N. 84 - Dicembre 2014
(CXV)
tORNERANNO I PRATI
La guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai
di Giovanna D'Arbitrio
Il
film
“Torneranno
i
prati”
conferma
ancora
una
volta
il
talento
del
grande
regista
Ermanno
Olmi
che
alla
veneranda
età
di
83
anni
ci
regala
un’altra
significativa
opera.
Apparso
sugli
schermi
sia
in
Italia
che
all’estero
in
occasione
del
centenario
della
Prima
Guerra
Mondiale,
il
film
è
una
chiara
condanna
di
tutte
le
guerre
anche
se
si
concentra
soprattutto
sulla
descrizione
del
drammatico
squallore
di
una
trincea
dopo
i
sanguinosi
scontri
del
1917.
In
un
avamposto
delle
linee
italiane
situato
a
Nord-Est,
un
febbricitante
capitano
(F.
Formichetti),
un
maggiore
(C.
Santamaria)
e un
giovane
tenente
(A.
Sperduti)
sono
costretti
ad
obbedire
a
ordini
insensati
che
mandano
i
soldati
al
macello
come
bestie.
Tra
grandi
silenzi
rotti
solo
dal
vitale
e
poetico
canto
di
un
napoletano,
commenti
in
dialetto
e
improvvisi
scoppi
di
granate,
la
vita
della
trincea
scorre
lenta
nell’
attesa
della
posta,
unico
legame
con
le
famiglie
lontane
insieme
alle
foto
sbiadite
sul
muro,
oppure
della
distribuzione
del
rancio,
una
brodaglia
scura
che
dà
un
po’
di
calore.
Paesaggi
da
togliere
il
fiato
pur
nella
follia
collettiva
della
guerra
sono
ammirati
da
giovani
soldati
stupefatti
davanti
alla
bellezza
della
Natura
animata
da
alberi
e
animali
capaci
di
dar
conforto:
un
umile
larice,
una
volpe,
un
piccolo
topo,
compagno
di
branda.
Come
in
tante
opere
di
Olmi,
la
narrazione
è
lenta,
indugia
sui
visi,
scava
dentro,
si
serve
di
dialoghi
essenziali,
in
un
lampo
si
colora
d’improvvisa
vivacità
per
sottolineare
i
momenti
più
drammatici
e le
immagini
parlano,
sono
poesia
pura
che
illumina
i
personaggi
svelandone
l’anima.
Ricoverato
in
ospedale
per
controlli
medici,
il
regista
ha
spiegato
in
un
videomessaggio
il
motivo
della
dedica
a
suo
padre
nelle
didascalie
finali
del
film,
affermando
quanto
segue:
"Mio
padre
aveva
19
anni
quando
venne
chiamato
alle
armi.
A
quell’età
l’esaltazione
dell’eroicità
infiamma
menti
e
cuori
soprattutto
dei
più
giovani.
Scelse
l’Arma
dei
bersaglieri,
battaglioni
d’assalto
e si
trovò
dentro
la
carneficina
del
Carso
e
del
Piave,
che
segnò
la
sua
giovinezza
e il
resto
della
sua
vita.
Ero
bambino
quando
lui
raccontava
a me
e a
mio
fratello
più
grande
del
dolore
della
guerra,
di
quegli
istanti
terribili
in
attesa
dell’ordine
di
andare
all’assalto
e
sai
che
la
morte
è
lì,
che
ti
attende
sul
bordo
della
trincea.
Ricordava
i
suoi
compagni
e
più
d’una
volta
l’ho
visto
piangere.
Ora
celebriamo
il
centenario
di
quella
guerra,
con
discorsi
e
bandiere...
Mi
auguro
che
in
queste
celebrazioni
si
trovi
il
modo
di
chiedere
scusa
ai
tanti
soldati
che
abbiamo
mandato
a
morire
senza
spiegare
loro
perché.
Della
prima
Guerra
Mondiale
non
è
rimasto
più
nessuno
di
coloro
che
l’hanno
vissuta
e
nessun
altro
potrà
testimoniare
con
la
propria
voce
tutto
il
dolore
di
quella
carneficina.
Rimangono
gli
scritti:
quelli
dei
letterati
e
quelli
dei
più
umili
dove
la
verità
non
ha
contorni
di
retorica".
In
effetti
è un
pastore
(Toni
Lunardi)
che
alla
fine
del
film
descrive
la
guerra
come
"una
brutta
bestia
che
gira
il
mondo
e
non
si
ferma
mai”
e
così
nei
luoghi
in
cui
tanti
giovani
morirono
“ritorneranno
i
prati”
e
l’oblio.
In
un
rapido
excursus
ricordiamo
altri
indimenticabili
film
del
grande
regista,
opere
prive
di
falsa
retorica,
ricche
di
atmosfere
poetiche
pur
nell’
osservazione
della
realtà,
come
L’albero
degli
zoccoli
con
i
suoi
umili
contadini,
Lunga
vita
alla
signora
e
Cammina
cammina
contro
le
iniquità
Potere,
Il
segreto
del
bosco
vecchio
e
Terra
Madre
contro
ogni
egoistica
devastazione
della
Terra,
Cantando
dietro
i
paraventi
con
i
suoi
colorati
aquiloni
esaltanti
perdono
e
pace,
l
mestiere
delle
armi
con
i
coraggiosi
capitani
di
ventura
che
giurano
di
non
uccidere
più
innocenti,
Centochiodi
con
il
folle
professore
che
trafigge
i
libri
del
sapere
dogmatico
e va
alla
ricerca
del
“Cristo
delle
strade”,
il
Cristo
degli
umili,
un
tema
riproposto
anche
nel
Villaggio
di
cartone.