il sogno di "re sole"
a proposito del lungo regno del
sovrano luigi xiv
di Federica Ambroso
Dopo l’estenuante guerra dei
Trent’anni, grazie anche all’opera
di Richelieu e Mazarino, la Francia
era emersa come prima potenza
europea. Nel 1661, dopo soli due
anni dalla pace dei Pirenei, in
seguito alla quale aveva ottenuto
numerosi territori dalla Spagna,
assunse il potere Luigi XIV.
Luigi
aveva ereditato il trono a soli 5
anni, alla morte del padre Luigi
XIII (per una coincidenza del caso,
anche lui rimasto orfano da
bambino), e per questo il governo in
Francia era stato temporaneamente
affidato a sua madre, Anna
D’Austria, e soprattutto al Primo
Ministro Giulio Mazarino, un uomo
eccezionalmente abile e
spregiudicato. Alla sua morte, nella
convinzione che il governo del Paese
dovesse restare saldamente nelle
mani del sovrano, Luigi XIV decise
di non nominare un nuovo Primo
Ministro, e preferì governare da
solo.
In
politica interna, si preoccupò
inizialmente di centralizzare il
proprio potere, assumendo il
controllo dello Stato. Istituì
pertanto un sistema di consigli che
facevano capo a un Consiglio supremo
di Stato, costituito, oltre che dal
re stesso, da tre ministri: degli
Affari segreti, degli Interni, delle
Finanze. Questa fu una scelta
assolutamente appropriata
all’obiettivo di centralizzazione
del sovrano: lo Stato era totalmente
sotto il suo controllo, come una
potente macchina ben organizzata. È
da sottolineare il fatto che il re
scelse i suoi collaboratori tra le
file della borghesia, escludendo i
nobili, e anche a questo è dovuto
l’enorme successo della politica di
Re Sole. Questi homines novi,
infatti, erano spesso più
competenti, a differenza dei nobili,
perlopiù indolenti, negligenti,
volubili, inoltre erano molto
fedeli, in quanto la loro ascesa
sociale dipendeva proprio dal
sovrano. Furono anche reintrodotti
gli intendenti (funzionari pubblici
istituiti precedentemente da
Richelieu), a cui furono ampliati i
poteri e le competenze.
Conformemente al suo obiettivo in
politica estera, la riaffermazione
della Francia come potenza
principale, Luigi intendeva
eliminare le resistenze locali e
sociali, perlopiù limitando il
potere dell’aristocrazia, dei
Parlamenti e della Chiesa. A tale
scopo, decise di abolire il diritto
di rimostranza nei Parlamenti; le
decisioni del re dovevano essere
insindacabili.
L’opera di subordinazione della
nobiltà fu uno dei grandi successi
di re Sole; il re si preoccupò di
distrarre i nobili dalla politica,
mantenendoli lussuosamente nella
sfarzosa reggia di Versailles,
costruita per celebrare la gloria
del sovrano, in un luogo lontano
dalle eventuali sommosse popolari.
Qui la vita era regolata da un
minuzioso cerimoniale; la nobiltà,
alle prese con feste, battute di
caccia e intrattenimenti vari,
incurante delle problematiche dello
Stato e completamente asservita al
re, viveva in una vera e propria
gabbia dorata.
Il
sogno di Luigi XIV di uno Stato
centralizzato e assoluto era giunto
così a compimento, realizzando il
progetto del sovrano di essere come
il Sole del suo emblema “per le
sue qualità d’unico, per lo
splendore che lo circonda”.
Dopo
le lunghe e continue guerre, le
finanze francesi avevano una grande
urgenza di essere risanate. A tale
scopo, Luigi affidò il ruolo di
controllore generale dello Stato a
Jean-Baptiste Colbert, borghese
figlio di un ricco mercante, un
personaggio instancabile ed
intelligente. Colbert stilò un
bilancio delle entrate e delle
uscite statali, si impegnò
nell’eliminazione degli abusi
diffusi fra i funzionari pubblici,
smascherò migliaia di sedicenti
nobili che godevano illecitamente
dei privilegi fiscali, soppresse gli
uffici inutili e aumentò le imposte
indirette. I suoi provvedimenti
raggiunsero eccellenti risultati:
nel 1667 le entrate statali erano
più che raddoppiate. Nonostante
l’aumento delle imposte indirette
andasse a ricadere principalmente
sui più poveri, la politica fiscale
di Colbert sembra essere stata nel
complesso molto efficace e
brillante, come i suoi interventi
economici. Egli, infatti, applicò
una rigorosa politica mercantile
(ancora oggi nota come colbertismo),
consistente nell’abile fusione di
interventismo e protezionismo.
Colbert promosse l’espansione del
commercio, costruì nuove strade e
altre vie di comunicazione (come il
Canale del Mezzogiorno, che
collegava Mediterraneo e Atlantico),
realizzò una prima unificazione
doganale, rafforzò la marina
mercantile e da guerra. Nacquero
nuove compagnie commerciali
privilegiate, la Compagnia delle
Indie Orientali e quella delle Indie
Occidentali, finanziate dallo Stato
e non concorrenti fra loro. Colbert
impose anche norme sui metodi di
fabbricazione nel settore
manifatturiero; le manifatture
statali spronarono l’iniziativa
privata.
Luigi
XIV si concentrò anche sulla
riorganizzazione dell’esercito,
promossa da Louvois, ministro della
Guerra. Il numero dei soldati
aumentò (200.000 più una milizia
scelta per sorteggio di altri
100.000 uomini), vennero potenziati
gli armamenti, furono istituite
scuole di addestramento per
ufficiali aperte anche ai giovani
borghesi. Inoltre, in funzione del
progetto espansionistico del re,
l’architetto Vauban fortificò le
frontiere, vero e proprio
“trampolino di lancio” per invadere
i territori confinanti. Il secolo di
guerre che seguì, fu proprio dovuto
alle mire espansionistiche di Luigi;
il re volle approfittare delle
difficoltà dell’Austria (alle prese
con i Turchi) e dell’Inghilterra
(assorbita dalla guerra civile), per
imporre la supremazia francese in
Europa. Si impegnò così nella guerra
di devoluzione e in quella d’Olanda,
e la Francia ne uscì più che
rafforzata.
Al
fine di dare uniformità ideologica
al suo Stato assoluto, re Sole cercò
di realizzare un controllo delle
coscienze, e impose una cultura
ufficiale, volta a celebrare e
glorificare lui stesso e il suo
regno. Luigi in realtà non era un
uomo colto, pare che rimpiangesse
spesso la sua ignoranza. Mazarino,
il suo padrino, aveva ritenuto più
utile per il futuro sovrano la
pratica e l’esperienza di vita, e
sebbene lo avesse affidato a due
precettori fidati, l’istruzione di
Luigi fu insufficiente; egli imparò
solo un po’ di grammatica francese e
di latino, e qualche rudimento di
spagnolo e italiano. Tuttavia, re
Sole incoraggiò molto le arti;
Voltaire lo paragonò per questo a
papa Leone X. Il mecenatismo
interessato fu un’altra iniziativa
che permise al sovrano di dar lustro
al suo regno e alla sua immagine.
Egli ospitò nella sua corte i più
famosi artisti e scienziati
stranieri; per lui lavorarono
Molière, Racine, Bernini. Tra i
musicisti si può annoverare il
violinista italiano Giambattista
Lulli, a cui il sovrano francesizzò
il nome. Fondò inoltre svariate
Accademie: delle Scienze, delle
Belle Lettere, di Architettura,
della Musica.
Luigi
XIV concepiva anche la religione
come un indispensabile
instrumentum regni, pertanto
cercò di assicurarsi il controllo
della Chiesa francese, facendo
approvare ad un’assemblea del clero
transalpino, nel 1682, la
Dichiarazione dei quattro articoli.
Tale documento affermava l’assoluta
autonomia della Chiesa francese da
Roma e la dipendenza del clero dal
sovrano. Questo lo portò ad uno
scontro con il papa, Innocenzo XI,
che si concluse solo nel 1693, con
la revisione della Dichiarazione da
parte di Luigi. Un altro obiettivo
della politica del re fu
l’eliminazione del dissenso
religioso. Le principali minoranze
da fronteggiare erano due: i
giansenisti e gli ugonotti. I
giansenisti si rifacevano alle
teorie dell’olandese Cornelis Jansen,
e affermavano che la salvezza si
poteva ottenere per mezzo della
grazia, indipendentemente dalle
opere; inoltre, auspicavano una vita
più austera e criticavano il
lassismo del clero. Per questo,
furono in seguito definiti “puritani
di Francia”. Tra le file dei
giansenisti, vi era anche il
filosofo Pascal. Questo movimento
aveva il suo centro nel monastero
parigino di Port Royal; Luigi XIV lo
fece definitivamente chiudere.
Contro gli ugonotti, invece, nel
1685 il sovrano emanò l’Editto di
Fontainebleau; le scuole protestanti
vennero chiuse, si imposero il
battesimo cattolico per i bambini,
la conversione al cattolicesimo e la
distruzione dei luoghi di culto
protestanti. Tali decisioni furono
controproducenti: molti ugonotti
lasciarono la Francia, che si trovò
privata di lavoratori operosi ed
instancabili (essi consideravano il
successo nel lavoro come segno di
benevolenza divina).
Luigi
XIV non poteva che identificarsi con
la Francia, e alla luce di questa
convinzione operò tutte le sue
azioni; il vescovo Bossuet scrisse
“Tutto lo Stato è in lui”, ed
effettivamente non aveva tutti i
torti: Luigi era stato allevato in
tale convinzione, era convinto che
il suo potere derivasse direttamente
da Dio e di essere l’incarnazione
dello Stato, che doveva essere
obbedito sotto pena di sacrilegio.
Lui era la Francia, e la Francia era
in lui.
Il
senso della grandezza reale e la
ricerca di magnificenza di re Sole
(anche nell’aspetto fisico: essendo
di statura bassa, portava tacchi e
una parrucca che lo alzavano di 20
cm), invece, traevano origine dalla
madre, spagnola, molto religiosa e
amante della raffinatezza.
Luigi
aveva un’ incredibile fiducia in se
stesso (gli storici Palazzo e
Bergese parlano di “orgoglio
faraonico”), continuamente
alimentata dai suoi sudditi, che non
facevano che ripetergli che lui era
l’immagine di Dio sulla Terra, e
fondata sulla sua educazione e sulla
sua esperienza.
Mazarino lo aveva fatto assistere ad
alcuni Consigli, in cui aveva
imparato a conoscere tutti gli
intrighi d’Europa, da giovane aveva
vissuto la tremenda esperienza della
Fronda (che aveva contribuito ad
accrescere il suo disprezzo per i
nobili), ed era perciò molto esperto
militarmente e politicamente.
Inoltre, questa grande esperienza
politica e militare stava alla base
della sua “seconda natura”,
costituita dalla cortesia studiata,
i silenzi calcolati, l’arte di
eludere. Mazarino non si era
solamente limitato ad impartirgli
un’accurata educazione politica, ma
aveva anche combinato per lui un
matrimonio molto vantaggioso: quello
con l’infanta Maria Teresa di
Spagna, figlia di Filippo IV; questo
gli consentì infatti un’opzione
sulla successione spagnola.
Alla
sua morte, nel 1715, dopo ben 54
anni di regno, il corteo funebre fu
accompagnato da manifestazioni di
gioia popolare, ma nel contempo il
suo modello di stato assoluto fu
imitato da molti sovrani europei,
che fecero costruire imitazioni
della sua reggia a Schönbrunn,
Caserta, Stupinigi, Londra. Come
tutti i personaggi che si affacciano
nel panorama della storia, lasciando
le loro orme nel cammino
dell’umanità, anche il controverso
Luigi XIV lasciò dietro di sé, oltre
alle irrisolvibili polemiche, un
intramontabile mito.