contemporanea
SU Hermann Fegelein
il quasi “cognato” di Hitler: GIUGNO
1944-aprile 1945
di Francesco Cappellani
Il 3 giugno 1944 si svolse nel
principesco palazzo Mirabell, a
Salisburgo, un matrimonio che coinvolse
le persone di massimo livello nella
cerchia di potere del partito nazista.
L’edificio era stato costruito nel 1606
dall’allora arcivescovo di Salisburgo
Wolf Dietrich von Raitenau, il fondatore
della Salisburgo barocca, per
alloggiarvi la sua amante Salomè Alt e i
quindici figli nati dalla loro
relazione. Nei secoli successivi fu
quasi interamente rifatto e oggi, col
suo splendido giardino, costituisce una
delle attrazioni della città.
La magnifica dimora era stata scelta per
accogliere la cerimonia delle nozze
civili, presieduta dal Capo delle SS, il
Reichsführer-SS
Heinrich Himmler, fra Margaret Berta
“Gretl” Braun, la più giovane delle due
sorelle della compagna del Fuhrer Eva, e
l’SS- Gruppenführer
Hans Georg Otto Hermann Fegelein, avendo
come testimoni Adolf Hitler, Himmler e
il segretario particolare del Führer,
Martin Bormann, cioè tre delle più alte
cariche del III Reich.
Eva Braun gestì con entusiasmo la
complessa organizzazione del matrimonio
e i successivi pranzi e feste che
durarono per tre giorni. Il foglietto
col programma dei festeggiamenti all’Obersalzberg,
rinomata località montana vicino a
Salisburgo, venduto recentemente a
un’asta, ne descrive in dettaglio le
varie fasi a partire dall’arrivo a
Berchtesgaden degli ospiti che vengono
sistemati negli hotel della cittadina
per ritrovarsi tutti alle 12:30 nella
villa di Bormann, molto ampia dovendo
alloggiare una famiglia con dieci figli.
E poi al Berghof, la dimora alpina che
Hitler aveva affittato nel 1928 e
acquistata nel 1933 grazie agli introiti
delle vendite del suo Mein Kampf
e largamente ristrutturata.
Sulla stessa montagna si trova
il Kehlsteinhaus,
o “Nido d’Aquila”, dove gli ospiti si
recano nel pomeriggio per rientrare a
sera per la cena alle ore 20 in casa
Bormann dove, alle 22, nella stube, sarà
servita la zuppa di patate e gulasch (Kartoffelsuppe
und Gulasch in der Bierstube im Haus
Bormann). E così nei giorni seguenti.
Sarà questa l’ultima grande e
spettacolare festa dell’aristocrazia
militare e di governo della Germania
nazista, tra balli, fiumi di birra e
champagne, nella quiete spensierata
delle Alpi Bavaresi, che si concluderà
il 5 giugno. Quella sera, al Berghof,
Hitler e il suo entourage tra i quali
Göbbels, dopo avere ascoltate via radio
le ultime notizie indugiano a lungo
parlando di cinema e di ricordi fino
alle 2 di notte.
Il Führer si ritira in camera verso le
3; poco dopo l’intelligence nazista
comincia a raccogliere segnali relativi
a un presunto sbarco di truppe alleate
in Normandia, notizia confermata verso
le sei del mattino di quello che sarà
chiamato poi il D-day, il 6 giugno del
1944, che costerà la vita a circa 10.000
soldati, ma darà il colpo definitivo,
insieme all’inarrestabile avanzata delle
armate sovietiche a est, ai sogni del
Führer e dei suoi complici. L’aiutante
di Hitler ha paura di svegliarlo senza
avere ancora notizie certe e precise
sugli avvenimenti, ma Albert Speer,
ministro degli armamenti e pupillo del
Führer, arrivato alle 10 al Berghof,
mette al corrente senza indugi il capo
della gigantesca operazione di sbarco in
corso.
Il 14 luglio 1944 Hitler lascia il
Berghof e con tutto il cerchio intimo di
persone che lo accompagnano si sposta
nella Tana del Lupo (Wolffschanze)
vicino a Rastenburg in Polonia,
all’epoca Prussia orientale, nella
sterminata serie di bunker fortificati
immersi in una fitta foresta che li
nasconde, dove aveva costituito il suo
Quartier Generale a partire dal 24
giugno 1941, due giorni prima
dell’operazione “Barbarossa” contro la
Russia, e che abbandonerà poi
definitivamente all’inizio del 1945 per
rifugiarsi nel Führerbunker a Berlino.
La coorte dei suoi più stretti
collaboratori lo segue fedelmente nei
suoi spostamenti da Berlino al Berghof o
alla Tana del Lupo a partire dalla
seminascosta compagna Eva Braun con la
sorella minore Gretl, dal folto staff
del personale amministrativo e degli
aiutanti, tra i quali il controverso e
discusso medico personale Morell, da
alcuni considerato un ciarlatano, che lo
assiste e cura con stimolanti la mattina
e poi oppiacei la sera per l’insonnia, e
le quattro segretarie personali. Due di
queste, Gertraud (Traudl) Junge e
Christa Schroeder ci hanno lasciato la
prima un diario dei tre anni trascorsi
in stretto contatto con Hitler e l’altra
la sua biografia, documenti preziosi e
unici perché raccontano un Hitler
privato, ne svelano un po’ il lato
intimo, ne raccolgono alcune confidenze.
Le due ragazze risulteranno anche
affidabili testimoni oculari del
progressivo decadimento fisico di uno
dei più sanguinari dittatori della
storia. Traudl arriva a Berlino nel 1942
trovando impiego nella Cancelleria del
Reich. È una bella ragazza di 22 anni;
lavorerà affianco al Führer fino al
suicidio del dittatore. A lei Hitler
detta il suo testamento politico e
quello personale dopo le nozze con Eva
Braun nella notte del 28 Aprile 1945
quando aveva già deciso il proprio
destino. Dal suo diario Traudl trasse un
libro di memorie che tentò invano di
pubblicare nel 1947; il testo uscirà
soltanto dopo la sua morte nel 2002 e
verrà pubblicato in Italia da Mondadori
nel 2003 col titolo:
Fino all’ultima ora. Le memorie della
segretaria di Hitler, 1942-1945.
Christa Schroeder entra nello staff di
Hitler nel 1933 dopo la sua elezione a
Cancelliere, e gli resta accanto per 12
anni fino a pochi giorni prima del
suicidio. Il 20 aprile 1945, mentre
infuria la battaglia intorno a Berlino
oramai circondata dalle truppe del
maresciallo Zukov, il Führer esorta le
sue segretarie a lasciare il bunker; due
di esse, tra cui Christa, obbediscono
fuggendo verso la Baviera per evitare di
finire nelle mani delle truppe
sovietiche. Christa pubblicherà la sua
biografia nel 1985 da Herbig, a Monaco
col titolo: Er war mein Chef (Era
il mio Capo); il libro è stato
tradotto in varie lingue ma non in
italiano.
Nel chiuso di questa sorta di comunità
raccolta attorno al dittatore,
fioriscono ovviamente commenti e
pettegolezzi che riguardano sia i vari
componenti del “social circle” che i
turbinosi e tragici avvenimenti che si
succedono negli anni della guerra e
soprattutto nel biennio finale. Molto
chiacchierato è Hermann Fegelein: nato
nel 1906 lavora da giovane col padre che
gestisce una scuola di cavalleria a
Monaco poi fallita negli anni della
depressione. Nel 1930 entra in contatto
col partito Nazionalsocialista e poi,
nel 1933, nelle SS (Schutzstaffel,
schiera di protezione). Nel 1937 il
Reichsführer Himmler crea la Scuola di
Cavalleria delle SS a Monaco e ne nomina
Fegelein comandante.
Il giovane Hermann fa carriera sotto la
protezione del potentissimo capo delle
SS che lo tratta come un figlio, grazie
anche alla sua simpatia, alla furbesca
capacità di ingraziarsi i “potenti” e
alla grande ambizione. Nel 1939, dopo
l’invasione della Polonia, si installa a
Varsavia al comando del reggimento a
cavallo SS Totenkopf Reiterstandarte; la
sua unità, a seguito dell’ordine di
Hitler di eliminare l’élite polacca
(intellettuali, aristocratici etc.), è
coinvolta nel massacro di 1.700 persone
nella foresta di Kampinos, a nord-ovest
di Varsavia, oggi Parco Nazionale.
Finisce insieme alla sua unità di
combattimento davanti alla corte
marziale per furto e appropriazione di
beni di lusso, ma Himmler lo salva dal
processo.
Nel maggio del 1940 partecipa
all’occupazione del Belgio e della
Francia guadagnandosi la Croce di Ferro
di 2ª classe. Sotto la supervisione di
Richard Heydrich, le sue unità si
spostano in Russia nel 1941 e saranno
responsabili della morte di oltre 17.000
civili, in gran parte ebrei, nelle
paludi di Prypiat in Bielorussia.
Nel 1943 in successivi combattimenti
contro le truppe sovietiche guadagna
altre onorificenze, il 30 settembre
viene ferito seriamente e ricoverato in
ospedale per un paio di settimane. Il
primo novembre 1943 gli viene assegnata
la Croce d’Oro dell’Ordine Militare
della Croce Tedesca. Himmler ne ordina
il rimpatrio nominandolo suo aiutante e
assegnandolo al Quartier Generale di
Hitler come rappresentante delle SS con
l’incarico di agire da ufficiale di
collegamento tra il capo stesso delle SS
e il Führer.
Il 10 giugno del 1944 è promosso
SS-Gruppenfürer
und
Generalleutnant
der Waffen-SS. Il 20 luglio è presente
nella sala del Führerbunker di Berlino
dove avviene il fallito attentato di Von
Stauffenberg a Hitler, riportando solo
lievi ferite. Incaricato delle indagini
e del ritrovamento dei colpevoli, nelle
parole di Traudl Junge: «Fegelein si
sentiva personalmente indignato che
avessero voluto far saltare per aria
anche un tipo straordinario come lui.
Ritengo che lo trovasse ancora più
sacrilego dell’intenzione di eliminare
Hitler».
Una carriera brillante, Fegelein fu però
considerato dai suoi colleghi
soprattutto un astuto opportunista,
cinico e senza scrupoli e, nella vita
privata, un donnaiolo irrefrenabile.
Pesante il giudizio di Albert Speer che
lo definisce “una delle persone più
disgustose del circolo di Hitler”.
Anche il matrimonio con Gretl, la
sorellina della compagna del Führer,
rientra indirettamente nel percorso del
carrierista Fegelein. Quando, rientrato
dai campi di battaglia, inizia il suo
lavoro al Berghof, riesce grazie a
un’amica a conoscere Eva Braun e,
tramite lei, a partecipare al pranzo con
Hitler. Eva è molto impressionata da
Fegelein, un bel tipo gioviale e
simpatico, di compagnia, e confida che
se l’avesse conosciuto dieci anni prima
avrebbe chiesto al Führer il permesso di
lasciarlo per un altro uomo.
Dai commenti delle segretarie appare che
Eva è felice di avere un giovane con cui
ballare, scherzare e scambiare languidi
sguardi di tenerezza. Eva però è ormai
legata a Hitler e pensa allora alla sua
vivace sorella Gretl, che aveva tentato
invano di maritare con personaggi di
rilievo del circolo di Hitler, come
possibile sposa di Fegelein considerando
anche che quest’ultimo ne poteva trarre
cospicui vantaggi divenendo magari un
domani cognato di Hitler. Sarebbe stato
un matrimonio “politico” che però
avrebbe accontentato tutti.
Eva riesce facilmente nel suo intento (Gretl
era una donna bella e navigata e anche
sexy per quei tempi) e vuole organizzare
personalmente il matrimonio: «Vorrei
che fosse meraviglioso come se fosse il
mio», e in effetti, come abbiamo
accennato all’inizio, fu una stupenda
cerimonia nuziale.
Eva è felice: «Sono molto grata a
Fegelein per avere sposato mia sorella.
Ora io sono qualcuno, sono la cognata di
Fegelein!». Questo le permetteva
finalmente di uscire da quella anonimità
a cui l’aveva condannata da tanti anni
l’atteggiamento di Hitler nei suoi
confronti, ma anche Hitler, che sembra
non avesse una grande stima di Fegelein
e sapeva benissimo che era e avrebbe
continuato a essere un playboy
impenitente, capì che diventando Eva
parente di uno dei suoi e acquisendo
quindi una propria riconoscibilità,
poteva tirarla fuori dal cono d’ombra
dove l’aveva relegata e apparire insieme
a lui in pubblico.
Nel 1995 il quotidiano popolare tedesco
Bild, rifacendosi a notizie
emerse dagli archivi sovietici, scrive
che Fegelein avrebbe sedotto Eva già nel
1944; inoltre, come racconta la
segretaria Christa Schroeder, al
ricevimento di nozze con Gretl, avrebbe
ballato a lungo strettamente abbracciato
a Eva “guardandosi come solo fanno
due innamorati”.
La guerra volge al peggio. Il 16 gennaio
1945 Hitler si rinchiude con i suoi nel
bunker di Berlino, il Führerbunker,
situato circa otto metri sotto il
giardino della Cancelleria del Reich,
suddiviso in trenta stanze, e protetto
da tetto e pareti in calcestruzzo di
oltre tre metri di spessore. Da lì non
vorrà più uscire, farneticando fino agli
ultimi giorni di salvifiche armate
corazzate tedesche in arrivo e di nuove
armi che avrebbero potuto capovolgere le
sorti della guerra. La situazione si fa
sempre più critica, a est le truppe
sovietiche dilagano avvicinandosi a
Berlino; il 16 aprile attraversano l’Oder
attaccando l’ultima linea di
fortificazioni posta a difesa della
capitale sulle alture di Seelow che
sovrastano il fiume. Il 20 aprile
l’avanzata dell’Armata Rossa permette
alle artiglierie pesanti di portarsi a
una distanza dalla città tale da potere
iniziare a bombardarla senza tregua; il
giorno dopo i primi T 34, i carri armati
sovietici, entrano nella periferia di
Berlino.
Il 20 aprile è il Führergeburstag, il
compleanno di Hitler, divenuto festa
nazionale con l’avvento del nazismo.
Hitler compie 56 anni, tutta la sua
cerchia ristretta si ritrova per
l’ultima volta nel bunker per gli
auguri, sono presenti tra gli altri
Göring, Himmler, Bormann, Speer e
Göbbels con la moglie e i sei figli.
Tutti hanno raggiunto il rifugio
correndo grossi rischi per la pioggia
incessante e assordante delle bombe
sovietiche e i cumuli di macerie che
impediscono il passaggio.
Hitler ha una brutta cera, sembra
trascinarsi e appare ingobbito, ha un
tremito al braccio sinistro; Göring gli
consiglia di ritirarsi nell’Obersalzberg
e dirigere da lì le operazioni militari,
ma il Führer è assolutamente deciso a
restare a Berlino qualunque cosa accada.
Il 21 aprile ordina la resistenza fino
all’ultimo uomo per difendere Berlino
minacciando di morte chi si fosse
rifiutato, ma ormai i sovietici sono
dentro la città e i pochi nuclei di
soldati che tentano di resistere sono
rapidamente sopraffatti.
Il 23 aprile Göring manda il seguente
telegramma a Hitler: «Mio
Führer! Considerata la Vostra decisione
di rimanere al Vostro posto nella
fortezza di Berlino, acconsentite che io
assuma immediatamente la guida del
Reich, con piena libertà di azione
all’interno e all’esterno come
sostituto, ai sensi del vostro decreto
del 29 giugno del 1941. Se entro le 10
di stasera non avrò ricevuto risposta,
supporrò che avrete perduto la Vostra
libertà di azione, considererò che si
saranno verificate le condizione
previste dal Vostro decreto, e agirò nel
miglior interesse della nostra Patria e
del nostro popolo. Voi sapete quali
siano i miei sentimenti per Voi in
quest’ora che è la più grave di tutta la
mia vita. Mi mancano le parole per
esprimermi. Che Iddio vi protegga e Vi
faccia giungere presto qui nonostante
tutto. Il vostro fedele. Hermann Göring».
Hitler, sobillato da Bormann che odiava
Göring e lo temeva come possibile rivale
nel caso di una successione al Führer,
ha uno dei suoi violentissimi accessi di
collera, interpreta il messaggio come
una presa di potere da parte del suo
corpulento feldmaresciallo, lo
dimissiona da tutte le cariche, lo
accusa di tradimento e ne ordina
l’arresto. Ma oramai la catena di
comando non funziona più e Göring potrà
tranquillamente consegnarsi agli
americani.
Il 26 aprile Hitler ordina al generale
Von Greim che si trova a Monaco, di
venire nel bunker della Cancelleria per
ricevere la nomina di capo della
Luftwaffe al posto di Göring. Von Greim
arriva avventurosamente all’aeroporto di
Gatow, alla periferia di Berlino insieme
all’asso dell’aviazione tedesca Hanna
Reitsch, da lì salgono su un Fieseler Fi
156 “Storch” (Cicogna) che è colpito in
volo dall’antiaerea russa. Von Greim è
ferito a un piede ma Hanna è prontissima
ad afferrare i comandi del piccolo
velivolo, tenerlo in quota e atterrare
acrobaticamente su uno spiazzo senza
macerie, presso la Porta di Brandeburgo.
Da lì raggiungono il Führerbunker con
una camionetta militare. Von Greim
esorta, anzi, insieme a Hanna, implora
Hitler a unirsi a loro e fuggire in
aereo verso la Baviera, ma il Führer
rifiuta seccamente.
Gli avvenimenti precipitano. Il 27
aprile Hitler convoca l’ufficiale di
collegamento con Himmler, Fegelein, che
aveva lasciato il bunker dicendo che non
voleva condividere patti suicidi, ma
l’ufficiale è irreperibile. Lo fa
cercare dalle SS che lo trovano nel suo
appartamento a Berlino in abiti civili,
sbronzo, sembra con una spogliarellista
ungherese e non con la moglie Gretl
prossima a partorire. Trovano denaro in
diverse valute, gioielli, e una borsa
con documenti che dimostrano i contatti
di Himmler con gli alleati.
Chiaramente Fegelein era in procinto di
fuggire in Svezia o in Svizzera. Viene
riportato al Führerbunker e chiuso in
cella. Quella stessa sera la BBC
trasmette una notizia dell’agenzia
Reuter che riporta i tentativi di
Himmler di negoziare la pace con gli
alleati tramite il conte Bernadotte,
capo della Croce Rossa svedese.
Hitler è stravolto dall’ira, ordina a
Von Greim, rimasto nel bunker per curare
il piede ferito, di partire subito per
Plön dove l’ammiraglio Dönitz, eletto
nel frattempo plenipotenziario del
Reich, aveva installato il suo quartier
generale, e di arrestare Himmler con
l’accusa infamante di tradimento,
missione che Von Greim e Hanna Reitsch
non riusciranno a portare a termine.
Sospettando una intesa tra Himmler e il
suo assistente Fegelein, Hitler lo
degrada e lo sottopone a un
interrogatorio da parte di uno dei suoi
ufficiali decidendo di mandarlo al
fronte in prima linea. All’obiezione di
Bormann che Fegelein ne avrebbe
approfittato per scappare di nuovo,
decide di sottoporlo alla Corte
Marziale. Sembra che Eva si fosse
interposta per salvare il cognato
tentando di giustificarlo e accennando
all’imminente parto della sorella.
Così racconta Traudl: «Eva aveva
tentato di spiegare a Hitler quanto
fosse stato umano da parte di Fegelein
pensare alla moglie e al bambino e voler
provare a salvarsi per poter cominciare
una nuova vita. Hitler però era stato
irremovibile». Diverso è il racconto
che ne fa lo storico Hugh Trevor- Roper
nel libro Gli ultimi giorni di Hitler:
«Fegelein, raggiunto dalle SS a casa,
sapendo cosa l’aspettava, aveva
telefonato a Eva per chiedere aiuto, ma
Eva non intervenne, anzi fu sentita
dire: “Povero
Adolf, abbandonato da tutti, tradito da
tutti. Meglio che muoiano 10.000 altri
piuttosto che la Germania debba perdere
lui».
Durante il processo Fegelein è ancora
ubriaco e dichiara che lui avrebbe reso
conto delle sue azioni soltanto a
Himmler. Imputato come responsabile di
“flagrante diserzione” e “complicità in
tradimento”, dopo un dibattito tra i tre
ufficiali della Corte sul fatto che
Fegelein non fosse al momento nelle
giuste condizioni fisiche e mentali per
seguire il processo, viene comunque
condannato a morte. Alcune fonti dicono
che viene ucciso “come un cane”
con un colpo alla nuca la sera stessa
nel giardino della Cancelleria, altre
che si attese l’alba della mattina
successiva, il 28 aprile, affinché
tornasse sobrio e quindi consapevole dei
motivi della condanna.
Due giorni dopo, il 30 aprile, Hitler si
suicida con un colpo della sua Walther
PPK in bocca.
Quello sparo mette la parola fine al
secondo conflitto mondiale, portandosi
dietro una scia immane e interminabile
di sangue, una carneficina con oltre 60
milioni di morti fra militari e civili.
Una guerra
scatenata da un dittatore folle che
voleva dominare l’Europa imponendo la
dottrina nazionalsocialista, da lui
teorizzata nel 1925 nel Mein Kampf
e poi dall’ideologo del nazismo Alfred
Rosenberg nel 1930, nel trattato Der
Mythus des 20 Jahrhunderts (Il
mito del XX secolo), dottrina che
contemplava tra l’altro la superiorità
della razza ariana e la “necessità” di
liberare l’Europa dagli ebrei cioè,
nelle parole del Führer, renderla “Judenfrei”. |