offerti
in
alternativa
l'arcivescovado
di
York
o il
vescovado
di
Winchester
(il
re
voleva
sostenitori
del
suo
divorzio
nei
ruoli
chiave
ecclesiastici)
ma,
comprendendo
le
vere
motivazioni
reali
(ed
essendo
intimamente
contrario
al
divorzio),
il
giovane
pupillo
di
Enrico
rifiuta,
arrivando
a
litigare
con
il
suo
protettore
e a
scrivere
un
trattato
(oggi
perduto)
"contrario
agli
scopi
reali".
Sia
il
disaccordo
con
Enrico
sia
la
profonda
antipatia
che
prova
verso
il
leader
del
parlamento
Oliver
Cromwell
lo
inducono
a
chiedere
(con
insistenza
e
quasi
ricattando
il
re
con
l'idea
che
se
avesse
dovuto
frequentare
il
parlamento
avrebbe
parlato
secondo
la
sua
coscienza)
un
trasferimento
all'estero
che
gli
viene
concesso
a
inizio
1532:
Reginald
è
prima
ad
Avignone
poi,
subito
dopo,
torna
a
Padova,
dove
riprende
gli
studi
di
latino
e
greco,
inizia
a
dedicarsi
alla
teologia
(radicalizzando
la
sua
opinione
contro
il
divorzio,
come
appare
chiaro
da
una
epistola
inviata
al
suo
ex-protettore)
e,
durante
alcuni
dei
numerosi
viaggi
a
Venezia,
fa
amicizia
con
Gaspare
Contarini
e
Ludovico
Priuli.
Il
suo
volontario
"esilio
dorato"
è
rotto
nel
1535
quando
Carlo
V
gli
chiede,
dopo
il
matrimonio
di
Enrico
con
Anna
Bolena
e
l'atto
di
diseredazione
di
Mary
Tudor,
di
mediare
a
favore
di
Mary
e
Pole,
ansioso
di
evitare
ogni
possibilità
di
una
guerra
civile
in
Inghilterra,
accetta.
Nel
frattempo,
però,
Enrico
aveva
già
chiesto
un
parere
a
Pole
riguardo
al
fatto
se
la
supremazia
papale
fosse
una
istituzione
divina
e lo
aveva
chiesto
tramite
una
lettera
scritta
dal
suo
segretario Starkey:
Pole
si
era
preso
tempo
per
riflettere
ma
Starkey
aveva
ritenuto
opportuno
dare
al
re
qualche
indicazione
sui
punti
di
vista
politici
generali
del
giovane
umanista
con
un
"Dialogo"
nel
quale
Pole
appare
come
una
sorta
di
riformatore
e
che,
per
la
sua
genericità
non
piacque
per
nulla
al
re
(che
fece
scrivere
da
Cromwell
una
lettera
di
sollecito
al
suo
ex
protetto,
il
quale
rispose
con
un
trattato,
mai
terminato,
dal
titolo
'Pro
Ecclesiasticae
Unitatis
Defensione',
completamente
contrario
alle
decisioni
reali).
Pole
era,
tra
l'altro,
già
stato
chiamato,
su
sollecitazione
di
Gaspare
Contarini,
divenuto
cardinale,
a
far
parte
di
una
commissione
per
l'istituendo
Concilio
generale
e
papa
Paolo
III,
venuto
a
conoscenza
della
posizione
di
Pole,
nel
1536
lo
convocò
a
Roma
e lo
nominò
(contro
la
volontà
del
giovane
nobile
inglese
che
temeva
per
la
sua
famiglia
in
patria)
diacono
e
cardinale,
per
poi,
nel
febbraio
successivo,
dargli
il
titolo
di
legato
pontificio
in
Inghilterra.
Come
legato
Pole
venne
subito
spedito
in
patria
portando
con
sé
del
denaro
con
il
quale,
si
pensava,
avrebbe
potuto
incoraggiare
i
ribelli
del
nord
del
Paese
contro
Enrico
VIII
ma
il
giovane
cardinale,
durante
il
viaggio,
decise
di
fare
appello
a
Francesco
I,
alleato
di
Enrico,
perché
esortasse
il
re
inglese
a
tornare
alla
chiesa
romana
come
la
sua
unica
salvezza.
Pole,
però,
giunse
a
Lione
nel
momento
sbagliato,
quando
Enrico VIII
aveva
schiacciato
la
ribellione
del
nord
e,
soprattutto,
quando
Francesco
I e
l'imperatore
erano
in
guerra,
e
nessuno
dei
due
voleva
offendere
Enrico,
cosicché
il
legato
pontificio
venne
trattenuto
in
attesa
a
Cambray
per
più
di
un
mese
e
solo
un
salvacondotto
di
Maria
d'Ungheria,
reggente
dei
Paesi
Bassi,
gli
permisee
di
potersi
spostare
a
Liegi
e,
da
lì,
tornare
a
Roma.
Qui
rimase
fino
alla
primavera
1538,
quando
accompagnò
Paolo
III
al
vertice
di
Nizza
tra
Francesco
I e
Carlo
V,
occasione
durante
la
quale
ebbe
modo
di
conoscere
personalmente
e
intrattenersi
con
l'imperatore.
Tornato
a
Padova,
Pole
riceve
la
notizia
dell'arresto
in
Inghilterra
di
suo
fratello
Sir
Geoffrey
e,
in
seguito,
a
Roma
quello
dell'arresto
dell'altro
fratello,
Lord
Montague,
di
sua
madre
e di
alcuni
amici.
Il
27
dicembre,
per
paura
dei
sicari
di
Enrico
lascia
Roma
per
Barcellona
e,
da
qui,
raggiunge
a
Toledo,
nel
febbraio
1539,
l'imperatore
che
rifiuta
più
volte
di
consegnarlo
all'ambasciatore
inglese.
Nell'estate
seguente
è a
Carpentras,
in
territorio
papale
francese
(a,
ancora
una
volta,
Francesco
I
rifiuta
di
riceverlo)
e
qui
viene
a
conoscenza
della
esecuzione
della
madre,
cosa
che
lo
deprime
a
tal
punto
che
è
per
lui
uno
sforzo
immane
tornare
a
Roma
nel
1540
per
ricevere
dal
Papa
l'assegnazione
della
legazione
(cioè
del
governo
temporale)
di
Viterbo,
città
nella
quale
diviene
protettore
del
"circolo
degli
Spirituali",
i
membri
della
Curia
Romana
in
dissenso
marcato,
anche
sul
piano
dottrinale,
con
la
tradizione
ecclesiastica
e
che
premevano
per
una
radicale
riforma
della
Chiesa:
del
circolo
facevano
parte,
tra
gli
altri,
il
cardinale
Giovanni
Morone,
il
protonotario
apostolico
Pietro
Carnesecchi,
le
gentildonne
Vittoria
Colonna
e
Giulia
Gonzaga,
l'artista
Michelangelo
Buonarroti,
e,
ovviamente,
il
principale
animatore
del
circolo,
il
mistico
spagnolo
Juan
de
Valdés,
vicino
alle
dottrine
luterane.
E'
il
1541
quando
Contarini,
inviato
dal
papa
alla
dieta
a
Ratisbona,
si
consiglia
con
Pole,
il
quale
dice
chiaramente
di
apprezzare
il
fatto
che
il
cuore
della
controversia
stia
nella
dottrina
della
giustificazione,
sulla
quale
le
sue
opinioni
personali
non
sono
dissimili
da
quelle
di
Lutero
e di
ritenere
che
la
frattura
non
sia
insanabile:
è il
massimo
livello
di
comprensione
e
tolleranza
che
un
cardinale
di
Santa
Romana
Chiesa
dimostri
verso
il
Protestantesimo
da
lì
ai
400
anni
successivi
ed è
proprio
su
questo
che
Carafa
si
appiglierà
per
le
sue
rimostranze
conciliari.
Ciò,
però,
non
significa
minimamente
che
Pole
si
sia
mai
allontanato
dal
Cattolicesimo,
tanto
che
nel
1542
fu
uno
dei
tre
legati
nominati
dal
papa
per
aprire
il
Concilio
di
Trento,
a
cui
partecipo
fino
a
che,
durante
la
sessione
riguardante
la
giustificazione
per
fede,
non
dovette
abbandonare
i
lavori
per
un
attacco
di
febbre
reumatica
(e
non
pochi
furono
i
commenti
maligni
riguardanti
una
possibile
"malattia
diplomatica").
Tornò
a
Roma
il
16
novembre
con
il
permesso
del
papa,
e
qui,
nel
gennaio
1547,
venne
a
sapere
della
morte
di
Enrico
VIII,
iniziando
a
sperare
che
il
papa
fosse
disposto
ad
una
alleanza
con
Carlo
V
per
recuperare
l'Inghilterra
travolta
dallo
scisma,
tanto
che
arrivò
a
scrivere
al
Privy
Council
(che
rifiutò
di
ricevere
il
suo
messaggero)
per
implorare
una
riappacificazione
con
la
Chiesa
Cattolica
e,
in
seguito,
a
inviare
il
suo
più
fido
collaboratore
per
parlamentare
(inutilmente)
con
il
Lord
Protector
e a
mandare
per
tutto
il
1549
messaggi
(inascoltati)
alle
più
influenti
autorità
inglesi.
Arriviamo,
così,
alla
morte
di
Paolo
III
e al
successivo
conclave.
Possiamo
pensare
che
Pole
sperasse
nell'elezione?
È
difficile
dirlo.
Certamente
tutti
i
pronostici
erano
a
suo
favore
e
certamente
aveva
già
redatto
un
trattato,
'De
Summo
Pontifice,'
sui
poteri
e
doveri
dell'ufficio
papale
(mentre
pare
dubbio
che
avesse
già
scritto
una
orazione
di
ringraziamento
ai
cardinali,
come
sostenuto
da
alcuni),
ma
abbiamo
già
visto
che,
quando
ebbe
occasione
di
occupare
il
soglio
con
una
sorta
di
"colpo
di
mano",
rifiutò
per
scrupolo
di
coscienza.
Di
fatto,
il
nuovo
papa,
che
non
aveva
favorito
la
candidatura
di
Pole,
rimase
molto
toccato
dal
suo
disinteresse,
tanto
che
gli
assegnò
una
rendita
e lo
volle
come
uno
dei
redattori
del
documento
ripresa
dei
lavori
tridentini.
Quando
il
Concilio
viene
bruscamente
sospeso
nel
mese
di
aprile
1552
in
conseguenza
della
guerra
in
Europa,
Pole,
ansioso
di
restare
fuori
dalla
crisi,
va,
praticamente,
in
pensione
con
il
permesso
del
papa
e,
nella
primavera
del
1553,
lo
troviamo
al
monastero
di
Maguzzano
sul
Lago
di
Garda,
dove
scrive
una
'Pro
Defensione'
per
esprimere
il
suo
parere
su
tutta
la
vicenda
relativa
a
Enrico
VIII
e
alle
persistenti
voci
di
una
sua
eresia
luterana.
In
seguito
riporta
il
testo
in
forma
di
lettera
a
Edoardo
VI,
che,
però,
muore
prima
di
riceverla.
Tutto
quello
che
segue
risulta
puramente
politico:
Mary
Tudor
("Maria
la
sanguinaria")
ascende
al
trono
d'Inghilterra
e
Pole
affretta
il
suo
ritorno
dall'esilio,
riesumando
la
sua
antica
carica
di
"Legato
Pontificio
in
Inghilterra"
(che
ricopre
fino
al
1557),
sebbene
Maria
e
l'imperatore
Carlo
V
ritardino
il
suo
rimpatrio
fino
al
20
novembre
1554
temendo
che
l'influente
cardinale
possa
opporsi
all'imminente
matrimonio
della
regina
con
il
figlio
di
Carlo,
Filippo
di
Spagna.
Come
legato
pontificio,
Pole
negozia
una
dispensa
papale
che
consente
ai
nuovi
proprietari
di
terre
monastiche
confiscate
di
mantenere,
con
il
permesso
del
parlamento,
i
possessi
acquisiti
contrariamente
a
quanto
disposto
dall'"Act
of
Heresy"
del
1555
.
Nonostante
ciò,
quando,
il
13
novembre
1555,
Cranmer
viene
ufficialmente
privato
del
Sede
di
Canterbury,
Maria
ordina
che
Pole,
finalmente
ordinato
sacerdote
il
20
marzo
1556,
venga
nominato
arcivescovo
di
Canterbury
due
giorni
dopo,
incarico
che
mantenne
fino
alla
sua
morte.
Come
massima
autorità
spirituale
d'Inghilterra,
il
cardinale
diventa
Cancelliere
delle
università
di
Oxford
e
Cambridge
(nel
1555
e
11556
rispettivamente)
e,
di
fatto,
primo
ministro
e
consigliere
della
regina.
In
questo
ruolo,
esistono
prove
concrete
che
cercasse
di
mitigare,
nonostante
le
sue
ormai
cagionevoli
condizioni
di
salute,
la
persecuzione
anti-anglicana
della
monarca,
concedendo,
dove
possibile,
numerose
grazie.
Ma
ormai
il
cardinal
Pole
era
vecchio
e
stanco:
morì
a
Londra
il
17
novembre
1558,
solo
dodici
ore
dopo
la
morte
della
regina
Maria,
lasciando
il
ricordo
di
un
uomo
sempre
fedele
alla
sua
coscienza,
ma,
soprattutto,
aperto
al
dialogo
e al
confronto,
lontano
da
ogni
dogmatismo
e
pronto
a
mettere
ogni
aspetto
della
chiesa,
di
cui
fu,
nonostante
dubbi
e
dicerie,
sempre
fedele
servitore,
in
discussione.
Impossibile
non
pensare
che
per
soli
due
voti
la
Cristianità
non
ebbe
un
papa
capace
di
cambiare
il
volto
della
storia.
Riferimenti
bibliografici:
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and
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