N. 59 - Novembre 2012
(XC)
Il dramma di una regina scozzese
la storia di Maria Stuart
di Sonia Favale
Maria
Stuart,
al
secolo
Maria
Stewart
(sarà
spiegato
più
avanti
il
motivo
della
variante
nel
suo
cognome),
personaggio
tragico
per
eccellenza
e
vittima
della
storia,
ha
ispirato
non
solo
il
poeta
tedesco
ma
tantissimi
altri
intellettuali,
valgano
come
esempio
Alfieri
e
Donizetti!
La
stessa
vita
della
regina
scozzese
si
presta
bene
ad
essere
oggetto
di
opere
teatrali,
dal
momento
che
sin
dall’inizio
fu
avventurosa
e
piena
di
colpi
di
scena
e
drammi.
Ma
chi
era
Maria
Stuart,
che
nonostante
la
storia
l'abbia
tramandata
come
personaggio
fragile
e
vittima
delle
strategie
di
potere
dell’epoca,
incantò
poeti
e
compositori
che
in
lei
individuarono
un’eroina
romantica?
Maria,
la
regina
degli
scozzesi,
era
figlia
di
Giacomo
V
Stewart
che
altri
non
era
se
non
il
figlio
di
Margherita
Tudor,
una
delle
due
figlie
di
Enrico
VII,
padre
del
più
celebre
Enrico
VIII.
Quando
Maria
nasce
nel
1542,
la
Scozia
è un
paese
rude
e
barbaro
in
cui
le
famiglie
si
riconoscono
in
clan
in
lotta
tra
di
loro.
La
chiesa
nazionale
scozzese
era,
inizialmente,
di
matrice
cattolica,
ma
come
nel
resto
d’Europa
e
specialmente
nella
vicinissima
Inghilterra,
c’era
chi
desiderava
eliminare
alcuni
errori
e
addirittura
seguire
l’esempio
dell’Inghilterra
e
troncare
i
legami
con
la
chiesa
di
Roma.
Fu
la
predicazione
calvinista,
tra
le
tante
dottrine
protestanti
dell’epoca,
ad
avere
la
meglio
sulle
coscienze
degli
scozzesi.
Maria,
dunque,
non
nacque
sotto
i
migliori
auspici,
tanto
che
la
sua
nascita
fu
segnata
dalla
morte
del
suo
stesso
padre.
Il
regno
che
Maria
neonata
(
divenne
regina
a
soli
due
giorni
di
vita)
ereditava
era
in
piena
bancarotta.
Sua
nonna,
Margherita
Tudor
e il
suo
secondo
marito,
il
conte
Angus,
avevano
dilaniato
le
risorse
economiche
del
paese,
tanto
che
Giacomo
V
cercò
di
risanare
le
finanze
con
un
matrimonio
vantaggioso.
Desiderio
di
Giacomo
V
era
quello
di
allontanare,
per
quanto
possibile
le
mire
espansionistiche
di
suo
zio
Enrico
VIII
dalla
Scozia.
Inoltre
la
posizione
dei
monarchi
della
dinastia
Stewart
nei
secoli
XV e
XVI
sembrava
in
pericolo
per
quanto
riguarda
le
questioni
dinastiche.
Dal
XIV
secolo,
sul
trono
scozzese,
non
c’era
stata
la
successione
al
trono
di
un
adulto;
si
erano
susseguiti
sette
re
minorenni
con
la
conseguenza
che
la
monarchia
si
era
indebolita
a
favore
dei
nobili.
Gli
Stewart
ambivano
ad
un
certo
distacco
dalla
nobiltà,
in
quanto
le
loro
origini,
se è
vero
che
non
erano
oscure
non
erano
neanche
regali.
Gli
Stewart
erano
primi
inter
pares
all’interno
della
nobiltà
scozzese!
La
dinastia
degli
Stewart
era
stata
fondata
da
Roberto
II
re
degli
scozzesi,
figlio
di
Walter
Stewart
e
Marjorie
Bruce,
figlia
di
Roberto
I re
di
Scozia.
Da
allora
l’albero
genealogico
si
arricchì
di
ulteriori
ramificazioni,
dando
vita
a
famiglie
Stewart
rivali
tra
di
loro
discendenti
da
figli
minori
e
figlie
dei
re.
Tra
le
famiglie
del
ceppo
Stewart
ricordiamo
i
Lennox,
che
adottarono
la
grafia
francese
Stuart,
che
venne
connessa
al
ramo
reale
grazie
al
matrimonio
di
Maria
con
Henry
Stuart,
lord
Darnley;
gli
Stewart
di
Atholl,
gli
Stewart
di
Traquair,
gli
Stewart
di
Blantyre
e
gli
Stewart
di
Ochiltree.
C’erano,
inoltre,
famiglie
nobili
che
si
erano
imparentate
con
gli
Stewart
attraverso
matrimoni.
Maria,
per
esempio,
chiamava
cugini
gli
Hamilton,
i
Gordon
e i
Campbell.
In
Scozia
le
parentele
tra
nobili
e la
corona
servivano
ad
indebolire
la
regalità
piuttosto
che
la
nobiltà.
Il
padre
di
Maria,
Giacomo
V,
era
intenzionato
a
rafforzare
la
sua
monarchia
e la
sua
discendenza
al
trono
attraverso
un
matrimonio
oltre
Manica.
La
sua
scelta
ricadde
su
una
principessa
francese.
Dopo
tante
trattative
concluse
il
suo
matrimonio
con
Madeleine,
figlia
del
re
Francesco
I di
Francia.
La
dote
della
fanciulla
e
l’allettante
idea
di
un’alleanza
con
Francesco
I
avevano
giocato
un
ruolo
importante
nella
scelta.
La
mano
della
giovane
e
fragile
principessa
era
stata
negata
al
re
scozzese
che,
in
realtà
si
era
recato
in
Francia
per
sposare
Maria,
figlia
del
duca
di
Vendome,
ma
dopo
aver
visto
Madeleine
nella
sua
acerba
giovinezza
e
nella
sua
bellezza
esile
e
delicata,
optò
per
la
mano
della
principessa.
Il
suo
matrimonio
durò
pochissimo.
La
rigidità
del
clima
scozzese,
come
lo
stesso
Francesco
I
aveva
immaginato,
tanto
da
non
essere
favorevole
al
matrimonio,
ebbe
un
effetto
fatale
sulla
giovane
Madeleine
che
morì
giovanissima
e
solo
dopo
pochi
mesi
di
matrimonio.
Occorreva
una
nuova
sposa
per
Giacomo
V e
soprattutto
che
fosse
in
grado
di
procreare.
La
sposa
scelta,
futura
madre
di
Maria,
fu
una
nobile
francese,
Maria
di
Guisa
appartenente
ad
una
ricca
e
forte
famiglia
(esattamente
della
Lorena).
Era
la
figlia
maggiore
del
duca
Claudio
e
sua
moglie
Antonietta
di
Borbone.
I
Guisa,
in
una
Francia,
che
come
altri
paesi
europei
si
apprestava
a
vivere
lo
spauracchio
delle
guerre
di
religione
tra
cattolici
e
ugonotti
(
così
erano
chiamati
i
protestanti
francesi
dal
nome
di
uno
dei
loro
più
convinti
capi:
Huges),
erano
profondamente
cattolici
e
giocheranno
un
ruolo
importante
in
Francia
per
molti
anni.
Maria
di
Guisa
era
una
donna
robusta
e in
grado
di
dare
eredi
al
re
di
Scozia:
era
la
vedova
del
duca
di
Longueville
dal
quale
aveva
avuto
un
figlio.
C’era
un
particolare
in
Maria
di
Guisa
che
affascinava
Giacomo
V,
ossia
la
dote
che
portava
con
sé
che
avrebbe,
secondo
il
re
scozzese,
migliorato
le
sorti
della
Scozia,
sebbene
la
dote
non
fu
mai
consegnata
del
tutto
dal
re
di
Francia.
Dunque
dal
matrimonio
di
Giacomo
e
della
Guisa
nacque
Maria
Stuart.
La
sua
situazione
dinastica
non
era
delle
migliori
e
per
questo
motivo
già
i
suoi
primi
giorni
di
vita
furono
turbolenti.
I
nobili
scozzesi
non
erano
preparati
ad
accettare
come
sovrana
una
donna
che,
inoltre,
diventava
regina
con
la
reggenza
di
Maria
di
Guisa,
dato
che
suo
padre
era
morto.
La
situazione
dinastica
in
Scozia,
come
è
stato
specificato
sopra,
appariva
alquanto
complessa:
il
ramo
familiare
degli
Stewart
includeva
diversi
possibili
legittimari
al
trono.
La
vita
della
giovane
Maria
fu
segnata
dalle
lotte
di
potere.
Erano
in
tanti
coloro
che
reclamavano,
per
puri
interessi,
la
mano
della
giovane
principessa.
Suo
zio
Enrico
VIII,
ad
esempio,
che
desiderava
estendere
il
potere
inglese
verso
la
Scozia,
chiese
per
il
figlio
Edoardo
la
mano
di
Mary.
L'idea
di
un
matrimonio
con
un
principe
e
l’unione
con
un
paese
protestante
apparve
agli
scozzesi
protestanti
come
matrimonio
ideale.
I
cattolici,
invece,
detestavano
quell'idea
e
caldeggiavano
un
matrimonio
con
un
consorte
cattolico.
Iniziarono
i
complotti
e i
tentativi
da
parte
di
Enrico
VIII
di
condurre
la
giovane
principessa
presso
la
corte
inglese
con
il
pretesto
di
voler
contribuire
alla
formazione
culturale
di
Maria
e di
volerla
allontanare
dalle
mire
francesi.
Maria
di
Guisa,
quindi,
fu
costretta
a
condurre
la
piccola
principessa
tra
le
mura
dei
castelli
scozzesi
più
sicuri
fino
a
quando,
attraverso
un
carteggio,
non
decise
di
promettere
sua
figlia
al
delfino
francese:
il
futuro
Francesco
II
figlio
di
Enrico
II e
Caterina
de
Medici.
La
scelta
della
madre
fu
ovviamente
dettata
dal
fatto
che
le
sue
origini
erano
francesi
e
nella
terra
oltre
Manica
c'erano
i
suoi
potenti
parenti
Guisa.
Maria
di
Guisa,
inoltre,
era
cattolica
e
desiderava
per
la
figlia
un
matrimonio
e
un’alleanza
con
un
re e
un
paese
dichiaratamente
cattolico.
In
Francia
Maria
visse
gli
anni
più
allegri
e
spensierati
della
sua
vita.
La
delfina
di
Francia
fu
educata
e
preparata
a
diventare
regina
all'interno
di
una
corte
sfarzosa.
Fu
qui
che
imparò
l'amore
per
l'arte
e la
conoscenza
del
latino
e
del
greco
e a
danzare
divinamente.
Lei
stessa
si
dilettava
nella
creazione
di
sonetti
e
componimenti
poetici.
Maria
crebbe
a
stretto
contatto
con
quel
delfino
che
sarebbe
diventato
suo
marito
e
che
era
segnato
da
un
fisico
malaticcio.
A
corte
fu
ammirata
da
subito,
seppur
bambina,
per
la
sua
grazia
e
bellezza
strinse
forti
legami
con
le
sorelle
del
delfino,
in
particolare
con
Elisabetta
di
Valois,
destinata
a
diventare
Elisabetta
di
Spagna
sposando
il
cattolicissimo
Filippo
II
di
Spagna.
Durante
la
sua
permanenza
in
Francia
accaddero
degli
avvenimenti
che
avrebbero
avuto
un
riscontro
nella
vita
di
Maria.
In
Inghilterra
la
cugina
di
Maria
Stuart,
ossia
Maria
Tudor,
era
morta
e
suo
suocero,
Enrico
II,
si
apprestò
a
definire
sua
nuora
regina
d'Inghilterra,
Scozia,
Irlanda
e la
indusse
ad
assumere
lo
stemma
reale
inglese
insieme
a
quello
francese
e
scozzese.
Da
parte
di
Enrico
II
c'era
l'intento
di
accrescere
l'onore
della
sua
monarchia
e
pareggiare
i
conti
con
la
Spagna.
Maria
Tudor
era
stata
sposata
con
Filippo
II
di
Spagna,
pur
non
lasciando
eredi,
e
ora
Enrico
II
sperava
di
pareggiare
i
conti
reclamando
per
la
Francia
il
diritto
al
dominio
inglese.
Il
prezzo
di
questa
scelta
politica
sarà
pagato
da
Maria
durante
gli
anni
della
sua
prigionia
inglese
e
del
suo
processo.
Fu
un
grave
errore
che
adirò
la
cugina
Elisabetta
I
Tudor
che,
intanto,
era
diventata,
con
la
morte
di
Edoardo
VI e
Maria
la
Sanguinaria
regina.
Ma
quale
diritto
aveva
Maria
Stuart
a
reclamare
il
trono?
Maria,
come
si
accennava
sopra,
era
nipote
di
Margaret
Tudor
sorella
di
Enrico
VIII.
Elisabetta
era
stata
dichiarata
illegittima
dal
testamento
di
successione
di
suo
fratello
Edoardo,
così
come
Maria
la
Sanguinaria
nata
dal
matrimonio
di
Enrico
con
Caterina
d'Aragona.
Inoltre
Elisabetta
era
figlia
di
Anna
Bolena
che
lo
stesso
Enrico,
dopo
tanta
passione
e
ardore
verso
l'insidiosa
e
intrigante
cortigiana,
aveva
fatto
condannare
per
tradimento.
Secondo
i
legittimisti
inglesi
dell’epoca
Elisabetta
non
aveva
diritto
al
trono,
inoltre,
fino
a
quando
Elisabetta
non
avesse
contratto
un
matrimonio
e
avuto
discendenti,
Maria
era
la
sua
legittima
erede.
La
legittima
erede
appariva,
specialmente
agli
occhi
dei
cattolici
inglesi,
Maria
Stuart
che
non
aveva
tutti
i
torti
a
reclamare
quel
trono!
Ritornando,
per
ora,
al
matrimonio
di
Maria
e
Francesco,
credo
sia
di
vitale
importanza
il
contratto
che
fu
firmato
e
che
avrebbe
dovuto
delineare
i
contorni
di
quel
matrimonio
tra
teste
coronate.
Furono
firmati
due
contratti,
uno
reso
noto
e
l'altro
segreto.
Il
primo
trattato
ufficiale
firmato
da
testimoni
come
la
celeberrima
cortigiana
Diana
di
Poitiers,
si
impegnava
a
conservare
le
antiche
libertà,
liberalità
e
privilegi
della
Scozia
;
fino
a
quando
Mary
fosse
rimasta
fuori
dal
paese
avrebbe,
al
posto
suo,
governato
sua
madre
Maria
di
Guisa
e il
re
di
Francia
e il
delfino
si
obbligavano
a
concedere
appoggi,
in
caso
di
morte
di
Maria
a
sostenere
il
diritto
al
trono
del
più
prossimo
legittimo
erede
a
quel
trono
ossia
il
capo
della
casa
degli
Hamilton,
il
duca
di
Chatelherault.
A
Maria
veniva
concessa
una
dote
consistente.
Il
delfino
avrebbe
portato
il
titolo
di
re
di
Scozia
e,
diventando
re
di
Francia
avrebbe
unito
le
due
corone
e i
sudditi
di
entrambi
i
paesi
sarebbero
stati
naturalizzati
con
l'uno
e
con
l'altro.
In
caso
di
morte
del
marito
Maria
avrebbe
potuto
scegliere
se
restare
in
Francia
o
ritornare
in
Scozia.
Maria
avrebbe
ricevuto
una
proprietà
di
seicentomila
leivres.
Se
la
coppia
avesse
generato
figli
maschi,
il
maggiore
avrebbe
ereditato
il
trono
di
entrambi
i
paesi,
se
la
coppia
avesse
avuto
figlie
femmine,
in
base
alla
legge
salica
vigente
in
Francia,
la
maggiore
avrebbe
ereditato
solo
la
corona
di
Scozia.
Entrambi
i
coniugi,
stando
al
contratto,
avrebbero
firmato
i
documenti
ufficiali;
Francesco
avrebbe
firmato
a
sinistra
e
Maria
a
destra.
Secondo
l'araldica
la
firma
a
sinistra
era
quella
più
importante
perché
letta
per
prima.
Il
contratto
segreto
e
furbescamente
non
reso
noto,
prevedeva
che
in
caso
di
morte
di
Maria
senza
eredi,
i
diritti
al
trono
scozzese
e
inglese
sarebbero
passati
alla
Francia
e
anche
la
Scozia
e le
sue
rendite
fino
a
quando
la
Francia
non
sarebbe
stata
risarcita
della
somma
di
denaro
spesa
per
finanziare
le
guerre
scozzesi.
Sicuramente
il
contratto
firmato
da
Maria
appare
ingiusto,
ma
non
dovremmo
ritenere
la
giovane
regina
avventata.
All'epoca
aveva
solo
quindici
anni
e
quel
contratto
le
veniva
proposto
da
un
uomo,
Enrico
II,
che
lei
conosceva
da
bambina
e
che
adorava
e da
una
serie
di
consiglieri
francesi
che
includevano
gli
amati
zii
di
Guisa.
La
Scozia,
considerando
il
contenuto
di
questo
contratto
viene
considerata
alla
pari
di
una
colonia
o un
protettorato
francese.
Forse
la
stessa
Maria,
all'epoca
la
considerava
cosi,
una
terra
foriera
di
problemi,
dove
i
lord
combattevano
tra
di
loro
e
bisognosa
di
un
governo
forte
come
quello
francese.
La
stessa
Maria
era
per
metà
francese
e
cresciuta
in
Francia
a
stretto
contatto
con
i
suoi
parenti
francesi
e
magari
le
era
naturale
pensare
in
senso
filofrancese.
Del
resto
nella
stessa
Francia
dell'epoca,
la
Scozia
veniva
immaginata
come
una
terra
che
avrebbe
avuto
solo
da
guadagnare
dall'unione
tra
le
due
corone.
Un'opera
di
Estienne
Perline
del
1558
e
dedicata
alla
duchessa
di
Berry,
sorella
di
Enrico
II,
recita:
“Quanto
felice
dovresti
stimarti,
o
regno
di
Scozia,
di
esser
favorito,
nutrito
e
mantenuto
come
infante,
al
seno
del
più
magnanimo
re
di
Francia,
del
più
grade
Signore
del
mondo
intero,
e
futuro
monarca
di
quella
macchina
rotonda,
che
senza
lui
saresti
ridotto
in
ceneri,
il
tuo
paese
devastato
e
rovinato
dagli
inglesi,
maledetto
estremamente
da
Dio”.
Sicuramente
se
fosse
stata
più
adulta
e
non
fosse
stata
consigliata
dai
suoi
zii,la
Stuart
non
avrebbe
mai
firmato
quei
documenti.
Il
matrimonio
si
svolse
il
24
Aprile
del
1558
nella
cattedrale
di
Notre
Dame.
Tutti
poterono
ammirare
lo
sfarzo
di
quelle
cerimonie
e la
bellezza
di
quella
giovane
regina
che
da
alcuni
venne
definita
la
più
bella
di
Europa.
Ma
come
era
davvero
Maria
fisicamente?
Alcuni
quadri
che
ci
sono
pervenuti,
non
le
rendono
giustizia,
in
quanto
la
ritraggono
ormai
adulta
e
già
sfiancata
dai
tanti
problemi
che
nella
sua
vita
dovette
affrontare!
Occorre
rifarsi
ai
commenti
dei
poeti
dell’epoca
e ai
pochi
quadri
della
sua
giovinezza.
Maria
era
alta
quasi
1.80!
La
sua
era
un’altezza
fuori
dagli
standard
dell’epoca
per
una
donna,
era
di
costituzione
forte,
dono
sicuramente
ereditato
dai
Guisa,
occhi
castani
e
capelli
biondo
cenere
nella
sua
infanzia
e
che
diventarono
successivamente
rossicci
e
con
un
naso
aquilino.
Furono
tanti
coloro
che
a
corte
si
invaghirono
di
lei
e
che
lei
con
pudicizia
rifiutò.
Il
nobile
lignaggio,
la
sua
bellezza,
la
sua
infanzia
trascorsa
nello
sfarzo
della
corte
francese
non
la
tennero
lontana
dai
dolori.
Sua
madre
che
era
rimasta
in
Scozia,
come
reggente,
morì
e
subito
dopo
suo
marito;
l'amico
della
sua
infanzia
morì
poco
dopo
il
matrimonio.
Maria,
come
da
contratto,
poteva
scegliere
di
restare
in
Francia
o
ritornare
in
Scozia.
Il
suo
dolore
fu
forte,
cedendo
a
volte
ad
isterismi
a
cui
era
soggetta.
Sua
suocera,
Caterina
de
Medici,
non
le
rese
la
vita
facile,
le
richiese
i
gioielli
della
corona
francese
e
cercò
di
metterla
a
disagio,
fino
a
quando
Maria
decise
coraggiosamente
di
partire
e
ritornare
nella
sua
terra
d'origine.
I
suoi
tentativi
di
contrarre
un
matrimonio
vantaggioso,
magari
con
un
sovrano
cattolico
d’Europa,
all'indomani
del
suo
prematuro
lutto,
sfumarono.
Tornata
in
Scozia,
Maria,
trovò
una
situazione
difficile.
I
lord
scozzesi
non
erano
ben
disposti
verso
di
lei
e la
consideravano
una
straniera.
Erano
accesi
gli
scontri
tra
i
protestanti
scozzesi,
di
matrice
calvinista,
e i
cattolici.
Maria,
però,
per
quanto
non
interessata
ad
abiurare
il
cattolicesimo,
si
mostrò
tollerante
pensando
di
poter
ottenere
di
più
con
la
calma
e la
dolcezza
che
assumendo
atteggiamenti
estremi
come
aveva
fatto
in
Inghilterra
sua
cugina
Maria
Tudor.
Il
suo
attaccamento
alla
fede
cattolica
resterà
un
elemento
importante
nella
sua
vita.
In
una
Scozia
attraversata
dalle
predicazioni
calviniste,
Maria
trovò
uno
dei
suoi
più
acerrimi
detrattori:
il
calvinista
e
moralista
Knox
che
vedeva
in
lei,
ingiustamente,
il
frutto
della
lussuria
e
della
vanità,
per
il
semplice
motivo
che
aveva
condotto
con
sé a
corte
le
danze
e
gli
svaghi
a
cui
era
stata
abituata
in
Francia.
Restava
aperta
la
questione
inglese.
Maria
di
fatto
era
un
erede
al
trono
e
desiderava
almeno
che
sua
cugina
Elisabetta
la
designasse
come
sua
discendente.
Elisabetta,
però,
giocò
d'astuzia,
prendendo
tempo
e
restando
lì
ad
osservare
quale
matrimonio
avrebbe
contratto
Maria.
Designare
Maria
alla
successione
inglese
avrebbe
significato
per
Elisabetta
ricevere
contestazioni.
Maria
era
cattolica,
mentre
l'Inghilterra
si
professava
ufficialmente
anglicana
ed
erano
tanti
coloro
che
con
Enrico
VIII
avevano
abbracciato
la
fede
protestante.
La
fede
di
Maria
era
il
vero
problema
per
Elisabetta.
Sapeva
benissimo
che
la
chiesa
di
Roma
e
gli
stati
cattolici
avrebbero
preferito
una
cattolica
come
sovrana
di
Inghilterra,
piuttosto
che
una
protestante.
Per
quattro
anni
Maria
governò
la
Scozia
senza
un
marito
accanto,
mostrando
la
parte
migliore
di
sé.
La
giovane
regina
era
impavida,
caparbia,
tenera.
I
suoi
sudditi
iniziarono
ad
amarla
e ad
essere
orgogliosi
di
una
regina
giovane
e
bella.
Mostrò
determinazione
nel
sedare
i
disordini
provocati
dai
nobili
ribelli,
cavalcando
impavida
alla
testa
del
suo
seguito.
La
sua
giovane
età
e i
problemi
che
il
governare
da
sola
le
procuravano
la
spinsero
a
cercare
nuovamente
un
marito
adatto
a
lei.
Il
prescelto
fu
un
lord
inglese
suddito
di
Elisabetta
e
cugino
di
entrambe,
dunque
legato
alla
successione
di
entrambe
le
corone:
Henry
Stuart,
lord
Darnley
figlio
del
conte
di
Lennox.
Maria
si
innamorò
di
quel
giovanotto
poco
più
giovane
di
lei,
bello
e
aitante
ma
viziato
e
portato
per
ogni
tipo
di
divertimento
ozioso.
In
modo
precipitoso
decise
di
sposarlo
deludendo
i
suoi
sudditi
e i
suoi
consiglieri
che
avevano
iniziato
a
conoscerla
come
donna
giudiziosa.
Il
matrimonio,
inoltre,
adirò
Elisabetta
che
mal
sopportava
l'idea
che
un
suo
suddito
sposasse,
senza
il
suo
permesso,
la
regina
di
un
paese
straniero.
Inoltre
il
matrimonio
sembrava
contratto
appositamente
per
mettere
Elisabetta
in
difficoltà
in
quanto
Maria
ed
Henry
erano
legati
alla
successione
inglese.
La
felicità
nuziale
durò
a
mala
pena
un
anno.
Il
primo
anno
di
matrimonio
Maria
lo
passò
a
combattere
per
far
accettare
suo
marito
ai
lord
scozzesi.
Ben
presto
Maria
si
rese
conto
di
quanto
fosse
stato
grande
il
suo
errore
e
quanto
lord
Darnley
fosse
arrogante
e
pretenzioso
accettando
malamente
il
suo
ruolo
di
re
consorte.
Darnley
molto
probabilmente
non
si
accontentava
di
un
ruolo
marginale,
rispetto
alla
moglie.
Forte
del
fatto
che
anche
lui
era
in
linea
di
successione
al
trono
scozzese
e a
quello
inglese,
iniziò
a
tramare
alle
spalle
della
moglie
che
intanto
era
rimasta
incinta
del
suo
unico
figlio,
ossia
il
futuro
Giacomo
VI.
L’evento
che
fece
accrescere
i
sospetti
di
Maria,
circa
il
tradimento
del
marito
fu
l’assassinio
del
suo
segretario
personale,
l’italiano
Davide
Rizzo
che
qualcuno
etichettava
come
l’amante
di
Maria.
Durante
un
banchetto
Rizzo
fu
massacrato
da
pugnalate
proprio
dinanzi
a
Maria.
La
stuarda
maturò
l’idea
che
in
realtà
la
vittima
di
quell’attentato
doveva
essere
lei
e
che
il
mandante
fosse
proprio
il
marito.
Divenne
sempre
più
chiaro
per
Maria
quanto
grande
fosse
stato
il
suo
errore
nello
sposare
Darnley.
Lord
Darnley
si
mostrava
per
quello
che
era:
un
arrivista
viziato
che
avrebbe,
per
i
suoi
fini,
ucciso
sua
moglie
e il
loro
unico
figlio.
Fu
dopo
quell’evento
che
Maria,
facendo
finta
di
aver
perdonato,
cercò
di
accattivarsi
il
bene
di
Darnley,
facendogli
credere
di
aver
pensato
che
entrambi
fossero
in
pericolo
e
che
quelle
coltellate
fossero
destinate
alla
coppia
reale.
Intanto
la
stuarda
iniziò
a
progettare
un
modo
per
liberarsi
di
suo
marito,
magari
attraverso
un
divorzio.
L’idea
del
divorzio
in
ambito
regale
non
era
poi
così
assurda!
Suo
zio
Enrico
VIII
aveva
divorziato
anni
primi
da
Caterina
d’Aragona
e
sua
nonna
Margherita
Tudor
aveva
divorziato
dal
suo
secondo
marito,
il
conte
Angus.
Maria
fece
tesoro
del
suo
desiderio
ai
suoi
consiglieri
di
fiducia
alludendo
al
divorzio.
Non
si
sa
quanto
Maria
sia
stata
coinvolta
in
quello
che
accadde
successivamente
o se
i
suoi
consiglieri,
tra
cui
Giacomo
Botwell
conte
di
Hepburn,
agirono
autonomamente.
Fatto
sta
che
Maria
restò
nuovamente
nubile,
ma
non
attraverso
un
divorzio
ma
attraverso
la
vedovanza:
lord
Darnley
morì
violentemente
giovanissimo.
Successivamente
Maria
fu
protagonista
di
un
altro
grande
dramma.
Uno
degli
uomini
che
aveva
partecipato
all’assassinio
del
marito,
il
conte
Botwell
suo
fidato
consigliere
fu
accusato
e
durante
un
processo
farsa
fu
assolto.
Dopo
aver
divorziato
da
sua
moglie
(
divorzio
discutibile
e
forse
illegale)
puntò
alla
mano
della
regina.
La
rapì
e la
prese
con
la
forza.
Alcune
fonti
ritengono
che
in
realtà
il
rapimento
e la
violenza
fattale
furono
solo
una
maschera
per
celare
il
fatto
che
la
regina,
neanche
dopo
poche
settimane
dalla
morte
di
lord
Darnley,
riprendeva
marito.
L’opinione
pubblica
fu
influenzata
negativamente
dagli
eventi.
La
morte
di
un
re
consorte
e il
fatto
che
la
regina
si
risposava
dopo
poco
tempo
con
uno
degli
uomini
sospettati
di
aver
assassinato
Darnley,
appariva
di
una
mostruosità
immensa.
La
regina
Maria,
fu
costretta
ad
accettare
quel
matrimonio
con
quell’uomo
ambizioso
ma a
lei
fedele.
I
lord
scozzesi,
specialmente
quelli
coinvolti
nell’omicidio,
si
erano
affrettati
ad
appoggiare
Botwell
con
il
patto
di
Anslie
che
rendeva
chiaro
che
erano
pronti
ad
affiancare
Botwell
come
re
consorte.
In
un
paese
diviso
e
fortemente
fazioso
a
causa
delle
lotte
tra
nobili,
Maria
accettò
di
sposare
Botwell
dato
che
i
nobili
apparivano
coalizzati
finalmente
tra
di
loro.
Fu
un
altro
grande
errore.
Il
suo
nuovo
consorte
le
era
sempre
accanto
e la
controllava
assiduamente
pretendendo
di
essere
sempre
presente
ai
consigli
e
partecipe
delle
sue
decisioni
ma
le
mostrava
sempre
rispetto
e
fedeltà.
Gli
eventi,
ancora
una
volta
giocarono
a
sfavore
di
Maria.
I
nobili,
gli
stessi
nobili
che
le
avevano
mostrato
la
loro
approvazione
per
quel
matrimonio
le
voltarono
le
spalle
chiedendole
di
lasciare
suo
marito.
Lei
rifiutò
di
divorziare,
in
quanto
riteneva
che
gli
stessi
nobili
che
ora
le
chiedevano
una
cosa
simile,
erano
proprio
quelli
che
l’avevano
incoraggiata
verso
quel
matrimonio
e,
soprattutto,
Maria
era
incinta
e
non
desiderava
mettere
al
mondo
figli
illegittimi
destinati
a
non
essere
inclusi
nella
successione
al
trono.
Maria
aveva
a
cuore
la
situazione
dinastica;
aveva
solo
un
figlio
e
occorreva
rafforzare
la
sua
discendenza.
In
breve
tempo
la
nobiltà
influenzò
il
popolo.
Tutto
il
paese
riteneva
Maria
un’
adultera
che
aveva
sposato
l’assassino
del
marito.
Iniziavano
a
correre
voci
che
Maria
e
Botwell
fossero
amanti
già
ai
tempi
del
matrimonio
con
Darnley.
Ormai
anche
gli
abitanti
delle
città
che
erano
sempre
favorevoli
ai
sovrani
le
si
rivoltarono
contro
sobillati
dai
nobili
ostili
a
Maria.
Anche
le
corti
europee
sembravano
in
quel
momento
ostili
a
Maria
e al
suo
matrimonio
tanto
da
chiederle
spiegazioni
e
prove
circa
la
sua
estraneità
riguardo
la
morte
di
Lord
Darnley.
Ormai
era
la
fine
per
Maria.
Il
paese
le
era
ostile
in
modo
particolare
i
nobili
che
le
avevano
consigliato
quel
matrimonio.
Botwell
fuggì
in
cerca
di
alleanze,
mentre
Maria
fu
imprigionata
e
trattata
senza
riguardo,
proprio
lei
che
era
cresciuta
nello
sfarzo
e
trattata
con
dignità.
Le
fu
chiesto
ancora
e
con
insistenza
di
divorziare
da
lord
Botwell
in
cambio
della
sua
libertà,
ma
lei
rifiutò.
Il
luogo
della
sua
prigionia
fu
Lochleven
presso
la
famiglia
dei
Douglas.
Rinchiusa
e
sorvegliata
con
assiduità
e
costanza
Maria
fu
costretta
ad
abdicare
a
favore
di
suo
figlio
Giacomo,
pensando
che
una
rinuncia
al
trono
durante
una
condizione
di
prigionia
ed
estrapolata
con
la
forza
da
nobili
che
a
lei
erano
ostili,
non
sarebbe
stata
accettata
e
resa
non
valida
nel
caso
in
cui
fosse
riuscita
a
liberarsi.
Durante
la
sua
prigionia,
Maria
incontrò
Lady
Margaret
della
famiglia
dei
Douglas
che
nutriva
un
forte
odio
per
lei,
anche
se
fuori
luogo,
in
quanto
suo
figlio
Moray
era
il
figlio
illegittimo
di
Giacomo
V e
pertanto
fratellastro
di
Maria.
Secondo
Lady
Margaret
Maria
occupava
un
posto
che
sarebbe
dovuto
toccare
a
suo
figlio.
La
stuarda,
a
contrario,
si
era
sempre
comportata
in
modo
gentile,
come
le
era
solito
per
sua
natura,
nei
confronti
di
quel
fratellastro
agevolandolo
e
concedendoli
beni.
I
mesi
della
reclusione
furono
per
Maria
cruciali:
subì
un
aborto
naturale
ai
danni
dei
due
gemelli
che
aspettava
dal
suo
ultimo
marito
(lord
Botwell).
Lord
Botwell,
che
era
stato
convocato
per
rispondere
dell’accusa
di
omicidio
di
Darnley,
non
si
presentò
e fu
dichiarato
fuorilegge.
Il
partito
realista
formato
da
nobili
ancora
fedeli
alla
corona
crollò.
Botwell
passerà
il
resto
della
sua
vita
nelle
prigioni
scandinave
dopo
aver
sperato
di
trovare
riparo
in
Danimarca
e
Norvegia:
qui
fu
imprigionato
dal
re
Federico
che
vedeva
in
lui
una
pedina
da
utilizzare
nella
politica
internazionale
in
qualità
di
marito
consorte
della
regina
scozzese.
Il
figlio
della
regina
ancora
minorenne,
intanto,
venne
incoronato
re
con
la
reggenza
(
del
tutto
illegale!)
di
Moray
che
da
quel
momento
in
poi
ebbe
tutti
gli
interessi
nel
mantenere
Maria
lontana
dalla
corona.
Da
Lochleven
Maria
riuscirà
a
fuggire
in
modo
avventuroso
e
quasi
romantico
grazie
a
George
Douglas,
figlio
minore
della
nobile
famiglia
che
si
occupava
della
sua
prigionia.
George
si
era
innamorato
di
lei,
dato
l’immenso
fascino
che
la
regina
era
capace
di
esercitare
ancora
su
chi
le
stava
attorno.
Una
volta
libera
e
con
il
partito
realista
in
numero
non
sufficiente
per
combattere
i
traditori
della
corona,
Maria
fece
una
scelta
drastica
e
avventata.
Senza
risorse,
lontana
dalla
corona
e
con
pochi
nobili
rimasti
a
lei
fedeli
e
intenzionata
a
riprendersi
il
trono,
decise
di
cercare
l’appoggio
straniero.
I
nobili
fedeli
le
consigliarono
un
paese
cattolico,
in
modo
particolare
la
cattolica
Francia
dove
lei
era
cresciuta
e
dove
c’erano
i
suoi
parenti
Guisa
che
avrebbero
dato
ascolto
alle
sue
richieste.
Forse
perché
erano
maturi
i
tempi
per
il
compimento
del
suo
destino,
forse
perché
era
convinta
di
trovare
l’appoggio
di
una
cugina
affettuosa,
Maria
scelse
di
rivolgere
le
sue
richieste
di
aiuto
ad
Elisabetta.
Inviò
delle
lettere
e
senza
aspettare
risposta
si
incamminò
verso
quel
paese
che
sarebbe
stato
il
luogo
della
sua
prigionia
e
della
sua
morte:
in
Inghilterra
sarà
costretta
a
trascorrere
diciannove
anni
di
reclusione.
La
presenza
di
Maria
sul
suolo
inglese
poneva
problemi
alla
regina
Elisabetta.
Accoglieva
una
regina
in
odore
di
essere
un’assassina
e
un’adultera
e,
soprattutto,
Maria
era
fedele
al
cattolicesimo;
agli
occhi
di
Elisabetta,
avrebbe
creato
disordini
tra
i
suoi
sudditi
protestanti
e
quelli
cattolici
che
desideravano
una
sovrana
cattolica.
Maria
rappresentava
una
minaccia
alla
regalità
della
Tudor,
se
si
considerano
anche
le
pretese
al
trono
inglese
della
scozzese.
Sua
cugina,
inizialmente,
la
sottopose
ad
un
processo
nel
quale
avrebbe
dovuto
dimostrare
di
essere
estranea
alla
morte
di
Darnley
e
solo
dopo
avrebbe
ricevuto
il
suo
aiuto
per
riprendere
il
trono
scozzese.
Il
processo
contro
di
lei
ebbe
inizio
nel
1568.
Tra
i
suoi
più
grandi
accusatori
c’era
il
suo
fratellastro
Moray
che
produsse
delle
prove
contro
di
lei:
un
cofanetto
con
delle
lettere
che
intendevano
dimostrare
la
colpevolezza
di
Maria
nella
morte
del
consorte.
Le
lettere
furono
portate
in
Inghilterra
nel
1569.
Non
fu
mai
chiarita
la
verità
sulle
lettere
e la
stessa
veridicità
delle
missive
è
dubbia.
Tutte
le
lettere
presentate
da
Moray
presentano
una
formula
di
chiusura
differente
da
quella
utilizzata
dalla
regina
che,
inoltre,
utilizzava
come
firma
la
variante
francese
MARIE
che
non
è
presente
nelle
lettere
del
processo
inglese.
Alcune
delle
lettere
presentano
una
calligrafia
differente
da
quella
della
stuarda
e,
seppure,
presentano
contenuti
relativi
alla
sua
presunta
passione
per
il
conte
Botwell
e
datate
ai
tempi
del
matrimonio
con
Darnley,
non
si
esclude
l’idea
che
siano
state
scritte
da
altre
donne,
dato
che
Botwell
aveva
molteplici
amanti,
e
magari
è
plausibile
che
siano
state
recuperate
e
attribuite
a
Maria
per
incriminarla.
Alla
fine
del
processo
Maria
fu
dichiarata
innocente,
ma
mentre
Moray
ritornava
in
Scozia
incolume,
lei
restò
ancora
prigioniera
in
Inghilterra
senza
alcun
motivo
attendendo
sempre
che
Elisabetta
le
desse
l’aiuto
per
riavere
il
trono
scozzese.
Intanto
Maria
avviava
le
pratiche
di
divorzio
dal
conte
Hepburn,
che
era
detenuto
in
Norvegia;
il
matrimonio
poteva
esser
dichiarato
nulla
rifacendosi
a
cavilli
legali,
quali
il
presunto
divorzio
dalla
precedente
moglie,
per
alcuni
illegale.
Durante
la
prigionia
qualcuno
le
attribuì
un
interessamento
verso
la
fede
protestante,
in
quanto
Maria
ascoltava
la
preghiera
comune
protestante,
ma
molto
probabilmente
ciò
era
dovuto
al
fatto
che
in
Inghilterra
ormai
non
c’era
più
l’ombra
di
un
prete
cattolico
e
forse
Maria
desiderava
accattivarsi
la
simpatia
di
Elisabetta.
La
verità
è
che
Maria
non
abdicò
mai
la
sua
fede.
Le
vennero
proposti
progetti
di
fuga
che
Maria
valutava
attentamente;
desiderava
un
piano
infallibile
magari
con
l’appoggio
delle
potenze
straniere
cattoliche.
In
quella
precaria
situazione
non
desiderava
esser
messa
in
pericolo.
I
piani
di
fuga
a
cui
aderì,
come
quello
di
un
diplomatico
italiano
Ridolfi
(
che
proponeva
la
fuga
della
stuarda
con
l’appoggio
del
duca
d’Alba
a
capo
dei
Pesi
Bassi
e
Filippo
II
che,
invece,
affermava
che
avrebbe
attaccato
l’
Inghilterra
solo
quando
i
cattolici
inglesi
si
fossero
uniti
contro
Elisabetta)
fallirono.
Il
progetto
di
Ridolfi
fu
sicuramente
avallato
dalla
bolla
papale
del
1570:
Regnans
in
excelsis,
promulgata
da
papa
Pio
V.
La
bolla
era
stata
applicata
sulle
porte
del
vescovo
di
Londra.
La
bolla
scomunicava
i
sudditi
cattolici
inglesi
dall’obbedienza
ad
Elisabetta.
I
congiurati
furono
scoperti
e
giustiziati
nel
1572.
I
lord
della
camera
dei
comuni
avrebbero
voluto
condannare
e
giustiziare
anche
la
regina
scozzese.
Elisabetta,
invece,
si
oppose
limitandosi
a
far
passare
una
legge
che
privava
Maria
del
suo
diritto
alla
successione
inglese.
Elisabetta
stessa
affermò
che,
nel
caso
in
cui
sarebbe
stata
nuovamente
coinvolta
in
complotti
contro
la
corona
sarebbe
stata
processata
in
un
tribunale
di
pari.
La
bolla
del
papa
aveva
deteriorato
la
situazione
di
Maria
in
Inghilterra.
Dai
patrioti
inglesi
protestanti
era
considerata
una
traditrice
e un
pericolo
da
eliminare
per
la
sicurezza
dell’Inghilterra.
Alcuni
episodi
oltre
manica
aggravarono
la
posizione
di
Maria.
In
Francia,
nella
celebre
notte
di
San
Bartolomeo,
il
24
Agosto
del
1572,
I
cattolici
Guisa
avevano
dato
ordine
di
massacrare
tutti
i
protestanti
presenti
a
corte
(
gli
ugonotti
come
erano
denominati
i
protestanti
francesi).
La
strage
francese
non
fu
opera
di
Maria,
ma
accrebbe
le
antipatie
verso
di
lei,
inserendola
sempre
di
più,
suo
malgrado,
in
una
crociata
religiosa
che
vedeva
schierati
i
cattolici
contro
i
protestanti.
Fu
la
volontà
di
Elisabetta
a
salvarla
per
molti
anni
della
sua
prigionia
dall’odio
degli
inglesi;
forse
Elisabetta
provava
dei
sentimenti
dovuti
alla
parentela
o,
più
semplicemente,
si
rendeva
conto
che
Maria
era
l’unica
erede
al
trono
inglese
ad
essere
adulta.
La
situazione
della
corona
scozzese
messa
sempre
in
grave
pericolo
per
via
dei
suoi
sovrani
bambini,
erano
la
dimostrazione
che
era
necessario
per
il
bene
del
paese
un
monarca
adulto.
Per
quanto
Elisabetta
cercasse
di
tutelare
Maria
e
Maria
desiderasse
che
la
cugina
le
concedesse
la
libertà
e
l’aiuto
a
riprendere
il
trono
scozzese,
nulla
valse
a
tenere
lontana
la
scozzese
dai
suoi
ultimi
dolori:
comprese
che
suo
figlio
Giacomo,
che
intanto
era
re
di
Scozia,
nutriva
odio
verso
di
lei
(
del
resto
aveva
avuto
come
reggenti
uomini
che
avevano
contribuito
a
fargli
il
lavaggio
del
cervello
presentandogli
sua
madre
come
l’assassina
si
suo
padre)
ed
era
cresciuto
nella
fede
calvinista
e
non
cattolica;
inoltre
aveva
tutti
gli
interessi
a
tenerla
lontana
dalla
corona;
i
lord
della
camera
dei
comuni
ordirono
contro
di
lei
un
complotto
al
fine
di
farla
risultare
traditrice
e
cospiratrice
ai
danni
della
regina
Elisabetta.
Il
presunto
ed
ennesimo
complotto
che
per
Maria
si
presentava
essere
come
un
estremo
tentativo
di
fuga,
fallì
portando
con
sé
condanne
e
morti.
Finalmente
l’intento
di
coloro
che
progettavano
la
fine
della
stuarda
era
raggiunto.
Elisabetta
ordinò
di
processarla
per
tradimento
senza
la
presenza
di
legali
che
parlassero
per
lei.
Quel
processo
era
del
tutto
fuori
luogo.
Maria,
come
lei
stessa
fece
notare,
era
una
sovrana
straniera
e
non
poteva
essere
giudicata
come
traditrice
non
essendo
mai
stata
suddita
di
Elisabetta.
Per
ovviare
a
questo
problema
vennero
recuperati
alcuni
antichi
e
presunti
diritti
feudali
che
l’Inghilterra
avanzava
sulla
Scozia
e
che
rendevano
Maria
una
suddita
inglese.
Dal
processo
Maria
risultò,
come
era
immaginabile,
colpevole
e
condannata
a
morte
per
decapitazione.
La
stuarda
terminerà
la
sua
vita
nella
sala
grande
del
castello
di
Fotheringhay,
ultimo
luogo
della
sua
prigionia
l’8
Febbraio
del
1587.
Aveva
quarantaquattro
anni
e
quello
era
il
suo
diciannovesimo
anno
di
reclusione.
Le
sue
ultime
preghiere
furono
rivolte
in
latino
a
Dio:
In
manus
tuas,
Domine,
confido
spiritum
meum!
Il
suo
boia
mancò
il
primo
colpo
e
mentre
Maria
pronunciava
le
parole
“Dolce
Gesù”
il
secondo
colpo
si
abbatteva
su
di
lei
tagliando
tutto
il
collo,
meno
un
tendine
che
venne
spezzato
usando
la
scure
come
sega.
Il
boia
sollevò,
infine,
la
sua
testa
mostrandola
ai
presenti.
Il
suo
corpo
condotto
all’interno
di
Fotheringhay,
dove
fu
analizzato
e le
sue
viscere
estrapolate
e
tumulate
in
un
punto,
rimasto
sconosciuto,
del
castello;
la
sua
salma
venne
tumulata
a
Peterborough.
La
monarchia
inglese
fece
molta
attenzione
a
non
far
uscire
dal
paese
neanche
una
minima
parte
del
suo
corpo,
per
evitare
che
la
stuarda
venisse
venerata
come
martire
della
fede
cattolica.
Maria,
a
prescindere
dalle
sue
reliquie,
divenne
il
simbolo
delle
lotte
di
religione
e
incarnò
un
periodo
storico,
quello
della
Controriforma.
Alla
sua
morte,
dopo
alcuni
mesi
il
suo
seguito,
quell’esiguo
numero
di
dame
di
compagnia
e
servitori
che
le
erano
stati
vicini
durante
la
prigionia
inglese,
tornò
in
Scozia
e
toccò
a
Jane
Kennedy,
una
delle
sue
dame
più
fidate
e
che
l’aveva
condotta
sino
al
patibolo
a
relazionare
a
Giacomo,
re
di
Scozia,
quanto
era
accaduto
a
sua
madre.
Un’altra
dama
di
compagnia
Gillis
Mowbray,
che
con
sé
aveva
gli
ultimi
oggetti
della
stuarda,
sposò
Sir
Smith
of
Barnton
e
lasciò
alla
propria
pronipote
i
ricordi
di
quella
infelice
regina,
che
attualmente
sono
conservati
nel
Museo
nazionale
di
antichità
di
Edimburgo.
Per
quanto
concerne
il
figlio
della
regina
che
tanto
le
si
era
mostrato
ostile,
alcune
fonti
tramandano
che
accolse
la
notizia
con
giubilo
affermando
che
ora
era
lui
soltanto
il
re;
altre
fonti,
a
contrario,
tramandano
che
Giacomo
accolse
la
notizia
con
tristezza
e
dolore.
Le
sue
richieste
di
spiegazioni
al
governo
inglese
circa
la
morte
di
sua
madre
appaiono
deboli.
La
regina
Elisabetta
cercò
di
evitare
l’astio
del
re
di
Scozia
affermando
che
l’esecuzione
di
Maria
era
stata
un
grosso
errore
dovuto
ad
un
suo
funzionario,
asserendo
che
aveva
consegnato
un
documento
relativo
alla
condanna
a
morte
della
regina
scozzese,
ma
che
non
aveva
mai
dato
l’ordine
di
attuarla.
Il
funzionario
accusato
di
aver
frainteso
il
volere
della
regina
fu
condannato
solo
a
pagare
una
semplice
ammenda
e a
scontare
un
limitato
periodo
di
reclusione.
Le
corti
europei
reagirono
con
sgomento
dinanzi
alla
morte
violenta
della
regina:
cadeva
una
delle
prime
teste
incoronate
(
prima
se
pensiamo
a
cosa
accadrà
a
Carlo
I
Stuart
o a
Luigi
XVI
e
Maria
Antonietta).
Per
la
prima
volta
veniva
messo
in
discussione
il
principio
del
rex
gratia
Dei,
perno
centrale
dell’assolutismo
regio.
Nel
1587
moriva
Maria,
ma
non
la
sua
dinastia
che
era
destinata
a
regnare
per
secoli.
Suo
figlio
Giacomo,
alla
morte
di
Elisabetta,
diventerà
re
di
Inghilterra
in
qualità
di
erede
legittimo
con
il
titolo
di
Giacomo
I
(Giacomo
VI
per
gli
scozzesi
ma
il
primo
per
l’Inghilterra),
unendo
così
le
due
corone
e
dando
vita
a
quella
che
noi
conosciamo
come
Gran
Bretagna.
Nel
1612,
Giacomo
in
qualità
di
re
inglese
oltre
che
scozzese,
diede
ordine
che
la
salma
di
sua
madre
fosse
condotta
da
Peterborough
a
Westiminster
e
racchiusa
in
una
cripta
all’interno
della
quale
fu
fatto
edificare
un
monumento
in
marmo
bianco
che
ritraeva
la
regina
giacente.
Il
triste
ricordo
di
Fotheringhay,
dove
la
regina
aveva
trovato
la
morte
per
mano
del
boia,
venne
demolito
e
oggi
non
resta
al
suo
posto
che
la
verde
campagna.
Nel
1867,
alcuni
lavori
nella
cripta
di
Maria
portarono
ad
una
scoperta:
con
lei,
in
qualità
forse
di
capostipite,
erano
stati
tumulati
molti
discendenti
e
bambini
di
sangue
reale
morti
nella
prima
infanzia
e
appartenenti
alla
dinastia
Stuart.
Il
magistero
della
Chiesa
cattolica
ha
dichiarato
che
la
sua
morte
fu
un
vero
martirio
per
la
fede
cattolica;
alcuni
papi
come
Benedetto
IV e
Pio
VI,
considerando
l’idea
agostiniana
che
è la
causa
e
non
le
torture
subite
a
fare
il
martire,
la
giudicavano
una
martire.
Maria,
difatti,
non
abiurò
mai
nonostante
in
Inghilterra
le
fosse
chiesto
con
assiduità
sino
alla
sua
morte.
Resta,
però,
difficile
renderla
beata,
come
la
chiesa
vorrebbe,
dato
che
su
di
lei
vive
l’ombra
della
morte
violenta
di
suo
marito
per
mano
dell’uomo
che
lei
sposò
successivamente
e
che
per
alcuni
era
il
suo
amante.
Maria
non
regnò
mai
sull’Inghilterra,
anche
se
per
tutta
la
sua
vita
aveva
ritenuto
di
averne
diritto,
morì
per
mano
di
una
regina
inglese
e
ora
i
suoi
resti
riposano
a
Westminster,
dove
i
sovrani
della
Gran
Bretagna
sono
incoronati.
La
sua
discendenza
ha
dato
alla
Gran
Bretagna
i
suoi
sovrani,
tanto
che
l’attuale
Elisabetta
II
discende
da
Maria
la
stuarda
regina
degli
scozzesi.
La
storia,
attraverso
diverse
vicissitudini
e
drammi
ai
danni
di
una
donna
forte
e
fragile
allo
stesso
tempo,
ha
dimostrato
come
per
quanto
gli
uomini
si
oppongano
al
flusso
del
destino
e
cerchino
di
deviare
il
corso
degli
eventi,
vengono
irrimediabilmente
ignorati
in
nome
di
una
volontà
più
grande.
Maria
non
regnò
mai
su
un
paese
a
cui
evidentemente
era
legittimata,
ma
per
ironia
della
destino
diede
vita
ad
una
discendenza
di
re
inglesi.