N. 130 - Ottobre 2018
(CLXI)
pétain e la chiesa
il
regime
di
Vichy
e i
rapporti
con
il
mondo
cattolico
di
Marco
Sigaudo
Lo
studio
e
l’approfondimento
della
storia
francese
nel
periodo
dell’occupazione
tedesca
portano
inevitabilmente
ad
analizzare
il
rapporto
che
si
instaurò
tra
il
mondo
cattolico
francese
e il
Regime
di
Vichy.
La
storia
della
Chiesa
francese
del
‘900
racconta
di
un
rapporto
molto
contrastato
tra
lo
Stato
francese
e il
mondo
cattolico.
In
realtà,
già
a
partire
dalla
Rivoluzione
Francese,
la
rottura
tra
la
Francia
e la
Chiesa
era
stata
netta,
ma
fu
con
la
Loi
de
séparation
nel
1905
che
venne
statuito
il
principio
di
laicità
che
ancora
oggi
determina
i
rapporti
tra
lo
stato
francese
e il
mondo
cattolico
soprattutto.
Essa
sanciva
di
fatto
la
separazione
tra
lo
Stato
e
ogni
tipo
di
culto:
la
libertà
di
culto
era
garantita
ma
la
IIIème
République
non
ne
avrebbe
sovvenzionato
alcuno.
Si
trattava
di
un
provvedimento
promosso
dalla
gauche
socialista
di
Jean
Jaurès
e
Aristide
Briand
e
rappresentava
una
grave
penalizzazione
per
il
mondo
cattolico
(presenza
molto
radicata
e
forte
sul
suolo
francese,)
è
infatti
vero
che
la
legge
garantiva
la
libertà
religiosa
ma è
altrettanto
vero
che
introduceva
provvedimenti
molto
penalizzanti
quali
la
confisca
dei
beni
ecclesiastici
da
parte
dello
Stato,
il
divieto
di
esporre
nei
luoghi
pubblici
simboli
religiosi,
la
cessazione
del
pagamento
degli
stipendi
ai
ministri
di
culto
e
l’abolizione
dell’insegnamento
confessionale
nell’orario
scolastico.
Inevitabilmente
la
legge
fu
percepita
dal
mondo
cattolico
intero
in
maniera
molto
negativa:
lo
stato
ha
espulso
Dio
dalla
società.
Quando
nel
giugno
1940
la
Francia
crollò
sotto
i
colpi
delle
truppe
tedesche
il
caos
s’impadronì
del
governo
e
del
popolo
francese.
In
questo
clima
di
grandissima
confusione,
diverse
correnti
di
pensiero,
spesso
in
contrasto
tra
loro,
provarono
a
far
sentire
la
loro
voce
per
ottenere
una
posizione
di
prestigio
nel
nuovo
ordine
francese.
Anche
il
mondo
cattolico
alzò
la
testa
e
vide
nella
caduta
della
IIIème
République
la
possibilità
di
riscattare
i
torti
subiti
dai
governi
della
gauche.
La
sconfitta
contro
la
Germania
aveva
inoltre
riacceso
una
fede
che
sembrava
quasi
soffocata
tra
la
gente
ed è
significativo
un
episodio
verificatosi
in
quelle
ore
tanto
cupe
della
guerra
del
‘40.
Poco
prima
dell’occupazione
di
Parigi:
la
cattedrale
di
Nôtre-Dame
era
stata
teatro
di
una
funzione
religiosa
quasi
surreale.
Il
19
maggio
venne
celebrata
una
messa
nella
chiesa
parigina
dove
la
tragicità
del
momento
era
palpabile.
Una
folla
immensa
era
presente
accanto
a
diplomatici,
politici
e
senatori
e
tutti
insieme
intonavano
canti
religiosi
e
invocazioni
ai
Santi
concludendo
la
celebrazione
con
la
Marseillese.
Nelle
ore
tragiche
della
patria
molti
videro
in
Dio
un
possibile
salvatore.
Il
secolarismo
presente
nella
Francia
del
‘900
era
stato
messo
da
parte
nel
momento
più
difficile
della
storia
francese.
L’avvento
sulla
scena
politica
di
un
personaggio
come
il
Maresciallo
Pétain
costituì
un
incentivo
notevole
per
il
mondo
cattolico
che
si
riavvicinò
con
passione
alla
politica
francese.
L’anziano
ufficiale
era
visto
dalla
Chiesa
come
un
simbolo
del
sacrifico
che
i
Francesi
stavano
sostenendo.
Richiamato
dalla
pensione,
Pétain
si
era
messo
a
disposizione
della
Francia.
Era
un
uomo
anziano,
ritirato
a
vita
privata,
che
aveva
dato
molto
per
il
suo
paese
e
nel
1940
aveva
deciso
di
“fare
dono”
della
sua
persona
alla
Francia
nel
momento
di
massimo
disorientamento
e di
sconforto.
Pétain
era
l’immagine
di
una
Francia
vittoriosa
nella
guerra
del
‘14-’18
e
soprattutto
era
immagine
di
conforto
per
la
Francia
sconfitta
del
1940
:
eroe,
figura
paterna,
generoso
e
pronto
a un
grande
sacrificio
per
il
suo
popolo,
ecco
l’immagine
di
cui
godeva
il
Maresciallo.
L’accostamento
più
immediato
che
si
faceva
in
Francia
era
quello
di
paragonare
Pétain
a
Giovanna
D’Arco.
La
figura
dell’Eroe
di
Verdun
veniva
vista
con
favore
dagli
ambienti
della
Chiesa
per
diversi
motivi.
Non
va
trascurato
il
passato
recente
della
storia
francese
e
questo
passato
ci
racconta
di
una
nazione
che
aveva
emarginato
la
Chiesa
e
l’aveva
messa
più
volte
in
difficoltà.
Nel
1940
molti
dei
vescovi
francesi
avevano
vissuto
in
prima
persona
i
momenti
difficili
del
dopo
la
Loi
de
séparation.
Sebbene
molti
di
loro
non
fossero
ancora
ecclesiastici,
nel
1905
vennero
indubbiamente
colpiti
dagli
effetti
della
riforma.
L’idea
di
molti
di
loro
era
quella
di
dover
affrontare
uno
Stato
che
perseguitava
la
Chiesa
e
che
questa
era
la
vittima
sacrificale
dei
complotti
di
socialisti,
radicali,
massoni
e
atei.
La
Troisième
République
non
aveva
stabilito
buoni
rapporti
con
la
Chiesa
di
Roma:
basando
i
suoi
pilastri
sui
valori
della
Rivoluzione
Francese
e
sul
positivismo
si
era
scontrata
spesso
con
le
prese
di
posizione
del
mondo
ecclesiastico.
La
politica
laica,
l’educazione
neutrale,
la
soppressione
di
ogni
aiuto
al
clero
e
dell’educazione
religiosa
avevano
allontanato
i
cattolici
dalla
vita
repubblicana.
A
questo
allontanamento
del
mondo
cattolico
voluto
dello
Stato
francese
aveva
risposto
il
papa
Pio
XI
che
aveva
imposto
ai
cattolici
francesi
di
non
impegnarsi
politicamente
ma
sul
piano
sociale.
I
cattolici
francesi
seguirono
questo
cammino
con
l’obiettivo
di
ricristianizzare
la
Francia
in
profondità
portandoli
perciò
a
formare
nuovi
movimenti
giovanili
e
gruppi
che
miravano
a
mantenere
accesa
la
fiamma
della
cristianità.
Tra
i
gruppi
giovanili
più
organizzati
ricordiamo:
la
Jeunesse
étudiante
chrétienne
(J.E.C.),
la
Jeunesse
ouvrière
chrétienne
(J.O.C.),
la
Jeunesse
agricole
chrétienne
(J.A.C.).
Questi
gruppi
si
proponevano
di
riportare
il
cristianesimo
in
Francia.
I
cattolici
cristiani
cercavano
di
crescere
anche
nel
mondo
sindacale
con
la
CFTC
(Confédération
Française
des
Travailleurs
Chrétiens)
che,
tuttavia,
nel
1936
era
stata
esclusa
dagli
storici
accordi
dell’
Hotel
Matignon
dove
il
governo
francese
aveva
trattato
solo
con
la
CGT
(Confédération
Générale
du
Travail).
Dopo
il
1940
per
i
cattolici
si
era
aperto
un
nuovo
mondo,
una
nuova
prospettiva.
Ritorno
nelle
scuole,
politici
cattolici
coinvolti
nel
governo
(Vallat,
Ybarnegaray,
Carcopino,
Chevalier)
e
soprattutto
Lui,
il
Maresciallo,
l’uomo-eroe,
l’uomo
del
sacrificio,
il
Padre
dei
Francesi.
La
gioventù
era
al
centro
della
rinascita
francese
e le
organizzazioni
cattoliche
vennero
direttamente
coinvolte
nel
regime.
La
Chiesa
diventò
uno
dei
pilastri
del
Regime
anche
nella
comunicazione.
Le
Sante
Messe
venivano
trasmesse
in
radiodiffusione
ogni
giovedì,
così
come
le
cerimonie
dal
Santuario
di
Lourdes.
Oltre
a
questi
aspetti
più
generali
non
va
dimenticato
che
la
maggior
parte
dei
vescovi
e
dei
sacerdoti
nel
periodo
dell’occupazione
erano
stati
combattenti
nella
guerra
del
‘14-’18.
Era
abbastanza
naturale
riporre
quindi
la
propria
fiducia
nell’Eroe
di
Verdun.
Uomini
come
Mgr
Gerlier
o
l’Abbé
Lienart,
per
esempio,
si
erano
distinti
sui
campi
di
battaglia.
Il
primo
era
stato
prigioniero
di
guerra
dal
1917,
mentre
il
secondo
aveva
ricevuto
la
croix
de
chevalier
de
la
Légion
d’Honneur
proprio
dalle
mani
del
Maresciallo
Pétain.
L’augurio
del
vescovo
di
Tulle
indirizzato
al
Maresciallo
il
30
dicembre
1940
racchiude
in
sé
tutti
questi
sentimenti
di
fiducia
e di
ringraziamento
nei
confronti
del
nuovo
capo
della
Francia:
«Comme
ancien
combattant
de
la
Grande
Guerre,
je
forme
le
voeu
quel
les
Français
demeurent
unis
autour
de
votre
auguste
personne
comme
vos
soldats
l’étaient
en
1916
pour
défendre
Verdun».
I
ringraziamenti
del
poeta
Paul
Claudel
al
governo
per
le
politiche
scolastiche
e
per
la
fine
dell’anticlericalismo
francese
erano
condivisi
dalla
maggior
parte
del
mondo
cattolico
francese.
L’età
avanzata
del
Maresciallo
suscitava
forti
preoccupazioni
per
la
sua
salute
ed
ecco
che
nelle
preghiere
collettive
i
francesi
chiedevano
a
Dio
di
preservare
Pétain
il
più
a
lungo
possibile.
E il
Maresciallo?
Come
vedeva
il
ruolo
della
Chiesa
francese?
Uomo
di
famiglia
cattolica,
Philippe
Pétain
era
diventato
un
personaggio
importantissimo
per
la
storia
francese
dopo
aver
fermato
nel
1916
i
tedeschi
a
Verdun
e
aver
partecipato
alla
vittoria
finale
nella
Prima
Guerra
Mondiale.
Non
era
un
fervente
cattolico,
ma
neppure
ostile
alla
Chiesa,
anzi.
Era
di
solida
formazione
cattolica
con
tre
zii
che
erano
diventati
sacerdoti
e
con
l’abate
Jean-Baptiste
Legrand
che
era
stato
suo
tutore
quando
Pétain
era
rimasto
orfano
di
madre.
Nel
corso
degli
anni
‘20
e
all’inizio
degli
anni
‘30
egli
si
era
defilato
dalla
vita
pubblica,
si
era
sposato
e
veniva
talvolta
richiamato
dai
governi
francesi
con
incarichi
di
rappresentanza.
Gli
anni
‘30
vivono
grandi
sconvolgimenti
politici
con
l’avvento
del
nazismo
in
Germania
e il
rafforzamento
del
fascismo
in
Italia.
Si
assiste
al
rafforzamento
del
regime
stalinista
in
Unione
Sovietica,
mentre
la
Francia
è
attraversata
da
scandali,
corruzione
e
crisi
politiche
ed
economiche
e
tutto
ciò
accresce
il
desiderio
dei
Francesi
di
ristabilire
ordine
e
legalità
favorendo
così
lo
sviluppo
di
movimenti
legati
all’estrema
destra
come
le
Croix
de
Feu
del
colonnello
De
La
Roque.
Riemersero
gruppi
filo-monarchici
o di
tendenza
fascista
che,
come
obiettivo,
si
proponevano
di
rovesciare
la
Repubblica.
Dopo
la
crisi
del
6
febbraio
1934,
con
violenze
e
manifestazioni
in
strada,
il 9
febbraio
si
era
formato
un
nuovo
governo
con
all’interno
Philippe
Pétain
in
qualità
di
Ministro
della
Guerra.
A 78
anni
Pétain
era
visto
da
tutti
come
il
Maréchal
Républicain.
Nel
1936
la
parentesi
politica
di
Pétain
sembrava
essersi
già
conclusa
con
la
vittoria
nel
mese
di
giugno
del
Front
Populaire
di
Léon
Blum.
Al
potere
egli
vedeva
andare
tutti
quei
valori
nei
quali
non
credeva,
e
che
anzi
detestava.
Comunisti,
scioperi,
lotte
e
rivendicazioni
di
operai
e
disordine
morale
erano
tutti
elementi
che
irritavano
il
Maresciallo
che
cominciava
a
vedere
nel
modello
tedesco
ed
italiano
un
sistema
interessante
da
importare
in
Francia.
Secondo
alcuni
storici,
una
vera
svolta
nel
pensiero
politico
di
Pétain
avvenne
dopo
il 2
marzo
1939.
Egli
in
questa
data
venne
incaricato
di
svolgere
il
ruolo
di
ambasciatore
francese
in
Spagna.
L’incarico
principale
che
egli
doveva
assolvere
era
quello
di
riuscire
a
impedire
alla
Spagna
di
Franco
di
intervenire
al
fianco
della
Germania
in
una
eventuale
guerra.
Il
Maresciallo
rimase
colpito
dalla
situazione
spagnola
del
dopo
guerra
civile.
Un
militare
come
lui,
Francisco
Franco,
aveva
instaurato
una
dittatura
incentrata
sulla
sua
figura.
Un
regime
nazionalista
che
si
fondava
sulla
Chiesa,
sul
ritorno
all’agricoltura
e
sulla
fedeltà
al
Caudillo,
tutto
ciò
che
secondo
Pétain
avrebbe
potuto
dare
ordine,
elemento
mancante
in
Francia.
La
Chiesa
per
Pétain
rappresentava
un
elemento
di
grande
importanza
nella
ricostruzione
del
suo
modello
francese
basato
su
regole
morali
ed
educative
chiare
e
severe.
La
Francia
repubblicana
per
il
Maresciallo
non
era
stata
capace
di
soffrire,
si
era
adagiata
sulla
vittoria
della
Prima
Guerra
Mondiale
e la
sconfitta
del
1940
non
era
che
la
logica
conseguenza
di
questa
mollezza
sociale.
Solo
con
il
ripristino
di
un
ordine
morale
il
popolo
francese
si
sarebbe
potuto
risollevare
ritrovando
la
gloria
del
passato.
La
borghesia
cristiana
era
molto
interessata
a
questi
discorsi
del
Capo
dello
Stato,
soprattutto
in
tema
di
disciplina
sociale.
Il
clero
sottolineava
gli
aspetti
più
vicini
alla
dottrina
sociale
della
Chiesa
e
interpretava
la
concordia
sociale
come
amore
cristiano.
Tra
i
maggiori
momenti
di
convergenza
tra
il
Maresciallo
e la
Chiesa
francese
possiamo
sicuramente
ricordare
la
visita
che
il
Capo
dello
Stato
fece
a
Lyon
il
18-19
novembre
1940
dove
Pétain
venne
accolto
da
una
folla
in
delirio,
visitò
diverse
parti
della
città,
incontrò
gli
ex
combattenti
e i
membri
della
Légion,
ma
dedicò
anche
un
momento
particolare
a
père
Antoine
Chevrier,
dichiarato
venerabile
da
Pio
X
nel
giugno
1913
e
Beato
nel
1986.
Fondatore
dell’Association
des
prêtres
du
Prado
per
preparare
i
sacerdoti
a
svolgere
il
ministero
tra
i
poveri,
père
Chevrier
si
dedicò
all’accoglienza
di
questi
ultimi
e in
particolare
dei
bambini.
Dal
Prado
erano
usciti
operai
cristiani
e
alcuni
di
questi
formarono
una
sezione
della
JOC.
Da
queste
esperienze
nel
1933
era
nata
un’opera
pedagogica
nella
quale
per
un
anno
i
bambini
provvisti
di
un
certificato
di
studi
potevano
frequentare
una
scuola
d’avviamento
professionale
dove
dovevano
essere
evidenziate
le
loro
potenzialità
al
fine
di
indirizzarli
a
un’attività
lavorativa.
Era
anche
prevista
la
possibilità
di
svolgere
lavori
agricoli
presso
un’azienda
del
Limousin.
Durante
la
visita
a
Lyon
del
Maresciallo
Pétain
père
Laffay
gli
illustrò
questo
progetto.
Entusiasta
del
lavoro,
Pétain
s’impegnò
in
prima
persona
affinché
l’opera
potesse
crescere
e
fece
anche
un’offerta
importante
alle
Petites
Soeurs
des
pauvres
de
la
Villette.
Anche
in
visite
successive
in
queste
zone
il
Maresciallo
non
rinuncerà
mai
a
offerte
alle
opere
religiose
locali.
La
politica
di
Vichy
verso
la
Chiesa
si
modellò
per
reazione
a
quella
che
era
stata
la
posizione
della
Terza
repubblica.
Il
principale
terreno
di
scontro
era
già
stato
fissato
a
suo
tempo
da
Robespierre,
Jules
Ferry
ed
Emile
Combes.
L’intervento
del
regime
mirava
non
a
introdurre
novità
nella
politica
verso
la
Chiesa
ma
restaurarne
il
ruolo.
Fin
da
quando
la
Rivoluzione
e
l’impero
avevano
sottratto
alla
Chiesa
il
monopolio
dell’insegnamento
attribuendolo
allo
stato,
l’educazione
era
stata
sempre
al
centro
della
lotta
Stato-Chiesa
in
quanto
era
l’ambito
nel
quale
si
cercava
di
influenzare
i
giovani.
A
partire
dall’800
la
Francia
aveva
strutturato
l’educazione
su
due
sistemi
scolastici
paralleli
e
separati:
le
scuole
libere
o
parrocchiali
autorizzate
dalla
loi
Guizot
del
1833
e
dalla
loi
Falloux
del
1850
e le
scuole
statali
rese
gratuite
e
aperte
a
tutti
da
Jules
Ferry
nel
1881.
La
scuola
statale
era
di
fatto
secolarizzata
non
tanto
per
i
programmi
proposti,
ma
per
l’educazione
impartita
dai
docenti.
Nella
scuola
si
era
aperto
il
terreno
di
scontro
principale
tra
Stato
e
Chiesa
e
Vichy
intervenne
per
dare
un’impronta
nuova
all’educazione
nazionale.
I 6
dicembre
1940
il
ministro
dell’Istruzione
Jacques
Chevalier,
professore
di
filosofia
all’Università
di
Grenoble,
restaurò
le
lezioni
di
religione
nelle
scuole
statali.
Temendo
però
un
passo
troppo
azzardato,
nel
1941
il
governo
Darlan,
per
decisione
del
ministro
dell’Istruzione
Carcopino,
tolse
l’ora
di
religione
e
dispose
semplicemente
che
ne
programmi
scolastici
ci
fossero
ore
supplementari
tali
da
consentire
a
chi
avesse
voluto
di
ricevere
un’istruzione
religiosa
al
di
fuori
dei
locali
scolastici.
Le
scuole
cattoliche
ricevettero
sovvenzioni
dallo
Stato.
Il 3
settembre
1940
il
ministro
della
Giustizia
Alibert
diede
ai
membri
degli
ordini
religiosi
il
diritto
di
insegnare.
Lo
Stato
francese
s’impegnò
anche
a
restituire
i
beni
ecclesiastici
confiscati
nel
passato
ma,
nonostante
le
intenzioni,
risultati
furono
molto
deludenti.
Il
rapporto
Stato-Chiesa
rimase
abbastanza
positivo
soprattutto
nella
prima
parte
della
storia
di
Vichy
fino
al
1942.
Alcune
riforme
del
lavoro,
l’occupazione
della
zona
di
Vichy
da
parte
delle
truppe
tedesche
nel
novembre
1942
e
soprattutto
le
politiche
di
deportazione
degli
ebrei
segnarono
l’inizio
di
una
nuova
fase
di
raffreddamento
e di
tensione
dei
rapporti
tra
le
due
istituzioni
che
proseguì
con
il
progressivo
allontanamento
della
Chiesa
dalle
politiche
di
Vichy,
anche
se
il
rispetto
e
l’affetto
per
il
Maresciallo
Pétain
si
mantennero
intatti
anche
alla
fine
della
guerra.