IL LAVORO NELL'ITALIA
DEI FURBI
UN PAESE TRAGICOMICO
di
Giovanna D'Arbitrio
Una crisi epocale sta modificando il
mondo, facendo vacillare nei paesi
europei welfare state, benessere,
pace, democrazia e libertà. Mentre
imperversano le devastanti guerre in
Ucraina e Medio Oriente e tante
guerre dimenticate che portano
milioni di profughi sulle nostre
sponde, l’Europa rischia di
sfasciarsi per mancanza di coesione
e di peso politico a livello
internazionale.
In questo drammatico quadro
internazionale, in paesi meno
potenti e influenti come il nostro,
tormentato da continui contrasti
politici, il futuro dei giovani
italiani appare sempre più nebuloso:
si continua ad apportare tagli su
Istruzione e Cultura e a non
affrontare i problemi della
disoccupazione, benché ora si
sbandierino risultati positivi: non
considerando in effetti“ i laureati
con la valigia” o quelli qui
sottopagati in impieghi non adeguati
alle loro competenze, come chi ha
scelto studi umanistici in un mondo
che predilige scienza e tecnica, per
non parlare infine del lavoro “in
nero”.
Significative riflessioni su tutto
ciò vengono offerte dalla lettura
del libro di Andrea Comincini Il
Bel Paese. Un tragicomico viaggio
nell’Italia dei furbi, che
racconta la storia di un laureato in
filosofia di buona famiglia che fa
varie esperienze offrendoci un
quadro della “Italietta” dei
compromessi e della corruzione.
Nel risvolto anteriore di copertina
il testo viene così presentato: «La
tragicomica storia di un italiano in
fuga da se stesso e dal mondo, di un
laureato in filosofia intento a
trascorrere la vita a bere e a
rifugiarsi in bizzarre astrazioni.
Gli piomberà addosso la disgrazia
peggiore che potesse immaginare:
essere costretto a lavorare.
Attraverso l’esperienza della vita
reale comincerà a scoprire un
aspetto dell’esistenza fino ad
allora sconosciuto. L’Italia del
Radical Scic e dei privilegi, della
corruzione e del sopruso, degli
abusi e della burocrazia. Servirà il
fondamentale passaggio alla
“Consapevolezza” – in un Paese
ancora da cambiare – Per trasformare
la sua vita e modificare il suo
sguardo sul mondo e diventare…».
Il libro viene introdotto poi da due
significative citazioni. Eccole: 1)
«Ognuno in Italia sente l’ansia,
degradante, di essere uguale agli
altri nel consumare, nell’essere
felice, nell’essere libero: perché
questo è l’ordine che egli ha
inconsciamente ricevuto a cui deve
obbedire a patto di sentirsi
diverso. Mai la diversità è stata
una colpa così spaventosa» (P.P.
Pasolini); 2) «In che mondo
d’imbrogli cominciamo a vivere se
comunità, vicini, autorità e
opinione pubblica non solo
tollerano, ma purtroppo, com’è
evidente, anche esaltano ciò che
offende ogni cortesia, ogni senso di
bellezza e di onestà, codesta
morbosa smania stracciona di
millantare, di darsi delle arie
ridicole e penose, di gridare a
cento metri di distanza nell’aria
pura: “Io sono il tal dei tali! Ho
tanti e tanti soldi e mi arrogo il
diritto di farmi notare
sgradevolmente”» (Robert Walser).
Alle suddette citazioni, segue la
Prefazione di Sandro Bonvissuti di
cui riporterò qui qualche passaggio:
«Lo sfondo del libro è un paese
abbastanza arretrato socialmente e
culturalmente, il nostro, dato in
pasto al consumismo capitalista da
una classe politica che non ci ha
pensato sopra due volte. Anzi,
nemmeno una. Il protagonista della
storia è un alcolizzato peripatetico
di scuola aristotelica classica, di
quelli che oggi chiameremmo
fannulloni, un alfiere della
mediocrità, un fallito autentico […]
finisce poi per doversi impiegare
per forza in un ufficio pubblico
semplicemente mostruoso, sede di
ogni malversazione possibile, pieno
di dipendenti incapaci, inutili e
corrotti, un luogo dove tutti
cercano di non lavorare […]. In una
società nella quale la disparità
economica è la regola,
l’applicazione di principi
meritocratici finisce banalmente per
premiare di nuovo chi è più ricco, e
la disuguaglianza sociale si allarga
ancora di più. L’onestà e
l’integrità di un percorso formativo
accademico costituiscono qualcosa di
intraducibile in termini economici,
per questo chi ha successo oggi ha
potuto fare a meno del talento e
dell’impegno. Elementi che risultano
nella società moderna non più
necessari, non più indispensabili
per un’affermazione professionale:
si arriva meglio e prima percorrendo
altre strade. […]. Una società che,
dopo 40 anni di berlusconismo e di
sinistra salottiera, è composta da
individui che pensano ai soldi, al
sesso, alle scommesse sul pallone
nelle sale da gioco, al gossip, ai
programmi pomeridiani trash della TV
commerciale, alle opinioni di
influencer analfabeti».
Senz’altro un libro molto
coinvolgente sia per il contenuto
sia per lo stile scorrevole e
brillante, sferzante e satirico.
Confesso che ho provato sentimenti
contrastanti man mano che procedevo
nella lettura. Mi son venuti in
mente via via gli aggettivi
“fantozziano” negli episodi più
comici, “alleniano” ricordando da
cinefila i film di Woody Allen
sospesi tra il nonsense e il tipico
humor intellettuale, “autoironico”
poiché il narratore non risparmia
colpi nemmeno a sé stesso,
“kafkiano” per la descrizione di
un’assurda, desolante burocrazia
unita a corruzione, “politico” per
la critica verso i partiti di destra
e la delusione anche verso quelli di
sinistra avulsi dalla realtà, tutti
disinteressati a una Scuola che non
valorizza le attitudini individuali
e al mondo del Lavoro dove il sesso
diventa merce di scambio per far
carriera e dove persone mediocri e
servili sono preferite a quelle
meritevoli, in particolare se hanno
scelto studi umanistici, come il
nostro protagonista filosofo,
“pirandelliano” poiché i personaggi
con nomi inventati, che siano reali
o meno, comunque appaiono come
maschere ambigue del mondo di “uno,
nessuno e centomila”, “freudiano”
legato al concetto di “perturbante”
per l’inquietudine che tali
personaggi possono suscitare nei
lettori onesti, amanti di giustizia
ed equità sociale.
Mi è piaciuta soprattutto la
conclusione, quando dopo aver
lasciato l’Italia e aver affrontato
con successo un’esperienza
lavorativa in Irlanda, il
protagonista arriverà alla
“Consapevolezza”. Nelle ultime
pagine Andrea Comincini scrive: «L’ho
capito lontano da casa e nessuno
potrà cancellare la consapevolezza
donatami da questa terra, la
coscienza di un’alternativa
praticabile al vivere sciatto dei
nostri uffici e della nostra
politica. Anche da noi ci sono
persone serie, uomini e donne in cui
credere. Sì, esiste veramente un Bel
Paese, ora lo so, prima non riuscivo
a vederlo, poiché ero troppo
impegnato a singhiozzare. Oggi
comprendo ciò che scriveva Borges:
“Ognuno deve compiere quello che
porta in sé“».
Andrea Comincini, nato ad Alghero
nel 1976, laureato in Filosofia
all’Università degli Studi Roma Tre,
ha conseguito un Ph.D. in
Italianistica alla University
College Dublin, dove ha lavorato in
qualità di Senior Tutor. È stato
Helm-Everett Fellow alla Indiana
University nel 2011. Tra i suoi
scritti ricordiamo Itinerari
filosofico-letterari; Altri
dovrebbero aver paura (traduzione e
curatela di lettere inedite di Sacco
e Vanzetti); Voci dalla Resistenza;
L’anima e il mattatoio (poesie); La
persuasione e la rettorica di C.
Michelstaedter, edizione Critica;
Nefes. Ha tradotto e curato vari
testi di letteratura angloamericana
(Fitzgerald, Bennett, Melville)
collabora con varie riviste
filosofiche e letterarie.