N. 93 - Settembre 2015
(CXXIV)
GRECIA E ITALIA MERIDIONALE
Il rapporto Svimez sul Sud
di Giovanna D'Arbitrio
Il recente rapporto Svimez sul Sud d’Italia ha suscitato pesanti reazioni: insomma siamo stanchi di essere ricordati per dati negativi che registrano solo “gli effetti” di una progressiva caduta in basso senza mai risalire alle “cause” e soprattutto senza proporre soluzioni.
All’irrisolta
“Questione
Meridionale”,
risalente
ai
tempi
dell’Unità
d’Italia,
si
aggiungono
oggi
i
danni
dell’imperante
globalizzazione
che
sta
dilatando
i
confini
della
povertà:
ormai
esiste
un
Sud
del
Mondo
che
accomuna
tutti
paesi
in
difficoltà.
Non
a
caso
si
paragona
il
nostro
Meridione
alla
Grecia.
In
Italia
dovremmo
smettere
di
far
polemiche
nazionali
tra
Nord
e
Sud,
di
alimentare
conflittualità
politiche
tra
correnti,
partiti
e
partitini,
privilegi,
corruzione
e
criminalità,
combattendo
“uniti”
contro
speculazioni
finanziarie
che
potrebbero
danneggiarci
in
modo
irreversibile,
se
dovessimo
perdere
la
già
traballante
stabilità
politica.
È
necessario
estendere
lo
sguardo
al
di
là
dei
confini
nazionali
per
meglio
comprendere
le
problematiche
dei
nostri
tempi.
A
tal
proposito
può
risultare
utile
la
lettura
di
un
libro
di
Spencer
Johnson,
“Who
moved
my
cheese”,
pubblicato
nel
1998,
una
specie
di
piccolo
manuale
sulle
nuove
strategie
aziendali
in
un
contesto
di
economia
globalizzata.
I
personaggi
dell’allegorico
testo,
presentato
in
forma
di
favola,
sono
due
topi
e
due
nani
che,
non
trovando
più
la
loro
provvista
di
formaggio,
reagiscono
in
modo
diverso:
i
più
pavidi
e
tentennanti
moriranno
di
fame
e
alla
fine
sopravvivrà
solo
il
topo
più
sveglio
che
si
mette
in
viaggio
e,
spostandosi
continuamente,
trova
sempre
cibo,
scopre
nuovi
luoghi,
fa
nuove
esperienze.
L’illuminante
testo
fa
comprendere
in
breve
che
chi
vuole
lavorare
deve
spostarsi
per
procacciarsi
da
vivere.
In
effetti
ora
dov’è
il
lavoro?
Qua
e là
nel
mondo,
dove
“conviene”
investire
capitali.
“Lean
and
mean”
è lo
slogan,
cioè
estrema
riduzione
dei
costi
e
massimizzazione
dei
profitti.
In
che
modo?
Con
fusioni,
mobilità,
flessibilità,
omologazione
dei
prodotti
e
soprattutto
con
delocalizzazioni
che
spostano
produzione
e
capitali
dove
si
possono
sfruttare
risorse
di
ogni
genere,
con
la
connivenza
di
governi
compiacenti,
politici
corrotti
e
criminalità,
dove
si
può
agire
senza
rispettare
alcuna
norma
verso
lavoratori
e
ambiente,
dove
i
rifiuti
tossici
vengono
smaltiti
inquinando
e
facendo
danni
irreparabili
a
persone,
animali
e
piante.
Così
possiamo
affermare
che
l’Italia
meridionale
e i
paesi
poveri,
tutto
“il
Sud
del
mondo”
sono
accomunati
oggi
dallo
stesso
tragico
destino,
dal
momento
che
la
politica
è
condizionata
dall’economia.
Più
un
paese
è
politicamente
instabile
e
“indebitato”,
meno
è
libero
di
fare
vere
scelte
politiche
e
subisce
i
diktat
del
mondo
globalizzato.
Ed
ecco
che
tante
persone
(soprattutto
giovani)
sono
costrette
a
partire
per
cercare
lavoro,
come
topi
in
cerca
di
formaggio:
sotto
le
picconate
dei
distruttori
avidi
di
danaro,
si
sfasciano
famiglie,
sentimenti,
valori
e
identità
culturali.
Viviamo
inoltre
nella
costante
angoscia
che
qualcuno
possa
aggredirci
in
casa
e
fuori,
che
terroristi
possano
attaccarci
in
ogni
momento,
diffidiamo
di
tutto
e di
tutti,
anche
delle
nostre
ombre.
Corriamo
il
rischio
che
la
paura
ci
renda
tutti
schiavi.
E
così
anche
la
“civile”
Europa
si
sfascia,
arroccandosi
nei
suoi
egoismi
e
lasciando
alla
deriva
i
paesi
in
difficoltà,
anche
se
si
tratta
di
paesi
ricchi
di
storia,
di
cultura,
di
tradizioni
come
la
Grecia
o il
nostro
Sud,
un
tempo
Magna
Grecia.
È
mai
possibile
che
essi
non
abbiano
più
la
forza
di
riscattarsi,
di
alzare
di
nuovo
la
testa,
di
ritrovare
la
propria
identità
e
con
essa
la
dignità
rubata,
unendosi
e
combattendo
insieme?
Un
giorno,
forse,
proprio
da
questi
paesi,
abituati
a
sopportare
mille
ingiurie
e
ricatti,
ma
più
temprati
da
umiliazioni
e
sofferenze,
verrà
una
grande
vitalità,
una
nuova
linfa.
Sarà
l’Anima
del
Sud
che
insegnerà
al
mondo
cosa
significa
rimanere
veri
“esseri
umani”.