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N. 85 - Gennaio 2015 (CXVI)

THE IMITATION GAME
Alan Turing, genio incompreso

di Giovanna D'Arbitrio

 

Da qualche settimana sugli schermi italiani è apparso il film del regista norvegese Morten Tyldum “The Imitation Game” che narra la vita di Alan Turing, brillante matematico ed esperto crittografo considerato ora come uno dei padri della moderna informatica, mentre ai suoi tempi fu perseguitato dalla rigida e conformista società britannica.

 

Nel film la storia inizia a Manchester negli anni ‘50 quando Alan (Benedict Cumberbatch) viene arrestato a causa della sua omosessualità, allora considerata un reato: interrogato da un poliziotto che afferma di volerlo aiutare, con sincerità gli racconta la sua vita.

 

Attraverso una serie di flashback lo spettatore apprende che Alan goffo e impacciato, ma bravissimo in matematica, fin da ragazzo fu considerato “un diverso” spesso incompreso, invidiato o deriso da compagni di scuola e insegnanti. Solo un amico gli fu vicino in quel periodo, Christopher Morcom, al quale si legò con amore, ma purtroppo la sua prematura e inaspettata morte fu per lui un’ulteriore dolorosa esperienza a livello psicologico. Più volte nel racconto viene ripetuta una frase di cui Morcom si servì per incoraggiare Alan: “Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare”.

 

Per sottolineare questo legame nel film Alan dà il nome di “Christopher” ad una macchina da lui inventata (in realtà denominata “la bomba”) che poi mise al servizio del suo paese durante la seconda guerra mondiale, creando un gruppo di lavoro a Bletchley Park.

 

Con l’aiuto di tale macchina e di pochi esperti tra i quali Hugh Alexander (Matthew Goode), campione di scacchi, e soprattutto di Joan Clarke, abile in enigmistica, Alan riuscì a decrittare il codice Enigma, ideato dai tedeschi per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta.

 

 Continui flashback collegano il presente al passato tenendo sempre desta l’attenzione dello spettatore con dialoghi vivaci, qua e là animati da qualche intelligente battuta che allevia la tensione drammatica del racconto e la sua triste conclusione.

 

Un film da vedere per l’ ottima interpretazione di Benedict Cumberbatch e per il tema affrontato con chiarezza nella sceneggiatura di Graham Moore che si basa sulla biografia di Andrew Hodges “Alan Turing: the enigma”. Notevole anche la colonna sonora di A. Desplat.

 

Il film ha riscosso molti consensi e al Festival di Toronto e si è guadagnato la candidatura a 5 Golden Globe, come miglior film drammatico, migliore attore, migliore attrice non protagonista, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora, anche se nessuno di essi gli è stato assegnato, ma poi ha ottenuto 8 nomination agli Oscar.

 

Da notare che su qualche giornale inglese sono stati evidenziati più i difetti che i pregi del film, accusato di inesattezze e discrepanze rispetto ai fatti reali, del resto ammesse in un’intervista anche da G. Moore il quale ha tuttavia sottolineato l’obiettivo principale perseguito in “the Imitation Game”: dar risalto alla personalità di Turing e alle ingiustizie da lui subite.

 

Comunque un fatto è certo: Alan Turing per non finire in prigione e per poter così continuare studi e ricerche, nel 1952 fu costretto ad accettare la castrazione chimica che lo condusse al suicidio. Due anni dopo morì per aver mangiato una mela al cianuro. Qualcuno avanzò l’ipotesi di omicidio, ma poi prevalse la tesi del suicidio.

 

Nel 2009 Gordon Brown fece pubblica ammenda per il trattamento riservato allo scienziato, ma una riabilitazione ufficiale arrivò solo nel 2013, quando la regina Elisabetta finalmente concesse ad Alan Turing “l’assoluzione reale” su richiesta del ministro della giustizia, Chris Grayling, che evidenziò l’importanza delle sue ricerche a Bletchley Park.



 

 

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