[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

186 / GIUGNO 2023 (CCXVII)


moderna

il sogno di "re sole"
a proposito del lungo regno del sovrano luigi xiv
di Federica Ambroso

 

Dopo l’estenuante guerra dei Trent’anni, grazie anche all’opera di Richelieu e Mazarino, la Francia era emersa come prima potenza europea. Nel 1661, dopo soli due anni dalla pace dei Pirenei, in seguito alla quale aveva ottenuto numerosi territori dalla Spagna, assunse il potere Luigi XIV.

 

Luigi aveva ereditato il trono a soli 5 anni, alla morte del padre Luigi XIII (per una coincidenza del caso, anche lui rimasto orfano da bambino), e per questo il governo in Francia era stato temporaneamente affidato a sua madre, Anna D’Austria, e soprattutto al Primo Ministro Giulio Mazarino, un uomo eccezionalmente abile e spregiudicato. Alla sua morte, nella convinzione che il governo del Paese dovesse restare saldamente nelle mani del sovrano, Luigi XIV decise di non nominare un nuovo Primo Ministro, e preferì governare da solo.

 

In politica interna, si preoccupò inizialmente di centralizzare il proprio potere, assumendo il controllo dello Stato. Istituì pertanto un sistema di consigli che facevano capo a un Consiglio supremo di Stato, costituito, oltre che dal re stesso, da tre ministri: degli Affari segreti, degli Interni, delle Finanze. Questa fu una scelta assolutamente appropriata all’obiettivo di centralizzazione del sovrano: lo Stato era totalmente sotto il suo controllo, come una potente macchina ben organizzata. È da sottolineare il fatto che il re scelse i suoi collaboratori tra le file della borghesia, escludendo i nobili, e anche a questo è dovuto l’enorme successo della politica di Re Sole. Questi homines novi, infatti, erano spesso più competenti, a differenza dei nobili, perlopiù indolenti, negligenti, volubili, inoltre erano molto fedeli, in quanto la loro ascesa sociale dipendeva proprio dal sovrano. Furono anche reintrodotti gli intendenti (funzionari pubblici istituiti precedentemente da Richelieu), a cui furono ampliati i poteri e le competenze.

 

Conformemente al suo obiettivo in politica estera, la riaffermazione della Francia come potenza principale, Luigi intendeva eliminare le resistenze locali e sociali, perlopiù limitando il potere dell’aristocrazia, dei Parlamenti e della Chiesa. A tale scopo, decise di abolire il diritto di rimostranza nei Parlamenti; le decisioni del re dovevano essere insindacabili.

 

L’opera di subordinazione della nobiltà fu uno dei grandi successi di re Sole; il re si preoccupò di distrarre i nobili dalla politica, mantenendoli lussuosamente nella sfarzosa reggia di Versailles, costruita per celebrare la gloria del sovrano, in un luogo lontano dalle eventuali sommosse popolari. Qui la vita era regolata da un minuzioso cerimoniale; la nobiltà, alle prese con feste, battute di caccia e intrattenimenti vari, incurante delle problematiche dello Stato e completamente asservita al re, viveva in una vera e propria gabbia dorata.

 

Il sogno di Luigi XIV di uno Stato centralizzato e assoluto era giunto così a compimento, realizzando il progetto del sovrano di essere come il Sole del suo emblema “per le sue qualità d’unico, per lo splendore che lo circonda”.

 

Dopo le lunghe e continue guerre, le finanze francesi avevano una grande urgenza di essere risanate. A tale scopo, Luigi affidò il ruolo di controllore generale dello Stato a Jean-Baptiste Colbert, borghese figlio di un ricco mercante, un personaggio instancabile ed intelligente. Colbert stilò un bilancio delle entrate e delle uscite statali, si impegnò nell’eliminazione degli abusi diffusi fra i funzionari pubblici, smascherò migliaia di sedicenti nobili che godevano illecitamente dei privilegi fiscali, soppresse gli uffici inutili e aumentò le imposte indirette. I suoi provvedimenti raggiunsero eccellenti risultati: nel 1667 le entrate statali erano più che raddoppiate. Nonostante l’aumento delle imposte indirette andasse a ricadere principalmente sui più poveri, la politica fiscale di Colbert sembra essere stata nel complesso molto efficace e brillante, come i suoi interventi economici. Egli, infatti, applicò una rigorosa politica mercantile (ancora oggi nota come colbertismo), consistente nell’abile fusione di interventismo e protezionismo. Colbert promosse l’espansione del commercio, costruì nuove strade e altre vie di comunicazione (come il Canale del Mezzogiorno, che collegava Mediterraneo e Atlantico), realizzò una prima unificazione doganale, rafforzò la marina mercantile e da guerra. Nacquero nuove compagnie commerciali privilegiate, la Compagnia delle Indie Orientali e quella delle Indie Occidentali, finanziate dallo Stato e non concorrenti fra loro. Colbert impose anche norme sui metodi di fabbricazione nel settore manifatturiero; le manifatture statali spronarono l’iniziativa privata.

 

Luigi XIV si concentrò anche sulla riorganizzazione dell’esercito, promossa da Louvois, ministro della Guerra. Il numero dei soldati aumentò (200.000 più una milizia scelta per sorteggio di altri 100.000 uomini), vennero potenziati gli armamenti, furono istituite scuole di addestramento per ufficiali aperte anche ai giovani borghesi. Inoltre, in funzione del progetto espansionistico del re, l’architetto Vauban fortificò le frontiere, vero e proprio “trampolino di lancio” per invadere i territori confinanti. Il secolo di guerre che seguì, fu proprio dovuto alle mire espansionistiche di Luigi; il re volle approfittare delle difficoltà dell’Austria (alle prese con i Turchi) e dell’Inghilterra (assorbita dalla guerra civile), per imporre la supremazia francese in Europa. Si impegnò così nella guerra di devoluzione e in quella d’Olanda, e la Francia ne uscì più che rafforzata.

 

Al fine di dare uniformità ideologica al suo Stato assoluto, re Sole cercò di realizzare un controllo delle coscienze, e impose una cultura ufficiale, volta a celebrare e glorificare lui stesso e il suo regno. Luigi in realtà non era un uomo colto, pare che rimpiangesse spesso la sua ignoranza. Mazarino, il suo padrino, aveva ritenuto più utile per il futuro sovrano la pratica e l’esperienza di vita, e sebbene lo avesse affidato a due precettori fidati, l’istruzione di Luigi fu insufficiente; egli imparò solo un po’ di grammatica francese e di latino, e qualche rudimento di spagnolo e italiano. Tuttavia, re Sole incoraggiò molto le arti; Voltaire lo paragonò per questo a papa Leone X. Il mecenatismo interessato fu un’altra iniziativa che permise al sovrano di dar lustro al suo regno e alla sua immagine. Egli ospitò nella sua corte i più famosi artisti e scienziati stranieri; per lui lavorarono Molière, Racine, Bernini. Tra i musicisti si può annoverare il violinista italiano Giambattista Lulli, a cui il sovrano francesizzò il nome. Fondò inoltre svariate Accademie: delle Scienze, delle Belle Lettere, di Architettura, della Musica.

 

Luigi XIV concepiva anche la religione come un indispensabile instrumentum regni, pertanto cercò di assicurarsi il controllo della Chiesa francese, facendo approvare ad un’assemblea del clero transalpino, nel 1682, la Dichiarazione dei quattro articoli. Tale documento affermava l’assoluta autonomia della Chiesa francese da Roma e la dipendenza del clero dal sovrano. Questo lo portò ad uno scontro con il papa, Innocenzo XI, che si concluse solo nel 1693, con la revisione della Dichiarazione da parte di Luigi. Un altro obiettivo della politica del re fu l’eliminazione del dissenso religioso. Le principali minoranze da fronteggiare erano due: i giansenisti e gli ugonotti. I giansenisti si rifacevano alle teorie dell’olandese Cornelis Jansen, e affermavano che la salvezza si poteva ottenere per mezzo della grazia, indipendentemente dalle opere; inoltre, auspicavano una vita più austera e criticavano il lassismo del clero. Per questo, furono in seguito definiti “puritani di Francia”. Tra le file dei giansenisti, vi era anche il filosofo Pascal. Questo movimento aveva il suo centro nel monastero parigino di Port Royal; Luigi XIV lo fece definitivamente chiudere. Contro gli ugonotti, invece, nel 1685 il sovrano emanò l’Editto di Fontainebleau; le scuole protestanti vennero chiuse, si imposero il battesimo cattolico per i bambini, la conversione al cattolicesimo e la distruzione dei luoghi di culto protestanti. Tali decisioni furono controproducenti: molti ugonotti lasciarono la Francia, che si trovò privata di lavoratori operosi ed instancabili (essi consideravano il successo nel lavoro come segno di benevolenza divina).

 

Luigi XIV non poteva che identificarsi con la Francia, e alla luce di questa convinzione operò tutte le sue azioni; il vescovo Bossuet scrisse “Tutto lo Stato è in lui”, ed effettivamente non aveva tutti i torti: Luigi era stato allevato in tale convinzione, era convinto che il suo potere derivasse direttamente da Dio e di essere l’incarnazione dello Stato, che doveva essere obbedito sotto pena di sacrilegio. Lui era la Francia, e la Francia era in lui.

 

Il senso della grandezza reale e la ricerca di magnificenza di re Sole (anche nell’aspetto fisico: essendo di statura bassa, portava tacchi e una parrucca che lo alzavano di 20 cm), invece, traevano origine dalla madre, spagnola, molto religiosa e amante della raffinatezza.

 

Luigi aveva un’ incredibile fiducia in se stesso (gli storici Palazzo e Bergese parlano di “orgoglio faraonico”), continuamente alimentata dai suoi sudditi, che non facevano che ripetergli che lui era l’immagine di Dio sulla Terra, e fondata sulla sua educazione e sulla sua esperienza.

 

Mazarino lo aveva fatto assistere ad alcuni Consigli, in cui aveva imparato a conoscere tutti gli intrighi d’Europa, da giovane aveva vissuto la tremenda esperienza della Fronda (che aveva contribuito ad accrescere il suo disprezzo per i nobili), ed era perciò molto esperto militarmente e politicamente. Inoltre, questa grande esperienza politica e militare stava alla base della sua “seconda natura”, costituita dalla cortesia studiata, i silenzi calcolati, l’arte di eludere. Mazarino non si era solamente limitato ad impartirgli un’accurata educazione politica, ma aveva anche combinato per lui un matrimonio molto vantaggioso: quello con l’infanta Maria Teresa di Spagna, figlia di Filippo IV; questo gli consentì infatti un’opzione sulla successione spagnola.

 

Alla sua morte, nel 1715, dopo ben 54 anni di regno, il corteo funebre fu accompagnato da manifestazioni di gioia popolare, ma nel contempo il suo modello di stato assoluto fu imitato da molti sovrani europei, che fecero costruire imitazioni della sua reggia a Schönbrunn, Caserta, Stupinigi, Londra. Come tutti i personaggi che si affacciano nel panorama della storia, lasciando le loro orme nel cammino dell’umanità, anche il controverso Luigi XIV lasciò dietro di sé, oltre alle irrisolvibili polemiche, un intramontabile mito.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]