antica
iL RECLUTAMENTO nel mondo romano TRA
III E IV SECOLO
MODALITÀ E INNOVAZIONI
di Giulio Vescia
L’esercito della tarda antichità, la cui
struttura, organizzazione e composizione
ci è stata minuziosamente tramandata
dalle Res Gestae di Ammiano
Marcellino e dalla Notitia Dignitatum,
è caratterizzato da notevoli “riforme”,
attribuite storicamente a Diocleziano e
a Costantino. Tali riforme, che sarebbe
meglio definire “aggiornamenti”, hanno
portato a un esercito più diversificato,
grazie alla creazione di piccole unità
mobili.
Un recente trattato di Yahn Le Bohec,
Armi e guerrieri di Roma antica: da
Diocleziano alla caduta dell’impero
analizza in maniera accurata i
cambiamenti amministrativi e tattici
dell’esercito tardoantico, a partire dal
regno di Diocleziano. Parlando del
Giovio, Le Bohec nega l’originalità alle
riforme militari e amministrative di
Diocleziano e dei tetrarchi. Essi non
avrebbero mai avuto l’intenzione di
riformare l’Impero; al contrario, essi
avrebbero risposto con singoli
ordinamenti a singoli problemi.
Diocleziano non sarebbe un
rivoluzionario, bensì un conservatore
reazionario. Il vero rivoluzionario
sarebbe stato Costantino.
In questa affermazione, tuttavia, si
sviluppa un problema storiografico: non
siamo in possesso delle fonti necessarie
per confutare o confermare la tesi di Le
Bohec. È indiscutibile che Diocleziano
si ponga in continuità con l’esperienza
dei soldatenkaiser di III secolo,
e che sia proprio tra questi, in
particolare Gallieno, che si debbano
collocare i primi stravolgimenti
all’interno dell’esercito romano, a
partire dall’incremento dell’utilizzo
della cavalleria. In questo senso,
sarebbe corretto parlare di lenta e
costante evoluzione, e non di singole
riforme attribuite a diversi imperatori.
Nonostante ciò, Costantino può essere
considerato il vero innovatore
dell’esercito. A Costantino si
attribuisce la riduzione del numero
delle truppe in frontiera, lo
scioglimento della guardia pretoriana e
la creazione delle Scholae Palatinae
in funzione di guardia del corpo
imperiale. È probabilmente durante i
regni dei figli di Costantino che si
sviluppa un sistema strategico
differenziato, in cui i limitanei
rappresentano le truppe di stanza ai
confini, mentre i comitatensi compongono
l’esercito mobile e pesante, stanziato
all’interno dell’impero. Non è tuttavia
possibile, a mio avviso, negare
l’importanza di Diocleziano, sia
relativa alla creazione di nuove
legioni, quelle dei Gioviani e
Herculiani, attestate anche nel V
secolo dalla Notitia Dignitatum.
In
concomitanza con l’inizio dell’età
tetrarchica, anche il sistema di
reclutamento, fondamentale per
rinvigorire l’esercito romano, subisce
significative variazioni. Le
testimonianze più rilevanti per indagare
questo aspetto vengono fornite dall’Epitoma
rei militaris di Publio Flavio
Vegezio Renato, un compendio sull’arte
militare romana in cui l’autore fornisce
un’ampia panoramica sulle modalità e i
requisiti di reclutamento, nonché da
numerose leggi del IV secolo raccolte
nel
Codex
Theodosianus.
Durante i primi due tre secoli dell’età
imperiale, la forma maggiore di
approvvigionamento di reclute avveniva
per via volontaria. Questa situazione
viene però stravolta dalla crisi del III
secolo, durante la quale cambia
radicalmente la reputazione del soldato.
Scarsità di bottino e di salario, ma
soprattutto uno stato di guerra
continuo, dissuadono in questo momento
la popolazione al volontariato: questo
fattore, unito alla diminuzione della
densità della popolazione, in seguito
all’epidemie di peste del III secolo, è
considerata la causa principale di una
costante insufficienza di truppe. Per
sopperire a questo problema, si verifica
in età tetrarchica un ritorno alla
coscrizione obbligatoria, mentre il
reclutamento tramite volontariato, pur
non scomparendo, passa in secondo piano.
Generalmente, si pone l’inizio del regno
di Diocleziano come terminus post
quem per il ritorno in auge del
reclutamento obbligatorio, bipartito in
due modalità: reclutamento diretto e
indiretto. Il reclutamento indiretto (o
fiscale), può essere ritenuto
l’intervento più rilevante attuato da
Diocleziano in ambito militare. Questo
sistema prevede che i possidenti
terrieri forniscano un numero di reclute
proporzionato alla grandezza dei propri
terreni, alla stregua di un’imposta.
Sempre all’interno di questa tipologia,
viene posta un’ulteriore distinzione
all’interno del Codex Theodosianus,
reclutamento per protostasia e
prototipia.
Nel primo caso, il possidente terriero
risulta tenuto a presentare direttamente
un soldato all’interno del proprio
personale di manodopera. Ovviamente,
occorre specificare che esistevano
differenze sostanziali tra i grandi
possessores e i piccoli proprietari
terrieri. Questi erano tenuti ad
aggregarsi in consorzi obbligatori in
cui veniva scelto a rotazione colui che
avrebbe dovuto fornire la recluta,
definito termorarius dal Codex
Theodosianus VI.4.21. Il resto del
consorzio è tenuto invece a risarcire il
termorarius pagando una quota del
prezzo della recluta imposto dallo
stato, che all’età di Valentiniano I
viene fissato a 36 solidi.
Nel caso della prototipia, la cui
prima attestazione è datata al 319 d.C.,
il proprietario terriero non risulta
tenuto a presentare una recluta tra la
sua manodopera, ma a reclutarla al di
fuori della propria attività. In questo
caso, ci si affidava a un
capitularius per assoldare una
recluta.
Come nota giustamente Le Bohec, questo
sistema di reclutamento era imperfetto,
poiché si prestava a un elevata
corruzione. In questo modo, i
proprietari terrieri non rinunciavano
alla manodopera, ma i capitularii
potevano accordarsi con le reclute e
porre prezzi eccessivi: anche per questo
motivo nel corso del IV secolo si andrà
ad affermare la protostasia a discapito
della prototipia. In ogni caso, la
scelta dei contadini da inviare
all’esercito dipende dai proprietari
terrieri, che difficilmente si sarebbero
privati delle braccia migliori.
Per questo motivo, il reclutamento
fondiario, pur portando una grande
quantità di effettivi in seno
all’esercito, non contribuisce alla sua
qualità. A tal proposito, in età
costantiniana viene apportata una
modifica al sistema che concerne
direttamente i ricchi possidenti
terrieri. Viene data a quest’ultimi la
possibilità di sostituire la fornitura
di reclute con un’imposta in denaro, l’aurum
tironicum (l’oro delle reclute,
relativa all’economia monetaria cara a
Costantino).
Giovanni Brizzi, in Il guerriero,
l’oplita e il legionario e Yann Le
Bohec sostengono che l’introduzione
dell’aurum tironicum sia stata
apportata in funzione di un progressivo
reclutamento mercenario di contingenti
barbarici, reso necessario dal bisogno
di aumentare il numero di effettivi in
vista della campagna contro Licinio.
Effettivamente, altre forme di
reclutamento utilizzate con insistenza a
partire dal IV secolo risultano essere
il mercenariato, l’utilizzo dei
prigionieri di guerra, i laeti,
come alternativa alla schiavitù, oppure,
a partire dalla fine del secolo, e più
precisamente all’alba della disfatta di
Adrianopoli, di popoli foederati
stanziati all’interno dell’impero.
Da un altro punto di vista si può vedere
l’introduzione dell’aurum tironicum
come tutela dei possidenti terrieri e
della produzione agricola, fondamentale
per l’economia statale. Vengono inoltre
promulgate esenzioni dalla coscrizione
fiscale per il ceto senatorio e per i
funzionali imperiali, nonché personaggi
onorati per i servizi resi allo stato.
Il reclutamento fiscale pare inoltre
essere indetto annualmente: tuttavia la
decisione delle province che ne
sarebbero state sottoposte rimane sempre
ad appannaggio dell’imperatore.
Per quanto riguarda il reclutamento
diretto, i figli dei soldati, i
castris, costituivano il numero
maggiore di arruolati. La tendenza a
creare una casta militare nasce già nel
III secolo, e viene regolamentata dal
punto di vista legislativo nel IV
secolo. L’obbligo per i figli di
veterani di prestare servizio non sembra
però essere così rigido: una legge di
inizio V secolo, presente in Codex
Theodosianus VII.22.8, tenta di
contrastare la possibilità per questi di
ottenere incarichi civili e
amministrativi in seno all’accampamento
di stanza.
Sotto Valentiniano I si tenta di porre
un freno alla possibilità per i
castris di presentare un vicarius
per sostituirli dal servizio
militare. Una seconda categoria che
ricade nella coscrizione forzata è
costituita da disoccupati e mendicanti.
Tuttavia, questi non godono delle
scappatoie dei castris, inoltre,
il loro arruolamento risulta appunto
vincolante. La legge tardoimperiale
sembra comunque accomunare queste due
categorie in caso di diserzione, com’è
espresso nel Codex Theodosianus
VII 18, 10.
Valerio Neri, nel suo recente lavoro
I disertori nella società tardo antica
distingue all’interno della raccolta del
Codex Theodosianus le punizioni
per i disertori siano diverse per le
nuove reclute rispetto ai veterani. Se
questi ultimi vengono condannati a
morte, i nuovi arrivati subiscono un
trattamento ben più benevolo.
Le leggi sono chiare nel preservare la
vita delle nuove reclute colpevoli di
diserzione: vengono piuttosto puniti i
proprietari terrieri oppure i
termorarii a pagare un’imposta o a
fornire nuove reclute. Alcune leggi del
Codex testimoniano come il
ritorno presso le unità fondiarie di
partenza fosse frequente, con i
disertori che venivano accolti dagli
actores, incaricati di amministrare
i fondi.
Il fenomeno della diserzione è inoltre
trattato brevemente anche nel De
rebus bellicis e nell’Epitoma rei
militaris di Vegezio. L’anonimo
scrittore del De rebus bellicis,
in seguito alla descrizione di macchine
militari che possano essere utili
all’impero, inserisce il discorso della
diserzione tra le proposte di
reclutamento e la riduzione delle spese
militari.
Viene proposto nel testo la riduzione
della durata della ferma militare: in
questo modo si sarebbe incentivato il
reclutamento e le reclute sarebbero
state dissuase dalla diserzione. La
proposta più significativa è comunque
quella di sostituire i disertori con
iuniores armis exerciti, ovvero
soldati che abbiano già completato il
periodo di addestramento.
Interessante l’annotazione di Valerio
Neri, secondo cui la proposta
dell’anonimo al fine di debellare la
diserzione consista in un approccio
specifico e a lungo termine, piuttosto
che in provvedimenti episodici. Vegezio
tenta invece di porre la soluzione del
problema da un punto di vista
finanziario. Isoldati, se depositassero
parte della loro paga in una cassa
comune in seno all’esercito, sarebbero
maggiormente dissuasi a disertare.
Interessante, inoltre, la testimonianza
di Vegezio riguardo una forma di
identificazione per i soldati, forse un
tatuaggio, ipotesi che sarebbe
confermata da una legge del Codex
Theodosianus. Vegezio, in I.9, si
interroga sulla qualità
dell’addestramento e del reclutamento,
svolto secondo l’autore in maniera più
approssimativa rispetto ai secoli
passati, che devono essere visti come
esempio per ridare vita all’esercito
romano.
È difficile, tuttavia, delineare le fasi
e le modalità di reclutamento a causa
delle scarse testimonianze pervenuteci:
Giuseppe Cascarino, in L’esercito
romano: armamento e organizzazione,
tenta di delinearne clausole e
requisiti, che sicuramente si dovevano
basare su fattori di idoneità fisica,
tra cui una soglia minima di statura
imposta in una legge del Codex a
circa 1.65m. Dalle parole di Vegezio si
evince inoltre che l’altezza non fosse
l’unico requisito, bensì la condicio
sine qua non: per essere ammessi
all’esercito, la recluta doveva godere
genericamente di ottima forma fisica.
Viene posta inoltre un’età minima di
diciotto anni per l’arruolamento di
reclute senza obblighi ereditari, mentre
i figli dei veterani risultano aggregati
alle unità dei genitori in età di
pubertà, senza risultare in servizio:
l’idoneità sarebbe stata giudicata al
compimento del sedicesimo anno di età.
Sempre Vegezio esclude alcune categorie
di professioni, tra cui pescatori e
tessitori, a favore di altre, quali
fabbri e cacciatori, mentre
l’arruolamento di schiavi avveniva
solamente in via strettamente
necessaria.
L’esclusione di determinate categorie
manifesta ancora nel corso del IV secolo
una certa appetibilità della carriera
militare, nonostante la fama di questa
fosse stata ridimensionata nel corso del
III secolo. Non bisogna trascurare
infatti determinati privilegi di cui
godono i veterani in età tetrarchica e
tardoantica.
In particolare, all’età costantiniana e
precisamente al 311 va fatta risalire la
tabula di Brigetio, scoperta in
Ungheria negli anni 30 del secolo
scorso, un documento ufficiale di grande
rilevanza storica in cui viene
dichiarato l’esonero dell’imposta della
capitatio, inoltre l’esenzione di
due capita in seguito al congedo.
Recentemente Luca Fezzi ha pubblicato la
riscoperta di una seconda tabula il cui
testo si riferisce ai provvedimenti
presenti nella tabula di Brigetio.
Le esenzioni esposte nelle tabulae,
e confermate e rimarcate dal Codex
Theodosianus, tra cui spicca la
singolare disposizione in VII, 20.22 in
cui l’imperatore si preoccupa che ogni
veterano “senectus quiete post
labores perfruatur”, concedendo una
speranza di sicura pensione denotano una
politica di particolare riguardo nei
confronti dei veterani da parte di
Costantino.
Riferimenti bibliografici:
G. Brizzi, Il guerriero, l’oplita, il
legionario. Gli eserciti nel mondo
classico, Bologna 2008.
G. Cascarino, C. Sansilvestri,
L’esercito romano. Armamento e
organizzazione, Vol. III: dal II
secolo alla fine dell’impero d’occidente,
Rimini 2009.
K.R.
Dixon, P. Southern, The roman
cavalry: from the first to the third
century, London 1992.
L. Fezzi, Una nuova tabula dei
privilegi per i soldati e i veterani,
in “Zeitschrift für Papyrologie und
Epigraphik” 163, 2007, pp. 269-275.
Y. Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma
antica. Da Diocleziano alla caduta
dell’impero, Roma 2008.
Y. Le Bohec, “Limitanei” et “comitatenses”.
Critique de la thèse attribuée à Theodor
Mommsen, in “Latomus” 66, 2007,
pp.659-672.
V. Neri, I disertori nella società
tardoantica, c.d.s.
M. Rocco, L’esercito romano
tardoantico. Persistenze e cesure dai
Severi a Teodosio I, Roma 2012. |